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Autore: AngelCruelty    15/04/2020    2 recensioni
Storia partecipante al contest "Seasons die one after another" di Lalia_Dahl nel forum di EFP.
“Caccia alle stelle! Le stelle cadenti sono belle anche dopo aver lasciato il cielo per toccare terra: vieni anche tu in cerca dei frammenti della cometa caduta la scorsa estate nei pressi di Itomori! Chi trova il frammento più grande riceverà un premio in denaro. Ma attenzione! Il luogo in cui dovrai immergerti è pieno di insidie: è la foresta degli yokai!" Dice il volantino.
"Quella cometa… è dal momento in cui quel pezzo di roccia incandescente ha toccato il nostro pianeta che mi sento così. Forse siamo simili, io e lei. Entrambe eravamo un unico sasso, grande e forte, che con il tempo si è diviso in scaglie sempre più piccole per sparpagliarsi in giro per il mondo. Forse riunire i frammenti di questa stella mi aiuterà a capire come rendere di nuovo completa me stessa." Pensa Mitsuha.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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NA: Storia partecipante al contest ‘Seasons die one after another’ di Laila_Dahl nel Forum di EFP
- Nome autore EFP / Forum EFP: AngelCruelty/ Marika Ciarrocchi
- Titolo: Troverò
- Fandom: Your name
- Pacchetto: Coniglio (Avventura – Ricerca)
 
Troverò
 

Ogni tanto, la mattina, quando mi sveglio mi capita di ritrovarmi in lacrime.
Il sogno che so di aver fatto non riesco mai a ricordarlo. Però…
Però, dopo essermi svegliata mi resta la sensazione che qualcosa sia andato perduto per sempre.
Sono sempre alla ricerca di qualcosa, o di qualcuno.
Questa sensazione si è impossessata di me da quel giorno.
Quel giorno, in cui sono cadute le stelle, è stato come…
Come… una visione dentro un sogno! Niente meno di questo.
Uno spettacolo magnifico.*



Svolgo i miei soliti compiti, anche quelli che un tempo mi entusiasmavano, in maniera meccanica e automatica. Anche quando mi diverto, sento che qualcosa infondo non va. Sto vivendo in una cittadina non tanto lontana da quella in cui vivevo fino a qualche tempo fa, prima che la cometa distruggesse la mia terra natia. In questo momento, sono seduta sulla panchina vicino a un distributore di caffè insieme ai miei migliori amici: Sayaka e Katsujiko. Quando vivevamo a Itomori, questi attimi di primavera vissuti al crepuscolo erano un piacere, una fuga dalla monotonia. Oggi tutto quello che provo è nostalgia. Nostalgia di casa? Forse. Eppure, non sono mai stata entusiasta di vivere lì, in un posto troppo stretto per un’adolescente. I nostri nuovi quartieri non sono poi così diversi da quelli di una volta, c’è sempre troppa gente che parla. Non sono più la ‘figlia del sindaco’ ma sono ‘una delle superstiti di Itomori’, e forse è anche peggio. Le nostre vite sono un susseguirsi di giorni uguali, intervallati da scuola, riti religiosi, compiti e momenti tra amici.
“Guardate! Si parla di quella notte in cui caddero le stelle!” esclama Sayaka.
All’improvviso, il mio sguardo annoiato e perso nel vuoto si desta. Quasi cado dalla panchina mentre cerco di voltarmi per vedere cos’ha trovato. Sul distributore è attaccato un foglio: è un po’ sbiadito per via della pioggia di ieri. Soltanto nel guardare la foto che ritrae quelle splendide meteore, il mio cuore perde inevitabilmente un battito.
“Cosa dice?” domando, cercando di non sembrare troppo entusiasta.
Sayaka inizia a leggere i caratteri cubitali del volantino, dando enfasi alle proprie parole come se stesse narrando una fiaba ad un bambino: “Caccia alle stelle! Le stelle cadenti sono belle anche dopo aver lasciato il cielo per toccare terra: vieni anche tu in cerca dei frammenti della cometa caduta la scorsa estate nei pressi di Itomori! Chi trova il frammento più grande riceverà un premio in denaro. Ma attenzione! Il luogo in cui dovrai immergerti è pieno di insidie!” la ragazza continua a fissare il foglio per qualche altro secondo, sbattendo le palpebre ripetutamente, e poi esplode in un sorriso: “Wow! Deve essere divertente!” esordisce.
Strappa la carta dal distributore e la consegna a me. Io, esitante, la accetto e leggo la parte finale del testo, è scritta in rosso ed è stata evidenziata più volte: “La foresta degli Yokai?” domando, confusa: “Credo che mia nonna la conosca.”
“Oh, potremmo andarci!” propone Katsuhiko.
“Si!” conferma Sayaka con ardore, in realtà le leggo in faccia un po’ di timore, ma sorrido e anche io la imito per acconsentire.
“Aspetta, cosa? Davvero vuoi venire?” chiede Katsuhiko.
Anche lui sta pensando a quello che penso io: mia nonna non approverà. Nella foresta degli Yokai dimorano spiriti che non vogliono essere disturbati. Ma quella cometa… è dal momento in cui quel pezzo di roccia incandescente ha toccato il nostro pianeta che mi sento così. Forse siamo simili, io e lei. Entrambe eravamo un unico sasso, grande e forte, che con il tempo si è diviso in scaglie sempre più piccole per sparpagliarsi in giro per il mondo. Forse riunire i frammenti di questa stella mi aiuterà a capire come rendere di nuovo completa me stessa.
“Perché no? Infondo è solo una caccia al tesoro!” sorrido.
*
Mi consegnano un foglio colorato pieno di frecce, stelline e simboli vari che mi mandano in confusione. Lo stringo e poi guardo i miei amici: sembrano sovrappensiero quanto me. Siamo al punto di partenza, la gara sta per iniziare. Tutto quel che credevo di dover fare era cercare dei pezzi di roccia incastonati in piccoli crateri. È immediatamente palese che non sarà così facile come credevamo. A quanto pare, sparsi per la foresta degli yokai, ci saranno indovinelli e sfide, ponti sospesi, fiumi da attraversare appendendosi a delle funi e altri ostacoli. Rabbrividisco al solo pensiero, ma ormai sono qui.
Katsuhiko si guarda attorno e deglutisce.
Mi viene da ridere, siamo stati davvero ingenui. Credevamo davvero che ci avrebbero pagati per fare una semplice passeggiata nei boschi? Sono abbastanza determinata da cercare di tirarlo su: “Suvvia, sei quello con più muscoli, tra di noi.”
Ma anche Sayaka sembra preoccupata: “Siamo sicuri che non ci siano dei veri fantasmi, almeno. Vero?” chiede in un sussurro.
Scoppio a ridere, ma all’improvviso risuona un ululato intorno a noi. Tutti i ragazzi presenti si immobilizzano. Scommetto che anche loro hanno percepito quel brivido passargli lungo la spina dorsale!
Scrollo il busto, come a volermi staccare di dosso la sensazione, e poi guardo la guida in attesa di istruzioni.
Si tratta di un ragazzo di non più di trent’anni: “Ragazzi, siete in tanti. Sono certa che gli yokai si siano sentiti un po’ disturbati, ma niente di più! L’importate è affrontare ogni prova con rispetto, e vedrete che non vi faranno niente! Si dice che, con l’arrivo della primavera, questi spiriti siano più miti. Speriamo che questa parte della leggenda sia vera!” ridacchia divertito.
Queste parole mandano Sayaka nel panico. La sento gemere di paura e automaticamente allungo una mano per stringere la sua. Non so se questo gesto serva più a confortare lei, o me stessa.
Con la gola secca, ascolto mentre la guida dice che ogni gruppo deve scegliere uno dei tanti percorsi segnati sulla mappa. Mi lascio trascinare verso uno di essi, consapevole del fatto che la scelta di Katsuhiko sia stata del tutto casuale.
Continuiamo a non ragionare! Mi dico con nervosismo. Ho un brutto presentimento…
“Miki! Dove vai? Torna qui!” urla qualcuno. Non so perché, ma il mio istinto è quello di voltarmi per guardare da chi provenga quella voce.
Purtroppo però, mi accorgo che appartiene a qualcuno che non riesco a scorgere, e che piano piano si allontana sempre di più. Senza che me ne accorga, la gara è iniziata. Qua e là ci sono ragazzi che si rincorrono e cercano di stare al passo. Gli unici fermi sulla linea del via siamo io e i miei amici, ancora titubanti. Scuoto la testa come per destarmi da un sogno e poi prendo il comando: “Avanti! La ricerca ha inizio!” esclamo mettendomi in marcia.
*
Io, Tsukasa e Miki stiamo camminando da più di mezz’ora.
I piedi iniziano già a farmi male. Me lo sentivo che questa non era una buona idea!
Da quando un cliente ci ha parlato di questa ‘Caccia alle stelle’, Miki non ha smesso di parlarne. A sentire lei, la cosa era tremendamente ‘poetica e romantica’. Io avrei voluto rimanerne fuori, all’inizio. Ma poi ho capito che non erano stelle qualsiasi, quelle di cui si ciarlava tanto. Erano le stelle. Quelle cadute sulla cittadina di Itomori… e la foresta degli yokai era molto vicina al luogo stesso. Sono inspiegabilmente attratto da quel posto da quando ne ho scoperto l’esistenza, come una cimice attorno ad una lampadina che sbatte e risbatte ma non può fare a meno di tornare verso la fonte di luce. Anche se brucia. Anche se la confonde.
Mi immaginavo che sarebbe finita così. Tutta l’atmosfera magica che mi ero immaginato, tutto il reverenziale rispetto verso la casa degli spiriti, hanno lasciato spazio alla realtà: nulla di speciale si trova in questo luogo. Ci sono solo piante, alberi, erba e sassi.
“Ma perché farci seguire dei sentieri? Capisco che non volevano rischiare che ci perdessimo, ma così il vincitore non è determinato dal puro caso e dalla scelta del percorso?” domanda Tsukasa.
Me lo sono chiesto anche io.
Ma Miki ribatte: “No, qui dice che in base al superamento di alcune prove i percorsi si mescolano tra loro. Sta a noi riuscire a passare oltre prima degli altri!”
Questo spiega qualcosa, penso. Anche io ho la guida cartacea, ma non ho voglia di leggerla interamente. Mentre cammino alzo gli occhi al cielo, o almeno verso quella piccola porzione di azzurro che si intravede attraverso i rami fitti. I boccioli dei fiori attirano ogni tipo di insetto, e l’unico rumore ad accompagnare quello dei nostri passi è il loro ronzio.
Questa passeggiata inizia a deludermi, è tutto troppo prevedibile… proprio mentre questo pensiero prende forma nella mia mente, sento la voce di Miki urlare.
“Guardate laggiù!” esclama con entusiasmo.
Seguo le sue indicazioni e la vedo: siamo arrivati ai piedi di una specie di montagna, e nella roccia c’è un’apertura.
“È una grotta!” gli faccio eco.
Per la prima volta da quando sono qui, sento un brivido d’emozione scuotermi.
Corriamo verso la caverna e all’improvviso tutto diventa buio. Quasi inciampiamo uno sull’altro nel tentativo di rallentare.
“Piano!” avverte Tsukasa quando gli pesto il piede.
“Scusa!” rispondo con un po’ di senso di colpa.
Procediamo sempre più lentamente per qualche secondo, e poi in un attimo delle torce intorno a noi si accendono da sole. Le vampate di fuoco quasi mi colpiscono, visto che sono molto vicino alla parete. Tutti e tre urliamo come dei bambini al primo campeggio dopo le fiabe dell’orrore.
“Come diavolo è possibile!?” si lamenta Miki, mentre si riprende dallo spavento.
Io mi guardo intorno: la nuda roccia è intervallata da torce molto simili a quelle dei film di Indiana Jones. Le studio attentamente cercando di capire come si sono accese. I miei amici però, stanno guardando qualche altra cosa. Quindi mi volto e noto un’apertura a terra. È chiusa da un grosso masso che sembra essere stato appoggiato lì apposta per sbarrare la strada.
“Qui c’è scritto qualcosa, sarà un indovinello?” nota Tsukasa.
“Non perdiamo tempo, facciamo prima a spostare questo affare.” Risponde Miki.
“Non credo sarà così semplice” dico io. Se hanno trovato un modo di accendere le torce con un comando remoto, certamente ne avranno uno per consentire o ostacolare lo spostamento della roccia.
Ma loro mi ignorano e provano a smuovere il masso.
“Che cosa stai facendo? Aiutaci!” mi chiama Miki con il volto rosso per lo sforzo.
Anche se non sono d’accordo, faccio per raggiungerli. Il terreno non è liscio, quindi rischio di cadere. Guardo il pavimento e mi accorgo che stavo per inciampare in un sasso davvero strano: ce ne erano tantissimi così. Erano tante pietre color oro, rosa e blu. Tempestavano il terreno come diamanti nella roccia, rilucevano al danzare delle fiamme ed avevano superfici frastagliate che ricreavano strani riflessi colorati. Le ignoro per un attimo e aiuto i ragazzi a spingere il masso, al tre di Tsukasa facciamo forza, ma non succede nulla.
“Okay… forse dobbiamo davvero risolvere quell’enigma.” Sussurra Miki crollando a terra, esausta.
Mi avvicino al graffito sul muro, disegnato con un gesso bianco.
Lo leggo ad alta voce: “La stella cadente è ormai caduta, mi apro a voi se a me vien fusa. E qui sotto c’è un buco.”
Tsukasa nota solo ora le pietre che decorano il pavimento della grotta: “Non pensate che il frammento di stella sia in mezzo a questi, vero?” domanda incerto.
Il viso di Miki si riempie di sorpresa: “Ma certo! Un gruppo qualunque lo cercherebbe e lo riporterebbe alla base. Avrebbero trovato un frammento, ma non il più grande! Per ottenere il più grande dobbiamo metterlo lì, aprire il passaggio e proseguire!” dice, convinta della sua scoperta.
Io credo che sia abbastanza scontato come ragionamento, e che quindi potrebbe non essere giusto, ma sto in silenzio e iniziamo tutti a cercare tra le pietre quella che combacia con il buco nella roccia. Dopo averne provate almeno una decina senza risultato, mi asciugo il sudore dalla fronte. Miki allora scoppia a ridere: “Ti se ricoperto di glitter!”
“Cosa?” rispondo di getto guardandomi la mano. In effetti è dorata come quelle pietre!
“E se cercassimo di togliere tutti questi brillantini? Magari riconosceremmo la vera stella più velocemente…” ipotizza Tsukasa.
“Forse…” risponde Mika.
Ma io smetto di ascoltarli e continuo a fissarmi la mano.
Una mano sporca di qualcosa… mi suona famigliare, ma non so perché. E se fosse la risposta? Mi avvicino al muro e nella crepa che sembra essere fatta per accogliere una pietra. Premo il dito sulla superfice e cerco di disegnare una stella cadente. Mentre lo faccio, la roccia inizia a muoversi. All’improvviso il cuore mi batte all’impazzata: si è aperto uno stretto tunnel!
“Guardate, ragazzi!” esclamo, ma non aspetto che prestino attenzione. Voglio andare avanti e raggiungere il prossimo enigma. Infondo, questo gioco non è così noioso.
Mi spingo all’interno del tunnel buio, sperando di non trovarci qualche animale morto.
“Ragazzi, non mi seguite?” mentre pronuncio queste parole, il rumore di un sasso che rotola sembra echeggiare nel tunnel. Una sensazione di panico mi annoda lo stomaco e la flebile luce che viene dalla caverna scompare. Sono intrappolato.
*
Stiamo camminando ormai da un po’. Ad un certo punto abbiamo trovato una palude. Il modo più coraggioso e facile di attraversarla era quello di lanciarsi con una liana dall’altra parte, ma Sayaka ha iniziato a piangere istericamente perché aveva paura di cadervi all’interno. Così l’abbiamo aggirata, non senza finirci dentro fino alle ginocchia almeno un paio di volte a testa. Così adesso ho le gambe ricoperte di fanghiglia e chissà quale altra sostanza. Cerco di non pensarci, ma non è facile, visto che la sensazione di bagnato mi appesantisce il corpo passo dopo passo. Sto per lamentarmi della terribile esperienza che stiamo vivendo, quando ancora una volta si sente risuonare un ululato. Una folata di vento accompagna il terribile suono, sento la paura cogliermi più forte di quanto dovrebbe. Il battito del mio cuore mi rimbomba nel cranio e dietro di noi qualcuno, o qualcosa, si muove. Non ce la faccio più. Non resisto. Inizio a urlare con quanto fiato ho in gola e scappo via. Corro, finché ho respiro io corro. Non guardo dove vado, voglio solo allontanarmi da quel posto spettrale.
Era uno yokai! Ne sono certa.
Avrei dovuto ascoltare la nonna. Non avrei dovuto risvegliarli! Mi dico, e continuo a correre. Quando sento delle fitte alle gambe, mi fermo a riprendere fiato. Rimango piegata in due per un po’, poi sento l’erba dietro di me spostarsi. I cespugli si muovono. All’inizio penso siano Katsuhiko e Sayaka, e così dico: “C’è mancato poco, eh?”
Ma loro non rispondono. Mi sento gelare.
“Ragazzi?” dico più incerta.
Nessuna risposta. Questa volta la paura mi provoca l’effetto contrario: mi immobilizza.
Come ho potuto pensare di avere le gambe più veloci di uno spirito yokai?
Merito di essere attaccata. Merito di… e poi, dal cespuglio, esce fuori un coniglio. Saltella beato, per qualche attimo. Quando mi vede e scappa subito via.
Io continuo a fissare il punto da dove è sbucato con perplessità. Vorrei piangere. Vorrei essere arrabbiata con me stessa. E invece mi viene fuori solo una risata strozzata.
Fino a poco fa avevo riso di Sayaka e delle sue paranoie, e invece adesso ero io quella emotivamente instabile! Mi guardo intorno. Forse gli spiriti non si manifestano sempre allo stesso modo… forse è così che si fanno sentire. Sconvolgono le emozioni umane e ci rendono vulnerabili per scacciarci dal loro territorio. Ma il problema è un altro. Questo yokai ha fatto un guaio, perché adesso non ho idea di come fare per tornare indietro. Dove vado? Se tornassi indietro, non troverei mai il percorso principale, perché non ho corso in linea retta. Gli alberi mi hanno costretta a fare lo slalom in mezzo ai tronchi, scivolando qua, scavalcando dillà… e adesso? Con un po’ di timore, decido di mettermi in cammino. Qualsiasi direzione va bene, finché non rimango immobile. La stasi della foresta è così innaturale da farmi sentire in una palla di vetro, una di quelle con la neve che si vedono nei film di Natale.
Proseguo nel nulla, senza meta, per quasi un’ora. Non so quale possa essere la via giusta, ma cerco di dirmi che forse è proprio quello il modo di trovare il frammento della stella. Forse la troverò e vincerò i soldi per potermi finalmente trasferire a Tokyo. Inizia a fare freddo però. Fara buio tra poche ore…
Quest’avventura non poteva andare peggio!
Ma poi noto qualcosa di insolito. Nascosta tra gli alberi c’è una grande pietra. Non è la stella, ne sono certa. Non ci sono crateri a dimostrare la sua caduta, né sembra come quella delle foto dei volantini. È liscia, grigia e chiara. Sembra quasi una tomba. Rabbrividisco al pensiero e mi avvicino. Non ci sono nomi, né fiori, né tracce di ceneri. Sopra la pietra però, si trova una maschera da gatto bianca*2. Sulla pietra sono incise queste parole: “Non cercare ciò che è perso, cerca ciò che è trovato. Perché ciò che è perso è andato e ciò che è trovato deve ancora arrivare.”
Non riesco a capire queste parole. Trovo questa scena curiosa, ma mi sento attirare da ciò che vedo. Sfioro la parola ‘perso’ con le dita, delicatamente, lentamente. Facendolo, mi rendo conto che la pietra non è poi così uniforme e liscia come sembrava. Sulla superficie di questa parola vi è una lieve rientranza, come una conca. E subito penso a lei: Itomori. La città che non c’è più.
È persa a noi per sempre…
“Cerca ciò che è trovato…” sussurro appena, ragionando.
Ma certo! La palude che abbiamo attraversato ha la stessa forma del lago che si è formato dopo lo schianto della stella su Itomori! Questo vuol dire che in qualche modo sono sulla strada giusta… perché l’unica cosa che ho trovato, a parte un coniglio che ormai è fuggito, è proprio questa roccia! Inizio a studiarla, prendo in mano la maschera da gatto. Non senza dubbi, la indosso.
Funziona! I buchi per gli occhi della maschera sono ricoperti da un velo che permette di vedere delle luci strane che marcano alcuni alberi! Mi avvicinino a un tronco e tocco la sostanza fluorescente. Tolgo la maschera e la rimetto più volte, accorgendomi che, senza di essa, vedo un liquidastro resinoso trasparente. Quando la rimetto invece, è di un giallo acceso, brillante. Emozionata per aver risolto il mistero, posiziono meglio la maschera e mi avvio lungo il cammino che gli alberi marcati suggeriscono.
Man mano che mi allontano da quel posto, mi sento sempre meno triste e sempre più speranzosa. E poi eccolo: vedo un sentiero! Probabilmente non è quello che avevo intrapreso con i miei amici, ma seguendolo mi porterà al punto di raccolta. Sono salva! Non faccio in tempo a gioire, che una goccia di pioggia mi cade addosso. Poi una seconda, e poi una terza.
“Non ci posso credere” grido arrabbiata. Ma in realtà sono abbastanza contenta. Inizio a correre lungo il percorso, non troppo forte per non perdere il passo, ma non voglio nemmeno camminare. Magari trovo riparo prima di inzupparmi completamente…
Ed ecco! I miei pensieri sembrano essere divenuti sogni premonitori. C’è un ponte davanti a me. Penzola appeso a delle funi, non sembra essere molto sicuro, ma alla fine di esso c’è una caverna. Lì potrò trovare riparo, sarò al sicuro fino alla fine della pioggia.
*
Non ho altra scelta che continuare a strisciare.
Se muoio qua dentro, in cerca di una stella cadente, giuro che… ma c’è una luce flebile alla fine di questo tunnel… forse ha una via d’uscita, forse, se resisto giusto un altro po’…
*
Con coraggio afferro le funi, poi metto un primo piede su un’asta di legno. Guardo dritto verso la meta e mi faccio forza.
È solo una camminata. Mi ripeto. Un passo alla volta, sospiro. Sono ancora all’inizio del ponte ma mi sento come se potessi precipitare da un momento all’altro. Non so cosa ci sia sotto di me, perché non voglio guardare. Sono terrorizzata ma non so perché, sento che oltre quel ponte, in quella piccola apertura nella roccia, c’è quello che cerco. Avrò riparo, avrò caldo a volontà, troverò una guida, troverò…
*
Il caldo sta diventando insopportabile, la puzza di chiuso mi toglie il respiro. Ma se striscio un altro po’… la luce si fa più intensa: ce la posso fare.
Arriverò oltre quella luce, rivedrò il sole, e troverò… qualcosa. Qualsiasi cosa troverò, sono sicuro che sarà la più bella che io abbia mai visto.
*
Un passo. Un altro.
Un passo. Un altro.
Sospiro.
Un passo. Un altro.
*
Porto avanti un gomito, poi un altro. Mi tiro in avanti con forza.
Porto avanti un gomito, poi un altro.
*
Finalmente tocco terra, ed è un sollievo enorme. Mi volto e mi sporgo appena.
È terribile come immaginavo. Sotto di me c’era solo un precipizio con tante rocce aguzze, rovi e chissà che bestie. Deglutisco e mi dichiaro fiera di me stessa.
Ce l’ho fatta! Esulta una vocina dentro di me.
Poi, mi accuccio verso l’apertura nella roccia. È più piccola di quanto pensassi! Per entrarci dovrei praticamente strisciare… prima che io lo faccia, però, noto qualcosa. Nella parete della roccia c’è qualcosa! Incastonata tra le altre, c’è una roccia diversa dalle altre. La riconoscono immediatamente: è la cometa! Non l’avevo vista prima perché è davvero enorme. Non immaginavo che le dimensioni potessero essere così assurde! Ma è proprio lei… mi arrampico per toglierla da lì e portarla via, quando dall’altra parte del ponte sento le voci di Sayaka e Katsuhiko. Chiamano il mio nome, dicono che erano preoccupati per me e mi incitano a prendere la cometa.
Mi correggo: ce l’abbiamo fatta! Abbiamo vinto.
Tokyo, arrivo!
*
Finalmente sono vicino, così vicino che la luce mi ferisce gli occhi. Prendo una boccata d’aria come fosse l’ultima buona da respirare: sono fuori.
Le gocce di pioggia mi bagnano il viso.
Non sono mai stato così felice di vedere il cielo piangere.



*Queste parole sono tratte dal film. Quelle in nero sono pronunciate da Mitsuha, quelle in blu da Taki, quelle in rosso da entrambi, contemporaneamente.
*2Questo è un esplicito riferimento a 'Hotarubi no mori', il corto parla di una storia d'amore, ma ho ripreso soltanto la foresta degli yokai e la caratteristica maschera da gatto giapponese, semplicemente per far venire ai fan un po' di nostalgia e per accennare a un multiverso (amo questi 'vedo non vedo letterari').
  
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