Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Proserpina_    25/04/2020    0 recensioni
Dal testo: "A Levi, piacevano quei momenti di non-pace. Se chiudeva gli occhi, poteva rivedersi nella caverna in cui aveva imparato ad utilizzare il modulo di spostamento tridimensionale, coi suoi compagni di vita mentre pranzavano tra le risate di Isabel e i sorrisi trattenuti di Farlan. Erano morti sessanta spedizioni or sono e da cinquanta era riuscito a non pensarci più. Fino a quando, davanti ai suoi occhi era apparso un trio pronto a morire l’uno per l’altro: Mikasha, Armin ed Eren, involontariamente gli avevano portato alla mente tutto quel dolore che per così tanto tempo era riuscito a cancellare, assieme alla sua umanità. Levi aveva allora voltato lo sguardo verso Jeager, l’unica loro arma nella lotta per la sopravvivenza e si era accorto, che il ragazzo dagli occhi verdi semplicemente dormiva."
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Levi Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Levi se n’era accorto da qualche tempo, ormai. All’inizio aveva pensato ad una mera coincidenza, ma pochi giorni dopo quello strano evento s’era ripetuto. E poi di nuovo. Se c’era una cosa che aveva imparato da Hanji ed Erwin, era che uno è un caso, due una coincidenza, ma tre. . .era qualcosa da prendere seriamente in considerazione, un indizio, che avrebbe potuto salvare il futuro dell’umanità.
I suoi sospetti, erano iniziati un pomeriggio, dopo che lui, Hanji, Petra, Ouro ed Eren avevano terminato di pulire la facciata dell’ala ovest della base del Corpo di Ricerca fuori dalle mura. Avevano utilizzato i moduli di spostamento 3D per quell’impresa, mentre a Jeager era stato impedito di mettere mano all’attrezzatura: il suo compito era stato quello di fornire stracci puliti, acqua e detersivo per l’intera giornata. All’inizio della mattinata, s’era lamentato di questo con il Capitano Levi che l’aveva steso con un calcio al fianco, facendolo finire prima contro il muro e poi per terra. “Prima di trasformarti o esserci utile nella guerra contro i giganti, devi imparare a pulire”. Eren non aveva protestato oltre, anche se la rabbia era evidente nei suoi occhi quanto un 50 metri in una radura verde.
Stanchi, sudati e ricoperti di ragnatele -tranne il Capitano Levai che ancora sfoggiava la sua uniforme immacolata- si erano distesi tutti all’ombra di un albero, vicino alla stalla dei cavalli. Per qualche momento nessuno aveva parlato. Riprendendo fiato, Petra aveva sganciato dalla propria cintura i moduli per lo spostamento 3D e gli altri l’avevano imitata. “Petra, portali dentro.” aveva ordinato perentorio Levi, appoggiandosi con le braccia incrociate contro il tronco dell’albero. “In un posto dove Eren Jeager non potrà accedervi.” e detto questo, s’era seduto, con quella sua aria estraniata e sprezzante, con le spalle poggiate all’albero. Al ritorno, con Petra vi erano anche Erd e Gunta. Allora avevano iniziato tutti a parlare, come una famiglia. Hanji raccontava agli altri le sue fantasticherie sui giganti, Ouro si vantava delle sue imprese causando l’ilarità dei ragazzi e la furia di Petra. A Levi, piacevano quei momenti di non-pace. Se chiudeva gli occhi, poteva rivedersi nella caverna in cui aveva imparato ad utilizzare il modulo di spostamento tridimensionale, coi suoi compagni di vita mentre pranzavano tra le risate di Isabel e i sorrisi trattenuti di Farlan. Erano morti sessanta spedizioni or sono e da cinquanta era riuscito a non pensarci più. Fino a quando, davanti ai suoi occhi era apparso un trio pronto a morire l’uno per l’altro: Mikasha, Armin ed Eren, involontariamente gli avevano portato alla mente tutto quel dolore che per così tanto tempo era riuscito a cancellare, assieme alla sua umanità. Levi aveva allora voltato lo sguardo verso Jeager, l’unica loro arma nella lotta per la sopravvivenza e si era accorto, che il ragazzo dagli occhi verdi semplicemente dormiva. Era disteso a meno di un metro da lui, avrebbe potuto allungare il braccio e toccare il suo viso, rivolto verso il sole morente. Anche lui, sembrava un morto, con le mani intrecciate sul petto e le labbra un poco spalancate, dalle quali non emetteva un fiato. Davanti al Consiglio, l’aveva picchiato a sangue, eppure Eren Jeager non aveva osato aprire bocca. Aveva subito, senza ribellarsi. E il Capitano Levi, non aveva avuto riguardi. Aveva sentito il suo monologo sul voler uccidere tutti i giganti e questo l’aveva alterato. Le ultime due persone che avevano insistito con lui per combattere al suo fianco, con le ali della libertà aperte sulla schiena, erano morte in una giornata di pioggia appena fuori dalle mura. “Stupido, stupido Eren. Sei un essere mostruoso, ma sei così umano. . .mosso dalle passioni e dai sentimenti. Oh, dannato.” dopo quei pensieri, non era stato più in grado di distogliere lo sguardo dal ragazzo. E poco dopo, s’era addormentato anche lui, scivolando di lato sull’erba soffice, le loro teste così vicine da potersi sfiorare. E non aveva sognato nulla. Nessun gigante, nessun morto, nessuna responsabilità verso l’umanità. Al suo risveglio, Hanji stava riscuotendo dal sonno Eren, mentre Pedra faceva lo stesso con lui. Non si era mai sentito più riposato in vita sua.

La seconda volta che ciò era accaduto, il Capitano Levi era effettivamente molto stanco. Aveva accompagnato Eren -dopo una deludente giornata di sperimentazione- alla sua “stanza” nel seminterrato, ed era rimasto per un po’ seduto sulla panca, a guardare il ragazzo demoralizzato fissarsi le mani bendate, colme di morsi auto-inflitti. Il Capitano Levi non voleva lasciar solo il ragazzo, ma allo stesso tempo temeva per l'incolumità dello stesso Eren, se gli fosse stato permesso di alloggiare al piano superiore. E mentre tentava di pensare ad una soluzione, s’era addormentato. Al suo risveglio, diverse ore dopo, aveva trovato Jaeger assopito contro le sbarre, come se si fosse proteso verso di lui, le mani ancora a penzoloni metà fuori e metà dentro tra le grate. Dopo sessanta spedizioni, aveva di nuovo avuto una notte ristoratrice e senza sogni. La sera dopo, aveva voluto fare un esperimento anche lui, come faceva sempre Hanji: durante la riunione serale, s’era seduto accanto ad Eren, suscitando lo stupore del ragazzo. Erwin, d’altra parte, aveva appena aggrottato la fronte, ma non aveva detto nulla. E di nuovo, dopo qualche ora di acceso dibattito, il Capitano Levi s’era addormentato accanto ad Eren Jeager. Hanji s’era alzata allora con l’intenzione di spedirlo  a letto, ma Erwin l’aveva fermata “Non svegliarlo, è un ordine. E tu, Jeager, fai altrettanto.”  Eren allora si era mosso bruscamente e Mikasha aveva sperato segretamente  che stesse per disobbedire all’ordine. Invece, il ragazzo, con abilità aveva sfilato la propria giacca per porla come coperta sulle gambe del suo superiore “Si, signore”.
Da quella sera, Eren Jeager non aveva più dormito nei sotterranei. Sotto l’autorità e la custodia del Capitano Levi, gli era stato affidato un compito assai importante: prendere su di sé il peso dei  peccati del suo superiore, che gli incubi troppo spesso gli ricordavano, regalandogli pochi attimi di tranquillità almeno di notte. Così, come presto avrebbe preso sulle sue spalle l’intero destino dell’umanità, aveva preso tra le proprie mani quelle di Levi, notte dopo notte. Hanji Zoe aveva eseguito degli studi sul corpo-modificato di Eren Jeager, su richiesta del Capitano Levi Ackerman, alla ricerca di qualche causa genetica-mutante per l’effetto che il ragazzo aveva sul superiore, ma senza alcun successo. Erwin Smith, conosceva la risposta alla domanda di Levi, ma aveva deciso che il suo caro amico, avrebbe dovuto scoprire da sé cosa voleva dire essere innamorati di qualcuno, così profondamente da sentirsi al sicuro solo quando si era accanto a quella persona. 



 

  
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