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Autore: Malbethy    05/04/2020    0 recensioni
Emma era una ragazza come tante. Viveva diligentemente per soddisfare il Sistema, lavorava duramente e solo la sera si concedeva il lusso di essere una ragazza di 20 anni.
Ma una sera tutto cambia. La sua vita verrà stravolta e si troverà a dover combattere per poter sopravvivere. Non sarà sola.
Amicizie perdute, amori ritrovati.
Una nuova saga distopica.
Il Sistema vi controlla.
Genere: Avventura, Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un senso di smarrimento si fece strada nella mente assonnata di Emma appena si svegliò. Non capiva dove si trovasse, ma era certa di non essere nella sua camera di Seattle. La luce filtrava da una finestra semichiusa, illuminando l’ambiente poco spazioso. Un lampo rosso che si muoveva velocemente per la stanza attirò la sua attenzione.
E così ricordò.
La sera prima lei, Mia e Jason avevano deciso di esplorare il piano superiore alla ricerca di una camera libera dove potersi sistemare e si erano ritrovati davanti un enorme corridoio che si estendeva sia alla loro destra che alla loro sinistra.
Chiacchiericci soffusi si diffondevano nel silenzio dei corridoi deserti. Porte chiuse da cui proveniva uno spiraglio di luce, una risata che riecheggiava attraverso le pareti fecero venire i brividi ad Emma, che camminava attenta a non inciampare.
<< Non troveremo mai una stanza libera >> si lamentò Mia.
Per una volta Emma avrebbe voluto unirsi al suo stato d’animo. Con tutte le porte chiuse era impossibile capire quale fosse occupata e quale no e bussare non era un’opzione praticabile. Si immaginava già ogni scenario possibile e finire faccia a faccia con uno dei residenti della villa non era il modo in cui voleva concludere la serata.
<< Ragazze guardate qua >>
Jason era poco più avanti, fermo di fronte ad una porta e guardava con un’espressione corrucciata la targhetta dorata che vi era appesa sopra. Le due ragazze si sporsero al di sopra della sua spalla e rimasero parecchio confuse.
Con lettere eleganti il nome di Jason era stato inciso sulla targhetta insieme a quello di un altro ragazzo.
<< Magari è un altro Jason >> disse speranzosa Mia.
<< Non penso ci siano molti Jason Murray a Seattle di questi tempi >>, rispose dubbiosa Emma.
<< Credo che questa sia la mia stanza >>
<< Beh, immagino di si >> disse la bionda che nel frattempo aveva preso a mangiucchiarsi le unghie.
<< Io entrerei a dare un’occhiata. Ci vediamo domani a colazione, ragazze? >>
<< Mmmh mmh >> risposero loro non troppo convinte di restare da sole.
Con un sorriso incerto Jason le salutò per poi entrare dentro la sua camera e richiudersi la porta alle spalle.
<< Certo che poteva accompagnarci a trovare le nostre stanze. La galanteria è morta ormai! >>
<< Principessina continuiamo a cercare e spera ci abbiano messo insieme >>
Emma prese Mia per il braccio trascinandola lungo il corridoio, controllando ogni porta alla ricerca dei loro nomi.
<< Forse dovevamo chiedergli di restare >>
<< Mia, siamo all’interno di una casa, non ci può accadere niente di male >>
Lo diceva più per lei che per la sua amica. Non era tranquilla.
Quali persone sane di mente avrebbero rapito un gruppo di ragazzi, chiudendoli dentro un furgone per poi legarli come bestie?
E quali persone poi avrebbero fatto finta di niente una volta che si fossero trovati davanti i prigionieri?
Mia si fermò all’improvviso davanti ad una stanza e si immobilizzò all’istante.
<< Non siamo insieme >>, sussurrò a voce talmente  bassa che Emma fece fatica a sentirla anche se era a pochi centimetri da lei.
Cercò di farle capire che la mattina dopo si sarebbero riviste e di non abbattersi, alla fine in quelle camere ci avrebbero passato solo la notte.
Qualcuno doveva mostrarsi forte, però odiava dovesse farlo sempre lei. Il fulcro della loro amicizia era sempre stato questo: Mia poteva piangere, sbattere i piedi per terra come una bambina e disperarsi per ogni piccolo problema della vita.
Emma non era così, le sue espressioni quasi sempre impassibili, la sua razionalità, le avevano tolto la possibilità di mostrarsi fragile. Ogni suo problema era sempre minimizzato con la solita frase: “Tanto sei forte”.
La verità è che un abraccio di conforto serve a tutti, anche a chi non piange fuori.

Aveva percorso quasi tutto il corridoio e poteva dire con certezza che fosse di forma quadrata. Si ritrovò infatti vicino alla scale, solo dall’altro lato rispetto a dove si trovavano una manciata di minuti prima.
La porta della sua camera era socchiusa e sentiva provenire da dentro un borbottio femminile. La sua compagna era arrivata prima di lei.
Perfetto, odio queste situazione imbarazzanti.
Si schiarì la voce prima di entrare e una testa rossa si girò nella sua direzione, rivelando una delle ragazze più belle che avesse mai visto.
Capelli rosso fuoco, occhi verdi e una spruzzata di lentiggini la rendevano una bambola vivente.
Si sentì parecchio in soggezione, ma almeno anche l’altra sembrava sudicia quanto lei. Una magra consolazione, è vero.
Con un sorriso si avvicinò verso di lei, tendendo la mano davanti a sé.
<< Piacere, Jade >>
<< Emma >>, rispose semplicemente.
<< Ho preso il letto a destra, ma se lo vuoi tu, possiamo fare a cambio >>
La stanza non era molto grande, due letti erano messi ai lati opposti della stanza con due comodini affianco, una finestra riempiva quasi del tutto il muro di fronte e due armadi erano addossati alle pareti ai piedi del letto. Credeva di trovare di peggio, il fatto che ci fosse un letto dove dormire era già un passo in avanti rispetto al furgone.
<< Non ti preoccupare, mi va bene tutto >>
<< Come vuoi tu>>, si limitò l’altra a rispondere.

<< Dormigliona svegliati!>>  Jade le stava praticamente urlando in faccia e la tentazione di tirarle un pugno era più forte che mai.
<< Dobbiamo andare nei bagni, farci la doccia, cambiarci e poi scendere a fare colazione. Non vorrai arrivare in ritardo proprio il primo giorno,no?>> continuò la rossa.
<< Che ore sono? >>, Emma sbadigliò non curandosi di portarsi una mano davanti alla bocca.
<< Le cinque e mezza>> disse l’altra sogghignando.
<< Porca…..>>
Si alzò talmente in fretta che le vertigini rischiarono di farla cadere. Si tenne con una mano alla ringhiera del letto, guardando l’altra che rideva di lei.
<< Piano, piano. Ti stavo prendendo in giro. >>
<< Fanculo >> borbottò Emma sottovoce.
Mentre si dirigevano verso i bagni guardò attentamente la compagna che la precedeva. La sua camminate era sensuale, ondeggiava i fianchi facendo in modo che i lunghi capelli rossi seguissero il movimento, ma notò la sua magrezza, le costole che si intravedevano dalla canottiera e la pelle pallida, quasi giallognola che le dava un aspetto malaticcio.
La sera prima si era soffermata solo sul viso simile a quello di una bambola di porcellana, senza curarsi del resto. Durante il viaggio avevano sofferto sicuramente la fame, anche lei era dimagrita, ma non in quel modo.
La sua compagna doveva aver sofferto anche prima di tutto questo.
<< Jade >>, la chiamò.
 La rossa si arrestò e girò il viso nella sua direzione, guardandola da sopra la spalla.
<< Dimmi >>
<< Mi chiedevo, ecco, tutto apposto?>>
<< Ho solo bisogno di una doccia e di mangiare qualcosa >>
<< Sicura? >>, chiese.
<< Non capisco quale sia il problema. Neanche tu sembri appena uscita da un centro di bellezza >>
<< Si, hai ragione. Solo che mi chiedevo, cosa faceva prima di arrivare qui? >>
A quanto pare aveva posto la domanda sbagliata, il volto della ragazza si trasformò in una maschera di rabbia e disprezzo e gli occhi si assottigliarono .
<< Non sono affari tuoi >>
Non le diede tempo di replicare, scappò letteralmente nella posizione opposta lasciandola ferma in mezzo al corridoio. Sicuramente non si era fatta un’amica, ma da una parte le dispiaceva per lei.
Aveva già conosciuto Raw che veniva dalla parte povera della città e sicuramente anche Jade proveniva da lì. Aveva il dubbio che se avesse guardato meglio anche gli altri le sarebbero apparsi più malconci rispetto a lei e i suoi amici.
I bagni erano un ambiente unico non c’era distinzione fra maschi e femmine. L’imbarazzo era palpabile su tutti. Si spogliavano lentamente cercando di evitare l’inevitabile. L’ambiente per fortuna era poco illuminato e le ragazze si spostarono tutte in un solo punto, dove sembrava ci fosse meno luce. Anche se era una mera illusione. L’unica che invece era assolutamente tranquilla a camminare, in mezzo ad undici ragazzi, nuda era la sua compagna di stanza.
La rabbia di poco prima era completamente sparita dal suo viso.
D’altra parte i ragazzi erano ragazzi e tennero lo sguardo incollato sul suo corpo magro deglutendo vistosamente, compreso Jason che si era sempre vantato di essere superiore ai suoi coetanei. 
Mia sembrava come indemoniata, se lo sguardo avesse potuto uccidere sicuramente Jade si sarebbe trovata già all’altro mondo.  Era sempre stata abituata a vivere al centro dell’attenzione, ma ora qualcuno stava riscuotendo più successo rispetto a lei.
<< Ragazze guardate dietro al collo >>
Una compagna che si trovava lì, indico un tatuaggio che la rossa aveva proprio sotto l’attaccatura dei capelli: due cerchi che si incrociavano fra di loro e nel punto di unione tre pallini sistemati verticalmente.
<< Una puttana, chi altro poteva comportarsi così>>
<< Starà cercando clienti per quando uscirà di qui >>
<< Cosa ci fa una come lei? >>
Emma mal sopportava le male lingue.
Non tutti avevano avuto la fortuna di crescere in ambienti agiati. La maggior parte delle persone vivano in condizioni pietose,  vendevano qualsiasi cosa pur di mangiare, le ragazze il più delle volte erano costrette a vendere il proprio corpo.
Il tatuaggio era solo il simbolo del pappone con cui aveva contratto il debito e i puntini all’interno il numero di anni, in cui avrebbe dovuto prestare servizio.
<< Tappatevi la bocca e pensate a lavarvi. Come se voi foste tutte vergini, immagino >>
<< Emma…>>  Mia la guardava a bocca aperta, ma lei si limitò a scuotere la testa.

L’aria fresca della sera mi solleticava il viso e rendeva più sopportabile la nausea che mi stava rimescolando lo stomaco. Avevo giurato di non bere mai più ed invece ancora una volta mi ritrovavo così. Sentivo il petto di Jason contro la mia guancia che tremava. Sicuramente stava ridendo per una battuta di Mia, che camminava vicino a noi. Mi dispiaceva che dovessero riaccompagnarmi a casa, anche se abitavamo tutti vicino.
<< Jason…>> gracchiai, per quanto la mia gola completamente asciutta mi permettesse di parlare.
<< La Bella Addormentata si è svegliata, signore e signori!!! >>
La voce squillante di Mia peggiorò il mio mal di testa, non era normale riuscire a raggiungere quei toni senza compromettersi le note vocali, ma lei ce la faceva.
<< Mia, per favore, abbassa la voce >>
<< Ha mal di testa la piccolina >>
<< Mia, eh dai. Non la prendere in giro. Sai che non regge neanche un bicchiere >>, Jason voleva sicuramente aiutarmi, ma non poteva impedirsi di prendermi comunque in giro.
<< Siete degli amici pessimi >>, borbottai. << Vi prendete gioco di una povera ragazza indifesa >>
<< Povera magari, indifesa proprio no. Potevamo lasciarti su un marciapiede e tornarcene a casa >>
<< La prossima volta faremo così!! >>
Avevo giù detto che Mia era teatrale o rendeva tutto tale?


Emma era convinta di essere tornata agli anni della scuola e di non essersene resa conto. La sala da pranzo in realtà era identica ad una mensa. Una mensa più elegante, certo, ma non cambiava quello che era. La stanza era un ambiente unico, enorme, con dei tavoli di legno disposti in modo ordinato. L’unica cosa che la rendeva particolare era il piano rialzato dove un’unica enorme tavolata svettava al centro della pedana, e al posto della panche erano posizionate delle sedie di legno che assomigliavano a piccoli troni.
I residenti della villa avevano già preso posto e i novizi si guardavano intorno per cercare posto a sedere. Emma, con i due amici al seguito, si incamminò verso un tavolo dove altri tre ragazzi erano già seduti. Non li conosceva, ma ridevano fra di loro e questo faceva ben sperare che non fossero degli stronzi colossali.
<< Possiamo sederci? >>
<< Tu, bellezza, non devi neanche chiedere >>, disse uno di loro.
<< Lascia perdere mio fratello, è convinto di essere un dongiovanni >>, il secondo ragazzo diede uno schiaffo alla nuca del primo che aveva parlato.
<< Piacere, comunque. Io sono Sam, il conquistatore qui vicino a me è Micheal e il taciturno è Rob >>
<< Emma, Mia e Jason >>, rispose lei mentre si sedeva. << Piacere di conoscervi >>
<< Fighi i tuoi capelli, comunque >>, quello che doveva essere Micheal la indicò.
<< Si, ti avevamo notata ieri. Difficile non farlo, dopotutto. Ma sono tinti? >>
Emma scoppiò a ridere. I due fratelli, sicuramente, non avevano nessun filtro fra il cervello e la loro bocca. Guardandoli attentamente notò la somiglianza. Stesso taglio degli occhi un po’ a mandarla, stessa espressione furba sul viso e stessi capelli castani.
<< No, sono nata così. Per rispondere all’altra vostra domanda, non sono albina >>
<< Scusali, non sono abituati a parlare con ragazze che rivolgono loro la parola volontariamente >> disse il terzo ragazzo che aveva una voce profonda e graffiante. Sembrava un uomo, più che un ragazzo come gli altri.  
<< Senti chi parla! >>
<< Come se tu fossi abituato, invece! >>
<< Sicuramente più di voi due cretini >>
Il battibecco fra quei tre era qualcosa di surreale, era come se non avessero risentito del viaggio a cui erano stati costretti. Il loro umore era un toccasana per Emma, che ancora cercava di metabolizzare cosa le fosse successo. Era abituata a fingere, a nascondere chi era veramente, a smussare parti del suo carattere che nessuno avrebbe capito. Ma negli ultimi giorno sembrava che non riuscisse a reagire.
<< Con chi siamo capitati? >>, le sussurrò Jason all’orecchio. Lei si limitò ad un’alzata di spalle per risposta. L’unica che si comportava in maniera diversa era Mia, che rimase per tutto il pasto stranamente silenziosa.
Nel mezzo della colazione, uno strano silenzio fece scattare i novizi sull’attenti, trenta persone si alzarono in piedi rimanendo di fianco ai loro tavoli, immobili e con lo sguardo fisso davanti a loro. Emma e i suoi compagni si guardarono intorno e con molta incertezza si alzarono anche loro, non capendo cosa stesse succedendo.
Passi riecheggiarono nei corridoi finché due figure fecero il loro ingresso. Una bionda e l’altra mora. Uno sorridente e l’altro perennemente corrucciato.
Joseph ed Ash erano sicuramente una visione. Alti, slanciati e sotto quei completi neri si notava che erano corpi abituati all’allenamento costante.  
Camminavo sicuri, senza incertezza in mezzo a tutte quelle persone che li fissavano.
Lo sguardo di Emma però era fisso solo sul ragazzo moro che continuava a guardare davanti a sé, senza incrociare gli occhi di nessuno neanche quando prese posto sulla pedana alla destra del biondo, che invece più volte durante il tragitto si era fermato a salutare i suoi “sudditi”.
Era stata sicuramente un’entrata trionfale, impossibile da dimenticare. Ben presto tutti ripresero a mangiare, ma Emma ogni tanto lanciava un’occhiata verso il tavolo dove un ragazzo moro la guardava di sottecchi senza farsi notare.


Erano tornati nelle loro stanze per cambiarsi prima dell’inizio della prima lezione. L’armadio era colmo di varie tute tutte uguali: nere, tutte elasticizzate, che assomigliavano più ad una seconda pelle che ad indumenti veri.
Per fortuna che sono dimagrita.
Jade le dava le spalle mentre si cambiava. Non le aveva rivolto più la parola, faceva finta di non vederla. Emma, d’altra parte non aveva voglia di altri drammi di prima mattina e lasciò che la ragazza sbollisse la sua rabbia, prima di riprovare ad avere un dialogo con lei.
Iniziò a spogliarsi anche, creando un mucchietto ai suoi piedi, guardò i vestiti e sospirò  e prese la prima cosa che le capitò sotto mano. Non che avesse una vasta scelta.
Nel momento in cui avrebbe indossato quella tuta, tutto si sarebbe concretizzato. Sarebbe stata come a loro. Avrebbe imparato ad essere uguale a loro. La cosa la spaventava, non poteva permettersi di far crollare i muri che aveva creato negli anni. Ci aveva messo troppo tempo per sembrare uguale agli altri.
<< Quelle che diavolo sono? >>
Si voltò di scatto e vide Jade che le guardava la schiena con occhi sgranati e si maledisse. Era talmente sicura che l’altra non l’avrebbe neanche guardata da non preoccuparsi di nascondersi mentre si cambiava e la loro camera era molto più illuminata rispetto al bagno in cui si erano lavate stamattina.
<< Ecco, io…>>
Come poteva spiegare qualcosa che aveva nascosto a tutti? Jade la guardava con occhi pieni di pietà e le sorrise tristemente.
<< A quanto pare c’è sempre qualcuno che ha passato peggio di noi. >>
Con queste parole la lasciò lì, immobile. Era stata una stupida. Nessuno sapeva del suo passato, nessuno sapeva che persona era. Doveva stare attenta che Jade non dicesse nulla o avrebbe dovuto dare molte spiegazioni, per cui ancora non si sentiva pronta.
Si incontrarono tutti al piano inferiore dove erano stati riuniti il giorno prima, aspettando che qualcuno spiegasse loro dove andare. Mia era ancora strana, era vicino a lei, ma con la mente sembrava altrove.
<< Mia, tutto bene? >>
<< Ehm, si. Solo che…>>
Faceva quasi fatica a parlare e non la guardava in faccia. Jade non poteva averle detto nulla, perché la sua amica era arrivata dopo di lei, come al solito rasentando il ritardo.
<< Mi ha fatto pensare a come hai preso le difese di quella ragazza con i capelli rossi. Ecco, tu non sei mai stata…>>
<< Buongiorno raggi di sole! >>, l’amica era stata interrotta da una voce squillante e allegra che aveva fatto la sua comparsa all’improvviso. Una donna fece il suo ingresso sbucando dalla stanza semibuia in cui si intravedevano ancora solo scaffali alti addossati alle pareti.
<< Mi presento! Mi chiamo Jasmine e sarò una delle vostre istruttrici. Oggi risponderò ad alcune delle vostre domande che sicuramente affolleranno le vostre testoline. Prima di tutto, volevamo scusarci per come siete stati trascinati qui. Ma quella del furgone è la prima prova a cui siete stati sottoposti. Questo è il primo anno che sopravvivete tutti >>, rise per quello che doveva considerare un aneddoto divertente.
I diciassette ragazzi che aveva di fronte però la guardavano come se fosse pazza, tranne Raw, che rimase impassibile. L’Istruttrice non fece neanche caso agli occhi spaventati dei suoi studenti, continuando il suo discorso come se niente fosse.
Dove siamo finiti?
<< Se venite avanti potrete notare delle scale alla mia destra. Portano al piano sotterraneo, dove si svolgeranno tutte le vostre lezioni. A mezzogiorno suonerà una campana che indicherà la pausa pranzo. Avrete due ore a disposizione per mangiare e riposarvi prima di rientrare nelle aule alle due. Continuerete fino alle otto di sera >>
Dieci ore sotto terra. Dieci ore in cui dovevano cercare di sopravvivere a quanto pare. Se la prima prova era quella del furgone, Emma non osava immaginare le altre. Non sarebbe stato facile stare lì dentro.



{Ho dovuto dividere questo capitolo in due parti, perchè un paio di voi si sono lamentati della difficoltà di lettura perchè il capitolo precedente risultava troppo lungo. Figurarsi metterne uno ancora più lungo. Volevo ringraziare chi ha letto la mia storia e chi l'ha salvata. Grazie mille a tutti, alla prossima settimana!!}
  
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