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Autore: Sharkallo    08/04/2020    0 recensioni
[Dreamworks]
Io e Lucartola stiamo scrivendo un libro assieme, un progetto a cui ci stiamo dedicando in maniera molto seria. Ogni tanto abbiamo bisogno di distrarci dalla quantità immensa di dolore, sofferenza e morte a cui stiamo sottoponendo i nostri personaggi. Ed è nato questo: fanfiction trash. A volte bisogna mostrare la propria vera natura.
Prima che ci venga chiesto no, non abbiamo disturbi mentali e no, non ci facciamo di acidi. Che io sappia.
Non fatevi troppe domande, vi prego. Non nulla da capire.
Genere: Comico, Fantasy, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: DREAMWORKS

Generi: Fantasy, Sci-fi,Umorismo

Luogo: Museo

Personaggi: Jack Frost, Bee movies bee, Keith, Lord Farquaad, Regina Elisabetta [ft. il pegaso inglese della Regina]


Anno 2346, venerdì 6 aprile

Il vuoto cosmico emanava un silenzio etereo, infinito. Tutto galleggiava nell’orbita di quella che un tempo sarebbe stata chiamata Terra, ma che ora non era altro che una sporca sfera di sabbia. I monumenti, simbolo di ciò che era un tempo la gloria e l’orgoglio dell’umanità, sorvolavano le costellazioni, in un moto perpetuo e irrefrenabile. Le loro figure, stoiche, immobili nell’oscurità perenne di quell’angolo dello spazio ruotavano con lentezza ma costanza, illuminati da flebili luci artificiali, già sul punto di spegnersi. 

Nella quiete universale però, d’improvviso, si udì un suono, un allarme antifurto. Ci si chiede da dove venisse.

L’allarme in questione proveniva dalla Torre di Londra, o meglio da quel che ne restava. E assieme ad esso, tra quelle macerie del passato, risuonò un grido.

“TESTA DI CAZZO DI UN’APE, HAI FATTO SCATTARE L’ALLARME” urlò un ragazzo snello, coperto da un passa montagna.

“Ho capito, ma quel bottone somigliava troooppo a un fiore fraaaa un fiore di Ganjaaaa.”

“Ma dovevamo portarci un’ape fattona in questa missione?” chiese un terzo, con voce confusa.

“Senti era l’unico che passava attraverso la porta per aprircela dall’interno, siamo stati costretti.”

“Esaaaatto, troooppo l’unico fratèèèè.”

“Io ora ti schiaccio” minacciò uno dei due umani con voce terribilmente seria.

“Fraaaaatè ho un pungiglione e non ho paura di usarlo”

“Dovresti, moriresti dopo.”

“.... trooooppo ragione c’hai fratèèè”

“Keith, ci conviene scappare o-” 

“Bene, bene. Ma chi abbiamo qui…” una voce emerse dal buio corridoio interno al palazzo. I due ragazzi e l’insetto si voltarono nella sua direzione, ma non riuscirono a vedere chi gli avesse rivolto la parola.

“Chi cazzo sei?”

“Tsk, maleducato, in un museo certi linguaggi sono punitit”

Fuoriuscì dall’oscurità una figura minuscola, un nano, ma con un fisico uniforme.

“Io sono Lord Farquaad, proprietario ufficiale del museo” iniziò l’omuncolo, facendosi avanti.

“E voi siete in un bel guaio, ragazzi.”

“Ahahaha ma questa guardia è trooooppo bassa fratèèèè guardalo mi fa quasi tenerezza”

Lord Farquaad sorrise, per poi tirare fuori un insetticida. 

“Berry, scappa!” 

Il getto fu spontaneo, e l’ape cadde al suolo inerme.

Il titolare del museo rivolse un fintamente amabile sorriso agli altri due ladri, che guardavano con orrore il loro compagno che, riverso a terra, sembrava non starsi più muovendo. 

“Chi è il prossimo?”

Il ragazzo col passamontagna afferrò l’altro per il braccio, e corsero via, nell’oscurità.

“Come cazzo ci è venuto in mente? Dico c’è… i gioielli della Corona, lo dicevo che non sarebbe stata una buona idea” disse il ragazzo, il cui cappuccio faceva intravedere il bianco dei suoi capelli.

“Lo sai, aveva insistito Berry” rispose l’altro in un soffio.

“Ora taci e corri.”

Già, aveva insistito Berry, e i due lo ricordavano come se fosse il giorno prima.

Perché era effettivamente il giorno prima.


Anno 2346, giovedì 5 aprile

“è deciso!” esclamò, forse con fin troppo brio, una minuscola creatura dal corpo striato, svolazzando attorno alle teste di due umani che camminavano con andatura il meno appariscente possibile lungo le vie del museo della vecchia Torre di Londra. I due non parvero troppo preoccupati dalla presenza di quel petulante insetto, quanto più dalla sua voce squillante che attirava non pochi sguardi indiscreti. Per quanto non fossero lì per ragioni di lavoro, l’abitudine si faceva sentire, perciò veniva loro quasi naturale il doversi nascondere.

“Cosa è deciso?” domandò il ragazzo dai capelli neri, puntando uno sguardo interrogativo verso l’ape.

Berry era sempre troppo, troppo esuberante per i suoi gusti. Sempre a parlare, a muoversi, a gridare qualunque folle idea animasse la sua mente. Gli ricordava uno dei suoi vecchi colleghi, prima che decidesse di darsi al furto. 

“Beh, non ti pare ovvio Keith? Guarda quei gioielli. Non sarebbero un bottino trooooppo gustoso?”

“Abbassa la voce, idiota di un’ape!” gracchiò il ragazzo dai capelli bianchi, che intanto si reggeva al suo bastone.

“Zitto tu, Jack. Ascoltatemi: non avevamo programmato questo furto, ma caaaazzo regà guardate quanta roba. E’ deciso, stanotte stessa agiremo e porteremo via tutto.”

Jack si mostrò riluttante, mentre Keith apprezzò l’iniziativa e, guidato dalla sua bramosia di denaro, con il grande entusiasmo che l’aveva sempre contraddistinto acconsentì all’operazione con un semplice, piatto “Ok”.

“Allora è trooooppo deciso! L’operazione “Fottiamo la Regina” è iniziata!”

“Fottere un’anziana di una specie diversa dalla tua Berry? Ew.”



 

Anno 2346, venerdì 6 aprile

E ora Berry era andato, portato via dal veleno mortale di quella fatale bomboletta d’insetticida. Dietro di loro, Jack e Keith sentivano i passi lenti ed inesorabili di Lord Farquaad che li seguiva. Nonostante le gambe corte e l’andatura che, a giudicare dalla cadenza dei passi, doveva essere ben più lenta della loro, egli sembrava sempre più vicino. Conosceva il museo mille volte meglio di loro, sicuramente era più abituato a muoversi tra quei corridoi che agli occhi dei due ladri apparivano come un gomitolo buio e indistricabile di strade ignote.

I due arrivarono, dopo minuti di corsa che gli parvero giorni, ad una sezione del cosmo occupata dalle figure statiche di antiche statue.

“Dovremmo essergli sfuggiti, non sento più i suoi passi” disse Jack ansimante.

“Uhuhuh poveri illusi…” 

La risata dell’uomo li raggiunse, ormai troppo vicina per potervi sfuggire.

“Ma come cazzo hai fatto”

“Beh…. oddio non lo so neanche io MA voi due siete nei guai”

“Jack, dobbiamo disarmarlo, è piccolo, non dovrebbe essere difficile”

Fu a quel punto che Farquaad fischiò. Il terreno tremò sotto i loro piedi, un grido si erse dai bassi fondi del suolo e dal pavimento sbucò un drago enorme, rosa e con il rossetto sulle labbra.

“Ma… quella non ti aveva mangiato?”

“Da quando sono uscito dal suo ano sotto forma di sterco mi ha preso in simpatia. Crede che io sia suo figlio.”

“DRAGHESSA NON SI PUO’ PARTORIRE DAL CULO.”

Keith sussurrò all’amico: “Tieni in conto che è un drago. Magari loro possono” ma fu interrotto dalla voce tonante del suddetto drago.

“Silenzio! E non osate maltrattare il mio bambino” rispose lanciando un’enorme fiammata.

“Keith, so che è crudele ma SPARA ALLA CAZZO DI DRAGHESSA!” 

Keith non se lo fece ripetere due volte e cominciò a sparare proiettili a lunga gittata contro la sputafiamme, ma la sua scorza di squame dure come l’acciaio non venne minimamente scalfita. C’è da dire, poi, che Keith non era esattamente un bravo tiratore.

“Non funziona, Jack!”

“Lo credo, spari a cazzo!” gli gridò lui di rimando. L’immensa creatura era sempre più vicina.

“Fanculo Jack, prova a fare qualcosa te se sei capace”

“Ufff ti devi sempre far umiliare eh?” rispose il giovane, brandendo il suo bastone magico.

“TEMPESTA DI GHIACCIO!” urlò il giovane, congelando tutto il palazzo, draghessa compresa.

“Perché accidenti non lo hai fatto subito?” 

“Mi diverte vederti in difficoltà”

Lord Farquaad venne steso in un secondo dai due , da solo era uno gnomo abbastanza debole.

Ripreso il corpo esanime della piccola Ape, si diressero verso l’uscita, con una piccola refurtiva, comprendente la Corona reale. Nonostante il loro amico avesse pagato con la vita, erano almeno riusciti ad esaudire il suo desiderio. 

Ma proprio quando stavano per aprire i portelloni della navicella di Keith, udirono uno spaventoso, lunghissimo nitrito.

E Lei apparve.

Un lampo di luce, una visione improvvisa d’un acceso rosa pastello. I capelli bianchi erano fermi nella loro acconciatura sotto il cappello, come se l’aria non potesse scalfirli. Dietro lo scintillio delle lenti, i suoi occhi erano feroci. Si stagliò sui due ragazzi, in groppa ad un destriero dal manto candido, le cui possenti ali si muovevano instancabilmente, portando i colori della bandiera britannica sul proprio piumaggio.

La creatura più amata e temuta d’ogni tempo, il cui viso aveva tormentato i sonni dei malvagi, colei che era più vecchia del Tempo e più potente di Dio stesso, l’immortale, l’onnipotente, la mai vinta.

La Regina Elisabetta.

“occazzo lei no…” bisbigliò Keith.

“Non ci voleva, ha un’aura potentissima.”

Wragazzi, voi avie quaelcosa che mi appartiène, non è così Albert?” disse la donna in un forte accento inglese, rivolgendosi al cavallo e dandogli un affettuoso colpetto sulla testa.

“ Lei ha sempwre wragione Maestàh” rispose il cavallo alato, fedele, per poi continuare.

Maestà gradirebbe un tè?”

“Volentieri, ma non sono le cinque, Albert, aspettewremo. Ora finiamo qwuesti due ragasshini”

“Miseriaccia Jack, congelala!”

Jack lanciò un incantesimo, ma la regina, toltasi il guanto, lo parò con una sola mano. Il suo sguardo divenne truce.

Con chi credete di avere a che fare, insolenti?”

“è troppo potente per noi!” gridò Jack. In un impeto di disperazione, tentò di lanciarle un altro incantesimo, ma non riuscì in alcun modo a scalfirla.

Keith puntò la pistola verso di lei, sparando tre colpi uno dietro l’altro. Ella li schivò, uno ad uno, con mosse che il ragazzo non avrebbe mai creduto possibili per qualcuno della sua età. 

I due ragazzi sembravano ormai rassegnati

Ma come, tutto qui? Well, then I must kill you”

“Oh no non mi dire che…”

Cannone distruttore britannico, appari!”

Una teiera, eterea e illuminata da una luce divina, apparve dal nulla. All’estremità del beccuccio apparve una sfera di energia potentissima, l’aria era smossa e il museo cominciò a sgretolarsi.

“E’ LA FINE!”

Ma la luce si interruppe d’un colpo, seguita da un gemito da parte di sua maestà.

“Ma quello è..”

“God save the Queen, perchè sei troooppo morta mignotta!”

Luminoso, possente e più vivo che mai, Berry l’ape gridò queste parole e si avventò sul nemico.

“BERRY!” gridarono in coro i due amici, vedendo il pungiglione del loro amico infilzato nel collo di Elisabetta, il cui corpo cominciò a dissolversi, scomponendosi in milioni di bustine da tè.

Con un ultimo, raccapricciante urlo, il volto della Regina si disgregò del tutto, e cui lei anche il suo destriero, che seguì la padrona con un nitrito addolorato ma non sconfitto.

Un lampo improvviso di luce costrinse Keith e Jack a ripararsi contro la navicella, sospinti come dalla forza di un’esplosione. Quando riaprirono gli occhi, era tutto finito. E a terra, dove fino a poco prima si era trovata la pila di bustine da tè, non vi era che il corpo di Berry, privo del pungiglione, intento ad esalare gli ultimi respiri.

I due umani corsero, nel tentativo disperato di raggiungerlo, di salvarlo, di cogliere le sue ultime parole.

L’ape mise su un sorriso largo ma tremante, debole.

“L’ho troooppo uccisa” gracchiò ai suoi amici, che, seduti accanto a lui, si stavano rendendo conto che non c’era nulla da fare. 

“L’avevo detto che fottevamo la Regina, regà, l’avevo detto.” 

L’insetto chiuse gli occhi.

“Berry…” sussurrò Keith, chiamandolo, ma nessuno rispose.

“E’ andato. Se ne è andato” disse Jack.

Con un moto di frustrazione aggiunse: “Non siamo riusciti a salvarlo.”

Aspettate a parlare, mortali” 

Una luce sferica apparve di fronte a loro.

Mortali, quest’ape è riuscita in ciò che io ho sempre fallito a realizzare: uccidere quella maledetta succhia tè. E per questo gli sono immensamente grato.”

“Chi sei?” chiese Keith verso la luce, dalla quale provenne una risata benevola.

“Sono molti i nomi con cui vengo chiamato. Ma a voi basti sapere che posso fare dono d’una nuova vita al vostro amico. Per ringraziarlo di ciò che ha fatto.”

Mentre la voce parlava, il pungiglione perduto di Berry cominciò a riapparire, prima lentamente, poi in modo sempre più rapido, finché l’ape non spalancò gli occhi e inalò il primo respiro della sua seconda vita.

“Berry l’ape” lo chiamò la luce.

“Bella fratè, troooppo sgravata sta sfera.” salutò Berry con la sua tipica finezza.

“Berry l’ape, per i tuoi servigi io ti conferisco il dono della vita. Ti ringrazio per aver ucciso quella mostruosa creatura. Ammetto di averla temuta immensamente io stesso. Era qui da prima ancora che io arrivassi.”

“Trooopppo stato un piacere fratèèèè.”

La luce, emesso un fragoroso “Addio” scomparve nel nulla.

Dei tre amici non si ha più traccia, se non qualche taglia sulle loro teste e qualche notizia saltuaria di una rapina perfetta. Ma il verbo sulle loro imprese è diffuso in ogni luogo, tra ogni abitante del cosmo.

 

“Troooppo la fine della storia fratè.”

 
   
 
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