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Autore: Stella Dark Star    05/04/2020    3 recensioni
Quello che doveva essere il loro ultimo combattimento e che avrebbe determinato la morte di uno dei due....si è trasformato nello scenario del loro primo bacio! Non c'è da sorprendersi se Atsushi rimane così provato da non riuscire a reagire! Come stanno davvero le cose tra loro? Che cosa significa quel bacio? A smuovere la situazione ci pensa "papà" Dazai, che sembra fare il tifo per loro, al contrario di "mamma" Chuuya che non reagisce affatto bene a questo amore appena sbocciato e vorrebbe impedire ad Akutagawa di fare una sciocchezza. Ma sta solo ai due diretti interessati confrontarsi su quanto accaduto e prendere una decisione su cosa fare, no? L'appuntamento che doveva servire a questo scopo, finirà per diventare un teatro di equivoci, situazioni imbarazzanti e...
Nota: spero che vi farà piacere leggere anche le altre one-shot che ho pubblicato su queste splendide ship! Anche se nel titolo specifico la ship protagonista, all'interno della storia trovate sempre almeno una scena che riguarda anche l'altra! ;)
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsushi Nakajima, Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Ryuunosuke Akutagawa
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'SHIN+SOUKOKU SAGA'
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Akutagawa x Atsushi:
Le tue labbra sulle mie
 
Quel bacio fu una cosa improvvisa. Così improvvisa che nemmeno la superdeduzione di Ranpo avrebbe potuto prevederlo, figurarsi lui! In quel momento Atsushi non riusciva a capire perché il braccio di Akutagawa gli stesse cingendo il girovita. Non riusciva a capire perché il viso di Akutagawa fosse così vicino al suo. Non riusciva a capire perché le labbra sottili e tiepide di Akutagawa si stessero muovendo sulle sue. A dirla tutta, non riusciva a capire niente. No…una cosa la capiva bene, per quanto fosse quella più incredibile. Quel bacio avrebbe cambiato la sua vita per sempre.
Entrambi portavano addosso i segni del combattimento, i vestiti lacerati, i graffi e il sudore. Fino ad un momento prima i loro cuori ed i loro occhi erano colmi di odio reciproco. Ma allora, quell’odio che li aveva spinti ad affrontarsi in un incontro decisivo per le loro esistenze, in cui il premio in palio era la vita stessa, che fine aveva fatto? Lo splendore del Yokohama Bay Bridge e il manto arancio del tramonto che avvolgeva ogni cosa -e che in teoria avrebbe dovuto essere l’ultimo per uno dei due-, si erano tramutati in un romantico sfondo.
In quello scenario totalmente improbabile, Atsushi smise di pensare e di porsi domande e fece l’unica cosa che sentiva di voler fare. Chiuse gli occhi e rispose al bacio di Akutagawa.
“Finalmente.” Bisbigliò Dazai tra sé, osservandoli in disparte, con la schiena appoggiata contro la parete di un edifico e le braccia incrociate al petto. E pensare che si era recato lì per assistere al combattimento, pronto ad intervenire per fermarli al momento opportuno. E invece… Il lieve sorriso che ora gli ingentiliva le labbra valeva da solo tutto l’oro del mondo. Ed erano stati quei due a donarglielo.
“NOOOOOO!!!”
Il grido di Chuuya giunse assieme ad un forte spostamento d’aria che fece volare via delle cartacce a terra e spaventò un povero gatto bianco, che balzò perdendo almeno tre vite e poi scappò via. Toccò a lui afferrare Chuuya per un braccio durante quella corsa (o quel volo?) e annullare il suo potere per trattenerlo. Fu rapido anche nel caricarselo in spalla come un sacco di patate e svoltare l’angolo. Sarebbe stata una scena cavalleresca se quell’isterico avesse smesso di urlare e dimenarsi.
Dazai sbuffò: “Chuuya, smettila o ti cadrà il cappello.”
Lui prese a tempestargli la schiena di pugni, come una donnicciola: “Lasciami! Devo fermarli!”
Per un istante credette che il suo desiderio venisse esaudito, quando di fatto Dazai lo posò a terra gentilmente, ma prima che potesse muovere un solo muscolo, ecco che si ritrovò di nuovo nelle grinfie di quell’uomo e con le sue labbra appiccicate! A nulla servì tentare di liberarsi dal suo abbraccio da piovra, ancor meno continuare ad urlare con la bocca occupata. Casomai questo fu un errore enorme, poiché avendo la bocca tappata dal bacio, rischiò quasi di svenire per la mancanza di ossigeno. Cosa che a Dazai non dispiacque molto, pur di farlo tacere un po’!
“Puah!”
Ora che era libero, Chuuya poté ricominciare a respirare. Sentiva i polmoni bruciare.
“E’ colpa tua. Ti sei agitato troppo.” Si giustificò Dazai, squadrandolo con aria imbronciata.
Seppure col fiato ancora corto, Chuuya si sforzò di replicare. Puntò il dito indice in una direzione precisa: “Non so cosa stia succedendo, ma non possiamo permettere che quei due…”
“Sei davvero così lento? A me sembra chiaro che sono innamorati. E non ci vedo nulla di male.”
“Sei pazzo?” Il viso di Chuuya era di un rosso fin troppo acceso. Se il suo obiettivo era quello di farsi esplodere una vena, ci stava riuscendo! “Un membro della Port Mafia e uno dell’Agenzia, innamorati?”
Dazai fece spallucce: “Come me e te, no?”
Chuuya agitò i pugni in aria, gridando più forte: “Non dire cazzate! IO TI ODIO!!!”
In tutta risposta, Dazai lo avvolse nuovamente in un abbraccio (sia in un moto di tenerezza, sia per bloccare il suo potere nel caso avesse intenzione di usarlo ancora!).
“Anch’io ti amo, Chuuya.”
Come?
“Lasciami o ti ammazzo, bastardo!”
“Anch’io ho voglia di fare l’amore con te.”
Prego???
“Ehi! Hai sentito quello che ho detto?”
Gli occhi di Dazai si riempirono di luce per un’idea improvvisa: “Andiamo al mio appartamento!”
Chuuya, ormai esasperato dal suo comportamento assurdo, non riuscì a porre resistenza nel sentirsi prendere in braccio come una fanciulla. Sul serio, aveva esaurito le forze, altrimenti lo avrebbe ucciso volentieri! Erano lontani i tempi in cui ancora si chiedeva che cosa passasse per la testa di quell’uomo, col tempo aveva imparato a prendere le cose come venivano. Se aveva deciso di portarlo fino al suo appartamento trasportandolo in quel modo, e per di più con un sorriso da ebete stampato in faccia, chi poteva impedirglielo? Ma nonostante tutto, c’era una cosa che Chuuya poteva fare. Per non morire dalla vergogna per gli sguardi sbalorditi delle persone che incrociavano per strada, pensò bene di abbassare il cappello sugli occhi.
“Mamma, perché quell’uomo sta portando in braccio un altro uomo?”
Be’…udendo la voce di quella bambina che doveva avere non più di cinque anni, desiderò con tutto il cuore di non essere mai nato!
 
[Ma ora lasciamo i due imbecilli erranti al loro amore sconclusionato e torniamo a dedicarci ai protagonisti di questa storia. *cough cough* Dicevamo…. Akutagawa e Atsushi si stavano baciando…]
 
Le loro labbra si separarono improvvisamente, allo stesso modo in cui prima si erano unite. I loro sguardi s’incontrarono, ma solo di sfuggita, per poi volgersi altrove per mascherare un certo imbarazzo.
Akutagawa si passò la lingua sulle labbra, ma schermò il gesto portandosi una mano all’altezza della bocca. Per quanto riguarda Atsushi…be’ non aveva idea di cosa fare o dire. Aveva bisogno di istruzioni. Subito! Perché quella volta non aveva comprato al mercatino dell’usato quel pratico manuale intitolato 'Che atteggiamento assumere quando il tuo peggior nemico ti bacia’? Ma che accidenti stava dicendo??? Non esisteva un manuale con un titolo così assurdo!!! Il cervello gli era forse andato in poltiglia? No! Era il cervello di Akutagawa ad avere dei problemi! Lui era sanissimo di mente!!! Uff… Stava divagando… Non poteva stare lì fermo impalato a fingere di osservare il lastricato per tutta la vita. Con un po’ di coraggio sollevò lo sguardo per sbirciare il ladro di baci, ma…sentì qualcosa spezzarsi nel petto nel constatare che questo aveva girato i tacchi e se ne stava andando come se niente fosse. Vedere le sue spalle allontanarsi non era mai stato così doloroso. Davvero lo stava lasciando così dopo ciò che aveva fatto?
D’istinto allungò il braccio verso di lui, anche se la distanza fra loro era troppa per poterlo afferrare.
“AKUTAGAWA!”
Quante volte aveva gridato quel nome….
Lui si fermò. Il tempo stesso parve fermarsi assieme a lui.
“Non ho più voglia di ucciderti.”
Una frase talmente ovvia da risultare banale, il tono di voce così secco da urtare i timpani.
Tutto qua? Evidentemente sì, visto che aveva ripreso a camminare. Ma ad Atsushi non bastava. Maledizione, non bastava affatto. Sentì la rabbia scorrergli nelle vene, come quando era pronto ad usare il Potere della Tigre. Appena fece un passo per inseguire il responsabile, ecco che dal cappotto di Akutagawa spuntarono dei tentacoli neri che lo sollevarono da terra e gli fecero scavalcare il parapetto. Subito Atsushi si gettò sulle sbarre e si sporse per capire dove fosse finito. Tutto ciò che vide fu un motoscafo partire a tutta velocità, con lui  a bordo.
La triste sensazione di vuoto di cui credeva di essersi liberato dopo diciotto anni di vita, tornò a manifestarsi prepotente, come se Akutagawa se ne fosse andato portando con sé i suoi organi vitali. A cominciare dal cuore.
“Era il mio primo bacio.” Sussurrò, sull’orlo del pianto.
A consolarlo, solo l’invisibile carezza dell’aria fra i capelli.
*
 
Com’era prevedibile, quella notte Atsushi non aveva chiuso occhio a causa di ciò che era successo. Che avesse gli occhi aperti o chiusi, continuava a vedere la stessa immagine e a provare le stesse emozioni. Talvolta si sfiorava le labbra, credendo di percepire ancora l’umidità della saliva di Akutagawa, oppure si sfiorava il girovita, quasi sperando che il braccio di Akutagawa lo stesse ancora avvolgendo. Quando era tornato a casa, aveva dovuto eludere le domande di Kyouka sia prima che dopo essersi fatto il bagno, per non farla preoccupare. Stessa cosa quella mattina coi suoi colleghi, una volta arrivato in ufficio. Doveva essere diventato trasparente, visto che tutti erano in grado di vedere il suo stato d’animo. Alla fine, stanco di fingere che fosse tutto a posto e di abbozzare sorrisi, aveva liquidato la faccenda dicendo di avere un pensiero nella mente, ma che trattandosi di una cosa personale preferiva non parlarne. Per rispetto, loro avevano smesso di fargli domande, ma comunque lui decise di non restare  a lungo con loro al cafè durante la pausa pranzo. Aveva giusto mangiato una porzione di riso col tè verde e poi aveva preso un latte di soia caldo da portare via. E ora si trovava in ufficio, chino sulla scrivania, le braccia incrociate come appoggio per la testa e lo sguardo perso nel vuoto. Non si mosse nemmeno quando udì il clack della porta che si apriva.
“Sei davvero un bravo ragazzo! Credevo che oggi avresti saltato il lavoro!”
“Ne avrei avuto tutti i motivi. E tu Dazai, perché ti presenti in ufficio solo ora?” La voce stanca.
Dazai gli si avvicinò, ma lui non si mosse. Lasciò un paziente sospiro. Quel ragazzo non faceva che dargli pensieri, eh? Per punizione, lasciò cadere un foglietto piegato in due sul suo viso. Per lo meno lo vide battere la palpebra per non beccarselo dentro un occhio!
“Puoi ringraziarmi quando vuoi.” Disse con enorme sfacciataggine.
Mh? Incuriosito, finalmente Atsushi mosse la mano per prendere il foglietto e aprirlo. Conteneva una sequenza di numeri scritti a penna con inchiostro nero.
“Che cos’è?”
“Il numero di telefono di Akutagawa.”
Gli mancò un battito quando Atsushi balzò in piedi all’improvviso! Lo sguardo ora acceso come i fanali di un’auto.
“Dazai, come…?”
“Sarò sincero, è stata una faticaccia. Quel nanetto della Port Mafia non voleva cedere. Ho ancora braccia e fianchi indolenziti. Per non parlare della mia povera schiena dolorante….” E si portò una mano alla zona lombare, facendo una smorfia. “Per questo stamattina sono rimasto a letto fino a tardi. Ero distrutto.”
Atsushi parve allarmarsi: “Hai dovuto…picchiare qualcuno? Non era necessario. Davvero. Io non volevo…”
“Picchiare?” Dazai lo guardò con aria particolarmente divertita: “Non potrei mai fare del male al mio amante! Mi ci è voluta quasi tutta la notte per convincerlo, questo sì, ma è stato piacevole per entrambi!” Sulle sue labbra si dipinse un sorrisino malizioso: “Non lo facevamo in modo così appassionato da tanto tempo! Uh uh!”
Atsushi aveva cominciato a sbiancare già alla parola ‘amante’. Ora stava letteralmente sudando freddo.
“I-il tuo amante è..è…un…u-u-uomo…? Della Port Mafia…?”
Ritrovarsi la faccia di Dazai a distanza troppo ravvicinata lo mise ulteriormente a disagio.
“Speravi di essere l’unico ad amare il nemico?”
Il ripetuto battere di ciglia al termine della frase a cosa serviva? Si stava prendendo gioco di lui? C’era qualcosa di vero in tutto quello che aveva detto o era uno scherzo? Atsushi cominciava davvero a sentirsi offeso.
Un momento. C’era un dettaglio di cui non aveva tenuto conto.
Trasalì: “Come fai a sapere di me e Akutagawa???”
“Uh uh! Vi ho visti ieri! Non preoccuparti!”
Non preocc-? Come faceva a non preoccuparsi? Anche tralasciando il fatto che era imbarazzante sapere che qualcuno li aveva visti in un momento così delicato, sarebbe stato un bel guaio se avesse spifferato tutto al Presidente. Non voleva essere cacciato dall’Agenzia! O peggio, non voleva essere arrestato per tradimento!!! Era pur vero che lui avrebbe potuto fare la stessa cosa a Dazai, adesso che gli aveva spifferato il proprio segreto. Anche promettendosi a vicenda di non tradirsi, restava comunque imbarazzante sapere che Dazai aveva visto tutto!!!
Vedendolo rodersi per un conflitto interiore, Dazai gli fece un affettuoso pat pat sulla testa.
“La pausa pranzo non è ancora finita. Vado a mangiare un boccone. Tu nel frattempo rifletti su cosa fare con quel numero.”
Afferrò la maniglia e aprì la porta, ma prima di uscire si voltò e aggiunse con aria saggia: “Non ascoltare quello che ti dice la testa. E’ il cuore il nostro miglior alleato.” Lo salutò con un cenno del capo e uscì dall’ufficio.
Passato il ciclone, Atsushi si lasciò ricadere sulla sedia girevole, completamente sfinito. Lo sguardo si posò inevitabilmente sul numero scritto sul foglietto.
“La fa facile lui. Ascolto la mia testa perché ce l’ho ancora attaccata al collo, non perché sono io a decidere! Vorrei tanto ascoltare anche le parole del cuore e invece non posso perché non ce l’ho più nel petto.” Sentendosi ridicolo al suo stesso udito, cercò di spiegarsi meglio.
“Voglio dire…è ovvio che fisicamente sia qui.” Premette la mano sul petto. “Se non ci fosse sarei morto, no? Ciò che voglio dire è che…insomma…ho la sensazione che mi sia stato rubato. Ecco. E a rubarmelo è stato Akutagawa. Perciò, finché si trova in suo possesso, mi è totalmente impossibile ascolt-”
Era UFFICIALMENTE un IDIOTA.
Perché accidenti stava lì a blaterare da solo come un pazzo, quando era evidente che moriva dalla voglia di contattarlo??? Ciò che aveva fatto Dazai era straordinario! Non era sicuro che una vita gli sarebbe bastata per ricambiarlo dell’enorme favore che gli aveva fatto! Ancora una volta lo aveva salvato! Fin dal loro primo incontro, Dazai era stato la sua guida, il suo supporto, il suo incoraggiamento e la sua spinta morale. Un vero padre non avrebbe potuto essere migliore di lui.
Prese il telefono dalla tasca e digitò i numeri sulla tastiera con grande attenzione, così da poter sbarazzarsi del foglietto ed evitare che finisse nelle mani sbagliate. Quella era la parte più facile, la vera sfida cominciava adesso. Si mise a fissare il cursore che lampeggiava sullo schermo bianco. Non aveva idea di come cominciare. Non poteva certo scrivere un semplice ‘Ciao! Ho pensato molto al nostro bacio e non vedo l’ora di rivederti!’.
…al solo pensiero sentì la faccia andare a fuoco. Scosse il capo e cercò di essere serio e razionale.
“Non so nemmeno se mi risponderà. Magari per lui non ha significato niente. O forse lo ha fatto per prendere tempo e prepararsi al meglio per uccidermi al prossimo incontro.”
Le viscere gli si restrinsero con tale forza che dovette piegarsi in due dal dolore. No, doveva accantonare questa possibilità. Avrebbe preferito morire piuttosto di scoprire che si era trattato di un malinteso o di una strategia.
“AAAAH MALEDIZIONE!!!” Sbatté la fronte contro il bordo della scrivania, tanto era esasperato. Eppure, nonostante il forte impatto e la fronte che pulsava, il suo sguardo tornò a fissarsi sul cursore.
1…2…3…e il pollice cominciò a muoversi sulla tastiera, senza esitazioni.
Finito di scrivere, Atsushi lasciò un lungo sospiro per liberarsi di tutta la tensione.
“Che gli dei mi assistano.”
 
[Pochi istanti dopo, al Porto.]
 
Akutagawa, sentendo la vibrazione, mise mano alla tasca del cappotto e ne estrasse il telefono. Vide il numero sconosciuto, ma non se ne curò. Aprì il messaggio. Un leggero tremolio gli attraversò la mano.
 
 
 Ho bisogno di parlarti.
 Vediamoci domani al tramonto.
 Allo stesso posto.
 Non è una trappola.
 
 
 
 
 
Il suo pollice si sollevò sopra la tastiera, un momento di esitazione, poi cominciò a premere i tasti velocemente.
 
 
 Ci sarò.
 
 
 
 
 
 
 
*
 
In genere era un ragazzo che dava importanza al proprio intuito, soprattutto perché nel mondo in cui viveva era l’unica cosa su cui sapeva di poter sempre contare per sopravvivere. In genere riusciva a fiutare il pericolo prima che questo lo raggiungesse. In genere era pronto ad uccidere o a fuggire, in base alla situazione in cui si trovava. In genere non si lasciava divorare dall’agitazione e non si lasciava prendere dalla fretta, poiché sapeva che la calma era la virtù dei forti. In genere, appunto. Quel giorno, invece, Akutagawa aveva addosso un’insolita agitazione, perciò, quando sentì il campanello suonare, l’unica cosa che pensò fu di affrettarsi a cacciare chiunque volesse disturbarlo. Se avesse dato retta all’intuito o anche solo all’istinto di sopravvivenza, avrebbe evitato accuratamente di aprire quella porta. Aimè, non andò così…
Gli bastò incontrare quegli occhi di ghiaccio per rendersi conto di essere spacciato.
“Bene, bene. Maglia bianca attillata, jeans skinny neri, giubbino corto di pelle nera con scarpe abbinate, capelli ben pettinati e con una traccia di gel per tenerli in ordine, profumo costoso. E non vedo il cappotto che per te rappresenta la tua unica difesa e la tua unica arma.”
Le labbra, dal taglio severo di natura, s’inarcarono in un sorriso sinistro.
“Se stai andando al solito locale gay, rimorchierai forte!”
Akutagawa avrebbe preferito essere divorato da Rashomon, risputato a brandelli ed essere rimesso insieme col nastro adesivo, piuttosto che incontrare quell’uomo proprio in quel momento. Doveva eludere la domanda, per quanto possibile. Finse indifferenza, ma il solo fatto che invece di ribattere si limitò ad abbassare lo sguardo, fu un segno sufficiente a dimostrare che era a disagio.
“Che cosa vuoi?” La voce parve spezzarglisi in gola.
Chuuya gli diede una spallata per liberarsi il passaggio ed entrare. A quanto pare non aveva intenzione di andarsene, eh?
“Non è cosa voglio io a doverti preoccupare.” Spinse la porta dietro di sé, facendola sbattere senza riguardi, e in un attimo fu alla gola di Akutagawa. Letteralmente. Era così basso che neanche sollevandosi sulle punte delle scarpe sarebbe stato faccia a faccia con lui.
“Sarò chiaro. Sei sempre stato un moccioso tragico, ma questo non è davvero il momento di giocare a Romeo e Giulietta.”
Più chiaro di così…!
“Quindi sai di Atsushi.” Akutagawa sapeva che era inutile mentire, tanto valeva ammetterlo.
“Che cosa hai intenzione di fare? Credevo che il tuo desiderio più grande fosse quello di uccidere il ragazzo tigre, non di portartelo a letto.” Ringhiò Chuuya, indispettito come una primadonna a cui non hanno dedicato la copertina di ‘People’.
“Sai anche questo…”
“Ho controllato gli ultimi movimenti della tua carta di credito, pezzo di deficiente! Conosco i tuoi piani per stasera! E’ per questo che sono corso qui!” Lo afferrò per le estremità del giubbino con tale forza che la pelle stridette a contatto con le sue dita, quindi attivò il potere di controllo della gravità per elevarsi alla stessa altezza di lui.
Gli parlò minaccioso: “Ti ricordo che sono stato io a prendermi cura di te quando Dazai se n’è andato. Mi sono occupato di completare il tuo addestramento affinché padroneggiassi al meglio il tuo potere. E’ grazie a me se il Boss ti ha dato una posizione degna di nota all’interno della Port Mafia. Quindi ne converrai che se adesso ti dico di lasciar perdere quel moccioso, lo faccio solo per il tuo bene.”
Ci fu qualche istante di silenzio tra loro, almeno fino a quando Akutagawa non se ne uscì con una battuta di spirito appropriata: “Scusa se ho dimenticato di nominarti ‘Madre dell’Anno’.” Se lo avesse detto con un tono più sarcastico sarebbe stato più divertente, ma tant’è…
A quel punto Chuuya si abbandonò alla rabbia, lasciò la presa al giubbino solo per avere le mani libere con cui afferrargli la testa e sbattergliela sul pavimento. In realtà ve l’accostò soltanto. Voleva solo dimostragli di avere il controllo su di lui, non fargli del male. E vedere la sua faccia spiaccicata sulle piastrelle dell’ingresso era senz’altro un segno di potere!
“Invece di fare lo spiritoso, ti consiglio di ascoltarmi. A meno che tu non voglia ritrovarti a mordere un gradino prima di ricevere tre pallottole in corpo da un sicario, ovvio.”
Già. Lo stile con cui i membri della Port Mafia firmavano gli omicidi, per far sapere pubblicamente che era opera loro. E per farsi beffe della Polizia. Ma in quel momento ad Akutagawa non importava niente, era troppo infastidito da quel gesto di sottomissione e, soprattutto, doveva sbarazzarsi di Chuuya in fretta per non tardare all’appuntamento. Per questo dovette fingere di arrendersi.
“Lo terrò presente.”
Chuuya non riuscì a trattenere una risata. Il potere lo inebriava fin troppo! Poteva ritenersi soddisfatto, per il momento.
“Vedremo!” Lo lasciò andare e attese che si rialzasse in piedi. Diede un’occhiata al suo viso, la cui metà sinistra era arrossata per il contatto forzato con le piastrelle. Niente di grave, il sangue avrebbe preso a circolare normalmente di lì a poco. E forse sarebbe svanito il senso di colpa per essere stato così severo. Non poteva farci niente, teneva a quel ragazzo più di quanto avrebbe mai ammesso. Ma anche senza ammetterlo…magari…poteva farglielo capire? Si schiarì la voce, giusto per creare l’atmosfera.
“Se per caso il mio consiglio non dovesse bastare a fermarti…allora accettane un altro. Fa in modo di avere sempre il coltello dalla parte del manico, come faccio io con Dazai. Non farti abbindolare da coccole e paroline dolci.” Gli premette il dito indice contro il petto: “Ricorda che sei tu il più forte.”
Akutagawa aveva capito il senso di quelle parole, solo gli veniva naturale chiedersi se Chuuya fosse consapevole di essere lui quello a lasciarsi manovrare come una bambola da Dazai e non il contrario. Ad ogni modo non era così scemo da esporgli questo quesito, che di sicuro gli sarebbe costato una sfuriata e un ceffone.
“Mh.” Fu l’unica risposta che gli diede.
Quando vide Chuuya voltarsi per andarsene, ne fu così lieto che si premurò di aprirgli la porta e chinare il capo come un perfetto gentiluomo. Lo fu molto meno nell’affrettarsi a richiuderla sentendo la sua voce stridula starnazzare un: “Perché accidenti mi hai chiamato MADRE???”
Finalmente solo, poggiò le spalle contro la porta e sbuffò.
“Quell’uomo è proprio una femmina isterica.” Bisbigliò tra sé. Comunque, ora era libero.
Per prima cosa andò a darsi un’occhiata allo specchio, quindi recuperò il portafogli e se lo mise nella tasca interna del giubbino. In ultimo, ma non meno importante, inforcò gli occhiali da sole e uscì….dalla scala di emergenza che era fuori dalla finestra della cucina.
*
 
“E’ normale avere le farfalle allo stomaco mentre si sta andando ad un appuntamento col proprio nemico, no?” Ormai Atsushi se lo ripeteva quasi ad ogni passo, mentre pian piano si avvicinava al luogo dell’incontro. Ma cosa lo aspettava davvero? Nella peggiore delle ipotesi lui non si sarebbe presentato. Oppure lo aveva tradito ed ora lo stava aspettando assieme ad una squadra armata per ucciderlo. Oppure gli avrebbe detto che il loro bacio era stato solo un errore e in un attimo sarebbe tornato tutto come prima.
Maledizione… Premette una mano contro lo stomaco dolorante. Si sentiva così stupido a tormentarsi in quel modo dopo aver passato le ultime due ore a prepararsi come una ragazzina al primo appuntamento. Insomma…sì di fatto per lui era davvero il primo appuntamento, però chi stava per incontrare era ancora un suo nemico! E allora perché aveva fatto di tutto per essere ‘kawaii’? Aveva consumato l’intera ora della pausa pranzo per fare shopping nei negozi più vicini al palazzo dell’Agenzia ed aveva acquistato diversi capi,  non sapendo in che modo si sarebbe svolto l’appuntamento. Invero lui gli aveva solo scritto che aveva bisogno di parlargli, non aveva specificato che gli sarebbe piaciuto…. Scosse il capo. Ma cosa stava pensando? La sua mente slittava dai peggiori scenari di morte a quelli più romantici. Era il caso di dire che doveva decidersi a fare pace col cervello! Comunque, riguardo l’abbigliamento, alla fine aveva optato per un paio di leggings verde acqua con sopra un maglione oversize di cotone color cipria e un paio di scarpe da ginnastica bianche. Forse aveva esagerato un po’…
Per accorciare il percorso, arrivato ad un certo punto aveva cominciato ad imboccare viette strette fra le case e i negozi, con la conseguenza che, quando poi sbucò sulla strada che si affacciava alla baia, si ritrovò vicinissimo al suo nemico. Il suo corpo s’immobilizzò all’istante, come succedeva ogni volta che s’incontravano. La cosa diversa era che in quel momento in lui non vide solo il ragazzo spietato e rancoroso che aveva cercato di ucciderlo innumerevoli volte. Quello che era appoggiato di schiena alle sbarre del parapetto, era un bellissimo ragazzo dall’aria tranquilla e l’aspetto molto curato. Anche troppo! Akutagawa sembrava uscito da un vecchio film americano di motociclisti, mentre lui al massimo poteva venire da un episodio di My Little Pony! Si piegò sulle ginocchia, coprendosi il volto con la mano: “Voglio morire!!!”
Jinko?”
Cazz-! Adesso non poteva più scappare.
Si rimise in piedi come un pupazzetto a molla e sfoggiò un sorriso da perfetto imbecille, mentre gli andava incontro: “Ah ah quasi non ti riconoscevo vestito così!”
Non era vero. Il suo portamento era inconfondibile tanto quanto i suoi capelli dalle punte bianche. Ma non gli era venuto in mente niente di meglio da dire…
Akutagawa fece qualche passo per raggiungerlo: “Anche tu sei diverso dal solito. Sei…molto carino.”
Tu-tum. Tu-tum.
Atsushi si passò nervosamente una mano fra i capelli: “Ehm…sì. Senti…dobbiamo parlare di…”
“Voglio portarti in un posto qua vicino, dove possiamo sederci e bere qualcosa. Nessuno ci disturberà mentre parliamo.”
“Mh.” Fece un cenno di assenso col capo e, non appena lui indicò la direzione da prendere, gli si affiancò e insieme si incamminarono.
Il silenzio fra loro non fu un problema, dato che camminarono solo per pochi minuti. In compenso Atsushi si sentì raggelare quando si fermarono di fronte ad un locale...notturno.
“Ehm A-akutagawa…? Io ho solo diciotto anni…”
Lui tolse gli occhiali da sole e gli lanciò un’occhiata come per dirgli che aveva sottolineato un’ovvietà.
“Lo so. Servono anche bevande analcoliche. Per questo ti ho portato qui.”
“Ah…ah ah ah bene!” Doveva smetterla di far finta di ridere, stava facendo una figuraccia.
Akutagawa gli aprì la spessa porta di legno intagliato e gli fece segno di entrare in quello che per Atsushi era in tutto e per tutto un nuovo mondo. Gli rimase appiccicato come una scimmietta neonata mentre lui cercava un tavolo libero che fosse abbastanza riparato alla vista. Attorno a loro c’erano poche persone, probabilmente per via dell’orario, e si trattava per la maggioranza di uomini di mezza età e donnine dalle gonne troppo corte. Si sentiva un pesce fuor d’acqua. Quando trovarono il tavolo adatto, per lui fu un sollievo accomodarsi sulla comoda sedia imbottita che era praticamente nascosta da un’alta e folta pianta.
Un giovane cameriere di bell’aspetto, probabilmente uno studente universitario che faceva quel lavoro per pagarsi gli studi, si presentò con un taccuino ed una penna.
“Signor Akutagawa, benvenuto!”
Signor Akutagawa?
“Oh, vedo che questa sera è in compagnia!”
Questa sera?
“Sì. E’ un mio…collega di lavoro.”
“Capisco! Allora farò in modo che non veniate disturbati. Immaginato avrete cose importanti di cui parlare.”
“Sì, ti ringrazio. Dunque, per me il solito.”
Il solito?
Si volse verso Atsushi: “Tu?”
Un’altra figuraccia in arrivo: “Ah-eh-io….sì…d-dunque….un…” Esplose: “UN’ACQUA TONICA E UN TRAMEZZINO UOVA E TONNO, PER FAVORE!”
I due lo guardarono con tanto d’occhi. Ci mancava solo che la musica si fermasse e allora sarebbe scappato via per la vergogna! In suo soccorso arrivò Akutagawa con un semplice: “Non farci caso. E’ la prima volta che entra in un locale.”
“Ah…certo, capisco! Bene, vi porto subito le vostre ordinazioni!”
Bastò che voltasse loro le spalle perché Atsushi riuscisse a respirare di nuovo. Accidenti, doveva essere rosso come un pomodoro. Grazie al cielo Akut- Un momento. Era un cliente abituale. Quindi era quello il genere di posti che frequentava nel tempo libero? Non se lo sarebbe mai immaginato.
“Puoi rilassarti, Jinko. Va tutto bene.”
“Mh.” Risollevò lo sguardo su di lui. Quel ragazzo era così posato che quasi gli faceva invidia. “Immagino che ora dovremmo…parlare…”
“Sì. Di cosa?”
Ma era scemo??? Veramente aveva chiesto di cosa???
“Ehm…vorrei sapere perché due giorni fa hai fatto quella…cosa…”
Akutagawa diede una risposta secca: “Mi andava di farlo.”
Sul serio??? Ma che risposta era???
“Ah…quindi…adesso io e te…?”
“Sei stato tu a chiedermi di uscire.”
Non era vero!!! Cioè…
“I-io….no! Affatto! Ti ho scritto perché mi sembrava giusto che affrontassimo il discorso, dopo quello che è successo!”
Alcuni istanti di silenzio e i loro sguardi fissi l’uno nell’altro. Finché Akutagawa non prese l’iniziativa.
“Allora diciamo che è stata una mia idea. In ogni caso stiamo uscendo insieme, perciò possiamo considerarci una coppia.”
Si era sbagliato… Non poteva farcela!!! Davvero, quel ragazzo aveva bisogno di guardarsi dei film d’amore perché era chiaro che le sue idee romantiche erano totalmente distorte!
Il cameriere tornò. “Ecco a voi. Un whisky on the rocks e una fetta di torta di fichi per il Signor Akutagawa. Un’acqua tonica e un tramezzino uova e tonno per il suo gentile collega. A voi.”
Akutagawa lo ringraziò con un cenno del capo e il cameriere li lasciò soli.
Guardando le vivande sul tavolo, Atsushi sentì le interiora sciogliersi per la depressione. Perfino in quello lui e Akutagawa erano diversi come il giorno e la notte. Ormai poteva solo prendere la serata come veniva…
Il tramezzino era talmente colmo che dovette afferrarlo con entrambe le mani e, quando gli diede il primo morso, scoprì che aveva un ottimo sapore. Per fortuna il suo stomaco e la sua testa erano in grado di mettersi d’accordo quando si trattava di buon cibo! Era come se i pensieri negativi finissero schiacciati fra i suoi denti ad ogni morso, per poi essere lavati via dai sorsi di acqua tonica. Si ritrovò a sorridere ad Akutagawa con naturalezza, proprio come un bambino felice! Fino a quando…
“Ma dimmi…chomp…vieni sempre qui da solo?”
Akutagawa finì di masticare con cura il pezzetto di torta che aveva in bocca, il suo viso aveva un’espressione incredibilmente serena mentre assaporava la dolcezza del frutto e la combinazione degli ingredienti.
“Sì. Non so bene il motivo. Quando ho bisogno di rilassarmi o di meditare su una cosa importante, qui trovo la pace che cerco, nonostante sul tardi arrivi molta più gente di quella che vedi ora.”
Chomp chomp…e quando hai voglia di stare in compagnia? Dove…chomp…vai?”
“Frequento un locale gay in un altro quartiere.”
Sting! *freccia appuntita che si pianta sulla testa di Atsushi*
“Un posto dove si trovano facilmente bei ragazzi disponibili.”
Sting! *freccia appuntita che si pianta sulla schiena di Atsushi*
“Comunque si tratta solo di uno sfogo sessuale, non ho mai avuto una relazione seria.”
Stonk! *enorme masso che schiaccia Atsushi senza pietà*
Nel posare gli occhi su di lui, Akutagawa non poté non notare la sua espressione sconvolta e l’incarnato stranamente cadaverico! Pensò bene di fare una doverosa aggiunta: “Non temere, non ci andrò più. Sarebbe indelicato da parte mia avere rapporti sessuali con altri ragazzi adesso che sto uscendo con te.”
….e questo doveva rassicurarlo??? Magari si aspettava anche un ringraziamento??? Chi accidenti era quello lì??? Aveva l’aspetto di Akutagawa, ma le cose che uscivano dalla sua bocca descrivevano una persona completamente diversa!!! Eh no, adesso doveva dirgliene quattro.
Atsushi ingoiò rumorosamente l’ultimo pezzetto di tramezzino e disse al massimo della serietà: “Di cosa stiamo parlando? Ci troviamo qui perché due giorni fa, nel bel mezzo di un combattimento in cui mi hai trafitto almeno una decina di volte e io per altrettante ho tentato di staccarti la testa dal collo, tu mi hai preso alla sprovvista rubandomi il mio primo bacio.”
“Sei arrabbiato? Sei stato tu a farmi una domanda inopportuna. Se ci sono cose su di me che non ti fanno piacere, allora non chiederle.” Rispose lui a tono.
Atsushi batté i pugni sul tavolo: “Non è questo il punto! Voglio sapere come siamo finiti così! Tu mi odiavi con ogni fibra del tuo essere e desideravi vedermi morto! Cos’è cambiato? E quando? E’ questo che voglio sapere, non dove vai a scopare!” Era senza fiato e a questo punto non gli importava più niente se tutti i clienti nel locale l’avevano sentito. Aveva bisogno di risposte.
Akutagawa distolse lo sguardo. Prese il bicchiere e se lo portò alle labbra per bere un sorso di whisky. Mentre lo posava nuovamente sul ripiano, si passò la lingua fra le labbra, intento a pensare.
“Ho fatto ordine nei miei sentimenti. Non negherò che all’inizio ti ho odiato davvero. Ero consumato dalla gelosia perché Dazai, dopo avermi abbandonato, aveva trovato te e ti aveva preso sotto la sua ala. Poi…lo sai anche tu, mi ha detto ciò che desideravo sentirgli dire. Già allora è cambiato qualcosa in me. Ho continuato ad odiarti senza una vera ragione, o più che altro, ero ossessionato da te e volevo distruggerti. Fino a quando non mi sono reso conto che quel desiderio di distruzione mascherava un desiderio più forte. Quello di averti.  A modo mio ti ho mandato dei segnali, speravo di fartelo capire perché credevo che con le parole non ci sarei mai riuscito. Ti ho perfino affidato i miei poteri, in alcune occasioni. Ho fatto un atto di fede, ho riposto la mia vita nelle tue mani e ti ho dato Rashomon affinché tu potessi sconfiggere il nostro nemico comune. In seguito, quando mi hai detto che ci saremmo scontrati in una battaglia decisiva, mi sono chiesto cosa avessi sbagliato. Perché eri ancora convinto che io ti volessi uccidere, dopo ciò che avevamo affrontato insieme?” Fece una pausa, lo sguardo perso attraverso il bicchiere dove il ghiaccio si stava sciogliendo, poi lo risollevò su di lui ed allungò una mano per posarla gentilmente sulla sua.
“Ero pronto a lasciarmi uccidere da te. Ho dato vita ad un combattimento epico affinché tu ci mettessi tutte le tue forze, così forse mi avresti ricordato come il tuo migliore avversario. Ero convinto di questo ed ero ad un passo dal lasciarti vincere. E poi ho avuto una sorta di illuminazione. Non doveva per forza finire così, potevo ancora farti capire cosa provavo per te. E allora ti ho baciato.”
Atsushi non aveva battuto ciglio per tutta la durata di quella incredibile confessione. Mentre lui parlava, aveva ripercorso i ricordi riguardanti i fatti che aveva nominato. Erano tutti vividi nella sua mente. Non poteva essere altrimenti. Però non sapeva cosa dire. Era successo tutto così in fretta.
Akutagawa proseguì: “Non pretendo che dimentichi in un battito di ciglia tutto il male che ti ho fatto. So che ci vorrà tempo e che dovrò lavorare sodo per farmi perdonare. Però, se tu accetti di provare a vivere questo nuovo sentimento insieme a me, io ti prometto che mi impegnerò seriamente.”
I suoi occhi erano limpidi e sinceri. Non che prima non lo fossero, certo, Akutagawa era sempre stato sincero nel dire ciò che pensava. Casomai Atsushi doveva biasimare se stesso per non essere stato in grado di vedere prima il cambiamento che era avvenuto in quelle bellissime iridi dello stesso colore del quarzo tormalinato. Accidenti…per trovare una pietra che fosse dell’esatto colore dei suoi occhi aveva setacciato i negozi dell’intera città! E questo era successo settimane prima del bacio! Prima o poi doveva trovare il coraggio di raccontargli questa cosa, ma non ora. Adesso ciò che doveva fare era dare una risposta. Una semplice, precisa e onesta risposta. Intrecciò le dita con le sue.
“Va bene.”
*
 
Non andava bene per niente!!!
Perché quella dannata serata non si decideva a finire? E perché lui si era lasciato fregare in quel modo? Tutta colpa della pipì! Esatto. Mentre Akutagawa pagava il conto alla cassa, ne aveva approfittato per fare un salto al bagno.
“Quando hai finito, dirigiti verso la grande porta dalle maniglie in ottone. Ti aspetto dall’altra parte.”
Così gli aveva detto, quel vigliacco! E lui c’era cascato come un babbeo! Non si aspettava che al di là della porta ci fosse la hall dell’albergo al quale il locale era collegato. Ma nonostante questo, aveva raggiunto Akutagawa che lo attendeva seduto su una poltroncina nella sala di accoglienza. Si era lasciato prendere per mano e si era fatto trascinare fino all’ascensore che poi li aveva condotti al quinto piano. Ma il suo cervello si rifiutava di realizzare cosa stava accadendo, nonostante i segnali di pericolo! E che dire di quando si sono fermati di fronte alla porta 507 e Akutagawa ha passato la tessera magnetica sul sensore? E quando lo ha praticamente sbattuto contro la parete appena entrati e gli ha infilato la lingua in bocca? Allora sì aveva capito! Aveva capito che quell’appuntamento aveva preso una piega del tutto inaspettata! Ma soprattutto, aveva capito che non sarebbe uscito vergine da quella stanza.
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!! *grido interiore di Atsushi*
Anche tentando di ribellarsi, sarebbe stato difficile sfuggirgli, dato che Akutagawa lo teneva fermo contro la parete. Mani unite e dita intrecciate all’altezza della testa, le loro lingue che si muovevano frenetiche in una sorta di lotta nella sua bocca, con un’intensità tale da provocargli un senso di stordimento in contrasto col calore umido e rassicurante, e poi il modo in cui gli aveva intrappolato le gambe facendovi pressione con le proprie e il movimento lento dei fianchi mentre sfregava l’inguine contro il suo. Quell’ultima cosa, in particolare, era una doppia tortura, perché, oltre a sentire attraverso i leggings la forma della virilità di lui, doveva anche sopportare lo sfregamento della spessa patta dei jeans. Con quel trattamento, era scontato che si ritrovasse con un’erezione. Accidenti!
Non appena Akutagawa interruppe il bacio e gli liberò la bocca, per alcuni istanti Atsushi parve dimenticarsi di ritrarre la lingua. L’immagine che ne ricavò era tremendamente sensuale. Quel volto dalle gote arrossate, gli occhi umidi, la bocca aperta con quella linguetta sporgente, le labbra pulsanti e bagnate da cui scendeva un filo di saliva… Avevano appena cominciato e Akutagawa era già pazzo di lui!
Gli sollevò il maglione, lasciando così scoperto il suo petto da cui spiccavano i rosei capezzoli piccoli e turgidi. Seguì l’impulso di stuzzicarne uno con la lingua.
“Gyaaaah… No!”
Akutagawa si fermò subito, dandogli l’illusione di poterla scampare…e invece…
“Tieni su questo.”
Era un ordine? L’aveva detto con tanta serietà che non ebbe il coraggio di opporsi. Obbedì, ma così facendo si ritrovò di nuovo con le mani occupate. Be’, non che non potesse lasciare la presa e usarle per prenderlo a pugni, se solo avesse voluto davvero. Un buon momento sarebbe stato quando sentì le sue dita infilarsi sotto l’elastico dei leggings. Il buonsenso gli diceva di reagire, ma il corpo si ostinava a restare immobile, mentre gli occhi puntati verso il basso guardavano ciò che faceva Akutagawa come se si fosse trattato di un film e non della vita reale. Perfino nel momento in cui l’erezione venne liberata dalla stoffa e si ritrovò letteralmente ‘faccia a faccia’ con lui.
“Non…non vorrai…”
Akutagawa non gli lasciò finire quella frase impacciata, glielo prese in bocca senza farsi problemi. Il piccolo grido stridulo che Atsushi emise non fece che incoraggiarlo a continuare. Era fantastico! Ce l’aveva tutto in bocca e ancora restava spazio! Le sue preferenze erano sempre andate a ragazzi…diciamo, un po’ meno dotati. Non era una questione di orgoglio, semplicemente di gusti personali. E Atsushi finora li stava soddisfacendo pienamente. Ad ogni modo non era sua intenzione stuzzicarlo o tormentarlo, perciò lo lasciò quasi subito e si rialzò in piedi. Rimase intenerito vedendo quel visetto arrossato e quegli occhi socchiusi dalle cui ciglia sporgevano delle lacrime. Gli accarezzò la guancia col dorso della mano.
“Perdonami se ti sembro troppo vorace. E’ solo che ti desidero così tanto…” S’interruppe, scosse il capo e lasciò un sospiro: “Sarò molto delicato, non devi temere. E non ho intenzione di prenderti qui davanti alla porta.” Gli prese entrambe le mani, con cui ancora stava tenendo sollevato il maglione, le strinse dolcemente nelle proprie e pian piano lo attirò verso il grande letto che era nella stanza.
“Posso spogliarti?”
Questa premura per Atsushi significò tanto e contribuì a placare in parte l’agitazione. Fece per rispondere, ma la voce gli si bloccò in gola, perciò emise solo un mugolio e fece un cenno col capo. Non provò vergogna per quell’atto, anzi, sentire le mani tiepide di Akutagawa sfiorargli la pelle e spogliarlo lentamente, fu una cosa piacevole. Come anche guardarlo togliersi gli indumenti di dosso e lasciarli ricadere sul pavimento con noncuranza. Tutto sommato era un bene che sapesse già cosa fare e che fosse in grado di prendere in mano la situazione, no? Se fosse stata la prima volta per entrambi…sarebbe stato un gran casino!
Jinko….finisci tu di spogliarmi.”
Akutagawa aveva addosso solo i jeans e, a giudicare dal rigonfiamento della patta, dovevano contenere una gran bella erezione! Le mani di Atsushi tremarono mentre le allungava lentamente verso l’obiettivo. Per questo motivo le sue dita incontrarono qualche difficoltà col bottone, fino a che questo non si decise a passare l’asola, poi per abbassare la zip bastò fare un po’ di pressione col dito. Per aiutarlo, Akutagawa gli prese le mani e le guidò per abbassare l’indumento dai fianchi.
Ecco fatto.
Atsushi deglutì rumorosamente nel vedere la sua virilità gonfia e pulsante.
“E’…g-grande.”
Akutagawa accennò un sorriso.
“Ti ringrazio del complimento. Sono giusto un po’ al di sopra della media.”
*Appunto mentale di Atsushi: insegnare a quel ragazzo cos’è la modestia e fare in modo che la applichi.*
Nonostante quella serata fosse stata tempestata di uscite bizzarre che lo avevano spiazzato o lasciato senza parole, andò molto meglio nell’atto carnale. Akutagawa sapeva esattamente come muoversi, sapeva come maneggiare il suo corpo e trattarlo con molta cura. Atsushi si lasciò andare al suo tocco con naturalezza, si lasciò manovrare senza timori, sia nel momento in cui si stesero al centro del letto, sia quando le dita di lui s’introdussero nel…ehm, là sotto!
“Il tuo corpo reagisce bene.”
I loro respiri caldi che si fondevano, le loro labbra vicinissime e umide dai baci che si erano dati finora. Akutagawa si sollevò e fece per afferrarlo per le cosce…
“Aspetta.” La voce addolcita dal piacere: “Vorrei…girarmi.”
Akutagawa gli lanciò uno sguardo sorpreso: “Vuoi che ti prenda da dietro?”
“Mh. Non so perché, ho una sensazione, qualcosa che mi spinge  a farlo così.”
“Va bene. La posizione non è importante, ciò che conta è che sia piacevole.”
Gli lasciò lo spazio necessario per muoversi e, a onor del vero, rimase soddisfatto di quell’iniziativa! Vederlo chino sugli avambracci, col viso semiaffondato sul cuscino, la schiena dritta e i fianchi ben sollevati verso l’alto, lo fece incendiare dal desiderio. Aveva sempre pensato che Atsushi avesse un bel culetto, ma adesso che lo vedeva da vicino e sollevato in quel modo, non vedeva l’ora di entrarci!
Come aveva promesso, lo penetrò piano e con delicatezza e lasciò che quel corpo lo accogliesse poco alla volta, fino in fondo. Non ebbe bisogno di chiedergli se stava bene, lo capì chiaramente dalla sua reazione positiva e dal suo respiro tranquillo. Ogni cosa procedeva al meglio, quasi fosse destino che andasse così. Incoraggiato da questo pensiero, Akutagawa cominciò a muoversi, tenendo saldamente quei fianchi snelli e forti. Non bastarono che pochi minuti perché cominciasse ad aumentare il ritmo. Chiuse gli occhi per godersi appieno quella sensazione calda e avvolgente, mentre i gemiti di Atsushi lo cullavano come una melodia. Stava così bene dentro di lui…
Swish!
…swish? Se l’era immaginato?
Swish!
No, aveva sentito bene. C’era qualcosa che si muoveva nell’aria. Con la mente intorpidita dal piacere, si azzardò ad aprire un occhio di uno spiraglio e vide qualcosa di chiaro e sottile passargli davanti. A quel punto spalancò entrambi gli occhi. Non poteva crederci!
“Ehm…Jinko? Ti è spuntata la coda.”
“Mi…mi dispiace… Non riesco a controllare il mio potere…”
Accidenti, era tutto vero! Quella era proprio la coda della tigre che aveva visto in alcune occasioni durante i loro combattimenti. Che stava succedendo?
“Forse è meglio smettere…”
“NO!” Atsushi volse il capo di scatto, rivelando così che la trasformazione in tigre si era manifestata anche sul suo viso, inoltre gli erano comparsi gli artigli e le mani erano diventate tutte pelose. “Ti prego, non fermarti!”
Se glielo chiedeva con quegli occhi imploranti…
“Ti faccio venire.” Sentenziò con totale sicurezza.
Per quanto piacevole era meglio essere prudenti, non voleva correre il rischio di beccarsi un’artigliata nello stomaco o di farsi staccare la testa con un morso. Si diede in spinte decise e profonde, accompagnato dalle grida di piacere di lui. Di una cosa aveva la certezza, quella notte sarebbe rimasta impressa nella loro memoria fino all’ultimo giorno, non c’erano dubbi!
Giunto al limite, con una mano raggiunse la virilità di Atsushi e stimolò la punta per farlo eiaculare, e solo quando sentì il suo seme denso e caldo fra le dita si lasciò andare e raggiunse a sua volta l’orgasmo. Preoccupato per lui, usò gran premura nel stringerlo a sé, la testa poggiata sulla spalla e il suo respiro caldo che gli batteva contro il petto. Fu lieto di vedere che la trasformazione si era annullata durante quei pochi istanti e che ora Atsushi giaceva tranquillo e affaticato solo dal piacere del rapporto.
Atsushi sollevò lo sguardo sul suo: “Che cosa mi è successo? Mi sentivo così strano…”
Una bella domanda!
“Ho una teoria… Suonerà ridicola ma ti prego di non ridere.”
“Non lo farò. Non ho abbastanza forze in questo momento…”
“E’ possibile che sia accaduto per colpa mia. Il piacere che hai provato era così forte da farti perdere il controllo. Essendo la tua prima volta, una parte del tuo cervello deve averlo interpretato come un segno di pericolo, di conseguenza questo ha attivato il tuo potere.”
Silenzio totale. E poi…
“Pff!!!”
“Ti avevo detto di non ridere!”
Col corpo invaso dal tremolio della risata e le lacrime agli occhi, Atsushi cercò di giustificarsi: “Non posso! Praticamente mi hai appena detto che mi sono trasformato perché sei talmente bravo a letto da farmi impazzire!”
“E’ questa l’interpretazione che gli hai dato, eh?” Per vendicarsi lo strinse più forte a sé col braccio e usò la mano libera per arruffargli ancor più quei capelli già disastrati di natura.
Era così bello scherzare e ridere insieme, abbracciati a letto. Tutti piccoli miracoli che prima avevano solo potuto immaginare e che ora, per chissà quale forza divina, erano diventati la realtà. Una notte pazza e ricca di emozioni. La loro prima notte insieme.
  
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