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Autore: BlackHawk    19/04/2020    2 recensioni
Non fece in tempo a capire cosa stesse succedendo che qualcuno arrivò alle sue spalle, le tappò la bocca con una mano e la spinse contro il muro più vicino.
Caitlin provò a urlare, ma non ci riuscì.
Lo sconosciuto era decisamente più forte di lei e le stava facendo chiaramente segno di stare zitta.
-Non voglio farti del male, Caitlin. –le disse sottovoce l’uomo. –Ma devi stare zitta, altrimenti attirerai la loro attenzione.-
Caitlin sgranò gli occhi, sempre più impaurita. Quel tipo conosceva il suo nome.
-Promettimi che non ti metterai a urlare. – disse poi, allentando la presa su di lei.
Caitlin fece quello che avrebbero fatto tutti. Fissò lo sconosciuto negli occhi e annuì.
Lui la osservò per qualche secondo e poi la lasciò andare.
-Non ti muovere da lì.-
Lo vide sporgersi verso il vicolo in cui qualcuno aveva chiaramente usato una pistola e poi ritornare in fretta nel punto in cui si trovava prima.
-Se ne sono andati. – osservò, passandosi una mano nei capelli.
Scosse la testa e poi posò di nuovo il suo sguardo su di lei, fissandola intensamente. -Si può sapere che diavolo ci fai in giro da sola a quest’ora?-
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il giorno dopo Caitlin, verso le sei di sera, si disse che era ora di rimettersi a studiare.
Aveva perso così tanto tempo a convincersi di non avere tempo per rimettersi sui libri che alla fine lo aveva fatto davvero, anche quando di tempo in realtà ne aveva più che a sufficienza.
Aveva lavorato tutto il giorno in libreria, sforzandosi in tutti i modi di non pensare al bacio che Jake le aveva dato la sera prima, ma alla fine non c’era riuscita per niente.
A quel punto aveva cercato di evitarlo il più possibile, scambiando con lui solo inutili chiacchiere di circostanza.
Jake si era accorto benissimo che qualcosa non andava, ma non le aveva fatto nessuna domanda.
In fondo era stato lui a baciarla dopo averle detto più di una volta di non essere interessato a lei, e quindi paradossalmente era lui che doveva dare delle spiegazione a lei e non il contrario.
Tirò fuori uno dei tomi di diritto che doveva studiare per il prossimo esame e poi cercò di concentrarsi su quello che stava leggendo.
Inutile dire che continuava a ripensare alla sensazione delle labbra di Jake sulle sue.
Prese un respiro profondo e poi si rimproverò mentalmente.
La laurea era molto più importante del bacio di un ragazzo, anche se quel bacio le aveva fatto provare sensazione mai provate prima.
Riprese a sottolineare con la matita i concetti più importanti che leggeva, ma dopo pochi minuti di rifermò un’altra volta.
Ok, si disse.  Oggi non ci riesco proprio.
Sbuffò spazientita e poi tamburellò sulla scrivania con la matita.
Era inutile. Non riusciva minimamente a concentrarsi.
Che doveva fare?
Poi si rese conto di conoscere già la risposta a quella domanda.
Doveva affrontare Jake, altrimenti quel bacio avrebbe continuato a darle il tormento.
Prese un respiro profondo e poi si alzò dalla sedia.
Per qualche strano motivo si accertò di non avere un aspetto indecoroso e poi lo raggiunse nella sua camera da letto, che aveva la porta chiusa.
Bussò un paio di volte.
Jake le disse che poteva entrare e a quel punto lei entrò.
Il figlio di Abigail era seduto sul letto, con il telefono in mano.
Le lanciò un’occhiata, ma dall’espressione che aveva sul viso non sembrava molto ben disposto nei suoi confronti.
-Tutto bene?- gli chiese, lievemente a disagio.
Jake non si era ancora cambiato da quando erano rientrati a casa mezzora prima.
Indossava ancora la sua felpa blu e i suoi jeans grigi. Cat notò che non si era tolto nemmeno le scarpe.
Lo vide posare il telefono sul letto e poi alzarsi.
Cat si schiarì la voce quando lo vide avvicinarsi a lei.
-Perché me lo chiedi?- le domandò Jake, fissandola negli occhi.
-Io...- iniziò a dire, imbarazzata. –Io volevo solo...-
Sospirò. Così non andava. Doveva sputare il rospo e doveva farlo anche subito.
-Perché mi hai baciato ieri sera?- gli chiese a bruciapelo, senza abbassare lo sguardo.
Jake la fissò con i suoi penetranti occhi scuri.
-Voglio dire... questo punto penso che...-
Cat si fermò nell’istante esatto in cui si rese conto che se lui continuava a guardarla in quel modo lei non sarebbe mai riuscita a formulare una frase di senso compiuto.
-Tu mi piaci.- le disse Jake, nel modo più diretto e schietto possibile.
Cat arrossì. Cosa? Jake era interessato a lei?
-Ma non posso stare con te.- le disse anche, con sguardo più cupo.
-Cosa?- si ritrovò a chiedere lei, ancora più confusa.
Jake si passò una mano nei capelli e poi sospirò. –Ti ho detto una marea di stronzate.- iniziò a dire lui. –Quella volta, in mezzo al parco, non ti ho baciato perché ti ho vista piangere o perché mi facevi pena in quel momento.-
Cat si ritrovò a trattenere il respiro. Cosa?
-Ti ho baciata perché mi piaci.- ammise, per niente imbarazzato da quello che stava dicendo. –Dal primo momento in cui ti ho vista. Ma non ti ho costretto a venire da me per questo, sia chiaro. Non vorrei che le mie parole venissero fraintese.-
-Che cosa...-
-Ti ho chiesto di venire da me per proteggerti meglio.- le spiegò .-E per me è questa l’unica cosa che conta.-
Cat deglutì nervosamente. Non capiva. –Perché allora mi hai detto di non essere interessato a me?- gli chiese. –E poi come puoi essere interessato a me? Ci conosciamo da così poco tempo.-
Jake si incupì, ma lei non riuscì a capire quale fosse il motivo. –A volte non servono mesi per capire se una persona ti piace.- le disse. –A volte basta uno sguardo o un sorriso per capire che quella è la...-
Lo sentì esitare. –Comunque questo non cambia le cose.- le disse, in tono amaro. –Io e te non possiamo stare insieme.-
-E perché?- si ritrovò a chiedere, prima ancora di rendersene conto.
Quella domanda implicava che anche lei fosse interessata a lui e lei questo non se l’era nemmeno mai chiesto.
Jake fece un sorriso amaro. –Perché non vado bene per te.- gli rispose. –E poi non sarebbe nemmeno opportuno.-
-Perché?- ripeté ancora una volta.
-Perché tu sei coinvolta in un omicidio su cui io sto indagando.- le disse. –Non posso e basta.-
Cat sospirò. Quindi le cose stavano così.
Jake era interessato a lei, forse lo era sempre stato, ma non poteva stare con lei.
E se avesse potuto? Lei che avrebbe fatto?
Era chiaro che era attratta da lui, ma si sarebbe mai lasciata amare?
Scacciò quel pensiero dalla testa, rendendosi conto che non aveva senso farsi quelle domande dopo tutte le cose che lui le aveva appena detto.
-Devo andare via da qui?- gli chiese, non sapendo che fare.
Come poteva convivere con una persona a cui piaceva e che non poteva stare con lei?
Jake scosse la testa con decisione. –Assolutamente, no.- le disse. –Ma ti prometto che non mi avvicinerò mai più a te. Io non voglio farti soffrire né tanto meno compromettere le mie indagini.-
Lo sentì sospirare. –E poi non penso che tu sia interessata a me, quindi non ci dovrebbero essere problemi.-
Cat arrossì. Non sapeva cosa dire in quel momento e quella situazione diventava sempre più imbarazzante ogni minuto che passava.
Poi però le venne in mente una cosa. –Se non ti fossi piaciuta, mi avresti protetta comunque come hai fatto fino ad adesso?-
Jake annuì. –Certo.- le rispose, annuendo.
Cat si schiarì la voce. Forse era il caso di tornare nella sua stanza.
Non sapeva cosa dire e la rivelazione che le aveva fatto Jake l’aveva mandata ancora più in confusione.
-Va bene, allora io... torno in camera mia.- gli disse, imbarazzata.
Jake le disse che avrebbero mangiato per le otto e poi tornò a concentrarsi sul suo telefono.
Una volta che fu di nuovo nella sua stanza Cat si  buttò sul letto, sconvolta da quello che aveva appena appreso.
Piaceva a Jake. Ma come era possibile?
Si conoscevano da poco e non avrebbe mai immaginato che lui fosse interessato a lei.
Scrisse un messaggio a Lauren per raccontarle cosa era appena successo e poi recuperò il suo libro di poesie.
Lo aprì nel punto in cui aveva lasciato l’appunto di suo padre e lesse un paio di poesie nel disperato tentativo di non pensare a Jake.
Dopo un po’ però perse di nuovo la concentrazione e a quel punto ripensò a Stella e suo marito Thomas. Non poteva pensare a Jake. Non poteva e basta.
Capì che le stava sfuggendo qualcosa. Ma cosa?
Prese l’appunto di suo padre e per qualche strano motivo lo lesse un’altra volta, come se leggerlo potesse aiutarla ad avere l’illuminazione che stava cercando.
Le cadde il libro dalle mani quando lesse il nome del farmaco che suo padre aveva segnato. Parenol.
Lo stesso medicinale che era stato prescritto a Thomas per la cura del suo cancro. Ecco perché le era sembrato un nome familiare.
Era davvero una strana coincidenza però.
Rilesse il lungo elenco di nomi che suo padre aveva appuntato e per un attimo si chiese se non si fosse sbagliata.
Perché mai suo padre avrebbe dovuto fare un appunto di quel genere su un pezzo di carta invece che nelle cartelle cliniche dei suoi pazienti?
Aggrottò la fronte, perplessa.
Era una cosa davvero strana.
Andò a prendere il pc dalla scrivania e poi cercò il nome di quel medicinale su internet.
Non riuscì a mascherare un’espressione sorpresa quando si rese conto che lo produceva la casa farmaceutica in cui lavorava Mike, il figlio del detective Allen.
Per un attimo si chiese se non fosse tutta una grandissima coincidenza.
Poi però il suo istinto le disse che il giorno dopo avrebbe potuto fare un salto da Mike e fargli qualche domanda.
In fondo non c’era nulla di male.
E quello che lei aveva scoperto non era nulla di incriminante.
Thomas prendeva un medicinale prodotto dalla casa farmaceutica in cui lavorava Mike e guarda caso suo padre aveva appuntato il nome di quel medicinale su un pezzo di carta, con accanto una serie di nomi che lei non conosceva.
Cosa c’era di così strano dopotutto?
Eppure qualcosa non la convinceva.
Ripiegò il pezzo di carta che l’aveva mandata in confusione quella sera e poi si ripromise di andare a trovare Mike il giorno dopo con qualche scusa, ignorando completamente quello che le aveva detto Jake.
Però lei non avrebbe fatto niente di male e non era una cosa così assurda andare a trovare un amico al lavoro.
Posò il libro di poesie sul comodino e poi controllò che ore fossero.
Era quasi ora di cena.
Decise di non pensare più al bacio che le aveva dato Jake il giorno prima e si alzò invece dal letto per andare a dargli una mano.
In quel momento sperò solo che continuare a rimanere da lui dopo quello che lui le aveva detto poco prima fosse la cosa giusta.
 
Il giorno dopo Cat si alzò presto.
Avvisò Abigail che sarebbe arrivata un po’ più tardi e poi chiese a Jake se la poteva accompagnare in libreria.
Non aveva nessuna intenzione di dirle che sarebbe andata da Mike quella mattina. Poteva solo immaginare tutto quello che le avrebbe detto.
Che non doveva e che doveva tenere un profilo basso.
Che poi lei non ci vedeva niente di male in realtà, ma il modo in cui lui le aveva chiesto se lei e il figlio del detective Allen fossero amici le aveva fatto dubitare della sua simpatia nei confronti del ragazzo.
Perciò si limitò a seguire il solito schema.
Jake la lasciò a pochi metri dall’ingresso della libreria e poi, dopo che lui se ne fu andato, lei prese un autobus per raggiungere il quartiere in cui lavorava Mike.
Mentre il panorama scorreva davanti a lei, al di là del finestrino accanto a cui era seduta, Cat pensò a come si era comportato Jake quella mattina.
Era stato molto formale con lei, non aveva sorriso né riso in sua presenza, e quel suo tentativo di starle alla larga e non darle confidenza l’aveva fatta stranamente impensierire.
Non aveva fatto in tempo infatti ad abituarsi alla sua versione più allegra e di buonumore che le cose erano cambiate un’altra volta, creandole una gran confusione in testa.
Non sarebbe mai riuscita a stargli al passo.
E forse non si sarebbe mai nemmeno capacitata del fatto che lui potesse essere interessato a lei.
Non aveva problemi di autostima o cose del genere. Anzi. Sapeva di essere una bella ragazza, ma non era quello il punto.
Lei e Jake si conoscevano sì e no da una settimana e lei non aveva mai creduto all’amore a prima vista.
Poi però scosse la testa.
Jake non le aveva mica detto di essere innamorato di lei. Le aveva solo detto di essere interessato a lei, che era una cosa ben diversa.
Sospirò un’altra volta e poi si alzò dal suo posto.
Era quasi arrivata a destinazione.
L’autobus si fermò a pochi metri dal luogo in cui lei doveva andare e a quel punto Cat scese.
Gli uffici della casa farmaceutica in cui lavorava Mike erano in una zona semi periferica, ubicati in un enorme grattacielo di innumerevoli piani con ampie vetrate a specchio.
Cat attraversò in fretta la strada e poi si diresse in quella direzione.
Era stata poche volte lì, quando era più piccola, ma quella zona della città non era cambiata di una virgola.
Era una zona piena di uffici e molto trafficata, senza un briciolo di spazio verde.
Cat si avviò verso l’ingresso del palazzo in cui doveva andare e poi alla reception chiese di Michael Allen.
La ragazza mora dietro al bancone inarcò un sopracciglio, perplessa. –Ha un appuntamento?-
Cavolo. No, che non ce l’aveva.
Mise in moto i neuroni per trovare una scusa valida per essere lì.
Non fece in tempo ad elaborare nulla però.
Una voce maschile che conosceva bene la chiamò da lontano.
Cat si voltò e dentro di sé fece un sospiro di sollievo.
Mike stava venendo verso di lei con un grande sorriso stampato addosso.
-Ciao, Caitlin.- la salutò, avvicinandosi a lei.
Cat notò che indossava un completo blu scuro e una cravatta bordeaux, in linea con l’eleganza dell’edificio in cui lavorava.
-Ciao, Mike.- lo salutò a sua volta, accennando un sorriso.
La ragazza delle reception capì che loro due si conoscevano e a quel punto tornò ad occuparsi di qualunque cosa stesse facendo prima del suo arrivo.
-Che ci fai da queste parti?- le chiese Mike, allegro.
Cat esitò. Non poteva dirgli che era andata lì per fargli delle domande.
-Mi trovava nei paraggi e ho pensato di venirti a fare un saluto.-
Gli occhi chiari del ragazzo si illuminarono. –Hai fatto benissimo.- le disse, sorridendo. –Che ne dici se andiamo a prendere un caffè così facciamo due chiacchiere?-
Cat annuì. Era esattamente quello che voleva fare anche lei.
Mike la condusse al bar situato al primo piano del palazzo in cui lavorava e poi ordinò due caffè.
-Allora, come stai?- le chiese, mentre il barista glieli preparava.
-Tutto bene.- rispose Cat, sorridendo. –E tu?-
Mike fece una risatina. –Sam mi sta facendo diventare matto.- le disse, divertito. –La gravidanza è più pesante per i mariti che per le mogli.-
Cat rise, ma gli disse che non era d’accordo.
Erano le donne a sopportare il peso maggiore in tutta quella situazione e questo non sarebbe mai cambiato, nemmeno a distanza di anni.
-Lo so, però ogni tanto le viene qualche voglia strana e non riesco proprio a starle dietro.- le confidò, con il sorriso sulle labbra.
-Dai, manca poco.- lo confortò Caitlin, divertita. –Avete deciso il nome poi?-
Mike sbuffò, fingendosi spazientito. –Non ancora.- rispose. –Ma sono quasi vicino alla vittoria nella nostra battaglia per i nomi.-
Cat scoppiò a ridere.
Per qualche strano motivo si ritrovò a pensare se un giorno anche lei si sarebbe mai ritrovata in una situazione del genere, a combattere con suo marito per scegliere il nome dei loro bambini.
Scacciò quel pensiero dalla testa e poi si concentrò sul suo obiettivo.
Nel frattempo il barista porse loro i caffè.
Cat ne prese un sorso e poi si schiarì la voce. –Posso farti una domanda?-
Mike sorrise. –Certo.-
-Ad un mio amico è stato prescritto il Parenol.- iniziò a dire, scegliendo con cura le sue parole. –Tu che ne pensi di questo farmaco?-
Mike fece un sospiro. –Il tuo amico sta molto male, vero?-
Cat annuì. Aveva bisogno di informazioni e l’unico modo che aveva per ottenerle era inventarsi qualche bugia.
-Cat, io non sono un medico.- le disse Mike. –Ma so che è uno dei nostri medicinali di punta per la cura contro il cancro.-
Cat prese un altro sorso di caffè. Da quello che aveva letto su internet era un medicinale innovativo con un ampio spettro di effetti collaterali però.
In quel momento pensò che magari suo padre all’epoca stava studiando proprio quelli.
Mike glielo confermò un secondo dopo. -Ha degli effetti collaterali, ovviamente, ma so che sta funzionando in molte terapie.-
Cat si limitò ad annuire, ma c’erano altre domande che avrebbe voluto fargli.
Perché suo padre avrebbe dovuto appuntare il nome di quel medicinale insieme ad una serie di nomi su un pezzo di carta qualunque?
Stava facendo delle indagini su quel farmaco? Ed eventualmente perché?
Solo che non poteva fare quelle domande a lui.
-Sai se papà lo ha mai prescritto a qualche paziente?- si ritrovò a chiedere, schiarendosi la voce.
Mike la fissò per un attimo in modo strano. In effetti era una domanda un po’ assurda da fare, considerando che lui non era un collega di suo padre.
-Francamente non lo so.- rispose Mike, alzando le spalle. –Però so che aveva preso in condirezione molti farmaci della nostra casa farmaceutica.-
Cat finì di bere il suo caffè. Quella conversazione non stava portando a niente.
Soffocò l’impulso di alzare gli occhi al cielo.
-Come mai me lo chiedi?- le domandò Mike, curioso.
Cat inventò la prima scusa che le che venne in mente. –Sono molto preoccupata per il mio amico.- gli disse. –E sapere che anche mio padre prescriveva questo farmaco ai suoi pazienti mi avrebbe fatto stare un po’ più tranquilla.-
Vide Mike annuire. Lui sapeva quanto Caitlin si fidasse di suo padre.
-Certo.- le disse, continuando ad annuire.
-Speriamo bene.- aggiunse Cat, portando avanti la sua messinscena.
Mike la rassicurò che il Parenol era molto efficace e poi le disse che le avrebbe offerto lui il caffè.
Cat provò a pagare lo stesso ma non ci riuscì.
-Devo proprio andare adesso.- le disse a un certo punto Mike controllando l’orologio. –Ho una riunione tra poco.-
Cat annuì. –Certo, allora ci vediamo domenica.-
Mike le sorrise e poi si salutarono.
Cat aspettò che lui fosse abbastanza lontano per sbuffare.
Andare lì non era servito a niente. Cosa aveva scoperto? Nulla.
Eppure continuava a pensare che ci fosse dell’altro.
All’inizio non aveva dato affatto peso all’appunto di suo padre. Poi però aveva capito che si riferiva allo stesso farmaco che era stato prescritto a Thomas e a quel punto aveva iniziato a mettere in moto le rotelle.
Era una coincidenza troppo strana per i suoi gusti.
Con quella riflessione in testa si incamminò verso le scale che l’avrebbero portata al piano terra.
Non andò molto lontano però.
Una voce maschile che lì per lì non riconobbe la chiamò alle sue spalle.
Cat si voltò curiosa.
Non poté fare a meno di irrigidirsi quanto si ritrovò davanti il padre di Stella.
Che ci faceva lì?
Poi si rese conto che era vestito in modo elegante e a quel punto capì che anche lui lavorava lì.
-Ciao, Caitlin.- la salutò, guardandola con i suoi profondi occhi blu, gli stessi che aveva anche Stella.
Cat si schiarì la voce. –Buongiorno signor Davis.- lo salutò, a disagio.
Dopo che le aveva detto che aveva lavorato con suo padre, Cat aveva cercato di darsi una spiegazione sul motivo per cui lui l’aveva fissata a lungo la prima volta che si erano visti.
Ora però provava di nuovo la stessa sensazione di disagio che aveva provato quella volta e non riusciva a spiegarsi il perché. Come mai si sentiva così in difficoltà?
Poi si disse che forse era il modo in cui la stava guardando, come se cercasse di capire cosa ci facesse lei lì.
-Come mai qui?- le chiese infatti, teso.
Cat non poté fare a meno di chiedersi come mai fosse si fosse irrigidito anche lui dopo averla vista.
-Sono passato a salutare un amico.- si limitò a dire, evasiva.
Il signor Davis la guardò in modo strano. –Stai andando via?- le chiese poi, come se avesse fretta di farla uscire da quel posto.
Cat si chiese ancora una volta come mai.
Poi annuì, in risposta alla sua domanda.
A quel punto il padre di Stella iniziò a rilassarsi. Le fece un sorriso e le disse che l’avrebbe accompagnata verso l’uscita.
Cat non poté fare a meno di chiedersi a che cosa fosse dovuta tutta questa fretta.
Poi le venne in mente una cosa.
Se lui lavorava lì e aveva collaborato con suo padre, forse poteva sapere se anche lui avesse mai prescritto lo stesso farmaco che era stato prescritto a Thomas.
Decise di fare un tentativo.
-Lei collaborava con mio padre giusto?- gli chiese, mentre si avviavano entrambi verso l’uscita.
Il padre di Stella le lanciò un’occhiata che non le piacque affatto. –Perché?-
Cat gli rifilò la stessa bugia che aveva rifilato a Mike sul suo amico malato.
Che poi non era nemmeno una bugia, in fondo.
Thomas era stato il suo datore di lavoro, quindi lei conosceva veramente qualcuno a cui era stato prescritto il Parenol.
Il signor Davis si irrigidì un’altra volta.
Per Cat fu una reazione molto eloquente. Come mai sembrava più teso? Sapeva qualcosa su quel farmaco? O sapeva che suo padre lo aveva prescritto a qualcuno?  
-Io non lo so.- le disse l’uomo, senza guardarla in faccia.
-Speravo che almeno lei lo potesse sapere.- si ritrovò a dire Cat, ancora prima di rendersi conto di quello che stava dicendo.
Il padre di Stella si fermò a pochi passi dal luogo dall’uscita dell’edificio. –Almeno lei?- ripeté, come se volesse sapere a chi altri aveva fatto quella domanda.
Cat si morse la lingua. Dannazione, aveva fatto un passo falso.
-Beh, perché ha collaborato con lui.- mentì Cat, sperando di sembrare convincente.
Il signor Davis non le credette.
Cat lo capì dalla sua espressione. Non le credeva affatto, ma non aveva intenzione di farle altre domande.
Anzi. Sembrava impaziente che lei se ne andasse via da quel posto.
-Buona giornata, Caitlin.- le disse, congedandola.
Cat si sforzò di non sbuffare e poi lo salutò.
Non ebbe modo di rimanere qualche altro minuto lì.
Il padre di Stella era fermo all’ingresso, in attesa che lei se ne andasse.
Cat lo salutò un’altra volta e poi uscì dall’edificio.
Mentre si dirigeva verso la fermata dell’autobus si ritrovò a pensare che qualcosa non quadrava. E non solo una cosa, mille forse.
A Thomas era stato prescritto il Parenol, su cui suo padre aveva scritto un appunto.
Mike non sapeva se anche suo padre l’avesse mai prescritto a qualcuno e quando lei aveva fatto la stessa domanda al padre di Stella, che sosteneva di aver collaborato con lui, lui si era chiuso e irrigidito, come se gli avesse chiesto una cosa indelicata e inopportuna.
Era tutto molto strano, inutile negarlo.
Ma questo c’entrava qualcosa con l’omicidio di Thomas? Possibile che fosse tutta una sua fantasia?
Ringraziò il cielo che l’autobus stava già arrivando e poi una volta a bordo continuò a farsi mille domande, cercando di mettere insieme i pezzi che aveva raccolto.
Ne sarebbe venuta a capo, prima o poi. Era solo una questione di tempo.
 
Qualche ora dopo Cat era in libreria, a fare cassa.
C’erano parecchi clienti quel giorno e lei non aveva avuto un attimo di tempo per ricostruire tutto quello che era successo quella mattina.
Si era dedicata esclusivamente al lavoro e per un po’ non aveva avuto pensieri di alcun tipo.
Ora però le acque si erano calmate e lei continuava avere tanti dubbi.
Non poté fare a meno di chiedersi se Jake sapesse quello che aveva scoperto lei quella mattina.
Sbuffò spazientita e poi lanciò un’occhiata ad Abigail, che in quel momento stava sorridendo allo schermo del suo telefono.
Cat si chiese come fosse andato il suo appuntamento.
Poi però si rese conto che non erano affari suoi e che non poteva mettersi a fare una domanda del genere al suo datore di lavoro.
Scosse la testa e poi sospirò, consapevole del fatto che fosse tutto un gran casino.
Non fece in tempo però a mettersi a pensare perché Abigail la raggiunse e le fece un gran sorriso.
-Come va, Cat?-
Caitlin ricambiò il sorriso. –Alla grande, direi.- le rispose. –Abbiamo venduto una marea di libri oggi.-
La madre di Jake le sorrise, ma non sembrava molto interessata a quello che lei stava dicendo.
Quel giorno indossava una maglia rossa con uno scollo a barchetta e un paio di jeans blu.
Doveva ammettere che anche vestita in quel modo era una donna davvero bella e affascinante.
-Sono felice oggi.- le disse Abigail, accennando un sorriso.
-Davvero?- le chiese Cat, contenta per lei.
Abigail si appoggiò al bancone della cassa e poi annuì. –L’appuntamento è andato bene, ieri.-
Cat non poté fare a meno di sorridere. –Mi fa piacere.-
-So che siamo due persone di mezza età con un matrimonio fallito alle spalle, ma credo che possiamo essere felici insieme.-
-Assolutamente.- le confermò Cat, convinta di quello che stava dicendo.
-Solo che non ho ancora detto nulla a Jake.- le confidò, schiarendosi la voce.
Cat incrociò le braccia. –Vedrai che sarà contento per te.-
Abigail sospirò. –Non lo so.- replicò la madre di Jake. –Potrebbe anche prenderla male.-
-E perché?-
-Non vuole che io soffra.- rispose Abigail.
-E perché dovresti soffrire?-
La vide alzare le spalle. –Magari pensa che Tom non faccia sul serio e un domani possa comportarsi come il mio ex marito.-
-Ma questo nessuno lo può sapere.-
-È quello che dico anche io.-
Cat scosse lievemente la testa. Cosa poteva fare per darle una mano?
Abigail però la anticipò. –Ti prego, non gli dire nulla per il momento.-
-Ma certo.- la rassicurò, Caitlin.
Non ebbero il tempo di parlarne ancora, perché Jake entrò nel negozio proprio in quel momento.
Cat lanciò un’occhiata ad Abigail.
Quando parli del diavolo...
Abigail sorrise. Probabilmente stava pensando la stessa cosa.
Cat si voltò verso Jake e per poco non le venne l’istinto di fare un passo indietro quando vide l’espressione del suo viso.
Era arrabbiato e non faceva nulla per nasconderlo.
-Tesoro.- lo salutò sua madre, contenta di vederlo.
-Ciao, mamma.- la salutò Jake.
Ma non la stava considerando affatto.
Il suo sguardo era puntato su Caitlin e lei non poté fare a meno di scuotere la testa.
E adesso qual era il problema?
-Cat.- si limitò a dire, in tono secco.
-Ciao, Jake.- lo salutò lei, fingendo di non aver capito che lui ce l’aveva con lei.
Per fortuna intervenne Abigail.
-Tutto bene, Jake?- chiese al figlio, notando il suo atteggiamento.
Jake incrociò le braccia al petto. –Vuoi rispondere tu, Cat?-
Caitlin fece per aprire bocca, ma poi decise di rimanere in silenzio.
Cosa poteva dire lei? Non sapeva nemmeno per quale diavolo di motivo fosse arrabbiato! Come faceva a rispondere?
-Che succede, tesoro?- si intromise Abigail, confusa.
Cat si sforzò di non mettersi a piagnucolare.
Ma come mai lui faceva sempre così?
Un attimo era tranquillo e quello dopo già non lo era più.
Era impossibile avere a che fare con lui.
-Io e te dobbiamo parlare.- le disse Jake, in tono arrabbiato.
Cat soffocò l’impulso di mettersi a ridere. Quando mai non era arrabbiato?
Abigail spostò prima lo sguardo sul figlio e poi su di lei.
Era molto confusa e Caitlin avrebbe tanto voluto dirle che lo era anche lei.
Poi si chiese se lei sapesse che Jake la faceva stare a casa sua, ma quella domanda se ne andò così come era arrivata.
Non era certo quello il momento per mettersi a discutere di quella cosa.
-Vieni.- le disse a un certo punto Jake, distogliendola da quei pensieri.
Cat sospirò e poi lanciò un’occhiata ad Abigail prima di seguirlo.
Jake la portò nell’ufficio della madre, come aveva fatto molti giorni prima per dirle che di cercarsi un altro lavoro.
-Ti ha dato di volta il cervello?- sbottò, non appena si fu richiuso la porta alle spalle.
Cat alzò gli occhi al cielo. Stavolta qual era il problema?
-Di che parli?- gli chiese, mantenendo la calma.
-Sei andato da Mike.- l’accusò, come se fosse un crimine contro l’umanità.
-E allora?-
Poi si fermò. Ma come faceva lui a saperlo?
-E tu che ne sai?- gli chiese in fatti, senza dargli il tempo di rispondere all’altra domanda.
Jake si passò una mano nei capelli. –Tu non mi ascolti quando parlo, secondo me.- le disse, spazientito.
-Non ti seguo.-
-Che ti ho detto ieri?- le chiese, fissandola con i suoi profondi occhi scuri.
-Che mi hai detto ieri?-
-Di non fare domande.- le disse, scandendo bene le parole. –E tu che fai? Vai da Allen e fai domande. Esattamente il contrario di quello che ti avevo detto di fare.-
Caitlin si andò a sedere sulla sedia di fronte alla scrivania della madre di Jake.
-Ancora devo capire come fai a saperlo.- gli disse, in tono pacato.
-Me lo ha detto Allen.-
Cat capì subito che si riferiva a Kane e non a Mike.
-Come corrono le voci.- replicò, ironica.
Jake si inginocchiò di fronte a lei, in modo che i loro occhi fossero alla stessa altezza. –Perché ti vuoi cacciare nei casini a tutti i costi?-
-E tu perché non mi dici che sta succedendo?-
Jake scosse la testa. –Tu non capisci.-
Cat alzò gli occhi al cielo. –Non mi dire.- lo provocò. –Mi pareva strano che non lo avessi ancora detto.-
Poi però si rese conto che stava perdendo di vista la cosa più importante.
-Mio padre ha scritto un appunto.- gli disse, incrociando le braccia al petto.
Vide Jake irrigidirsi. –Che appunto?-
-Sul farmaco che è stato prescritto anche a Thomas.- rispose Caitlin. –Non può essere una coincidenza.-
Jake si alzò e poi sospirò. –Di che si tratta?-
-Un elenco di nomi di persone che non ho mai sentito in vita mia.-
-Suoi pazienti?- le chiese Jake.
-Non lo so.- rispose Cat. –Ma questo cosa c’entra con la morte di Thomas?-
-Niente.- si limitò a dire Jake, con un tono che non la convinse affatto.
-Perché continui a mentire?-
Jake le lanciò un’occhiata.
-Perché è questo che fai, giusto?- lo incalzò Caitlin. –Rifilarmi una marea di bugie.-
Jake non ebbe il tempo di rispondere.
Sua madre entrò nella stanza senza chiedere nemmeno il permesso e poi guardò prima il figlio e poi lei.
-Mamma.- la rimproverò Jake, come se avesse fatto una cosa che non doveva fare.
Abigail incrociò le braccia al petto. –Adesso basta, Jake.-
Suo figlio sussultò e Caitlin non poté fare a meno di chiedersi come mai Abigail sembrava così arrabbiata.
-Che succede?- chiese allora, confusa.
-Niente.- rispose Jake.
Vide Abigail scuotere la testa, completamente in disaccordo con il figlio. –Jake.- disse, in tono duro.
Jake si passò una mano nei capelli e poi sospirò.
Sembrava rassegnato e forse Caitlin stava finalmente per capire cosa diavolo stesse succedendo.
-Forse la morte di Thomas è collegato al farmaco su cui tuo padre ha fatto l’appunto di cui mi parlavi prima.-
Caitlin annuì, lieta di trovare una conferma alle sue ipotesi.
Finalmente cominciava a capirci qualcosa.
Poi si voltò verso Abigail. Non sembrava soddisfatta della risposta di suo figlio e Cat si chiese come mai.
C’era dell’altro forse? Dell’altro che Jake non le stava dicendo?
-Ma tu devi piantarla di fare domande.- la rimproverò poi, seccato.
-Io...-
Non provò nemmeno a giustificarsi. In fondo lui glielo aveva detto chiaro e tondo che lei non doveva fare domande e puntualmente aveva fatto l’esatto contrario di quello che le aveva ordinato.
Però continuava ad avere dei dubbi.
Possibile che la casa farmaceutica in cui lavorava Mike mettesse a punto farmaci dannosi? E che c’entrava il padre di Stella con tutto ciò?
Decise di parlare con Jake di quelle cose in separata sede.
Non se la sentiva di parlare con lui davanti alla madre.
-Finiamo di parlare dopo.- le disse a un certo punto Jake, distogliendola da quei pensieri.
Cat sospirò, ma non disse nulla.
Poi però Abigail fece una domanda strana a tutti e due. –Costa state combinando voi due?-
Jake le lanciò un’occhiata e poi scrollò le spalle. –Che intendi?-
Abigail scosse la testa. –State insieme?-
Cosa?
Caitlin arrossì e di questo Jake se ne accorse.
-No.- disse a sua madre, in tono secco.
Abigail si voltò verso di lei. –Ricordati quello che ti ho detto.-
Caitlin si schiarì la voce e poi abbassò lo sguardo.
Era tutto molto imbarazzante in quel momento.
-Che diavolo significa?- sbottò Jake, arrabbiato.
A quel punto Abigail ordinò a entrambi di sedersi e di ascoltarla molto bene.
-A questo punto è meglio scoprire le carte in tavola.- disse, guardando entrambi.
Cat notò che Jake era tesa, ma in quel momento era troppo curiosa di sapere cosa avesse da dire sua madre.
-Mio fratello è stato ucciso una settimana fa.- iniziò a dire, sforzandosi chiaramente di non perdere la calma. – E Jake sta indagando sul suo omicidio.-
Cat annuì. Fin lì c’erano arrivati tutti.
La vide voltarsi verso di e lei sospirare. –Tu purtroppo hai avuto la sfortuna di passare di lì in quel momento e se non fosse stato per Jake probabilmente saresti stata uccisa pure tu.-
Cat sussultò. Abigail sapeva parecchie cose, era evidente, ma non le aveva mai sentito usare un tono del genere con lei.
-Ma questo non significa che dovete diventare amici o peggio.- chiarì, in modo un po’ brutale forse.
Jake le lanciò un’occhiata, ma Caitlin fece finta di niente.
Non capiva come mai sua madre non volesse che loro due si frequentassero.
No che ci fosse il pericolo, però era una cosa davvero strana.
In quel momento si sentì in dovere di chiarire le cose, preoccupata anche di perdere il posto di lavoro.
-Noi non stiamo insieme.- precisò, schiarendosi la voce. –Jake mi sta solo...ehm...proteggendo.-
Poi disse una cosa che non avrebbe mai voluto dire. –Io nemmeno ci volevo andare  a casa sua.-
Abigail sgranò gli occhi. –Cosa?-
A quel punto intervenne Jake. –Mamma, basta.-
-Che significa che non volevi andare a casa sua?-
Cat si sarebbe presa a schiaffi da sola. Detto in quel modo sembrava che lei fosse andata a casa di Jake per fare cose poco opportune con lui.
-No, aspetta.- si affrettò a dire. –Non è come pensi tu. Io sto da lui, ma non sono stata con lui.-
Cat si fermò. Che diavolo stava dicendo?
Jake scosse la testa. Le stava dicendo chiaramente di stare zitta.
-Lo sai molto bene, mamma, che io e lei non possiamo stare insieme.- disse ad Abigail.
Cat colse qualcos’altro nelle sue parole, ma in quel momento non seppe dire cosa.
Abigail fece un cenno del capo, come se quelle parole fossero bastate a rassicurarla.
-E ora vai.- disse al figlio.
Jake non rispose nulla.
Si alzò e se ne andò, lasciandole da sole.
Cat si schiarì la voce, a disagio.
Cosa era successo esattamente?
-Cat, per favore.- la supplicò la madre di Jake. –Stagli lontana.-
Cat alzò lo sguardo verso di lei.
-Jake sta indagando su gente molto pericolosa.- proseguì Abigail. –Non farti coinvolgere da lui.-
Cat annuì, anche se sapeva che ormai era troppo tardi.
Lei era già coinvolta. Lo era dalla sera in cui Thomas era stato ucciso vicino casa sua o forse da molto prima, quando suo padre aveva fatto quell’appunto sul Parenol.
-E adesso concentriamoci sul lavoro.- la esortò Abigail, chiudendo definitivamente la conversazione.
Cat aspettò che lei uscisse dalla stanza per scuotere la testa e sbuffare.
Ma che diavolo stava succedendo?
   
 
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