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Autore: ciocoreto    25/04/2020    4 recensioni
Provò a scappare ancora una volta, ma non glielo lasciai fare. Lo afferrai per entrambe le braccia, strattonandolo e costringendolo a fronteggiarmi. Gli urlai contro come una furia: «L'ho baciata perché mi andava, Hinata! Perché sono una persona libera! E dal momento che tu non c'entri nulla con questa storia, spiegami la tua ridicola sceneggiata, prima che ti riempia di pugni!»
Alzai il pugno in aria, ma il mio colpo si fermò lì.
Hinata aveva chiuso gli occhi, la bocca era deformata in una smorfia e tremava nel tentativo di trattenere i singhiozzi. Stava piangendo.
Le parole mi morirono in gola. Perché? Perché non riesco a capire, Hinata?
{Raccolta KageHina partecipante alla Hugs&KissesChallenge indetta da carlotta.97 sul forum di EFP.}
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Steps










- Ti sfido a... -










   «Oi!»

   Hinata raggiunse la sua bicicletta, come ogni sera, ma stavolta non l'avrei lasciato andare via tanto facilmente: l'allenamento era stato un disastro. Era completamente assente, perso in chissà quali pensieri, e non eravamo riusciti a fare nemmeno una volta la nostra mossa speciale. In più, mi ignorava palesemente.

   «Oi!» ripetei più forte, dal momento che non mi aveva minimamente considerato la prima volta.

   Mi dava le spalle e quando si girò il suo viso era quasi imbronciato, come se ce l'avesse con me. Lui? Che motivo aveva lui di essere arrabbiato? L'unico autorizzato avrei dovuto essere io.

   «Si può sapere che ti prende, razza di idiota? Hai fatto schifo oggi!»

   Hinata sbuffò piccato, dandomi nuovamente le spalle. Borbottò qualcosa che non capii e ciò mi fece imbestialire di più.

   «Invece di perdere tempo nel tuo mondo dei sogni, dovresti concentrarti di più! Non ci resta molto tempo prima della partita. Vuoi vincere o no?»

   «Forse sei tu quello che dovrebbe concentrarsi sulle cose importanti», mugugnò piano, non con l'intenzione di farsi sentire.

   Ma io l'avevo sentito eccome.

   «Come, scusa?»

   Finalmente si voltò e mi prestò attenzione. «Non sono io quello che perde tempo con le ragazze, invece di dedicarsi totalmente alla pallavolo», sbottò con le braccia larghe e con un'espressione offesa e disgustata sul volto.

   Ma cosa...?





   «Ti sfido, Kageyama.»

   «Ah?»

   Tanaka mi mise un braccio attorno alle spalle e senza farsi notare troppo indicò un punto a qualche metro di distanza da noi, un muro con dietro una persona. «Vedi quella ragazza laggiù?» In realtà ci stavo facendo caso soltanto in quel momento. Se non fosse stato per Tanaka, non l'avrei mai notata. «Sta aspettando che io me ne vada per venire a dichiararsi.»

   Per poco non mi andò di traverso lo yogurt che stavo bevendo come mio solito in pausa pranzo dopo le lezioni. «E tu come lo sai?» annaspai, pulendomi la bocca con il pugno chiuso.

   «Oh, ma dai! Quello è il tipico atteggiamento di una ragazza innamorata. Non vedi come ti guarda? Non ci sai proprio fare con le donne!»

   E non me ne importava nemmeno. Fino a quel momento il mio unico interesse era sempre stata la pallavolo. Una persona a me sconosciuta, che si veniva a dichiarare così, dal niente, semplicemente per la mia nomea o per l'aspetto fisico, mi rendeva irrequieto. Come poteva essere convinta dei suoi sentimenti, se neanche mi conosceva? E soprattutto, come avrei potuto ricambiare io?

   «Comunque sia... Ti sfido a darle un bacio.»

   Questa volta, lo yogurt, quasi lo sputai in faccia a Tanaka. «Eh? Perché dovrei fare una cosa simile?» sbottai sconvolto.

   Lui mi scrutò e scosse leggermente la testa. «Tu non hai ancora baciato nessuno nella tua vita, vero?»

   Certo che no. Non mi era mai piaciuto nessuno. Non che avessi mai dato peso alla questione, comunque.

   «È carina», insistette Tanaka, dandomi una gomitata amichevole.

   «Sarà...» La verità era che non l'avevo nemmeno guardata.

   Tanaka si mise a sbraitare, quasi potevo vedere il fumo uscire dalle sue orecchie. «Ricevi così tante dichiarazioni d'amore ogni giorno tu, ma sembra che non te ne importi niente! Mi fai imbestialire!»

   Dunque era geloso. Forse, se avesse smesso di importunare qualsiasi essere di genere femminile, avrebbe trovato una ragazza anche lui. Peccato che bastassero un paio di ciglia lunghe e qualche curva per mandargli il cervello in pappa.

   «Non vorrai mica farti superare da Hinata?» mi sussurrò improvvisamente all'orecchio.

   Strabuzzai gli occhi. «Come?»

   «Il piccoletto sta crescendo in fretta e scommetto che nel giro di qualche mese inizieranno a dichiararsi anche a lui. In fondo, qualche fan inizia già ad averla...»

   «Quel... coso...?»

   Hinata? Davvero? Quella scimmia aveva delle fan? Doveva essere uno scherzo. Chi mai avrebbe potuto interessarsi a lui in quel modo? Era la persona più rumorosa e insopportabile che avessi mai conosciuto. Certo, non era un brutto ragazzo... Anzi, forse era proprio il suo aspetto a trarre in inganno chi non lo conosceva. Quei suoi occhi grandi e luminosi... Sì, dovevano essere quelli a confondere le ragazze. O forse i capelli?

   Ma a che diavolo sto pensando?

   Scossi la testa e gettai nel primo bidone che trovai lì accanto il cartone di yogurt vuoto: lo avevo bevuto tutto d'un fiato. Guardai la ragazza ancora appostata dietro al muro e sbuffai sonoramente. Me ne sarei pentito, già lo sapevo.
   Spinsi via Tanaka, che si mise a ridacchiare e fece per andarsene; in realtà si andò semplicemente a nascondere un po' più lontano. Come aveva previsto lui, la ragazza uscì dopo pochi istanti, giusto il tempo di accertarsi che fossi rimasto solo. Mentre la vedevo avanzare verso di me, non potevo far a meno di ripensare alle ultime parole di Tanaka.

   E se Hinata mi avesse già superato in questo caso? Ma no, impossibile. Se anche fosse riuscito a rubare un bacio ad una ragazza – cosa assai improbabile –, ne sarei venuto sicuramente a conoscenza. Giusto?

   La ragazza aveva i capelli rossi, era alta quasi quanto Hinata – quindi era decisamente più bassa di me – e sì, era carina, Tanaka aveva ragione. Ma non mi importava comunque niente. In quel momento riuscivo solo a pensare che il mio averla paragonata ad Hinata fosse abbastanza preoccupante. Quell'idiota era sempre nella mia testa, in un modo o nell'altro. Inconsapevolmente, la mia fronte si corrugò.

   Lei si fermò davanti a me e iniziò a parlare a raffica. «Kageyama... Mi chiamo-»

   Ma davvero lo sto facendo? Perché? Perché?!

   Non ascoltai una singola parola che uscì dalla sua bocca. Continuavo a chiedermi perché avessi accettato di fare quella stupidaggine e mi maledivo.
   Ad un tratto, proprio nel punto dove si era nascosto Tanaka, vidi spuntare una testa rossa e due occhi spalancati. Il mio cruccio.

   Hinata?!

   Così come era apparso, lo vidi anche sparire in una frazione di secondo: Tanaka lo aveva trascinato nel suo nascondiglio, probabilmente per non interferire con la nostra scommessa. O forse non l'avevo visto sul serio, me l'ero soltanto immaginato.
   Mi prese una nausea terribile alla bocca dello stomaco e non seppi perché.

   Intanto la ragazza aveva proteso davanti a sé con entrambe le braccia una busta con dentro quella che probabilmente doveva essere una lettera d'amore. «Ti prego... accetta questa da parte mia.»

   Le feci abbassare le braccia ignorando la lettera e mi piegai su di lei, sulla sua figura minuta, sui suoi occhi chiari, sui suoi capelli fottutamente rossi e il suo odore che non era decisamente quello che mi sarei aspettato.

   Ma cosa mi aspettavo, in realtà...?

   Appoggiai le labbra alle sue, le sfiorai appena per un secondo. Non so se si potesse chiamare bacio, ma quello era il mio limite. Tanaka non poteva chiedermi di più.

   «Grazie», mugugnai con un velo di sofferenza nella voce. «Ma non posso accettare.»

   E me ne andai a gambe levate.





   «Era una stupida scommessa!» sbottai furioso. «E poi cosa c'entra questo con la pallavolo? Non ero io quello distratto oggi!»

   «Come ti pare», sbuffò Hinata, convinto che in quel modo la discussione si sarebbe risolta.

   Ma era solo all'inizio.
   Non capivo dove volesse andare a parare e soprattutto perché fosse così infastidito da ciò che era successo quella mattina. L'unica cosa che mi veniva in mente era che probabilmente fosse geloso, geloso del fatto che io avessi vinto in qualcosa, prima di lui.

   «Cos'è, ti dà fastidio che io abbia dato il mio primo bacio prima di te?» lo provocai, mentre lui tornava ad armeggiare con le chiavi e il lucchetto della sua bicicletta.

   «Era pure il tuo primo bacio quindi?» sbottò con finto stupore. «E l'hai dato ad una persona completamente a caso? Che schifo.»

   «Scusa?»

   «Se non significava niente, non avresti dovuto baciarla.»

   Rimasi immobile per un istante, cercando di mettere insieme le idee. Ma più ragionavo, più non capivo, e la cosa mi faceva imbestialire. Perché quell'idiota doveva farmi diventare matto in quel modo? Cosa gli avevo fatto di male?

   «Tutta questa conversazione non ha senso, Hinata. Spiegami il problema e smetti di fare il bambino!»

   Lui finalmente riuscì ad aprire la bicicletta, ma non ci salì sopra; la lasciò perdere soltanto per un istante per lanciarmi un'occhiata frustrata. «Perché hai baciato proprio lei?»

   Mi passai una mano sul viso, esausto. «Non sto afferrando. Ti piace quella ragazza?» azzardai, ormai privo di idee.

   «Cosa? No! Non so nemmeno chi sia!»

   «E allora di cosa accidenti stiamo parlando?» sbottai al limite della mia sopportazione.

   Avevo voglia di tirargli un pugno in faccia. Lo stava facendo a posta, non doveva esserci altra spiegazione. Voleva soltanto farmi incazzare. Beh, ci era riuscito.

   Hinata fece per salire sulla bicicletta, ma io lo afferrai per un braccio e lo costrinsi a rimanere coi piedi per terra. Se non avessimo risolto quella situazione, non lo avrei lasciato andare da nessuna parte. Ne andava della mia sanità mentale.

   «Perché ti sei abbassato a fare una cosa del genere?» continuò a lamentarsi lui, sbraitando e cercando di scappare dalla mia presa.

   Lo lasciai soltanto perché mi sentivo stanco al punto tale da non riuscire più a star dietro ai suoi movimenti da scimmia, ma dentro stavo ribollendo di rabbia. «Okay, evidentemente non vuoi dirmi che diavolo ti passa per la testa e stai girando attorno a questa scemenza per cercare di scappare. Beh, lascia che te lo dica... Sei un idiota!» sbottai vicino al suo viso.

   «Tu lo sei!» urlò lui in risposta e iniziò a spintonarmi. «Brutto stupido, idiota e scemo di un Kageyama!»

   «Oi!»

   Tirava pugni al vento quasi, stringendo gli occhi e dimenandosi fuori controllo. Provò a scappare ancora una volta, ma non glielo lasciai fare. Lo afferrai per entrambe le braccia, strattonandolo e costringendolo a fronteggiarmi.

   Gli urlai contro come una furia: «L'ho baciata perché mi andava, Hinata! Perché sono una persona libera! E dal momento che tu non c'entri nulla con questa storia, spiegami la tua ridicola sceneggiata, prima che ti riempia di pugni!»

   Alzai il pugno in aria, ma il mio colpo si fermò lì.
   Hinata aveva chiuso gli occhi, la bocca era deformata in una smorfia e tremava nel tentativo di trattenere i singhiozzi. Stava piangendo.

   Le parole mi morirono in gola. Perché? Perché non riesco a capire, Hinata?

   Non so cosa mi spinse a strattonarlo nuovamente, stavolta per attirarlo a me e stringerlo. Volevo confortarlo? Ma per cosa? Nemmeno capivo perché tutta quella situazione stesse avendo luogo. Sapevo solo che aver visto quel viso in lacrime mi aveva fatto male. Quindi forse lo stavo facendo per me, per non doverlo vedere ancora?
   In una giornata il mio mondo si era capovolto: avevo baciato una ragazza a me sconosciuta, della quale non mi importava nulla e che con molte probabilità non avrei rivisto – e già di per sé non era una cosa da me –. Ed infine avevo scoperto che avrei preferito un pugno nello stomaco, piuttosto che vedere Hinata piangere per qualcosa che avevo fatto io.
   Lui continuava a singhiozzare silenziosamente, i pugni stretti ai lati del viso premuto sul mio petto. In quel momento mi sembrò più piccolo del solito. Feci scorrere una mano tra le ciocche dei suoi capelli e con le dita strinsi un po', obbligandolo a reclinare la testa all'indietro e a sollevare il viso. Le lacrime si stavano fermando. Scrutai i suoi occhi bagnati, mentre lui guardava i miei come un bambino fa con un biscotto.
   Mi nascondeva qualcosa, decisamente.

   «Stupido», mormorai, corrugando la fronte.

   Lui sbuffò dal naso e rituffò la testa nella mia felpa.
   Se non voleva dirmi che cosa stava succedendo, l'avrei scoperto da solo.











   
 
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