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Autore: UnGattoNelCappello    22/04/2020    0 recensioni
Kei realizza durante il suo secondo anno di liceo che probabilmente è innamorato di Yamaguchi da quando ha dieci anni. Per quanto incapace possa essere a gestire la situazione, Kei prega almeno di non esserlo tanto quanto Hinata e Kageyama. Ma a quanto pare, è proprio così. *TRADUZIONE*
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Shouyou Hinata, Tadashi Yamaguchi, Tobio Kageyama
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7

Conseguenze silenziose

 

 

a: Akiteru

oggetto: —

Sei ancora amico con qualcuna delle ragazze con cui sei uscito al liceo?

 

da: Akiteru

oggetto: —

Kei! Non ci parliamo da tipo sei settimane ed è questo che mi scrivi?!

 

a: Akiteru

oggetto: —

Scusa. Come stai Akiteru?

 

da: Akiteru

oggetto: —

Sto bene! In effetti mi sa che mi sta venendo il raffreddore. Comunque, quella pianta che mi hai regalato è ancora viva! Sono stato super occupato al lavoro ma proverò a prendermi un weekend libero per venire a trovare te e mamma. Anche papà vuole vederci ma gli ho detto che prima ne avrei parlato con te. Il tempo qui è bellissimo, è fantastico come le stagioni cambino così velocemente

 

a: Akiteru

oggetto: —

Già

 

a: Akiteru

oggetto: —

Quindi sei ancora amico con qualcuna delle ragazze con cui sei uscito al liceo?

 

________

 

Dei sonori schiaffi risuonano nella palestra vuota mentre la palla rimbalza dal pavimento alla parete al dolorante palmo di Kei. Il movimento ripetitivo lo calma. Non alza lo sguardo quando una figura si avvicina alle porte della palestra.

“Ancora qui?”

“Che ti sembra, Re?”

“Falla finita,” sbotta Kageyama. “Pensavo che avessi smesso di chiamarmi con quello stupido soprannome.”

Kei stringe i denti. Kageyama sposta il peso da un piede all’altro, osservando la traiettoria della palla che Kei sta abusando.

“Io e Hinata ce ne stiamo andando. Vieni?”

“Dov’è Yamaguchi?”

“Sta ancora parlando con Ennoshita negli spogliatoi.”

“Potete iniziare ad andare.”

“Possiamo aspettarlo,” si offre inaspettatamente Kageyama. Kei afferra al volo la palla volteggiante e la porta al petto.

“Non fa niente. Andate pure.”

“Okay. Bel lavoro oggi.”

“Bel lavoro oggi,” ripete Kei.

Inizia a salire le scale di metallo che portano agli spogliatoi proprio quando Ennoshita le scende. Il capitano si aggiusta la borsa sulla spalla e grida a Kinoshita – Kei non l’aveva neanche notato – che lo raggiunge in un momento. Ennoshita posa una mano pesante sulla spalla di Kei.

“Cerca di sostenerlo, okay?” gli dice. Kei lo guarda.

“Cosa?”

“A domani, Tsukishima,” annuisce Ennoshita.

Kei guarda finché lui e Kinoshita girano l’angolo prima di continuare a camminare.

“Hey, Tsukki,” dice allegro Yamaguchi quando entra.

“Hey.”

Yamaguchi tira fuori una maglietta pulita dalla borsa e si sfila la divisa dalla testa. Kei aveva pensato che sarebbe stato più facile vederlo così dopo il loro bacio, ma ha scoperto che è praticamente l’opposto. Quando sono soli insieme, Kei sente della tensione tra di loro. Come se ci fosse qualcosa che dovrebbero fare che non stanno facendo. L’aria è pesante. Kei è piuttosto sicuro di sapere cosa sia quel qualcosa e il pensiero lo paralizza.

Vuole avvicinarsi, stringersi a Yamaguchi così possono ricominciare da dove si erano fermati. L’idea è allo stesso tempo eccitante e devastante. Pensa ai palmi caldi e fermi di Yamaguchi sullo stretto tessuto dei suoi jeans (non li ha più indossati da allora). Rende confusa la sua mente. Gli scompiglia i pensieri. Il che è particolarmente sconcertante per qualcuno come Kei, che è orgoglioso della sua costante compostezza e lucidità. Yamaguchi non sembra neanche notarlo. Kei dovrebbe esserne sollevato, ma lo colpisce troppo a fondo. Quello che lo colpisce più di tutto è il costante promemoria che questa distanza è stata una sua decisione.

“Pronto ad andare?” gli chiede Yamaguchi quando si sono entrambi cambiati.

“Pronto.”

“Hinata e Kageyama se ne sono già andati?”

“Sì.”

“Oh? Quando?”

“Non molto tempo fa.” Risponde Kei.

“Dovremmo raggiungerli.”

“Sono sicuro che saranno da Sakanoshita quando ci passiamo.”

“Mi andrebbe un panino ripieno. Ne vuoi uno, Tsukki?”

“Assolutamente,”

Yamaguchi fa un sorriso a trentadue denti, e il sole che tramonta ombreggia il suo viso in arancione.

Kei aveva ragione; Hinata e Kageyama sono seduti a bisticciare ad un tavolino quando lui e Yamaguchi raggiungono il negozio. Fanno un salto dentro per acquistare i rispettivi panini prima di tornare dagli altri due del secondo anno.

“Come un orologio svizzero,” borbotta Kei.

“Già. Solo che, guarda.”

“Hm?”

“Yamaguchi-san! Tsukishima-san!” grida Yushin, girandosi sul suo posto per guardarli.

“Ciao, Yushin,” sorride Yamaguchi. Kei gli rivolge un cenno.

Quando i due si siedono vicino a Hinata, Kageyama si alza.

“Vado a prenderne un altro,” dice.

Yushin concorda all’istante, “Anch’io!”

Il ragazzo del primo salta in piedi e corre nel negozio dietro all’alzatore. Hinata lascia andare un lungo gemito. La sua intensità fa alzare il sopracciglio di Kei.

“È così fastidioso,” si lamenta Hinata.

Kei tossisce, “Quanto deve essere fastidioso perché tu lo dica?”

“Non essere cattivo con me. Yamaguchi, digli di non essere cattivo con me. Sono nel bel mezzo di una crisi.”

“No, non lo sei,” lo tranquillizza Yamaguchi.

“Qual è il problema?”

“Non capiresti.”

“Probabilmente no,” concorda Kei.

“Shouyou, devi rilassarti.”

“Sono calmissimo!” grida Hinata.

“Chiaramente.”

“Tsukki,” lo rimprovera Yamaguchi.

“Yamaguchi ha ragione. Devi solo rilassarti.”

Yamaguchi cambia tattica.

Dà delle pacche sulla schiena del rosso e lo complimenta, “Sei stato fantastico agli allenamenti! Le tue ricezioni sono migliorate tantissimo.”

Hinata si tira su. “Lo credi davvero?”

“Sì. Quasi non le riconosco dall’anno scorso.”

“Riconosci cosa?” chiede Kageyama quando lui e Yushin girano l’angolo, delle buste marroni in mano.

“Le ricezioni di Shouyou,” risponde Yamaguchi. “Non credi, Kageyama?”

“Oh. Sì. Non fanno schifo neanche la metà di prima.”

“Questo non è neanche un complimento!” grida Hinata. “La prossima volta fermati dopo ‘sì’.”

“Lo terrò a mente,” replica Kageyama senza un grammo di sarcasmo.

Yushin commenta, “È difficile pensare che ci sia mai stato un momento in cui Hinata-san non era bravo.”

“Anche Tsukki concorda che tu sia migliorato drasticamente.”

“Davvero, Tsukishima?”

“È vero,” dice Kei.

“Non montarti troppo. C’è ancora molto da migliorare. Per tutti.”

“Sei così saggio, Kageyama-san,” lo adula Yushin.

A quello Kei ride apertamente. Kageyama gli lancia un’occhiataccia e Yushin continua a guardarlo pieno di ammirazione. Hinata borbotta qualcosa che Kei non sente, ma che fa soffocare una risata a Yamaguchi. Yushin stacca finalmente gli occhi da Kageyama e scarta il suo cibo.

“Grazie ancora, Kageyama,” dice.

“Per cosa?” si intromette Hinata.

“Mi ha comprato il panino!” dice Yushin deliziato iniziando a divorare il cibo.

Hinata ha un’espressione come se volesse dislocare la sua mascella e ingoiarlo intero.

“Eh?!” gracchia. “Com’è che non mi compri mai i panini, Kageyama?”

“Ci ho provato,” lo guarda Kageyama. “Hai detto che non ti piaceva perché ti faceva sentire come se fossi la mia ragazza.”

Il sole calante amplifica il rossore crescente sulle guance pallide di Hinata. Kei non è sicuro di star aiutando con il modo in cui sta ridacchiando, ma non riesce a trattenersi. È troppo divertente.

“N-non ho detto così!”

“Era una cosa del genere.”

“Sì, ma non era quello!”

“Allora immagino che sono la tua ragazza adesso, Kageyama-san!” scherza Yushin con la bocca piena.

“Portami via da qui,” prega Kei tirando la manica di Yamaguchi.

 

________

 

“Ho già un tipo volante,” gli dice Yamaguchi, tamburellando sul mento con lo stilo del nintendo, “ma voglio davvero questo Pidgey.”

“Perché proprio quello?”

“Non lo so. È carino. Mi manda delle buone energie.”

“Sei ridicolo.”

Yamaguchi è venuto da lui per fare i compiti, ma la sua pila di fogli siede abbandonata sul pavimento tra lui e Kei. Kei scrive le risposte sul suo foglio e ascolta il ragazzo lentigginoso tamburellare incessantemente la pennetta.

“Preso!” gioisce Yamaguchi dopo un minuto.

“Congratulazioni, Yamaguchi.”

“Grazie, Tsukki! Ora, come chiamarlo.”

“Dai un soprannome a tutti?” chiede Kei, alzando lo sguardo dai compiti.

“Certo,” risponde Yamaguchi.

La sua lingua spunta dalla bocca per la concentrazione mentre ricomincia a picchiettare sul DS. Il battito di Kei aumenta appena abbastanza per notarlo. Reprime con violenza quella sensazione ribollente nel petto e riporta gli occhi sul foglio. Rialza lo sguardo solo quando Yamaguchi chiude la console e la mette sul tavolino tra di loro.

“Che c’è?” chiede Kei.

“Devo dirti una cosa.”

“Oh.”

“Non riguarda quello,” insiste e alza una mano per strofinarsi il collo.

Quello? pensa Kei.

“Oh.”

Yamaguchi ha l’aria di voler dire qualcos’altro ma lascia perdere. La sua mano gli cade sul grembo, dita strette sul palmo. Passa qualche altro secondo prima che parli di nuovo.

“Sai quando Ennoshita mi stava parlando nello spogliatoio?”

“Sì.”

“Beh, mi ha chiesto una cosa.”

“Ah sì?” chiede Kei, sbattendo la matita contro il tavolo.

“Mi ha chiesto se voglio diventare vicecapitano della Karasuno quest’anno.”

“Che cosa hai risposto?”

Yamaguchi chiude e apre il pugno.

“Gli ho detto che ci avrei pensato.”

“Non hai detto sì?” risponde Kei con le sopracciglia aggrottate.

Yamaguchi si porta le ginocchia al petto e le stringe. Sembra così minuto quando fa così. Kei vuole toccarlo. Le sue nocche diventano bianche mentre stringe forte la matita in mano. Yamaguchi poggia il mento sulle ginocchia e guarda Kei tra le ciglia. Kei è felice di non essersi mai spinto abbastanza da dire a Yamaguchi come lo faccia sentire quella particolare posizione.

“Devo solo pensarci,” risponde timidamente Yamaguchi.

“Cosa c’è da pensare? Saresti fantastico.”

Il ragazzo alza la testa. “Lo pensi davvero, Tsukki?”

“Sai che lo penso.”

“Non lo sapevo, in realtà.”

Kei resiste la tentazione di schiarirsi la gola. Ritorna a guardare i suoi compiti e ferma la matita sopra la pagina.

“Beh, lo saresti. Hai fatto più progressi di chiunque altro nell’ultimo anno.”

“Anche di te, Tsukki?” chiede scettico Yamaguchi.

Kei annuisce. “Specialmente di me.”

Yamaguchi riprende il suo DS e continua, “Di quello non sono sicuro. Ma anche Hinata dice che dovrei accettare. Forse lo farò.” Apre la console e il motivo elettronico ricomincia a suonare. “Ennoshita-san dice che Tanaka è la sua seconda scelta. Penso che sia piuttosto adatto per la posizione di vicecapitano, no?”

“Non ha la testa abbastanza sulle spalle,” dice automaticamente Kei. Il suo cervello è bloccato sul fatto che Yamaguchi l’abbia detto ad Hinata prima di lui.

“Okay, ma sa come fomentare le persone. Io non lo so fare.”

“Tanaka-san non mi ha mai fomentato una volta.”

“Niente ci riesce, Tsukki,” dice allegramente Yamaguchi, ma Kei riesce a pensare a un paio di esempi che provano il contrario. Dal modo in cui gli occhi di Yamaguchi non si posano sui suoi, immagina che anche lui ci stia pensando.

“Essere vicecapitano significa di più che tenere alto il morale dei giocatori. Si tratta di mantenere la calma. Di fare strategie e riconoscere i punti forti e deboli dei tuoi compagni di squadra. Si tratta di utilizzare quelle cose al vantaggio della squadra in campo,” inizia a dire Kei, lo studio dimenticato. “Sugawara-san non fomentava la gente, no? Era sempre calmo e usava la testa nelle situazioni difficili invece di agitarsi. È per questo che ci fidavamo tutti di lui. Era quello che lo rendeva un gran vicecapitano.”

“Wow,” esala Yamaguchi dopo un momento, “forse dovresti essere tu vicecapitano, Tsukki.”

“Assolutamente no.”

“Ma sei intelligente. Più intelligente di me – ”

“Yama – ”

“Per non menzionare il fatto che mantieni sempre la calma,” continua Yamaguchi.

“Se Ennoshita-san mi avesse voluto come vicecapitano, me l’avrebbe chiesto.”

Yamaguchi emette un suono d’assenso pensieroso. Kei si gira verso di lui.

“Ma a chi l’ha chiesto?”

“A me,” risponde Yamaguchi.

“Esatto. Consideralo.”

“Lo farò,” replica Yamaguchi con un enorme sorriso, “Lo farò, Tsukki!”

 

________

 

Kei ama sua madre. Davvero. Ma forse non così tanto quando lo trascina sul divano dopo cena e lo costringe a guardare con lei film romantici fatti per la televisione. Kei cede dopo molti sospiri, realizzando che non passa molto tempo con lei. Da quando Akiteru se n’è andato, se Kei non sta con lei, sta da sola. Un forte senso di colpa lo attraversa a quel pensiero. Non è che abbia qualcosa di particolare da fare quella sera, comunque. Può stringere i denti e guardare un film. Dopotutto, deve essere meglio di quelli che è stato costretto a vedere da Ennoshita.

Kei li racconta a sua madre e dice, “Se c’è un solo elicottero che esplode, me ne vado.”

“Mi sembra giusto,” risponde lei soddisfatta.

Un uomo e una donna si incontrano di notte su un ponte. Kei pensa che sia improbabile che i due per puro caso siano allo stesso tempo single e attratti l’uno dall’altra. I suoi occhi roteano indietro fino al cervello quando inizia a piovere. Dev’essere così facile per alcune persone, pensa Kei invidioso. Lascia i suoi pensieri divagare mentre la coppia sullo schermo si incontra per una cena a lume di candela. Quante persone sono nella mia stessa situazione? si chiede, anche se odia mettere la sua situazione in parole perché suona patetica.

“Mamma,” dice Kei sopra il film, “tu e papà siete mai stati amici?”

Sua madre distoglie gli occhi dalla televisione per guardarlo. C’è una pausa pesante mentre pensa. Sullo schermo, l’uomo imbocca la donna con un pezzo di pesce. Kei fa una smorfia.

“Eravamo amici prima di uscire insieme, se è questo che intendi.”

“Sì.”

“Allora sì. Buoni amici, anche.”

Kei non sa come chiedere quello che vuole senza rivelare il suo segreto.

“E poi la relazione è diventata romantica?” chiede Kei e sua madre scoppia a ridere.

Romantica?” ripete divertita. “Sei così buffo, Kei. Così adulto. Non so da chi hai preso.” Kei mette il muso e si abbassa quando lei si sporge per scompigliargli i capelli. Continua, “Siamo stati amici per un bel po’ di anni prima che finalmente mi ha dichiarato i suoi sentimenti.”

“E per pura coincidenza te provavi le stesse cose?” chiede Kei, scettico.

“Già. Non saresti qui, altrimenti.”

“Bleh,” dice Kei in tono piatto. “Ma ho un’altra domanda.”

“Okay. Ma sbrigati, sento che sta per succedere qualcosa di bello,” dice sua madre, indicando la televisione. Kei ha dei seri dubbi al riguardo ma formula comunque la sua domanda velocemente.

“La risposta sembrerà ovvia,” dice, “ma qual era meglio?”

“Che vuoi dire?”

Kei si rigira le dita sul grembo. “La relazione o l’amicizia?”

Sua madre lo guarda inclinando la testa di lato, le sopracciglia corrugate. Kei inizia a pentirsi di aver parlato. Vorrebbe che un elicottero entrasse sullo schermo nel ristorante illuminato da candele ed esplodesse così da poter mantenere la sua promessa e scappare in camera sua.

“Beh, non è che una cosa scompare quando inizia l’altra,” afferma lei come se fosse ovvio.

“Ma,” inizia Kei, ma si interrompe non sapendo come continuare.

“Kei, quell’amicizia non va via semplicemente perché inizi a uscire con qualcuno. Una cosa non esclude l’altra. Secondo me, l’amicizia è la parte più importante di una relazione romantica. Se hai delle fondamenta forti, l’unica direzione in cui puoi andare è in avanti.”

L’unica direzione è in avanti, pensa Kei, annuendo. Ma non riesce ad accettarlo.

“Ma quando vi lasciate, la fondamenta si rompono,” mormora più per sé stesso che per sua madre.

“Per alcune persone, immagino,” replica lei, annuendo in modo pensieroso. Lo guarda con un gran sorriso e insiste, “Ma quello è un rischio che bisogna correre, no?”

Torna a guardare la televisione e Kei fa lo stesso, anche se il film gli entra da un orecchio e gli esce dall’altro. Kei non corre molti rischi. L’adrenalina gli è sconosciuta. Il suo cuore batte veloce solo quando è agli allenamenti o – involontariamente – quando è con Yamaguchi. Trova ancora difficile credere che si sono baciati; che Kei sia riuscito ad avvicinarsi così tanto e a perdere così controllo di sé stesso. Sono passate settimane ma se Kei si concentra, riesce ancora a sentire quel calore scivoloso nella sua bocca. Con ogni giorno che passa inizia a sembrare sempre più un sogno piuttosto che un ricordo. Kei pensa che forse sarebbe meglio per entrambi se fosse un sogno. Ma, per quanto ci provi, non può dimenticarlo. Forse non vuole.

Cosa sarebbe successo se non mi fossi tirato indietro? si chiede. Fino a dove ci saremmo spinti? L’avrei toccato nel modo in cui lui ha provato a toccare me? Sarei riuscito a resistere?

Interrompe bruscamente il filo dei suoi pensieri e si riporta alla realtà. Certo che sarebbe riuscito a resistere. Il ragazzo ancóra i suoi stanchi occhi allo schermo del televisore e guarda mentre la coppia sale in cima a un edificio. Si baciano su uno sfondo in controluce. Kei si chiede cosa stia facendo Yamaguchi in questo momento.

 

_______

 

Kei entra negli spogliatoi in ritardo un pomeriggio, dopo che quasi tutti sono già scesi in palestra. Dopo due esami, gli allenamenti di pallavolo sono l’ultimo posto in cui vorrebbe essere. Trascina i piedi a malavoglia su per le scale di metallo. La vista di mani affondate dentro una fiammata di capelli arancioni lo fa fermare sulla soglia.

Hinata si alza in piedi e si gira di colpo, strofinandosi la manica della felpa sul viso. Le lacrime hanno lasciato delle tracce rosse sulle sue guance pallide. Kei si sente immediatamente come bloccato. Le sue dita si muovono agitate intorno alla cinghia della borsa. Gli occhi lucidi di Hinata brillano nella luce gialla che filtra dalla porta aperta. Kei avanza e la chiude dietro di sé. Le luci fluorescenti ronzano intrusivamente nel silenzio.

“Hei,” dice incerto Kei.

“Cacchishima,” risponde Hinata con voce rauca.

Kei sposta il peso da un piede all’altro. “Vuoi che chiami Yamaguchi?”

Hinata ricade sul pavimento e nasconde di nuovo il volto bagnato dietro le mani.

“No, no. Va bene. Sto bene.”

Kei sospira, ma il suono è coperto dal tonfo della sua borsa di pallavolo che lascia cadere a terra. Si siede accanto a Hinata e porta le ginocchia al petto. Stringe le braccia intorno alle gambe allacciando le mani dietro le ginocchia per abitudine. Accanto a lui, Hinata tira su con il naso.

“Yushin mi fa incavolare.”

“Anche a me,” concorda Kei.

Le scarpe da ginnastica emettono uno suono stridulo sul pavimento di mattonelle quando Hinata si sposta più vicino a Kei. La sua tempia si posa contro la spalla di Kei. Kei sospira di nuovo e si abbassa per renderglielo più facile. Non ha mai visto Hinata così triste. In effetti, non l’ha mai visto triste per qualcosa di non relativo alla pallavolo. Kei non pensava ne fosse capace.

“Mi piace così tanto, Tsukishima,” dice Hinata con voce tremante, e Kei dovrebbe essere un idiota per pensare che il rosso si stia ancora riferendo a Yushin.

“Lo so.”

“Anch’io piaccio a lui, credo.”

“Lo so.”

“E allora perché sto piangendo?” chiede Hinata.

Si tira indietro per guardare Kei con occhi marroni spalancati. Il suo sguardo è aperto e onesto e fa venire voglia a Kei di nascondere la faccia. Prova disperatamente a pensare a qualcosa da dire, qualsiasi cosa. Ma spetta a lui parlare in primo luogo? Kei non si permette neanche di provare i suoi, di sentimenti. Si limita testardamente a sotterrarli. Hinata non può fare la stessa cosa? Quando Kei non dice niente, la testa di Hinata ricade sulla sua spalla.

“Mi chiedo se mi sentirei lo stesso così se non l’avessi baciato,” mormora Hinata, ma le sue parole sembrano quelle di qualcun altro.

“Non pensare a quello,” risponde Kei in tono piatto. “Non lo saprai mai.”

“Immagino di no.”

Kei fa una smorfia di disgusto quando Hinata si asciuga il naso sulla manica.

“Perché deve essere lui?” chiede Hinata.

“Sono sicuro che un sacco di persone si chiedono la stessa cosa delle persone che amano.”

“Amano?” reitera Hinata, girando il collo per guardare Kei a bocca aperta.

“O, insomma, quello che è,” fa dietrofront Kei.

“Oh. Sì, forse è vero”

“Inoltre, non è che tu vorresti che sia qualcun altro.”

“Come fai a saperlo?” replica Hinata in modo infantile.

“Perché non sono cieco. O stupido.”

Rimangono seduti così per un altro minuto, la testa di Hinata pesante sulla spalla di Kei. Le sue cosce si stanno addormentando premute contro il freddo pavimento sotto di lui. Non c’è alcun dubbio nella mente di Kei che, come Hinata con Kageyama, anche Yamaguchi debba chiedersi perché proprio lui. Riesce a pensare a dozzine di altre persone che sarebbero meglio per Yamaguchi di Kei, anche se il pensiero che quello accada prima o poi lo fa impazzire. Il silenzio si protrae in modo imbarazzante e Kei è sollevato quando Hinata apre di nuovo bocca.

“Scusa,” dice. “So che queste cose non ti piacciono.”

“Quali cose?”

“Lo sai, tipo, le emozioni umane.”

“Chiudi la bocca,” dice Kei senza malizia. Hinata vibra con una risata silenziosa contro la sua spalla prima di tirare su col naso un’ultima volta.

“Yamaguchi aveva ragione,” mormora. “Non fai schifo a parlare di cose importanti.”

“Non farne un’abitudine.”

“Cretino,” replica delicatamente Hinata.

La luce invade ancora una volta la stanza quando la porta viene spalancata.

“Oi, Hin– Ma che cavolo?” abbaia Kageyama vedendoli.

“Calmati, Bakageyama,” risponde Hinata prima di alzarsi pigramente in piedi. “Arriviamo.”

“Che cos’era quello, stupido?”

“Niente,” insiste Hinata chiudendo la porta dietro di loro.

  
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