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Autore: QueenOfEvil    11/04/2020    1 recensioni
Prima che Aa perdesse due dei suoi tre occhi. Prima dell'ultimo verobuio. Prima della Profezia.
Mia era senza alcun dubbio "una ragazza con una storia da raccontare".
Ma, vedete, gentili amici, quella definizione poteva benissimo valere anche per i suoi genitori.
"Julius non aveva mai visto qualcuno morire quando, a sei anni non ancora compiuti, Atticus aveva deciso che era il momento per lui di assistere al suo primo venatus magnii. Non conosceva l’odore ferroso del sangue, né il modo in cui la sabbia cambiava colore, mentre dai corpi caduti sbocciavano fiori vermigli. Non conosceva le urla estasiate della folla adorante, né tantomeno quelle agonizzanti degli schiavi che trovavano la morte per l’altrui divertimento.
Dopo averli conosciuti, non era riuscito a dormire per settimane.
La seconda volta, quando di anni ne aveva otto, era andata meglio: si era limitato a rimettere il suo ultimopasto, l’illuminotte seguente.
La terza, l’unica reazione che quello spettacolo gli aveva procurato era stata uno sbadiglio."
Genere: Avventura, Fantasy, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Alinne Corvere, Altri, Julius Scaeva, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Neh diis lus'a, lus diis'a'
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Decipit frons prima multos





 

La nave scivolava dolcemente sul Mare delle Spade, le acque calme e lo splendore dei due occhi  del Semprevigile, Saan il Veggente e Saai il Sapiente, a simboleggiare la benevolenza del Dio e della sua terzogenita sul popolo da loro protetto. Ovunque, sotto e sopracoperta, marinai e semplici passeggeri si muovevano senza riposo da una parte all’altra dell’imbarcazione: chi per ammainare una vela, chi per controllare sartie e cime, chi semplicemente per osservare la costa che si allontanava e il luogo chiamato Crow’s Nest, proprietà della familia Corvere, che diventava nulla di più che un puntino scuro all’orizzonte. Una lieve brezza scompigliava i capelli alle dominae e faceva svolazzare i mantelli degli uomini, non così forte da infastidire, ma abbastanza decisa da rinfrescare i visi accaldati dai soli. 
Ancora qualche cambio e sarebbero approdati al porto di Elai, in territorio Liisiano.
Poco mancava, per rendere l’atmosfera perfetta.
Una persona, tra i presenti, avrebbe però dissentito con veemenza riguardo quest’ultima affermazione.
Steso in un letto che tutto sembrava meno che comodo, gli oblò oscurati per far entrare meno luce possibile nella stanza e le palpebre serrate nel tentativo di domare il mal di mare feroce che lo assaliva regolarmente non appena metteva piede su una barca, il ragazzino dodicenne che la Repubblica di Itreya avrebbe un giorno acclamato come Senatum Populiis e insignito della carica di console per tre mandati consecutivi aveva in quel momento come unico obiettivo quello di non dare di stomaco per la sesta volta dall’inizio del viaggio. 
Le mani, dalle dita lunghe e sottili, erano contratte a pugno e il viso -ancora acerbo, ma su cui si intravedevano già tratti avvenenti- aveva assunto un diffuso colorito verdastro, tanto da rassomigliare, per sfumatura, alle verdure che aveva consumato l’ultimopasto precedente e che stavano minacciando, nonostante le varie ore trascorse, una risalita su per la sua gola. 
Julius, labbra strette e fronte aggrottata, si tirò su a sedere e si scostò i riccioli neri dagli occhi, per poi scendere dalla cuccetta con movimenti esitanti e un braccio attorno allo stomaco: varie volte gli era stato detto che l’aria fresca del pontile era un rimedio più efficace dello stendersi sottocoperta al buio e, malgrado egli non fosse molto convinto che avere il calore di due soli addosso avrebbe aiutato, si sentiva abbastanza disperato da provare. Se avesse continuato così, non era certo che sarebbe arrivato da sua zia tutto intero.
Appoggiandosi con una mano al legno delle pareti del corridoio, avanzò lentamente verso l’esterno, mentre con l’altra tastava l’interno della sua camicia, per verificare che la lettera che portava con sé fosse ancora al suo posto: avrebbe potuto lasciarla nella sua borsa, nella stiva con gli altri bagagli dei passeggeri, e questo gli avrebbe probabilmente risparmiato inutili preoccupazioni, ma, per garantire a tutti a bordo della nave l’accesso ai propri averi, la porta della stanza veniva tenuta aperta e Julius non era disposto a rischiare che qualche simpaticone decidesse di prendere altro, oltre a ciò che gli apparteneva. E così aveva deciso di arrangiarsi da solo. Si fidava più di se stesso che di tutta la Repubblica di Itreya, d’altronde, e in questo caso particolare non c’era di che scherzare.
Senza quella lettera, capite, sarebbe stato perduto.
Suo padre non gli aveva dato il denaro sufficiente per un viaggio di ritorno.
Quando egli gli aveva comunicato la bella notizia -avrebbe trascorso i mesi seguenti ad Elai, presso una zia che non aveva mai conosciuto e di cui aveva solo raramente sentito parlare-, lui e la matrigna di Julius avevano fatto di tutto per farla sembrare una buona notizia, rivolgendogli un sorriso che al ragazzino era parso molto sciocco e molto poco convincente, ma lui non aveva obiettato. Non sarebbe servito a nulla, tranne a far arrabbiare suo padre, che in quel periodo sembrava ancora più nervoso del solito.
Julius non si faceva illusioni sul perché non gli avessero detto quella che lui sospettava essere la verità. Non era stato tanto per tranquillizzare lui -Atticus Scaeva non aveva mai dimostrato di avere particolarmente a cuore la tranquillità psicologia della sua progenie-, quanto per la loro stessa pace interiore: fin quando la gravità della situazione non avesse reso impossibile mettere a parte anche lui, c’era ancora speranza.
La luce dei soli lo colpì in viso come uno schiaffo ed egli rivolse un’occhiata di rimpianto all’oscurità sotto di sé, prima di dirigersi verso prua. Incrociò le braccia sulla balaustra e, socchiudendo gli occhi, guardò davanti a sé, cercando al contempo di distogliere l’attenzione dal proprio stomaco e di avvistare il territorio Liisiano. Tutto inutile.
Una fitta di nausea più forte delle altre lo costrinse ad aggrapparsi al legno davanti a lui e sentì le ginocchia cedergli: ripensò alla sua camera, al suo letto, all’esistenza di midollano che aveva condotto fino a pochi giorni prima, e provò un senso di nostalgia acutissimo.
Sapeva che di lì a poco la situazione a casa si sarebbe fatta tesa, era molto probabile che avrebbero addirittura dovuto abbandonare le Costole e stabilirsi solo Aa sapeva dove -il che avrebbe reso, tra parentesi, molto difficile la corrispondenza-, ma era convinto che avrebbe preferito rimanere a ‘Grave, la sua città, piuttosto che venire spedito in una provincia qualsiasi della Repubblica al pari di una merce di valore.
Detestava quella sensazione di impotenza.
Era in situazioni come quella che trovava molto difficile credere alle leggende che suo padre -per cui l’orgoglio della familia era spesso più importante del buon senso- amava raccontare dopo qualche bicchiere di aureovino di troppo1.
“Prima volta su una nave?”
Improvvisamente distratto dalla nube nera di pensieri che volteggiava sulla sua testa, Julius si voltò a sinistra con uno scatto e i suoi occhi scuri incontrarono quelli azzurri di ragazzino Vaaniano più o meno della sua età, un ciuffo di capelli biondo oro che gli cadeva sul lato sinistro del viso e le labbra aperte in un sorriso amichevole.
Solo che Julius non era esattamente nello stato d’animo giusto per nuove amicizie.
“No” replicò dunque, secco “Perché?” Si pentì immediatamente di avere anche solo aperto bocca: le verdure avevano di nuovo ingaggiato battaglia con il suo stomaco. Non aveva idea di chi sarebbe risultato vincitore, ma in ogni caso il perdente sarebbe stato lui.
“Anche io quando ho fatto il mio primo viaggio sono stato malissimo” rispose l’altro, per nulla messo a disagio dal sua mancanza di cordialità “ma poi, facendo avanti e indietro tra Elai e Godsgrave più volte all’anno, mi sono abituato.”
Buon per te, pensò Julius, ma si trattenne dal fare commenti.
Silenzio.
“Sei con i tuoi genitori?”
“No”
“Con qualcun altro?”
“Viaggio da solo”
Lo sforzo di parlare ed al contempo tenere sotto controllo la nausea gli stava facendo anche ritornare il mal di testa.
“Anche io!” il ragazzino si issò sulla balaustra, incurante del lieve ondeggiare della nave, e fissò saldamente i piedi -che solo in quel momento Julius notò essere scalzi- attorno alle cime delle corde, in modo tale da non perdere l’equilibrio “Mia mamma lavora a ‘Grave come sarta, mentre mio papà è un medico al servizio di una domina ad Elai, così faccio avanti e indietro tra di loro, quando ho voglia.” Nessuna risposta “I tuoi invece?”
Julius ebbe la tentazione di fingere di non aver sentito la domanda e non rispondere, ma, anche voltando il capo, sentiva sulla sua nuca lo sguardo insistente del suo interlocutore -evidentemente desideroso di fare amicizia con la prima persona della sua età incontrata dopo chissà quanto tempo- e sentiva che non se ne sarebbe andato fino a che non avesse ottenuto quello che voleva.
Così sospirò, alzò gli occhi al cielo e gli rivolse uno sguardo in tralice.
“Mio padre è un senatore,” le dita picchiettavano sul legno davanti a lui “Mia madre è morta”
“Oh.”
Questo, finalmente, sembrò calmare i bollenti spiriti dell’altro.
“Mi dispiace”
A Julius non dispiaceva più di tanto, in realtà, ma non lo disse. Cornelia Scaeva era morta pochi cambi dopo averlo dato alla luce e di lei lui non sapeva nulla a parte ciò che gli avevano raccontato il padre e la servitù, quando ancora potevano permettersela: era stato un matrimonio combinato, non particolarmente felice ma neanche particolarmente disastroso, e quando Atticus aveva deciso che era il momento di risposarsi, la figura della sua matrigna aveva presto preso il posto della precedente domina all’interno della casa. Non che Julius guardasse neanche a lei come a una madre, in realtà. Trovava difficile vedere una figura autoritaria nella ragazza di soli dieci anni più vecchia di lui che passava il tempo a provare nuovi vestiti e a conversare con le sue amiche nel salotto della loro casa.
Staranno vendendo i suoi abiti in questo momento? Pensò, distrattamente 
Staranno vendendo i miei?

Scosse la testa e allontanò l’immagine dalla sua mente. 
Anche ne avesse avuto la certezza, non avrebbe potuto fare nulla per cambiare le cose.
“A… ascolta, io adesso devo andare” Il suo interlocutore sembrava improvvisamente a disagio, come se avesse improvvisamente realizzato che la sua presenza non era gradita, e Julius trattenne un sorriso: aveva già verificato più di una volta come il parlare di sua madre costituisse un repellente efficace contro gli scocciatori e, anche se non apprezzava lo sguardo di pietà che qualche volta gli veniva rivolto, trovava comodo il modo in cui tutte le conversazioni spiacevoli cadevano una volta toccato l’argomento.
“D’accordo”
“Però, prima, tieni questo” Il ragazzino prese la mano sinistra di Julius, che, troppo sorpreso da quell’improvviso movimento per replicare, si ritrovò con in mano due braccialetti con una sorta di bottone rigido incastrato in mezzo. Notando il suo sguardo perplesso, l’altro si affrettò a spiegarsi: “Mettili circa tre dita sotto il polso e dovrebbero calmare il mal di mare. Me li aveva dati mio padre, ma a me non servono e il viaggio si prospetta ancora lungo: credo che tu possa averne bisogno”
Julius abbassò lo sguardo verso quello che aveva in mano e poi di nuovo verso il punto dove fino a un attimo prima era stato il ragazzino Vaaniano, ma si accorso con sorpresa che quello se ne era già andato.
Non sapeva se accettare l’aiuto di quello sconosciuto -l’esperienza gli aveva insegnato che quando qualcuno ti faceva un favore, poi ne chiedeva uno molto più grande in cambio-, ma un’improvvisa giravolta del suo stomaco non gli diede molta scelta.
Beh, tanto vale provare, suppongo.
Per i primi minuti, non sentì nulla di diverso, e stava già per togliersi quegli stupidi affari e gettarli fuoribordo, quando si accorse che, piano piano, ma gradualmente, la sensazione di malessere costante che aveva provato nei cambi precedenti si stava affievolendo. 
Fu come se qualcuno gli avesse sollevato un velo dagli occhi.
Da un momento all’altro, il cielo gli sembrò più azzurro, il mare più limpido e anche il calore bruciante dei due soli, anche se ancora fastidioso, non lo opprimeva più come prima.
Con il miglioramento delle sue condizioni, e con il cervello di conseguenza più lucido, arrivò anche una lieve senso di colpa per essersi dimostrato così sgarbato nei confronti del ragazzino Vaaniano a cui, per tutta la conversazione, non aveva neanche pensato di chiedere il nome.
Pensò di andarlo a cercare, per chiedergli scusa e ringraziarlo del regalo, -e verificare che davvero fosse stato un gesto disinteressato da parte sua-, ma un refolo di vento gli accarezzò il volto e gli scompigliò i ricci e decise che sarebbe rimasto ancora un po’ a prua, a godersi il panorama.
Per la prima volta da quando era salito sulla nave, appoggiato sulla balaustra e circondato dai rumori del mare, Julius chiuse gli occhi e sorrise, momentaneamente dimentico delle sue preoccupazioni.
A quel suo cambiamento di umore, le ombre attorno a lui sfarfallarono e si allungarono, torcendosi e arrotolandosi come se avessero vita propria.
Nessuno sul pontile, però, se ne accorse.
Neanche lui.

 






 

[1] La leggenda, che Julius riteneva giustamente imbarazzante e che si guardò bene dal diffondere, una volta salito al potere, risaliva al tempo in cui la familia Scaeva era una delle più numerose e importanti della Repubblica. Con l’evidente intenzione di guadagnarsi il favore degli elettori e del clero, uno dei vari patres familias fece mettere in giro la voce secondo cui addirittura Aa il Semprevigile fosse apparso in sogno al suo bis-bis-bisnonno benedicendo la sua progenie e profetizzando loro un avvenire di splendore e potenza.
Tutto andò bene, fino a che qualcuno con un particolare amore per gli alberi genealogici (o un particolare astio nei confronti degli Scaeva, a voi la scelta) rilevò la tendenza di quel particolare bis-bis-bisavolo a mangiare pesante e la diceria diventò sempre meno creduta o ricordata con il passare del tempo (e, quando succedeva, era più causa di ilarità che altro).
I più acuti osservatori tra i miei lettori avranno di certo notato una punta di ironia tragica in tutto ciò e a costoro non posso che dire questo: il destino adora prenderci per il culo, gentili amici.




 
Nota conclusiva: intanto grazie di cuore anche solo se siete arrivati a leggere fino a qui. Spero che questo primo capitolo vi abbia invogliato ad andare avanti con la lettura: cercherò di essere regolare e pubblicare un capitolo a settimana (almeno fino all'inizio della sessione di esami a fine maggio). Questa prima parte vedrà Scaeva ancora ragazzino -dodici anni, appunto-, mentre le successive, se tutto andrà secondo programma, avverrano ognuna a circa dieci anni di distanza l'una dall'altra: spero che questa prima presentazione del protagonista non vi sia semprata troppo out of character, specialmente dato che più di vent'anni separano lo Scaeva qui descritto e quello che dirà a Mia "Vuoi sapere cosa mi tiene caldo la notte?" (citazione iconica, tra parentesi). Detto questo, compariranno sia OC, sia personaggi creati da Kristoff e spero che il tutto risulti in linea con lo spirito dei libri. Nelle informazioni della storia ho inserito soltanto "het" come descrizione della coppia per il semplice fatto che la coppia principale sono Scaeva ed Alinne, ma è molto probabile (anzi, quasi sicuramente accadrà così) che non sarà l'unico tipo di coppia presente.
Ah, un'ultima cosa: ci sono delle motivazioni che mi hanno fatto pensare a questo tipo di passato per Scaeva. Prima di tutto, il fatto che non si sappia assolutamente nulla di lui prima della sua elezione a console: della familia Corvere sappiamo che, a rigord di logica, era potente e aveva possedimenti anche al di fuori delle Costole (penso a Crow's Nest in particolare), ma la familia Scaeva sembra essere nata per miracolo con la comparsa di Julius il che è, converrete con me, strano (poi okay, Kristoff non ci ha dato assolutamente nulla sulla maggior parte degli adulti in Nevernight ma questo è un altro discorso). La seconda motivazione è il fatto che, stando a quanto Kristoff stesso ha detto nelle sue interviste, il personaggio di Scaeva è ispirato a quello di Cesare (cosa che io avevo sospettato dall'inizio): anche la gens Iulia era molto antica -e vantava di discendere direttamente da Enea e quindi da Venere- e anche la gens Iulia prima della nascita di Cesare non era né importante né potente né ricca. Ho pensato che alcuni parallelismi ci stessero bene.

Ancora un grande grazie a chi ha letto fino a qui,
Alla prossima (spero),


QueenOfEvil
 
   
 
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