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Autore: Satellite_29    23/04/2020    0 recensioni
In un futuro prossimo la Guerra dei Keyblade è terminata, gli eroi che conosciamo hanno finito la loro guardia e i mondi sono nuovamente in pace. Ma dove sono? Perchè si sa così poco sulla Guerra? Cosa è successo in realtà?
Una nuova oscurità avanza inesorabilmente, inghiottendo i mondi nell'abisso.
Tre nuovi eroi iniziano la loro avventura, tra amicizie, liti e amori. Riusciranno a scoprire chi sono davvero e a riportare l'equilibrio tra Luce e Oscurità?
"Ricorda: più ti avvicini alla luce, più la tua ombra crescerà."
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nessun gioco
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May your Heart be your guiding key: a Kingdom Hearts Story

Chapter Four

Who are you

Il sole aveva inondato di luce tutta la stanza.
Dopo lo scontro con Blackwell ci eravamo rifugiati nel mio appartamento. La ragazza era sconvolta, a stento riusciva a formulare frasi connesse e di senso compiuto. Dopo averla tranquillizzata un po’ e dopo averla aiutata a togliere l’armatura e averle prestato una maglietta ero riuscito a farla addormentare. Mi aveva detto soltanto di provenire da un mondo che non conoscevo, e di essere finita a Radiant Garden grazie a Cloud. Era fuggita perché era stata attaccata dagli Heartless  e poi era finita nella Città di Mezzo. Prima che partissi da Fyllon era successa una cosa del genere. Prima che mio fratello scomparisse.
 
Eravamo andati a caccia, come ogni mattina. Lui era più grande di me di due anni, e ogni volta cercava di risparmiarmi la battuta di caccia. Quella volta in particolare era quasi riuscito a lasciarmi a casa. Era come se avesse previsto cosa sarebbe successo.
Entrati nella foresta, ci addentrammo nella parte più boscosa, dove di solito si catturano più animali, e li vidi per la prima volta.
Heartless. Esseri nati dall’oscurità delle persone, assalgono gli umani alla disperata ricerca di trovare un cuore di cui cibarsi. Non ne avevo mai visto uno, non sapevo come affrontarli. Mi misero al tappeto quasi subito, e al mio risveglio mio fratello non c’era più. E da quel momento la mia vita cambiò.
Io e mio fratello eravamo una cosa sola, combattevamo e cacciavamo sempre uno affianco all’altro. I miei erano distrutti dal dolore, e io stavo peggio di loro.
 
Guardando la finestra riuscivo a vedere il mio riflesso nel vetro. I capelli biondo miele scompigliati, i ciuffi verdi spettinati all’insù, le occhiaie sotto gli occhi marrone chiaro. Indossavo ancora la mia armatura marrone e verde. Di certo mi sarei addormentato, se Akane non avesse urlato di nuovo nel sonno.
- Attento! No, no, no!
D’istinto mi girai verso di lei e mi avvicinai. Aveva ancora gli occhi chiusi, ma da lì a poco si sarebbe svegliata. Un altro incubo. Quella notte ne aveva avuti tanti, e ogni volta urlava di dolore. Non ero riuscito a dormire per le sue urla improvvise. Ma avevo voglia di farle da guardiano, in un certo senso. Quella ragazza ne aveva passate di tutti i colori in sole ventiquattro ore. Ricordava me all’inizio del mio viaggio: solo, confuso, indifeso, in balia del caso. La sua fronte era madida di sudore, così andai nell’altra stanza per prendere un panno asciutto. Ma quando tornai in camera mia lei era già seduta.
- Che ci faccio qui? – mi chiese. In realtà, credo che si stesse rivolgendo più a se stessa che a me, poiché non mi guardava direttamente negli occhi.
- Avevi bisogno di riposare, per questo ti ho portata qui. – risposi, sedendomi sulla sedia affianco alla finestra, dove avevo trascorso la notte.
- Allora era tutto vero. – sussurrò. I suoi occhi verdi erano spenti, come la sera precedente. Quegli stessi occhi che il giorno prima, alla luce del crepuscolo, mentre volavamo sui tetti della città, brillavano come pietre preziose. Aveva voglia di piangere e di sfogarsi, si vedeva, ma corrugò la fronte tentando di nascondere la sua tristezza e ricacciò indietro le lacrime. Cercò di sdrammatizzare in qualche modo.
- Come hai fatto?
- A fare cosa? 
- A volare! Le persone normali non volano! – esclamò la ragazza.
- Oh invece volano eccome, solo che tu non lo sai. – dissi, ridendo. A Fyllon non c’era una persona che facesse più di due passi a piedi. Durante le feste venivano addirittura organizzati dei balli in aria, tutti adeguatamente coreografati.
- Allora perché non ho mai visto un uomo volare? – chiese. Voleva fare la saputella per non pensare a tutti i problemi che la circondavano.
- Perché evidentemente nel tuo mondo le persone non lo sanno fare. Ma con un po’ di pratica lo possono fare tutti. – risposi, sollevando le spalle.
- E cosa mi dici di Gransalto, anche quella è un abilità tipica degli abitanti del tuo mondo? – chiese. Si era ricordata che l’avevo presa in giro il giorno prima..
- No, quella è una cosa che ho scoperto di poter fare dopo aver saputo di poter maneggiare il Keyblade. – dissi. Ripensai a quando incontrai gli Heartless la prima volta. Se solo avessi saputo delle mie capacità prima avrei potuto salvare mio fratello.
- Anche Cloud sapeva cos’era. E sapeva anche utilizzarla, credo. – disse, giocando con la pietra che portava al collo. Istintivamente sgranai gli occhi.
- Cos’è quello? – chiesi, indicando il ciondolo col mento. Lei alzò un sopracciglio.
- Perché ti interessa? – obbiettò, coprendo la pietra con la mano.
-  Non preoccuparti, non te la rubo mica. Ma è stranamente simile alla mia, per questo volevo vederla da vicino. – dissi, andando verso il mio comodino. Era lì che la nascondevo. Trovai la familiare scatolina di legno chiaro e al suo interno la pietra verde.
- Me l’ha regalata mio padre al mio sedicesimo compleanno. Gliel’ha data un uomo che mi ha accudito da bambino, quasi un padrino, e dice che abbia la capacità di proteggermi. – dissi, tenendola nel palmo. Le venature verde scuro si attorcigliavano formando quasi dei nodi.
- Ma io preferisco tenerla al sicuro. È l’unica cosa che mi lega alla mia famiglia ormai.
- La mia apparteneva alla mia mamma. Se non fosse per il colore, direi che provengono dallo stesso posto. Persino le venature si assomigliano. – disse indicandole. Era vero.
- Strano. Puoi darmi la tua un secondo? – chiesi. Lei annuì, slegando la pietra dal collo. Mi sembrò che provasse quasi un dolore fisico nel distaccarsene. Accostai la mia pietra alla sua per vederne meglio i disegni. Le girai un po’ e notai che i segni sulle pietre sembravano voler formare un disegno principale, se accostati bene.
- Li vedi anche tu quei nodi divisi? Penso che segnino il punto in cui si devono accostare le pietre. – dissi, indicando le venature.
- Credo che manchi un pezzo. Vedi qua? – fece notare lei.
- Beh, a quanto pare c’è qualche altra pietra simile a questa. E qualcuno che la possiede. – sussurrai, rivolto più a me stesso. Perché mio padre mi aveva consegnato quella pietra? Perché anche quella ragazza ne aveva una simile? Trovando le pietre mancanti che disegno avremmo trovato? Cosa legava queste pietre?
- Scusami per la domanda brusca, ma chi sei? – chiese lei. La guardai di sottecchi.
- In che senso?
- Beh, possediamo due pietre praticamente identiche, se non per il colore, che ci sono state consegnate in circostanze molto simili tra loro. Bene, allora cos’abbiamo in comune per avere queste pietre? – chiese, prendendo la sua pietra rosso-arancio tra le mani.
- Non saprei, forse è perché riusciamo a maneggiare dei Keyblade entrambi. O forse perché i veri proprietari di queste pietre avevano qualcosa di strano in mente. Sinceramente non so cosa pensare. – sospirai. Guardai Akane. Ecco, aveva di nuovo il viso tipico di un cagnolino bastonato, come ieri sera.
-Comunque sono Shou, piacere.
Le porsi la mano, e lei alzò di nuovo lo sguardo su di me. Forse quella era la prima volta che mi ha guardato sul serio. Visto che non rispondeva, continuai a parlare.
- Mi hai chiesto chi sono, no? Ho diciassette anni, tra due mesi diciotto in realtà, e vengo da Fyllon, un mondo dove le persone non camminano quasi mai. – finii di dire, ridendo. Lei fece un sorriso timido.
- Io sono Akane, ho diciassette anni e vengo da Cardis, un mondo in cui nessuna persona sa volare. – rispose, stringendo la mia mano. La sua pelle era morbidissima.
- Da quando hai scoperto di avere un Keyblade? – mi chiese, interrompendo i miei pensieri.
- Da meno di un mese. Ho fatto uno strano sogno e quando mi sono svegliato ho scoperto che ciò che era accaduto era vero. E quando mio padre l’ha saputo mi ha dato questa. – risposi, stringendo la pietra con le dita.
- Io l’ho saputo solo ieri, e probabilmente ho ereditato questa capacità dai miei genitori, che con tutte le probabilità a quest’ora sono morti da un pezzo. – sospirò. Io rivolsi lo nuovamente lo sguardo alla finestra.
- Ora che Leon, Aerith, Cid e gli altri sono in prigione, Blackwell riuscirà a neutralizzare i ribelli in un niente.
- I ribelli? – chiese Akane, confusa. Ovviamente, lei non ne sapeva nulla di ciò che stava succedendo in quel mondo.
- Da quando Ansem il Saggio, colui che regnava su queste terre, è scomparso, Radiant Garden è nel caos più totale. Il trono spetterebbe di diritto a suo figlio, Melville, ma Blackwell lo tiene imprigionato nella Fortezza Oscura e tiranneggia su tutti gli abitanti. Prima era innocuo, era tutto chiacchiere e niente di concreto. Non usciva nemmeno dal castello, sembrava che non esistesse. Un giorno si mostrò in piazza e fece vedere a tutti i suoi poteri oscuri. I ribelli cercano di neutralizzarlo e liberare Melville dalla prigione. Il gruppo di persone catturate ieri, di cui tu già conosci Cloud e Cid, erano la mente centrale degli attacchi ribelli.
- Ma tu non sei originario di qui. Che cosa ti importa di quello che succede in questo mondo? – chiese. Era sveglia la ragazza. Continuai a guardare il vetro, cercando di rimanere impassibile.
- Non mi piacciono le ingiustizie. E poi sto cercando una persona qui a Radiant Garden, e ho il presentimento che sia nelle segrete.
Ritornai alla mente a tutto ciò che era successo dalla mia partenza. Ero arrivato alla Città di Mezzo con la Gummiship che aveva costruito mio padre, e in quel mondo avevo incontrato Leon e Aerith. Dopo averli aiutati nella loro missione, mi hanno accompagnato nell’antro di Merlino, che mi ha insegnato le magie Fire, Blizzard e Energia. Mentre tornavamo alla Gummiship avevamo incrociato un uomo incappucciato. “Quello che stai cercando è vivo, ma ancora per poco” aveva detto. Sapevo che si riferiva a mio fratello. Insieme siamo atterrati a Radiant Garden e ho incontrato Blackwell durante la ricognizione nel giardino del castello. Più che altro, l’avevo spiato sotto richiesta specifica di Leon. Mi aveva chiesto di indagare su una certa Organizzazione, ma non riuscii a scoprirne nulla. Giorno dopo giorno avevo continuato a spiarlo nel giardino, l’unico punto facilmente accessibile dall’esterno, e grazie ad un ribelle avevamo ottenuto la mappa del castello.
Ieri, all’insaputa del gruppo, ero entrato nel castello. Avevo quasi la certezza che mio fratello si trovasse lì. Ero arrivato nei sotterranei quando sentii una voce. Erano a un passo da me.
- Mio signore, la custode è appena atterrata in città.
- Finalmente. Sono sicuro che seguendola troveremo anche i ribelli.
- La porterete subito al cospetto dei Membri?
- No. Prima voglio conoscere da solo le sue qualità.
Non credo che sarei mai riuscito a dimenticare quel ghigno sadico che gli ricopriva la faccia. E a quel punto sono corso via dal castello e ho raggiunto il covo.
- Allora che stiamo aspettando? Dobbiamo intrufolarci nella prigione! – esclamò la ragazza, alzandosi dal letto.
- Cosa? – quasi gridai.
- Io devo andare a liberare gli amici di Cloud. Dopo che mi ha salvato la vita, glielo devo. Tu hai detto che devi entrare nelle prigioni per cercare una persona. Uniamo le forze e andiamo al castello!
- Dimentichi che tu sei ancora una novellina e che Blackwell ti sta cercando. E penso che stia cercando anche me, visto che gli ho rovinato i piani. Andare nella sua tana sarebbe un suicido!
- Ascoltami – iniziò a dire, guardandomi dritto negli occhi – in poche ore avevo già due tizi alle mie calcagna, non sarà di certo un terzo a preoccuparmi. E se non vuoi venire con me, a quanto pare questa persona non è così importante come sembra.
- Non ti permetto di dire queste cose su mio fratello. – sbottai, scattando in piedi. Akane sorrise e io, resomi conto di ciò che avevo detto, mi maledissi da solo.
- Allora ecco chi era. E io che già pensavo ad una fidanzata! – esclamò, dandomi le spalle per levarsi la maglietta e indossare la sua armatura rossa. Peccato che non aveva notato i riflessi nel vetro che io invece avevo studiato tutta la notte. Naturalmente, abbassai lo sguardo per correttezza e arrossii.
- E con tutto quello che mi è successo chi mai avrebbe pensato ad una fidanzata? – chiesi, in maniera retorica.
- Pensa che ieri mi sarei dovuta sposare. A quest’ora potevo essere in un castello grande quanto questa città, in compagnia di un principe che mi ama. Potevo vivere una vita normale.
- E poi che è successo? – mi azzardai a domandare. Non sapevo ancora come avrebbe reagito, ma sentivo che quella ragazza non sarebbe diventata solo una conoscente per me. Tutti e due eravamo rimasti soli e avevamo un’arma di cui non conoscevamo il reale utilizzo. Se mai avesse deciso di continuare il suo viaggio nei mondi in mia compagnia, avrei dovuto imparare di più su di lei.
- Qualcuno ha deciso per me come dovessero andare le cose. E mi ha spinto in un portale che mi ha condotto da Cloud, alla Città di Mezzo. – rispose, girandosi di nuovo verso di me. Ne approfittai per osservarla più da vicino. Era alta quasi quanto me, e non era cosa da poco visto il mio metro e ottanta di altezza, i capelli erano rosso vivo rasati da un lato e ondulati dall’altro, gli occhi verdi erano magnetici per il loro colore quasi innaturale. Ne aveva passate troppe in sole ventiquattro ore e la stanchezza risaltava sul viso che in quel momento era più pallido rispetto al resto del corpo.
- Forse non ti ha mandato lì a caso. Forse sapeva che avresti trovato Cloud che si sarebbe preso cura di te. Nonostante faccia il duro, Cloud è il primo ad affezionarsi alle persone. – ipotizzai, ripensando al mio primo incontro con lui. Non mi aveva rivolto una parola, ma quando venne in missione con me non esitò un attimo a coprirmi le spalle in caso di necessità. Le altre volte mi mandarono da solo nel castello, lui urlava e sbraitava pur di trovare qualcuno che mi tenesse d’occhio. In mia presenza non diceva mai una parola, ma leggevo la preoccupazione nei suoi occhi. Ed era la stessa che avevo intravisto poco prima che Blackwell lo uccidesse.
- Allora se non vuoi rischiare la vita perché non sei sicuro di trovare tuo fratello, fallo per Cloud. Dobbiamo vendicarlo. Sei con me? – chiese, tendendo la mano verso di me.
- Blackwell ci farà arrosto col suo fuoco oscuro, lo sai? – dissi ridendo.
- Saremo anche dei pivelli, ma noi siamo due custodi armati di Keyblade contro uno. E non abbiamo voglia di arrenderci facilmente, giusto? – sorrise, incoraggiandomi. Le strinsi la mano, come avrei fatto con mio padre o con mio fratello prima di andare a combattere nella foresta.
- Giusto.
 
Era la prima volta che portavo la pietra di mio padre con me. Non lo avevo detto ad Akane, ma mi faceva sentire più sereno. Appena usciti dall’appartamento avevamo intravisto numerosi sgherri di Blackwell, perciò feci indossare ad Akane un mantello per non farla notare. Ci eravamo “divisi”: lei avrebbe proceduto a piedi, mentre io l’avrei seguita dall’alto, con la promessa di scendere immediatamente a terra in caso di bisogno. Le avevo dato tutte le indicazioni per arrivare al castello e in quel momento ci stavamo dirigendo verso la parte posteriore del castello. Se avessimo provato ad entrare dal cancello principale, ci avrebbero bloccato immediatamente ancor prima di fare un passo. Ogni tanto cercavo di volare più basso per controllare meglio chi le passava accanto, sperando di incontrare qualcuno che aveva fatto delle missioni con me in precedenza. Stranamente la città era quasi deserta. Quando Akane arrivò ad un vicolo si fermò, come le avevo detto. Scesi affianco a lei, che sussultò.
- Mi hai fatto spaventare. – sussurrò a bassa voce, irritata. Da quando avevamo iniziato a prepararci per la missione, Akane mi era sembrata più energica. Forse era per l’adrenalina.
- Abituati. Nel castello potrebbe saltarti alle spalle chiunque. – dissi, sistemandomi il cappuccio sulla testa.
- Beh, adesso dove si va? – chiese Akane, guardando dritto di fronte a sé. Le feci silenziosamente segno di seguirmi, e camminò dietro di me, fino a quando non arrivai a uno strapiombo. La ragazza non riuscì a frenare un gemito di orrore. Davanti a noi si stagliava una vallata abitata da una miriade di Heartless. Al centro vi era un castello diroccato, circondato da un alone di nebbia violacea.
- Ecco il castello, Akane.
 
Stava camminando nei corridoi. Un ghigno gli dominava il volto
- Signore. – lo chiamò un soldato - I prigionieri stanno di nuovo chiedendo di voi. - annunciò a Blackwell
- Facessero quello che vogliono. Che nessuno mi venga a disturbare, sono stato chiaro? – urlò, accostandosi a un portone nero come la pece. Le maniglie avevano la forma di una mezza Luna. Il soldato annuì e si dileguò velocemente fuori da quel corridoio. Blackwell aprì il portone ed entrò nella stanza scura. Vi erano dei troni disposti in cerchio. Lui si sedette su quello più vicino alla porta. Ormai era diventata un abitudine. Appoggiò il gomito ad un bracciolo, e annoiato chiese a bassa voce – Quando vi deciderete ad apparire?
Qualche secondo dopo, apparvero seduti sui troni delle figure scure.
- Numero Nove, ti avevamo chiesto di portare la prescelta. Non hai adempito al tuo dovere. 
- Che ci vuole a prendere una ragazzetta, Nove?
- Stai zitto, Sette. Non sono affari che ti riguardano. – sibilò irritato, girandosi alla sua destra.
- Certo che sì, invece. Nove, sai benissimo a cosa stai andando incontro.
- Tre, avrò anche fallito nel compito appena assegnato, ma ho trovato l’altro ragazzo. – guardava dritto davanti a sé, e aveva dinnanzi la scena del suo trionfo: Radiant Garden bruciata, gli Heartless che facevano razzia di cuori, i cadaveri dei prescelti ai suoi piedi. Già immaginava le torture che avrebbero subìto, e inconsciamente sorrise.
- Non cercare di imbrogliarci, Nove. Sai che fine fanno i traditori.
- Lo so benissimo, Quattro. Ma dovresti sapere che io dico sempre la verità.
- Se tu sei onesto, io sono un poppante in fasce.
- Infatti lo sei, Dodici.  – esclamò un uomo, dall’altra parte della stanza. Quattro emise un verso di disappunto.
- Ora resta solo capire chi sia questo prescelto. E chi il suo “mentore”.
- I due ragazzi saranno qui a momenti, li catturerò e li porterò al vostro cospetto.
- Se gli capiterà qualsiasi cosa, verrai terminato. Te ne ricorderai, quando giungerà il momento?
- Certamente, non gli sarà tolto nemmeno un capello. – sentenziò. “Ma qualcos’altro sì”.
- Intesi. Torneremo in questa stanza a mezzanotte esatta. E questa volta non esiteremo a farci vedere dai tuoi sudditi, se non sarai presente all’appuntamento. O se loro non ci saranno.
- Non ce ne sarà bisogno, lo assicuro. – disse, e con ciò gli uomini sparirono in aloni oscuri.
Blackwell appoggiò una gamba sul bracciolo del trono e improvvisamente scoppiò a ridere. Iniziò ad agitare la mano in movimenti circolari. Quasi a disegnare qualcosa nell’aria. Davanti a lui si materializzò un essere che emise un urlo.
- Mia dolce creatura, portami quei due bambocci integri. Non sarò clemente come la volta scorsa se fallirai. – sentenziò, e con un movimento della mano, cacciò via la creatura che gemeva sommessamente.
  
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