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Autore: Lamy_    21/04/2020    0 recensioni
Ivar e Hildr sono in fuga da mesi, senza certezze e senza una meta. Attraverso la Via della Seta giungono a Kiev, dove vengono accolti con entusiasmo dal principe Oleg. Ivar ha finalmente la possibilità di riconquistare Kattegat e la sua posizione da re. Questa nuova terra, però, sin da subito si presenta piena di insidie tra giochi pericolosi, cacce selvagge e amori proibiti. Il rapporto di Ivar e Hildr viene messo a dura prova dagli dèi che si vendicano per la tracotanza della giovane coppia.
Il destino quali piani ha in serbo per loro?
Fine 5B/inizio 6A; contiene spoiler (a vostro rischio e pericolo).
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ivar, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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10. I DUE RE

Due settimane dopo
Hildr non aveva chiuso occhio, la trepidazione per la guerra imminente l’aveva costretta ad una notte insonne. Adesso guardava il proprio riflesso allo specchio, la tenuta nera aderiva al corpo perfettamente, i capelli erano intrecciati in un’acconciatura particolare, gli occhi erano cerchiati di nero secondo l’usanza delle shieldmaiden di truccarsi per la battaglia. Si fissò l’arco e la faretra sulla schiena, si munì di una spada corta e di un’ascia.
“Somigli ad Atena, la dea greca della guerra.” esordì Johannes dallo stipite della porta.
Hildr abbozzò un sorriso, si voltò verso l’anziano e gli diede una pacca sulla spalla.
“Questa dea è sopravvissuta a tutte le guerre?”
“Certo. E’ una dea, mica una donna qualunque!” replicò lui ridendo.
“Anche io vincerò. Le Valchirie mi proteggono.”
Johannes la intrappolò in un abbraccio goffo, odorava di polvere e pergamena.
“Sta attenta, Hildr. Hai il bracciale di mia figlia con te?”
“Certamente.”
Lei fece tintinnare il monile al polso e il bibliotecario emise un sospiro di sollievo, lo consolava sapere che sua figlia avrebbe protetto la ragazza.
Nec aspera nec ardua coela timeo, non temo gli asperi e difficili cieli. E’ una frase che i romani proclamavano poco prima dello scontro.”
Hildr notò che Johannes aveva gli occhi lucidi di commozione, e anche lei era triste per quel probabile addio.
“Ci vedremo ancora, Johannes.”
Lasciò la stanza senza girarsi a guardare indietro, doveva restare concentrata e non pensare a quello che abbandonava a Kiev.
“Straniera, pensavi di andartene senza salutare?”
Kyra si era appostata nel corridoio fuori dalla biblioteca per intercettare Hildr prima della partenza.
“Non credevo che tu fossi il tipo da saluti strappalacrime.”
La russa cercò di ridere, ma non riusciva a mantenere la solita maschera di indifferenza.
“Sei l’unica persona che ho sopportato nell’ultimo anno. Sei una bella persona, anche se perdi tempo con quello sgorbio.”
“Mi mancherai anche tu.” Disse Hildr.
L’attimo dopo Kyra la stringeva in un abbraccio caloroso, insolito per una donna che si era dimostrata alquanto fredda e poco incline all’affetto.
“Grazie di essere stata con me, Hildr. Tieni, prendi questo. E’ un regalo.”
Kyra le cacciò in mano uno dei suoi anelli, un cerchio d’argento sormontato da una piccola pietra azzurra. Hildr lo infilò all’indice della mano sinistra come portafortuna.
“Lo terrò sempre con me.”
La russa le accarezzò le spalle e le braccia, poi le prese le mani.
“Avrei potuto innamorarmi di te, straniera.”
Hildr non sapeva come reagire a quella confessione, era la terza persona nel giro di un anno che pronunciava il suo amore per lei. Era strano che qualcuno potesse innamorarsi di lei, in fondo era solo una ragazza non troppo bella e piuttosto scortese.
“Sei un’arpia e spesso sei detestabile, però in fondo sei una bella persona anche tu.”
“Ah, grazie. – rise Kyra – Ora sparisci prima che mi metta a piangere come una bambinella. Vai!”
Hildr le scoccò un bacio sulla guancia e si allontanò a passo spedito. Non immaginava che lasciare Kiev sarebbe stata tanto dura, ora tornare a casa le sembrava doloroso. Forse non avrebbe rivisto mai più Kyra e Johannes, forse presto avrebbe dimenticato quel palazzo e la sua vita sarebbe tornata quella di sempre.
 
Ivar sorrise d’istinto quando Hildr salì a bordo della nave. Il suo abbigliamento scuro creava uno spettacolare contrasto con il bianco della nave che li circondava. Era bellissima e fiera come una Valchiria.
“Hildr, vieni qui. Abbiamo fatto un sacrificio.” La invitò Ivar.
La ragazza sbuffò, odiava i sacrifici e tutto ciò che ne conseguiva. Si avvicinò e si abbassò di poco, al che Ivar intinse il dito nella ciotola di sangue e le disegnò due strisce rosse sotto gli occhi.
“Posso farlo anche io?” domandò una vocina allegra.
Hildr con orrore si accorse che Igor era sulla nave, con indosso gli abiti regali che denotavano la sua posizione sociale.
“Che ci fai qui? Torna subito a palazzo!”
“No, resto qui. Oleg vuole che io partecipi alla battaglia.”
“Hildr. – intervenne Ivar – Non ti opporre. E’ una decisione che spetta a Oleg.”
“Ma è solo un bambino!” protestò lei.
“Lascia perdere, per favore. Concentrati su ciò che avverrà fra tre giorni.”
Hildr scosse la testa ben conscia che Ivar aveva talmente bisogno del supporto di Oleg che non avrebbe mosso un muscolo per aiutare Igor.
“Certo, re Ivar.”
Ivar indurì la mascella e serrò le mani intorno alla ciotola. Non si abituava ad essere apostrofato in quel modo, non da lei che prima d’ora non lo aveva mai chiamato così. La vide sedersi con Igor dalla parte opposta e vide che Vadim si era unito a loro in un coro di risate. Si chiese perché l’amore facesse tanto male e perché proprio a lui fosse capitata una simile sventura.
 
Tre giorni dopo, Kattegat.
Hildr fece scricchiolare il collo mentre la nave si spingeva sempre più vicina alle coste di Kattegat. La flotta di Oleg si era separata secondo il piano di Ivar, dunque loro erano giunti nei pressi della parete rocciosa.
“Come ti senti?”
Hvitserk comparve al suo fianco, determinato e serio come capitava sempre prima di una battaglia.
“Arrabbiata e pronta ad ammazzare qualcuno.”
“Questo è lo spirito giusto. Senti, Ivar mi ha parlato di Aila. E’ una bella bambina, vero?”
“E’ bella per merito di Isobel. Tranquillo, non ha preso nulla da te.” disse Hildr, stizzita.
“Io amo Isobel e amo mia figlia, a dispetto di quanto tu creda. Spero che un giorno lo capirai.”
Hildr fece una breve risata e piantò gli occhi su Hvitserk come se volesse trafiggerlo.
“Non capirò mai perché hai tradito la tua famiglia per seguire Bjorn. Isobel non ti perdonerà mai. E se pensi di riconquistarla, sappi che farò il possibile per impedirtelo.”
“Tu e Ivar siete identici, difendete ciò che amate con i denti.”
“Di che parli?”
Hvitserk sorrise compiaciuto dal fatto che lei fosse all’oscuro di quel piccolo segreto che il fratello si era portato dentro per anni.
“Tu sai perché Ivar ha ucciso Sigurd?”
“Perché Sigurd lo ha insultato davanti a tutti.”
“No. – disse Hvitserk – Ivar ha usato questa giustificazione per nascondere il suo vero intento. Poco prima di partire per vendicare nostro padre, Sigurd ha dichiarato di volerti sposare e questo ha mandato Ivar su tutte le furie. Capisci? Ivar ha ucciso Sigurd per te, perché era geloso che nostro fratello ti avesse in sposa.”
Hildr si appoggiò alla fiancata della nave per reggersi in piedi, era attonita da quella scoperta. Ivar non le aveva mai accennato qualcosa del genere, le aveva sempre ripetuto di aver ucciso Sigurd per averlo infangato davanti ai guerrieri, e invece la verità era ancora più terribile.
“Siamo arrivati!” annunciò Vadim dal timone.
“Hildr, ci sei?”
La ragazza si ritrasse dalla mano di Ivar sul gomito. Lui sollevò le braccia per farsi vedere disarmato.
“Stai bene, Hildr? Sono solo io.”
“Ehm … s-sì … sì, sto bene.”
Nel frattempo Vadim aveva radunato gli uomini per impartire gli ordini da eseguire una volta atterrati. Il suo sguardo magnetico si posò su Hildr e sorrise.
“Allora, Valchiria, sei pronta a volare?”
Hildr colse il riferimento alla scalata della parete rocciosa e si sforzò di ricambiare il sorriso, ma venne fuori più un ghigno storto che altro.
“Pronta.”
 
Ivar incespicò un paio di volte mentre camminava verso la parete rocciosa. Davanti a lui avanzava un nutrito gruppo di soldati guidati da Vadim e da Hvitserk. Hildr camminava alle sue spalle per difenderlo da eventuali attacchi a sorpresa. Scivolò su una pietra per la terza volta e Hildr lo afferrò in tempo perché non cadesse.
“Cerca di non spezzarti il collo proprio adesso.” Lo ammonì lei.
Nella sua voce non c’era il solito astio dei giorni passati, la rabbia si era sciolta in un tono più amichevole.
“Ora ci tieni alla mia vita?”
“Muoviti, idiota.”
Hildr lo spintonò in avanti per spronarlo a camminare, però Ivar le prese la mano facendo incastrare le loro dita.
“Aspetta un momento. Tu e Hvitserk prima di cosa parlavate?”
“Di Isobel e Aila, tutto qua. Adesso sbrighiamoci.”
Ivar si arrese e riprese a zoppicare al seguito dei soldati, con Hildr che ora procedeva al suo fianco con la mano sull’ascia. La parete rocciosa si stagliava alta e bianca davanti ai loro occhi, la sua vetta era minacciosa. I soldati si fermarono e iniziarono a legarsi le funi attorno alla vita, dovevano essere sicuri di arrivare tutti in cima.
“Ci siamo.” Disse Vadim, immobile con lo sguardo sulle rocce.
“Tu e Hvitserk proseguite verso la città. Io e Hildr scaliamo la parete il più in fretta possibile. Ci vediamo sul fiume al di là della parete, dove Oleg ci attenderà con la flotta.” Spiegò Ivar.
Vadim guardò Hildr che stava frugando in un sacco in cerca delle funi. Le posò una mano sulla spalla a mo’ di carezza.
“Sei davvero sicura di volerlo fare? E’ pericoloso.”
La ragazza si scrollò la mano di dosso e assunse un’espressione accigliata.
“Dici solo a me che è pericoloso perché sono una donna? Ti getterei volentieri dal dirupo.”
Vadim, anziché offendersi, ghignò. Quella ragazza lo intrigava sempre di più.
“Lo dico solo perché ci tengo a rivedere il tuo bel faccino.”
“Sta zitto.” Disse Hildr ridendo.
Ivar, che aveva assistito a quella scenetta penosa, storse il naso e piantò la stampella nel terreno.
“E’ bene che voi andiate. Non vogliamo perdere la guerra perché vuoi fare la corte a Hildr.”
Hvitserk fece cenno a Vadim di andare, al che il russo fischiò per ordinare ai soldati di riprendere il tragitto verso Kattegat. Il manipolo di soldati rimasto si preparava alla scalata in silenzio e velocemente.
“Sei stato scorbutico con Vadim.” Disse Hildr, allacciandosi la fune sopra i fianchi.
“Sono scorbutico con chi mi pare, soprattutto con uno che ci prova con mia …”
“Ho capito. – lo interruppe lei – Ti serve una mano?”
Ivar stava tentando invano di slegare un nodo che intrappolava due funi, era nervoso e non riusciva a concentrarsi.
“Sì, grazie.”
Hildr era brava con i nodi, Helga aveva cercato di insegnarle a cucire e spesso si era ritrovava a dover disfare la tela più e più volte.
“Hvitserk mi ha detto la verità su Sigurd.”
“Che era un imbecille sin dalla nascita? Non è poi una così grande novità.” Scherzò Ivar.
“So la vera ragione per cui lo hai ucciso. Sigurd voleva sposarmi.”
Ivar trattenne in respiro. Hildr non osava guardarlo, rallentava lo scioglimento del nodo per non essere costretta ad affrontare il suo sguardo.
“Se Sigurd avesse chiesto la tua mano, mia madre sarebbe stata obbligata ad accontentare la sua richiesta. Anche Floki ed Helga avrebbero accettato. Per loro sarebbe stato bello far sposare la propria nipote con un figlio di Ragnar Lothbrok.”
“Tu non lo avresti mai permesso, vero?”
Ivar tese la mano per accarezzarle il collo, la vena pompava sangue e battiti.
“Nessuno merita di sposarti perché nessun uomo è degno. Ti amo da sempre, Hildr, e non avrei permesso a un bastardo come Sigurd di toccarti.”
Finalmente Hildr alzò gli occhi su di lei e fece un piccolo sorriso.
“Nel caso le cose dovessero andare male, sappi che …”
“Già so tutto.”
Ivar si chinò e fece scontrare le loro labbra in un bacio ricco di passione, e anche un pizzico di adrenalina in vista dello scontro. Hildr si aggrappò a lui in un gesto di disperazione, voleva sentirlo vicino prima che il mondo andasse alla malora. Forse non si sarebbero rivisti presto, forse uno dei due sarebbe morto, forse quello era l’ultimo bacio della loro vita. Valeva la pena mettere da parte la delusione e abbandonarsi al momento. Ivar fu il primo a staccarsi, ma le sfiorò la nuca con le dita e le sorrise.
“Andiamo a vincere, mia Valchiria.”
La scalata fu più difficile del previsto. Le asce più volte erano scivolate senza trovare appigli nella parete. Alcuni soldati erano caduti, altri risalivano rapidi e altri risalivano lenti. Ivar e Hildr salivano insieme, le spalle che si toccavano, allo stesso ritmo. Quando uno aveva problemi, ci pensava l’altra a tirarlo su. Alla fine ricaddero sul terreno della cima, il cielo azzurro sopra di loro e le urla che provenivano dalla città.
 
Ivar e Hildr si persero di vista non appena varcarono le porte di Kattegat. Oleg abbaiava ordini ai soldati affinché la flotta attraccasse per aiutare i compagni a terra. Hildr superò la dimora reale per gettarsi nella mischia. Le urla e il sangue erano ormai la normalità. Schivò una spada in tempo, si abbassò sulle ginocchia e ficcò l’ascia nel collo di un uomo.
“Impressionante!” commentò Vadim.
Il russo aveva ucciso un paio di uomini con la sua spada pregiata, e sorrideva tronfio. Hildr alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, non capiva come facesse Vadim ad essere allegro in quelle circostanze.
“Pensa a combattere!”
Si misero a correre verso il porto per riunirsi con la flotta, ma un’ascia volò a pochi centimetri da Hildr. Gunnhild stava per lanciare un pugnale, la faccia più magra e pallida del solito.
“Hildr, andiamo!” gridò Vadim, uno squarcio alla gamba sanguinava.
“Vai avanti tu. Trova Ivar e proteggilo! Vai!”
Rimasta sola, Hildr incoccò una freccia e la scagliò verso Gunnhild. La freccia le strappò la giacca e le procurò un graffio senza, però, arrestare l’arrivo della donna.
“Non hai scampo.” Disse Gunnhild.
Hildr prese l’ascia dalla cintura e la strinse forte, dopodiché si lanciò contro l’avversaria. Ebbe inizio uno scontro furioso in cui sia l’una che l’altra menavano fendenti a velocità spaventosa. Gunnhild diede un calcio nello stomaco a Hildr facendola ruzzolare a terra. La ragazza avvertì un dolore lancinante alla testa, ma si fece coraggio e si mise in piedi. Non ebbe la possibilità di ripresa che Gunnhild la ferì con l’ascia sulla guancia.
“Bene. – borbottò Hildr – Adesso mi hai fatto davvero arrabbiare.”
Si gettò addosso a Gunnhild come una furia. Serrò la mano intorno al polso della donna e con il piedi la colpì in pieno volto. Gunnhild cadde in ginocchio, un occhio nero e un rivolo di sangue lungo il mento, e cercò di colpire ancora Hildr. La ragazza questa volta intercettò il colpo, piegò il braccio dell’avversaria e le spezzò il polso.
“Mai farmi arrabbiare.”
Gunnhild riuscì a recuperare l’ascia e a sfregiare la gamba di Hildr, che balzò indietro per il dolore. Il sangue caldo sgorgava piano dalla ferita bagnando la terra ai suoi piedi.
“Non vincerete mai. Bjorn è il favorito degli dèi.” Disse Gunnhild.
“Ah, sì? Quell’imbecille di tuo marito è favorito solo dalla sua stupidità. E stupida tu che perdi tempo con lui!” ringhiò Hildr, il sudore che bruciava sulle ferite.
L’attimo dopo si ritrovò schiacciata contro la terra umida. Un uomo dai lunghi capelli biondi la teneva premuta col peso del proprio corpo.
“Corri, regina! Corri!”
Hildr intravide Gunnhild sgattaiolare in direzione del mare, laddove Bjorn stava guidando i suoi guerrieri. Con una spalla si liberò dall’uomo e strisciò per riprendere l’ascia. L’uomo l’afferrò per i capelli e le premette un piede sulla schiena per immobilizzarla. Hildr, stanca di incassare colpi, slacciò la spada dalla cintura e lo affondò nella caviglia dell’uomo. Ora in piedi, riprese l’arco e lo puntò contro il nemico.
“Addio.”
La freccia centrò perfettamente la fronte dell’uomo, che morì in pochi minuti.
 
Hildr digrignava i denti mentre correva – o meglio, tentava di correre – in spiaggia per trovare Ivar. Aveva bendato la ferita alla coscia con uno straccio trovato per caso, ma la fuoriuscita di sangue era diminuita di poco.
“Hildr! Stai bene?”
Hvitserk, coperto di sangue e terra sulle mani e sui capelli, stava riprendendo fiato.
“Dov’è Ivar?”
“Non …”
Una donna caricò la spada contro di loro, però Hvitserk la trafisse con la propria arma prima di essere attaccato.
“Non lo so dov’è Ivar. E’ andato a cercare Bjorn, verso la costa a est.”
Hildr in lontananza adocchiò la spiaggia e tra i combattenti scorse una palizzata lignea che i soldati russi stavano assaltando. In mezzo a loro c’era una figura che claudicava a tre gambe, quello doveva essere Ivar con la stampella.
“Devo andare da lui. Tu coprimi fino alla spiaggia, va bene?”
“Ti fidi di me?” chiese Hvitserk, stupito.
“No. – rispose lei – Ma non ho altra scelta. Se mi tradisci, ti troverò e ti scuoierò vivo.”
“Messaggio ricevuto.”
Insieme si avviarono verso la spiaggia. Man mano che procedevano, si difendevano da spade e asce che volevano ucciderli. Hildr scoccava frecce rapide ed efficaci, in grado di stendere i nemici come fiori flosci. Hvitserk schivò un coltello, si girò e uccise il suo aggressore.
“Lo vedo! Ivar sta inseguendo Bjorn!” disse Hildr, indicando un’ombra sulla palizzata.
Mentre correva a perdifiato, alla sua destra arrivò un uomo che la spinse in acqua. Quando riemerse aveva la vista appannata dallo shock. Nuotò per raggiungere la riva ma fu tirata di nuovo in acqua. Si sentiva soffocare, non era mai stata una grande nuotatrice e trattenere l’ossigeno dopo un certo periodo non era per lei. Spalancò gli occhi nel panico e si agitò, non riusciva a liberarsi. Si rese conto che a breve sarebbe morta se non avesse trovato una soluzione. Non aveva armi con sé, l’ascia era caduta in acqua e l’arco era rimasto a terra. Poi, come luce esplosa in una stanza buia, due braccia la tirarono fuori.
“Prego!” disse Hvitserk.
Hildr si allungò per toglierli l’ascia di mano e si girò per conficcare la lama nella gola dell’uomo che l’aveva spinta. L’acqua si colorò di rosso e il corpo del nemico fluttuò in superficie.
“State bene?”
Vadim si fermò per aiutare la ragazza a mettersi in piedi, la sua pelle era fredda e striata di sangue. Hildr era bagnata come una pezza immersa a lungo in acqua, il vento l’avvolgeva facendola rabbrividire.
“Devo andare da Ivar. Ha bisogno di me.”
Si staccò da Vadim e si fiondò nell’ennesima corsa, ignorando il dolore e la fatica. Il suo unico pensiero era raggiungere Ivar per difenderlo in caso ne avesse avuto bisogno.
 
Hildr sospirò di sollievo quando salì il primo gradino della palizzata di legno. Alle sue spalle Hvitserk e Vadim copiavano i suoi movimenti come ossequiosi soldatini. Dalla piattaforma in alto molti uomini precipitavano tra le urla. Alcuni si affacciavano per controllare che i russi fossero morti. Hildr riconobbe la chioma castana di Skuld, una delle shieldmaiden al servizio di Lagertha. La donna ghignava passandosi tra le mani l’ascia.
“Ciao, piccoletta! Hai deciso di morire oggi?” la schernì Skuld.
“Ho deciso che tu devi morire oggi.” ribatté Hildr, furiosa.
Strillò quando Skuld lanciò un coltello che si piantò nella mano di Hildr. Sarebbe precipitata anche lei se Vadim non l’avesse agguantata in tempo per il braccio. La mano spillava sangue come una fontana, era caldo e viscoso. Con uno sforzo immane, Vadim riuscì a riportare Hildr sulla scala di legno. La ragazza si strappò un lembo di casacca e si fasciò la mano alla bell’e meglio.
“Ce la fai a proseguire?” volle sapere Hvitserk.
“Sì, sì. Voi salite sulla piattaforma, a Skuld ci penso io.”
Vadim e Hvitserk si spostarono sulla scala adiacente perché era l’unica via per salire senza intoppi. Skuld, intanto, stava scendendo e puntava contro Hildr.
“Il tuo storpio non ha speranze. Bjorn lo ammazzerà come il cane che è!”
“Anche tu sei un cane dato che annusi le chiappe di Bjorn come fossero oro!” replicò Hildr.
Skuld con un agile salto si ritrovò a tre pioli di distanza, l’ascia protesa in avanti per difesa e attacco insieme.
Hildr scendeva piano, voleva portare Skuld sulla terraferma per affrontarla. Ad ogni piolo che scendeva, lasciava un’impronta di sangue sulla scala.
“Hai scelto di stare dalla parte dei perdenti, Hildr. Peccato! Saresti stata una grandiosa shieldmaiden.”
“Ho fatto molte scelte sbagliate nella vita, ma almeno non mi sono schierata con Bjorn.”
Hildr atterrò sollevando una sottile coltre di polvere. Skuld balzò a terra come un gatto, era brava nelle acrobazie.
“Lagertha diceva sempre che sei sprecata al fianco di Ivar. Tu meriti di sedere al tavolo dei vincitori.”
“Lagertha non mi conosceva. Nessuno di voi mi conosce. Il mio posto è sempre stato al fianco di Ivar e sempre lo sarà. Non saranno le tue lusinghe a cambiare la mia idea.”
Skuld ghignò di nuovo, i suoi occhi blu spiccavano nel nero del trucco.
“I sentimenti sono il tuo punto debole, piccola Hildr. L’amore e la lealtà non ti porteranno a niente.”
Nel frastuono della battaglia, fra urla disumane e imprecazioni, Hildr udì la flebile voce del padre sussurrarle all’orecchio: Sii gentile, sii un’eccezione.
“Sono i miei sentimenti a rendermi forte.”
Approfittando della disattenzione di Skuld, Hildr brandì l’ascia e la incastrò nella spalla della shieldmaiden. Skuld cacciò un urlo tremendo, accasciandosi in ginocchio per il dolore. Il suo sangue colava lungo l’asta dell’ascia imbrattando la mano di Hildr, ma lei affondava e affondava la lama nella carne di Skuld senza pietà. Quando la donna fu piegata su se stessa dalla sofferenza, Hildr estrasse l’ascia e le tranciò la testa. Sangue e nervi le schizzarono sugli stivali mentre il corpo della shieldmaiden sbatteva a terra.
 
Hildr si arrampicava sulla scala con una sferzata di energia incredibile. Non sentiva dolore, sebbene le ferite spurgassero sangue, e sembrava che la sua forza fosse aumentata. Quando arrivò sulla piattaforma, Vadim stava infilzando due vichinghi con la spada e Hvitserk faceva a pugni con un altro uomo.
“Valchiria!” la richiamò una voce alle sue spalle.
Sorrise nel costatare che Ivar era vivo, che aveva battuto numerosi guerrieri da solo. Si strinsero velocemente la mano.
“Dunque stai bene.” mormorò Hildr, emozionata e ansiosa.
“E’ la tua maniera per dirmi che sei felice di vedermi?”
“Forse.”
“Ivar, dov’è Bjorn? Dobbiamo trovarlo subito.” Disse Vadim con l’affanno.
Intorno a loro i guerrieri di Kattegat erano morti, corpi in putrefazione di cui i corvi si sarebbero cibati nelle prossime ore. Dalla palizzata era visibile la città e la nave di Oleg attraccata al porto, con i soldati che uccidevano con grande abilità e precisione.
“E’ sceso dalla palizzata mentre due uomini mi assalivano. Credo fosse intenzionato ad andare sulla spiaggia.”
Hildr indirizzò lo sguardo sulla spiaggia e vide un gruppo di persone camminare per ricongiungersi con altra gente che scappava da Kattegat.
“E’ lì! Bjorn è laggiù e si sta allontanando!”
“Dobbiamo prenderlo prima che ci sfugga, oppure Oleg ci fa giustiziare tutti.” Disse Vadim.
“Abbiamo un problema. Altri guerrieri salgono ora!” comunicò Hvitserk impugnando l’ascia.
Ivar strinse la mano di Hildr in una presa ferrea che fece rabbrividire entrambi.
“Io e Hildr andiamo a prendere Bjorn, voi due tenete occupati chi sta salendo.”
Vadim sembrò incerto, fissava Hildr con quei suoi magnetici occhi verdi che la mettevano in soggezione.
“Te la senti, Hildr?”
“Sì. Sono il comandante di Ivar, è compito mio andare con lui.”
“Bene. – acconsentì Vadim – Andate e uccidetelo.”
Ivar trascinò Hildr nella parte più isolata della palizzata in modo da scendere senza essere attaccati. Lei fu la prima a calarsi e aiutò Ivar passo dopo passo fino a quando non toccarono terra. Il ragazzo si guardò intorno spaesato.
“Bjorn è troppo lontano. Come lo raggiungiamo?”
“Così!”
Hildr corse incontro ad un guerriero vichingo a cavallo, sembrava quasi che volasse. Ivar era tentato di andarle dietro per fermarla quando lei fece volteggiare l’ascia in aria come fosse una freccia. L’ascia si piantò nel petto del guerriero, che ruzzolò in un bagno di sangue.
“Il cavallo! – disse Hildr – prendi il cavallo!”
Il cavallo, uno stallone nero, galoppava verso Ivar con la criniera che svolazzava al vento. Il ragazzo catturò le briglie per un soffio e avvicinò l’animale a sé per calmarlo.
“Sei impazzita? Potevi farti male sul serio!” la rimproverò lui.
Hildr rise e fece un buffo inchino. Così macchiata di sangue e sudore sembrava più vecchia della sua età.
“E’ l’unico modo per arrivare in fretta da Bjorn. Prendi tu le redini, io odio cavalcare.”
Dopo essere montani a cavallo sfrecciarono in direzione della spiaggia mentre dalla piattaforma cadevano uomini come foglie secche.
 
Hildr fu lieta quando smontò dalla sella, non aveva mai amato andare a cavallo.
“Io devo uccidere Bjorn.” Esordì Ivar.
“Lo so. Vai, ti copro io.”
Ivar le sfiorò lo zigomo livido con la punta delle dita, era un tocco intimo e delicato.
“Avevo ragione, sai. Sei davvero una Valchiria.”
Hildr ridacchiò e gli prese la mano per scostarla dal proprio viso.
“Smettila. Ora va e fa ciò per cui sei nato: il re.”
“Hildr …”
“No! Vai! Vai!”
Ivar rimase zitto, si limitò a baciarle la fronte e la guancia. Tornò in sella e lanciò il cavallo contro il gruppo di persone che accerchiavano Bjorn. Hildr sguainò la spada che Vadim le aveva ceduto sulla piattaforma e si preparò all’orda di guerrieri che stava per abbattersi su di lei.
 
Hildr dovette fermarsi per prendere un respiro. La ferita alla gamba le dava il tormento, la benda era zuppa di sangue e anche la tenuta si stava impregnando.
“Ti supplico, Odino, non lasciarmi proprio adesso.”
D’improvviso tutto diventò buio e lei si ritrovò con la faccia nella sabbia. Sopra di lei c’era Dragun che le puntava l’ascia al collo.
“Mi dispiace, Hildr. Non vorrei farlo.”
In passato erano state amiche, erano state vicine di casa e le loro madri erano le guaritrici migliori di Kattegat. Crescendo si erano separate sempre più, soprattutto perché Hildr trascorreva tutto il suo tempo con Ivar.
“Lasciami almeno combattere ad armi pari.”
Dragun si spostò e Hildr a fatica cercò di alzarsi, ma il ginocchio cedette a causa della ferita alla coscia. Ricevette uno spruzzo di sangue sul petto della giacca. Voltandosi, vide che Vadim aveva decapitato Dragun.
“No! Poteva essere risparmiata! Potevo salvarla!”
Vadim pulì la spada sulla sabbia, i granelli si incastravano nel sangue.
“Siamo qui per vincere, non per salvare vite.”
Hildr per la prima volta guardò a Vadim come a un soldato, non più come all’uomo amorevole e gentile che aveva conosciuto. Il palazzo di Oleg era un covo di crudeltà celata in abiti sfarzosi e bugie cortesi.
“Siamo qui per riprenderci Kattegat, non per sterminare i suoi cittadini.”
Hvitserk allungò una mano per rimetterla in piedi, era ferito sul collo e intorno ai polsi, ma per il resto sembrava stare bene.
“Che diavolo è quello?” fece Vadim indicando il cielo.
Nuvoloni neri si era addensati spazzando via l’azzurro, erano carichi di pioggia. Il vento cominciò a soffiare sempre più forte fino a provocare una tempesta di sabbia. Nel cielo balenò un lampo. Subito dopo un fulmine saettò sulla spiaggia. Hildr e Hvitserk caddero indietro mentre Vadim veniva sbalzato a riva.
“Thor. – disse Hvitserk – Thor è qui.”
Quando la tempesta sabbiosa si fu placata, tutto si fece di nuovo fresco e limpido. Hildr si riparò gli occhi dall’intensa luce del sole, poi capì che quella luce proveniva dai raggi che si riflettevano su una spada. Vide Bjorn disteso a terra e Ivar immobile davanti a lui, con la lama della spada che gocciolava sangue sulla sabbia.
Un re era morto e un altro era appena risorto.
 
 
Salve a tutti!
Uh, che fatica descrivere le scene di guerra! Ma ecco qua che Ivar ha la vittoria in pugno, ora dipende tutto da lui e dalle scelte che vuole prendere.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 
  
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