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Autore: Evil Daughter    19/04/2020    12 recensioni
«Papà, tu sei arrabbiato con me?»
Domandò la piccola, con la vocina tenera e singhiozzante.
«No, Bra. Papà non è arrabbiato. Papà... ha avuto paura.»
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bra, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'ARANCE MARCE: Bulma e Vegeta, sbagliati e quindi veri.'
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Birre, scimmie o Signori Orsi.

 

 

 

«Signor Orso, beva il tè, altrimenti si fredderà!»
Cinguettò la piccola Bra, girando intorno al tavolino rosa in miniatura. Delicatamente, appoggiò la tazzina di plastica sul piattino, e versò l’acqua contenuta nella minuscola teiera che aveva in mano nell’altrettanto piccola chicchera. 
Bra era in giardino, in compagnia del Signor Orso; ovvero una scimmia peluche grande il doppio di lei, regalo dei nonni per il suo quarto compleanno. La chiamava Signor Orso perché ancora non riusciva a pronunciare la parola scimmia.
Faceva molto caldo, era estate, e il sole del pomeriggio batteva forte alla Capsule Corporation, tanto che il ciottolato in terra cotta, da poco bagnato dal sistema di annaffiatura automatico, andava già asciugandosi lasciando solo qualche chiazza più scura lì dove ancora era umido. Dell’alta temperatura la piccola Bra pareva non accorgersene, giocava saltellando da una sediolina all’altra e versava il tè ai suoi due ospiti. Il secondo ospite era invisibile, la sedia a lui riservata era vuota ma tenuta alla giusta distanza dal tavolino. Avrebbe dovuto esserci anche una quarta sediolina, però se ne contavano solo tre con quella di Bra.

Vegeta alzò la linguetta della terza birra, la aprì troppo energicamente e un po’ del contenuto frizzante fuoriuscì bagnandogli le dita. Si portò la lattina ghiacciata alla bocca e bevve avidamente. Una striscia di schiuma rimase a tracciargli il contorno delle labbra. La finì in poche sorsate. Il clima estremamente torrido gli aveva messo addosso un sete vergognosa che non credeva nemmeno lui di avere. O forse la scusa era ottima per andare ad assaggiare quella birra che, pochi giorni prima, sua moglie aveva comprato in grandi quantità, mettendola ad occupare metà del frigorifero. No, non erano sposati, però, da più di quindici anni, Vegeta condivideva con la terrestre la casa, lo stesso letto, a volte la doccia che facevano insieme, e lei conosceva di lui ogni angolatura, dalla più severa e difettosa alla più ascosa,  quella in cui v’era una segreta tenerezza. Ed erano arrivati a numero due figli. Se glielo avessero rivelato in passato, che sarebbe andata così, lui non ci avrebbe creduto. Spesso, gli capitava di ripensare al segreto che suo figlio Trunks venuto dal futuro aveva fermamente custodito al suo primo viaggio nel tempo, bravo furbetto. Al ragazzo non era uscito uno sputo sulla relazione che sarebbe nata tra i suoi genitori. Vegeta lo aveva accusato di essere un impostore; all’epoca, non avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe diventato padre. Addirittura mescolando il suo sangue saiyan a quello di una terrestre, che era diventata pure la sua compagna. A ripensarci su, ridacchiava.
Anche lui però poteva vantare di conoscere Bulma molto bene, ne adorava l’impressionante intelligenza, la testardaggine, la pazienza non umana che sempre lei aveva dimostrato avere nei suoi confronti, perché sopportarlo non era una passeggiata, e lui lo sapeva.
Di Bulma lo divertivano i difetti, come la vanità, il caratteraccio e non ultimo quello che aveva destato la sua curiosità e che si riversava proprio nella birra. Doveva essere buona, aveva visto Bulma scolarsi in un solo giorno più di mezza dozzina di lattine mentre lavorava in laboratorio. Una quantità che avrebbe reso qualsiasi donna una potenziale alcolizzata, ma lui non le aveva detto nulla, perché il saiyan amava farsi i fatti suoi e poi, non poteva negare che la notte passata quella birra aveva dato a Bulma una certa vivacità: avevano cominciato a trastullarsi in laboratorio ed erano finiti a fare l’amore in giardino, sotto le siepi non così alte che qualcuno avrebbe potuto facilmente vederli, ma se n'erano entrambi fregati di essere nudi uno sull’altra e di grugnire animaleschi e rumorosi. Precisamente, i due erano finiti ad accoppiarsi vicino ai giochi di Bra. Per questo la quarta sedia era scomparsa. Vegeta l’aveva rotta finendoci sopra e Bulma s’era sbrigata a farla sparire prima che la piccola potesse accorgersene e disperarsi.

Buona o meno che fosse, la birra gli stava mettendo più sete. E la sete c’era perché la donna che aveva comprato le birre gli aveva imposto quel pomeriggio di restare a casa con Bra, la quale, nonostante il sole cocente, aveva deciso di  giocare in giardino. Pareva fatto apposta, sembrava che le birre funzionassero da incentivo per resistere a quella condizione. Lui se ne sarebbe stato volentieri in casa, non v’era dubbio, ad allenarsi nella Gravity Room. Suo malgrado, Bulma l’aveva convinto a vestire i panni del babysitter e Vegeta, quando si trattava della piccola Bra, diventava inconsapevolmente un cane da guardia.

Il saiyan aveva trovato posto su una sdraio da cui poteva controllare comodamente sua figlia. La piccola giocava allegra, il prendisole a pois rosa che indossava la rendeva più fanatica; Bulma le aveva legato i capelli in una codina alta ma questa si era quasi sciolta e i capelli azzurri le finivano sulla fronte in ciocche spettinate.
Vegeta aprì la quarta lattina, fece così rumore che Bra tornò a far caso al padre poco lontano da lei.
«Papà, vieni a giocare con noi?»
Chiese lei, sorridendogli.
«No.»
Un cane da guardia non gioca, fa solo la guardia.
«Perché no? Al Signor Orso farebbe piacere e se vieni lui ti darà il suo tè!»
«Bra quella è una scimmia, non è un orso. E papà sta già bevendo il suo tè.»
«Orso!»
Disse nuovamente la piccola, corrucciandosi un pochino. Sì, con quegli occhietti arrabbiati doveva ammettere che sua figlia gli somigliava molto.
«Bra, è una scimmia, assomiglia ad un uomo, ha la coda lunga-»
«Quindi è come te, papà?»
Era di fronte a queste uscite che il saiyan perdeva ogni speranza, Bulma aveva creato un suo clone. Bra era un’altra lei in scala ridotta. Lo spiazzava come faceva sua madre, anzi peggio, perché Bra aveva il dono della spontaneità sincera che solo i bambini alla sua età sapevano tirar fuori.
Vegeta guardò la scimmia, era grande tanto che le braccia del peluche toccavano terra e a malapena restava sopra la sediolina su cui Bra l’aveva sistemata ed inclinata, in una posizione che pareva stare a morire dal caldo. Be’, se avesse dovuto fare un paragone, lui era sbracato sulla sdraio quanto la scimmia sulla piccola sedia, e stava anche lui arrostendo sotto il sole. Non c’era tutta questa differenza, a sua figlia non poteva dar torto.
«Papà io so che tu puoi diventare uguale al Signor Orso - riprese Bra - puoi diventare un Signor Orso! Me l’ha detto la mamma.»
Che traducendo la frase significava puoi diventare una scimmia. Perfetto. A Bulma poteva dar torto.
«Te lo ha detto la mamma?!»
Era sconcertato.
«Sì!»
Rispose Bra, chiudendo gli occhi e annuendo col visetto paffuto e contento.
Il saiyan avrebbe voluto sapere quando, in che circostanza e in che senso secondo Bulma lui poteva diventare un Signor Orso. Se era quello che credeva che fosse, non gli piaceva neanche un po’: ma cosa andava a raccontare sua moglie a una bambina?! Voleva spaventarla?!
«Giochi papà? Perché il Signor Orso è stanco e non vuole aspettare.»
Ci mancherebbe...
«No, Bra. Anche il papà uguale al Signor Orso è stanco come il Signor Orso.»
«Oh, sei cattivo!»
«Bra, non cominciare a lagnare.»
«Ma io volevo giocare con te!»
Ecco fatto, le stavano diventando gli occhi lucidi. Aveva gonfiato le guance e stava per scoppiare a piangere. Vegeta si guardò in giro in cerca di una soluzione. Non lo avrebbe ammesso, ma non voleva vederla coi lacrimoni. Doveva distrarla, in mano aveva ancora la lattina di birra. No, quella non lo avrebbe aiutato. Appoggiò la lattina sulla sdraio, si alzò in piedi e gli venne un’idea.
«Bra, papà ora ti fa volare.»
La bimba strabuzzò gli occhi sorpresa, allargò un sorriso enorme quando il padre la prese in braccio, non capitava spesso, e finì in una risata divertita appena Vegeta si librò in aria con una delicatezza che sbalordì pure lui.
«Papà, casa sta diventando piccola così!»
«Visto.»
Vegeta si fermò dove il vento non era tanto forte da dare fastidio alla piccola. Lei si attaccava al collo del padre come un ragnetto.
«Adesso scendiamo.»
Disse, perdendo quota con la massima accortezza al fine di evitare un mal di pancia alla figlia.
«Papà è bello volare, bellissimo! Grazie!»
Il saiyan non le rispose, si limitò a fare un sorriso, uno nuovo, che aveva scoperto avere da pochi anni, un sorriso semplice: stendeva le labbra solo da un lato, a sinistra, e lo sguardo gli diventava meno accigliato, quasi rilassato. Finalmente in pace con se stesso.
«Papà voglio volare anche io!»
«Quando crescerai, imparerai.»
«Papà, io volo adesso!»
Incredibilmente, la piccola cominciò a fluttuare a mezzo metro da terra. Vegeta ne rimase lievemente sorpreso.
«Guarda papà!»
Bene, Bra sapeva volare, galleggiare, il buon sangue non mentiva mai. Ma ora bisognava stare attenti e a casa tenere sempre le finestre chiuse. Un attimo di distrazione e la peste sarebbe potuta uscire, cadere e schiantarsi, o uscire e volare via fino a perdersi. Con l’aura impercettibile che aveva sarebbe stato impossibile rintracciarla. Era capitato a Trunks, ricordava lo spavento che s’era presa Bulma. Ma allora erano altri tempi, e lui in quegli anni era un’altra persona, un saiyan in guerra.

La piccola continuò a svolazzare, finché non si allontanava non c’era alcun problema.
«Bra, non volare troppo in alto, se cadi ti farai male.»
Si stupì delle sue parole, non solo era preoccupato per sua figlia ma non riusciva a non manifestare quella preoccupazione. Sì, forse aveva bisogno di un’altra birra. Finì quella già aperta e aprì l’ennesima lattina prendendola dal mini-frigo trasportabile che aveva posizionato fuori in giardino.
Stava per mettersi nuovamente comodo sulla sdraio, quando un rumore catturò la sua attenzione. Si voltò, individuandone la provenienza, e venne accecato da flash fortissimi.
«Wow, gli abbiamo fatto una bella foto!»
Disse qualcuno.
«Sì, questa ce la rivendiamo al doppio della scorsa volta!»
Dannazione, Bra aveva davvero il potere di distrarlo; il saiyan aveva abbassato la guardia e non si era accorto dei soliti paparazzi ficcanaso acquattati intorno al perimetro della Capsule Corporation.
Credeva di averli sistemati quella volta che aveva fatto esplodere le loro macchine fotografiche, per non parlare di un’altra occasione in cui aveva “minacciato” di ucciderli. Ma quelli il viziaccio non se lo toglievano e tornavano puntuali a caccia di scatti da rubare a Bulma; ed ora anche a Bra.
Lo sapeva, avrebbe dovuto usare sin da subito le maniere forti. Al diavolo le buone maniere impostegli da sua moglie: distese il braccio e con un colpo della mano mosse l’aria violentemente.

«Papà, guarda: anche quei signori sanno volare! Ah, ah!»

Sistemati.

«Sì, Bra. Adesso però vieni giù.»
«No, voglio volare un altro pochino!»

Ancora mezzo orbo per via dei flash che l’avevano sorpreso inaspettatamente, Vegeta tornò a guardare sua figlia, la piccola era alla stessa altezza del sole. Con gli occhi così provati, la luce solare risultava più accecante del solito. Il saiyan si sforzò di mettere a fuoco e poi vide qualcosa, una sorta di ombra, di macchia scura dietro sua figlia, più grande di lei... Non capiva... No, quella non era una macchia! C’era qualcuno alle spalle di Bra! E... Non poteva crederci, chiunque fosse indossava un’abito uguale alla sua vecchia armatura di saiyan al servizio di Freezer!
Incredulo e allarmato, Vegeta si stropicciò gli occhi e tornò a guardare su. Non v’era più nulla, a parte sua figlia felice.
Cos’era accaduto? Aveva avuto un’allucinazione? Eppure, gli era sembrato di vedere veramente qualcuno. Si toccò la fronte, era tremendamente sudato.

Maledetta birra.

«Bra! Vieni immediatamente qui! Ubbidisci a tuo padre!»
La piccola riconobbe il tono che non permetteva capricci. Vegeta non aspettò che lei scendesse da sola, si alzò in volo e la afferrò per un piedino. Poi, se la mise in spalla, a mo’ di sacchetto ripieno di caramelle tanto leggera era sua figlia.
«Papà, tu sei arrabbiato con me?»
Domandò  la piccola, con la vocina tenera e singhiozzante.
«No, Bra. Papà non è arrabbiato. Papà... ha avuto paura.»
Confessò, sapendo che probabilmente Bra non avrebbe capito né il significato né l’importanza di quelle parole. Era troppo piccina.
«Che ne pensi se portiamo con noi il Signor Orso e andiamo a fare merenda? Avrai fame.»
«Sì! Sì! Facciamo merenda!»
Tenendo ancora Bra sulle spalle, Vegeta si chinò lievemente, afferrò il Signor Orso e si diresse verso casa.
Prima di entrare però, si guardò di nuovo attorno, scrutò il cielo attentamente, aguzzò i sensi. Non percepì alcuna minaccia. Che fosse stata la birra, il caldo, o quegli idioti a fargli venire le traveggole, poteva dire di averne abbastanza.

Rifletté sulle sue parole: paura, ma di cosa? E di chi? Oppure, era la presenza di Bra ad influenzarlo? Lei, con le manine piccole che in quel momento si aggrappavano tirandogli i capelli e il fiato leggero che percepiva sfiorargli il viso. Tutta quella tenerezza e innocenza che anni prima sarebbe stata disprezzata e spazzata via dal suo vecchio io. Forse era questo che inconsciamente lo tormentava. Aveva appeso al chiodo la sua armatura, non era più un principe soldato, ma l’idea di celare in sé le barbarie vissute e quel potenziale spaventoso che avrebbe potuto cancellare l’amore per sua figlia, al solo pensiero Vegeta tremava.

«Papà...»
«Sì, Bra.»
«Mi racconti un viaggio nello spazio? Mamma ha detto che ne hai fatti molti!»
«Ah, sì? Noto che la mamma ti racconta tante storie senza dirlo a papà.»
«Sempre! Mi dice che sei il più forte dell’universo, che hai visitato tanti pianeti, e che sei un principe!... Ma se tu sei un principe io posso essere una principessa, vero, papà?!»

Vegeta non sapeva da dove iniziare, cosa raccontare, se dire a Bulma di non parlare a Bra del suo passato,  perché quando Bra lo guardava come in quel momento, con gli occhi che le brillavano, quasi che lui fosse un eroe, Vegeta si sentiva disarmato e in imbarazzo. Parlare ad una bambina non era facile, rendere favole gli orrori, probabilmente impossibile. Ci sarebbe stato molto da lavorare.
Intanto però, cominciò col sorriderle. In quel nuovo modo che aveva scoperto di possedere, il Principe dei Saiyan sorrise a sua figlia.

 

 

Note:

Prima One Shot.
Volevo concentrarmi su un Vegeta maturo, alle prese con Bra. E volevo divertirmi un po’ scrivendo qualcosa di leggero diversamente da Standby, storia in corso da me anche illustrata che tratta il periodo precedente all’arrivo degli androidi e quindi incentrata sulla rottura del rapporto tra Bulma e Yamcha e sull’inizio della relazione tra la scienziata e Vegeta, se voleste iniziare a leggerla cliccate QUI --->LINK è un racconto che comincia in un modo ma andando avanti con i capitoli vi sorprenderà prendendo pieghe inaspettate. Sì, mi sto facendo pubblicità.
Torniamo alla One Shot, spero vi abbia fatto piacere leggerla, e vi ringrazio per il tempo dedicato.
Tra le righe ho gettato ami per sviluppare altre OS che non mi dispiacerà scrivere, vedremo.
Un saluto e a presto.

 

   
 
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