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Autore: ciocoreto    23/04/2020    2 recensioni
«Mamma! Guarda cosa ti ho portato!» La manina di Bakugo stringeva un ramo lunghissimo con in cima un garofano rosso scuro. Glielo stava protendendo verso il viso con fierezza. «A scuola la maestra ci ha detto di prenderne uno e portarlo a casa: io ho preso il più bello!»
Il sorriso strafottente e vittorioso del suo bambino le apparve come la cosa più luminosa in quella stanza, più bella anche di quel fiore.
Si inginocchiò per poterlo abbracciare. Aveva ancora indosso il grembiule della scuola, tanto era stato impaziente di portarle quel regalo.
«È davvero bellissimo, Katsuki.»
{I classificata al contest Mother's Day indetto da Laila_Dahl sul forum di EFP.}
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Inko Midoriya, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Mitsuki Bakugou, Shouto Todoroki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi di questa storia appartengono a Kohei Horikoshi. Essa non è stata scritta a scopo di lucro, ma soltanto per diletto personale.





Nome autore EFP / Forum EFP: ciocoreto / fabri94
Titolo: Garofani Rossi
Fandom: Boku no Hero Academia (My Hero Academia)

Questa storia si è classificata PRIMA al contest Mother's Day indetto da Laila_Dahl sul forum di EFP.





NdA: Era da qualche giorno che progettavo di rovinare un po' questo fandom con qualcuna delle mie storielle, ma non pensavo che avrei esordito con questo genere. Solitamente sono una Shonenai/Yaoi addicted, e so anche di essere alquanto in anticipo, ma ehi! Questo contest mi ha decisamente ispirata. Perciò, eccoci qua. Sarà che in questo momento difficile sento anch'io la mancanza di mia mamma, che non vedo da quasi due mesi purtroppo, e i miei buoni propositi per creare una OneShot divertente sono decisamente stati accantonati. Beccatevi dunque un po' di sentimentalismo.
Ho indagato su internet, scoprendo appunto quest'usanza giapponese – no, non me la sono inventata – di regalare alla propria mamma garofani rossi in occasione della sua festa. E tutto quindi ruota attorno a questo.
Spero possiate gradire.






(icon by me)


Garofani Rossi










«Oggi è il 10 maggio.»

Midoriya si rese conto di averlo detto ad alta voce soltanto quando incontrò lo sguardo perplesso di Todoroki all'uscita da scuola. Stavano camminando insieme agli altri verso le mura dello Yuuei per rincasare dopo la fine delle lezioni.

«È la festa della mamma!» gli spiegò frettolosamente, quasi per scusarsi di aver insidiato un dubbio in lui.

«Oh.»

Si mise a frugare nel proprio zaino per controllare di avere abbastanza soldi nel portafogli. «Voglio passare a comprare un mazzo di garofani rossi per mia madre prima di tornare a casa.»

«Perché proprio garofani rossi?»

«È un'usanza!» esordì Midoriya, alzando l'indice della mano destra. «I garofani rossi simboleggiano non solo purezza e dolcezza, ma anche profondo affetto e amore.»

«Pwah!» Bakugo, alle loro spalle, sputò disgustato. «Solo un nerd come te poteva sapere una cosa del genere! Che schifo!»

«Non lo sapevo», ammise Todoroki, guardando turbato la punta delle proprie scarpe. «Penso di non aver mai avuto modo di regalare a mia madre un qualsiasi tipo di fiore.»

Midoriya giurò di aver percepito un velo di tristezza nel tono della sua voce e gli dispiacque. «Beh, allora oggi potrebbe essere la giornata giusta per farlo!» esclamò con un sorriso.

Sapeva della madre di Todoroki, sapeva tutto. Era stato lui stesso a raccontarglielo qualche mese prima. Ma sapeva anche che stava cercando di recuperare il loro rapporto, e forse quella giornata lo avrebbe aiutato a vivere quell'esperienza di cui era stato privato nella sua infanzia.

«Ribadisco quello che ho detto», tornò alla carica Bakugo, sorpassandoli. «Fai schifo!»

Midoriya allungò il passo per stargli dietro: in fondo andavano dalla stessa parte per tornare a casa. «Kacchan, anche tu dovresti portare un fiore a tua madre.»

«Figuriamoci se porto alla mia vecchia un fiore, io!»

«Ma Kacchan...»

Una scintilla divampò dai palmi delle sue mani. «Sta' zitto o ti ammazzo!»











«Dai, Kacchan! Solo un fiore!»

«Piantala, nerd di merda!»

Non c'era stato modo di fargli cambiare idea: per quanto Midoriya ci avesse provato, Bakugo non aveva voluto sentir storie. E dire che si era persino fermato con lui al negozio di fiori lungo la strada di casa. Ma l'unica cosa che aveva fatto era stata guardarsi attorno con fare disgustato e ringhiare per tutto il tempo, mentre lui si faceva confezionare un mazzetto di garofani rossi dalla gentile signora che ormai li conosceva da una vita. Praticamente li aveva visti crescere.

«Perché sei venuto qui con me se non avevi intenzione di comprarle niente?» gli chiese Midoriya con una smorfia delusa, mentre uscivano dal negozio e riprendevano a camminare verso casa – lui rigorosamente dietro e ad almeno un metro di distanza –.

«Sei tu che mi hai seguito, idiota! Io sto solo andando a casa!»

Era proprio incorreggibile.
Le loro case non erano così distanti l'una dall'altra, anche se quella di Midoriya era leggermente più vicina alla scuola. Quando arrivò nel suo vialetto, fece per salutare Bakugo, ma quello aveva già proseguito per la propria strada senza voltarsi indietro. Non che fosse una novità. Con un sorriso un po' storto, fece spallucce e corse verso la porta di casa.

«Mamma?» urlò sulla soglia, mentre si toglieva le scarpe.

«Sono di sopra in balcone!» gli rispose lei dall'alto, la voce lontana e leggermente affaticata.

Midoriya salì le scale fino alla stanza della madre, dove lei era solita stendere i panni puliti sul piccolo balcone della casa: era indaffarata, tesa con tutto il corpo nel tentativo di raggiungere un filo troppo alto per lei.

Le si avvicinò e protese davanti a sé il piccolo mazzo di fiori che le aveva comprato. «Buona festa della mamma!» esclamò con un sorriso talmente grande che persino le lentiggini si allargarono sul viso.

Inko si voltò sorpresa e subito il suo volto si illuminò. «Oh, tesoro!» esclamò con gli occhi già lucidi, protendendo le mani per afferrare i fiori. «Sono così belli!» Si prese un istante per annusarli, poi gli rivolse un sorriso ancora più storto, la bocca deformata dallo sforzo di trattenere le imminenti lacrime che Midoriya era sicuro sarebbero arrivate nel giro di pochi secondi. «Ti ricordi sempre di questa festa...»

«Certo che mi ricordo! Non smetterò mai di portarti dei fiori. È il minimo che possa fare per te.»

E in effetti era vero. Sua madre era la persona che più di tutte aveva sofferto e fatto sacrifici per lui, che nonostante avesse costantemente il terrore di perderlo, aveva accettato di fargli inseguire comunque il proprio sogno di diventare un eroe. Se non lo faceva per lei, per chi avrebbe dovuto farlo?

«Izuku...» Le lacrime sgorgarono come un fiume in piena dai suoi occhi.

Midoriya afferrò al volo un fazzoletto e tentò di allungarglielo senza successo. «Mamma, così allagherai la casa... di nuovo!» O peggio ancora, sarebbe svenuta per disidratazione, come era solita fare nei momenti di massima apprensione.

«Un vaso! Vado subito a prendere un vaso!» si interruppe lei – ma soltanto per un attimo – per cercare di dare la priorità alle cose importanti. «Grazie, tesoro.» Quella frase le uscì a fatica dalle labbra tremanti, mentre velocemente gli mostrava le spalle per tornare in balcone.

Midoriya sorrise, felice che almeno per una volta le lacrime di sua madre fossero di gioia. Decise di lasciarla sola, in modo che potesse continuare ad esprimere i propri sentimenti senza doversene preoccupare o vergognare. Conosceva sua madre e molte volte l'aveva vista trattenersi in sua presenza.
Inko, da parte sua, appese gli ultimi panni per poi mettersi alla ricerca di un vaso, che era sicura aver appoggiato recentemente nei dintorni. Mentre era immersa nella sua ricerca, le capitò di rivolgere un'occhiata distratta alla strada e per puro caso riconobbe la figura di Mitsuki, la sua amica di una vita, con in mano delle borse vuote.

«Oh, Mitsuki!» esclamò energicamente, sventolando un braccio in aria per attirare la sua attenzione e passandosi una mano sugli occhi bagnati.

Mitsuki si fermò e con un sorriso indicò i panni appena stesi dall'amica. «Inko! Vedo che anche tu come me ti dai sempre da fare, eh?» Poi si mise a sventolare le sue borse vuote, segno che stava andando a fare la spesa. Subito un attimo dopo, la sua attenzione si spostò sui fiori che Inko teneva ancora in mano. «E quei fiori? Non saranno mica da qualche spasimante?» le chiese con un'espressione ammiccante.

Lei arrossì violentemente e si mise a sbraitare. «Ma no, che dici! Izuku me li ha regalati per la festa della mamma! Ad essere sincera, mi ero persino dimenticata fosse oggi.»

Mitsuki ridacchiò divertita. «Che figlio meraviglioso che hai! L'ho sempre pensato. Non come quell'ingrato di Katsuki... Figuriamoci se lui mi porterebbe mai dei fiori!» Mentre Inko ancora si dimenava imbarazzata, gettò un occhio all'orologio che portava al polso. «Beh, sarà meglio che mi affretti. Buona giornata, Inko. E... auguri a noi mamme!»

«Ah, s-sì... Auguri a noi!», esclamò l'amica, cercando finalmente di darsi un contegno. Con le dita mimò un segno di vittoria e la salutò.

Mitsuki era sempre stata così: senza peli sulla lingua e capace di metterla in imbarazzo anche per le più piccole stupidaggini. Ma era comunque l'amica più cara che avesse.
Con un sospiro tornò a fissare i suoi fiori e in quel momento notò un piccolo dettaglio che prima le era sfuggito completamente.

Oh! Sembra che qui manchi qualcosa...

C'era un rametto leggermente rovinato, da cui sembrava essere stato strappato un fiore a mani nude, senza usare le forbici. Forse Midoriya si era impigliato da qualche parte nella strada di casa senza rendersene conto. In fondo, non era un particolare così evidente.
Inko sorrise ancora una volta. Comunque Mitsuki aveva proprio ragione: era fortunata ad avere un figlio così meraviglioso.











Prima di bussare indugiò un istante. Erano trascorse almeno tre settimane dall'ultima volta che era passato in ospedale a salutare sua madre. Certo, continuava a scriverle tante lettere per tenerla aggiornata, ma ogni volta che la incontrava di persona era una piccola sfida. Doveva ancora farci l'abitudine.
Inspirò profondamente un'ultima volta ed entrò, stringendo più forte la presa attorno al mazzo di fiori che si era fermato per strada a comprarle. Alla fine aveva deciso di seguire il buon esempio di Midoriya.

Rei era seduta alla scrivania e sembrava intenta a leggere un libro. Quando lo vide parve sorpresa, ma solo per un istante, poi la sua bocca e i suoi occhi sorrisero. «Shoto.»

«Ciao, mamma.»

Richiuse la porta alle proprie spalle, ma non mosse un passo. Cosa avrebbe dovuto dirle? Non sapeva bene da dove cominciare.

Forse lei riuscì a comprendere la sua difficoltà e volle venirgli in contro. Con un dito indicò il mazzo di fiori rossi che Todoroki stava ancora tenendo stretto davanti al petto. «Sono bellissimi quei fiori.»

«Sono per te.»

Finalmente ebbe il coraggio di staccarsi dalla porta e andarle in contro. Le porse il mazzo e lei lo annusò ad occhi chiusi, per poi prendersi qualche secondo per ammirarlo meglio.

«Garofani?»

«Oggi è la festa della mamma.»

Rei se ne rese conto solo in quel momento. Le giornate lì dentro erano un po' tutte uguali e le festività quasi non esistevano. Ma suo figlio aveva pensato di portarle una boccata d'aria fresca.
Lo guardò sorridendo e con cautela allungò una mano verso il suo viso. Verso il lato sinistro.
Todoroki ebbe un sussulto, ma non si ritrasse. Era la prima volta che sua madre guardava da vicino la cicatrice che gli aveva procurato. Da un lato aveva paura che la cosa la turbasse, dall'altra temeva di restarne sconvolto lui stesso. Senza rendersene conto, socchiuse gli occhi e inclinò la testa per facilitare quel contatto. La mano di Rei era morbida mentre indugiava su quel brutto ricordo.

Mi dispiace, piccolo mio, pensò lei, mentre le labbra si incurvavano in un sorriso triste.

Todoroki se ne accorse e non lo sopportò. Poté sentire in fondo al cuore una piccola crepa scavare la propria strada. Non voleva darle altri dolori, perché lui l'aveva già perdonata da tempo.
L'istinto lo fece chinare e abbracciarla senza indugio. Erano passati anni, troppi, dall'ultima volta in cui aveva sentito l'odore di sua madre così vicino. Gli era mancato, così come gli era mancata lei.

«Auguri, mamma.»

Mentre lei ricambiava il suo abbraccio, la sentì tornare a sorridere di nuovo, anche se fra qualche lacrima. «Grazie, Shoto.»











Quando Mitsuki rincasò, era quasi ora di cena. Le braccia erano colme di sacchetti di frutta e verdura, talmente tanto che per non rischiare di farne cadere uno a terra dovette lanciarsi verso il tavolo della cucina prima ancora di aver richiuso la porta di casa. Non appena la spesa fu messa in salvo, poté concedersi un respiro profondo a pieni polmoni.

Dovrò cucinare qualcosa di veloce, pensò affannata e sudata, iniziando a sistemare il primo sacchetto che le capitò sottomano.

Fu allora che lo vide, proprio sul tavolo: un fiore, un piccolo garofano rosso. Era appoggiato lì, senza alcuna cura, senza fiocchi, nastri, senza un bigliettino. Persino il gambo sembrava essere stato strappato via di fretta. Lo prese delicatamente con due dita e rimase a fissarlo con le labbra dischiuse, mentre davanti ai suoi occhi riappariva l'immagine del mazzo di fiori che aveva visto quello stesso pomeriggio nelle mani di Inko.
Il rosso dei petali si riflesse nei suoi occhi lucidi.





«Mamma! Guarda cosa ti ho portato!» La manina di Bakugo stringeva un ramo lunghissimo con in cima un garofano rosso scuro. Glielo stava protendendo verso il viso con fierezza. «A scuola la maestra ci ha detto di prenderne uno e portarlo a casa: io ho preso il più bello!»

Il sorriso strafottente e vittorioso del suo bambino le apparve come la cosa più luminosa in quella stanza, più bella anche di quel fiore.
Si inginocchiò per poterlo abbracciare. Aveva ancora indosso il grembiule della scuola, tanto era stato impaziente di portarle quel regalo.

«È davvero bellissimo, Katsuki.»

Lui ridacchiò soddisfatto e le buttò le braccia attorno al collo, premendo le loro guance una contro l'altra. Aveva vinto: aveva portato alla sua mamma il fiore più bello di tutti.





«Tesoro?»

Mitsuki sobbalzò. Masaru era improvvisamente apparso davanti a lei, dall'altro lato del tavolo.

«Tutto bene?»

Fece il giro e le passò una mano sul viso per portarle via una piccola lacrima dalla guancia. Non se ne era accorta: si era commossa.

«Sì!» esclamò lei con un sorriso.

Portò il fiore che stava ancora tenendo fra le dita davanti agli occhi del marito, il quale, leggermente sorpreso, alla fine sorrise. A quanto pareva, Mitsuki aveva ricevuto un regalo dal suo bambino.











   
 
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