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Autore: Babbo Dark    01/05/2020    4 recensioni
Cross-Over "La Bella e la Bestia/Teen Wolf", ovviamente Sterek!
Mieczyslaw Stilinski non è un Omega tutti gli altri, sogna una vita di avventure lontano dalla piccola cittadina di Beacon Hills; etichettato come strambo, Mieczyslaw vive le sue giornate nella più odiosa quotidianità tra il fornaio che vende il pane, la sua amata libreria e le attenzioni non richieste di Theo. La sua vita, però, cambia drasticamente quando si ritrova costretto a barattare la sua libertà in cambio di quella del padre; il ragazzo, quindi, si ritroverà ospite in un castello incantato con la compagnia dei servi, trasformati in oggetti, e di un mostro. Ma se da tutto ciò, andando oltre le apparenze, la Bestia si rivelasse ben diversa da quello che si vede?
Genere: Avventura, Erotico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Il branco, Stiles Stilinski, Theo Raeken
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sterek in Disney... '
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Note iniziali: ci siamo, ci siamo! Sono lieto di annunciarvi che questo è l’ultimo capitolo della storia, domani pubblicherò l’epilogo! Sono così emozionato!

Finalmente vedremo lo scontro tra Derek e Theo oltre che l’intervento di Stiles.

Non voglio annoiarvi troppo con queste note, perciò vi auguro buona lettura!
 

Babbo Dark
 




 
Little Red Riding Hood and the Cursed Wolf
Capitolo XII – Derek e Theo
 
 

Una lacrima abbandonò gli occhi arrossati di Stiles, carezzandogli le guance sporche di fuliggine e lasciandosi dietro una scia chiara e appiccicosa contro la pelle nera; boccheggiando in cerca d’aria, l’Omega fissò terrorizzato le lingue di fuoco che stavano rapidamente consumando il laboratorio di suo padre mentre un acre fumo nero stava pian piano intossicando i polmoni dei due Stilinski.

Volgendo lo sguardo alla sua sinistra, osservò suo padre tossire rumorosamente fino a farsi venire i conati di vomito; erano entrambi impotenti davanti a quell’odio che li aveva condannati a morte e nonostante il trattamento ricevuto da Theo, il quale lo aveva umiliato oltre ogni immaginazione, Stiles era fermamente convinto che nessuno arrivasse a mettere in pericolo la loro vita. Tuttavia, ora che si trovava a un passo dalla morte, si costrinse a ricredersi; Beacon Hills aveva voltato loro le spalle e Theo aveva firmato la sua condanna a morte.

Singhiozzando, Stiles si accasciò al suolo e scoppiò in lacrime.

Era disperato per suo padre, il quale sarebbe morto per un suo errore.

Era disperato per Derek, il quale sarebbe stato attaccato dal mostro senza una vera ragione.

Era disperato di veder morire gli unici due Alpha che non l’avevano trattato come un oggetto, come un bel corpo da scopare nel momento più opportuno per poi riempirlo di seme.

Stiles si maledisse per la sua testardaggine, per la sua unicità, e una malevola voce nella sua testa continuava a urlargli che se avesse accettato fin da subito di legarsi con Theo, se avrebbe accettato la sua proposta di legame quel lontano giorno, nessuno sarebbe morto; i sensi di colpa lo soffocavano con più facilità del fumo ma poi, all’improvviso e senza che potesse fermarla, la sua mente gli fece rivivere tutto il periodo trascorso insieme a Derek e Stiles, permettendo a un disperato sorriso di tirargli le labbra, chiuse gli occhi per immaginarsi un improbabile futuro in cui, semplicemente, lui e Derek vivessero felici in quel palazzo cupo ma loro.

Lentamente Stiles chiuse gli occhi e si adagiò sul pavimento bollente, piangendo in silenzio, e pregando Dio affinché prendesse la sua vita ma risparmiasse suo padre e Derek perché loro, in quell’inferno di odio e follia, erano gli unici innocenti.

In lontananza udì il padre tossire e i lupi ululare; i crepitii del laboratorio divennero più violenti e l’intera struttura iniziò a tremare sotto la furia del fuoco ma lì, in sottofondo, un ticchettio di ceramica contro il pavimento gl’infastidì l’udito, trovando fuori posto un suono così delicato in mezzo al caos rumoroso che stava violentando le sue orecchie.
 
 
«SIGNORINO!» una voce stava chiamando qualcuno ma Stiles non aveva la forza di aprire gli occhi e rispondere, non voleva tornare a guardare l’inferno infuocato in cui si trovava preferendo, invece, godere dell’immaginario campo di rose dove lui e Derek stavano ballando romanticamente «Signorino! La prego!» la voce si fece più vicina ma Stiles la ignorò ancora, stanco di soffrire e desiderando abbandonarsi all’oblio della morte.

«STILES!» qualcun altro, forse suo padre, stava urlando il suo nome e poco a poco il volto sorridente di Noah apparve in quel prato; Stiles rise quando notò l’imbarazzo sul volto di Derek e l’espressione fintamente irritata del padre, sentendosi finalmente in Paradiso…
 
 
***
 
 
«STILES!» Noah tossì e fissò terrorizzato il corpo inerme del figlio mentre veniva lascivamente carezzato dalle lingue di fuoco, incurante dell’orribile morte che stava per annientarli; l’Alpha si trascinò accanto al ragazzo e fissò terrorizzato la tazzina che, ignorato da tutti, era riuscita a introdursi nel suo laboratorio e stava disperatamente cercando di svegliare il giovane Omega. Piangendo, Noah si buttò sul corpo del figlio e chiuse gli occhi, proteggendolo un’ultima volta dall’odio di quella città e maledicendosi per non averlo ascoltato a suo tempo.

«Signore, presto!» Noah sollevò lo sguardo verso la tazzina che, invece, fissava la sua vecchia ascia abbandonata sotto il tavolo.
 
 
Sgranando gli occhi, e benedicendo il giorno in cui si convinse di perderla, Noah percepì il proprio animo invaso da una nuova energia rinvigorente; all’improvviso il fuoco non era più tanto caldo, il fumo non così soffocante e lì, proprio sotto al tavolo, la speranza aveva preso l’aspetto di un’ascia. Rimettendosi in piedi, l’Alpha si spostò barcollando tra le fiamme e s’inchinò per afferrare l’unico oggetto in grado di salvarli da quella morte certa; sibilando per il dolore quando i palmi si bruciarono a contatto con il legno incandescente, Noah si tirò in piedi e si spostò verso la porta sbarrata, un’espressione furente sul volto e una forza nelle braccia che gli avrebbe permesso di gettare a terra un orso inferocito.

Sollevando l’ascia, l’Alpha chiuse gli occhi e pensò alla sua amata Claudia, chiedendole aiuto in momento così importante, e abbatté la lama contro il legno; un sinistro scricchiolio riecheggiò nell’abitacolo ma Noah non se ne curò, la risollevò l’abbatté nuovamente contro quel dannato pezzo di legno che li stava privando della libertà. Colpo dopo colpo dopo colpo, un piccolo spiraglio si mostrò timidamente e sorridendo euforicamente proseguì con la sua opera, spaccando il legno con tutta la forza che aveva in corpo; fu con un singhiozzo di sollievo che l’uomo accolse la gelida aria della notte e con un ultimo, decisivo colpo la porta si spalancò.

Il fumo si ammassò sopra le loro teste e prese a sparire all’esterno in spirali nuvolose sempre più diluite mentre lui, abbandonando l’ascia a terra, tornava indietro e afferrava malamente il corpo bruciacchiato del figlio; poco a poco quella forza benedetta iniziò ad abbandonare il suo corpo, ritrovandosi steso a terra a qualche metro di distanza dal laboratorio infernale. L’aria fredda gli purificò i polmoni, permettendogli di respirare ampie boccate d’ossigeno, e scoppiò in lacrime quando udì i colpi di tosse del figlio raggiungergli le orecchie; Stiles, infatti, iniziò a tremare visibilmente mentre riossigenava il proprio corpo, permettendo all’aria di donargli la forza necessaria per spalancare le palpebre e fissare confusamente le stelle dipinte sulla volta celeste.
 
 
«Quando… Quando lo… Prenderò…» boccheggiò Noah sedendosi accanto al figlio che, faticosamente, cercava di imitarlo e placare il fiatone che lo attanagliava «Taglierò la… Testa a… Quel… Theo…» disse cercando di calmare il proprio respiro mentre il cuore, poco a poco, frenava la sua corsa.

«Der… Ek…» tossì Stiles rimettendosi rapidamente in piedi per poi cadere rovinosamente al suolo, incurante del dolore e della sua stanchezza «Derek…» ripeté alzandosi nuovamente per poi dirigersi, zoppicando, verso l’albero dove aveva legato Roscoe; Noah annuì e si alzò a sua volta, preparandosi mentalmente per incontrare nuovamente la creatura di cui suoi figlio si era innamorato.
 
 
***
 
 
Donovan osservò shoccato l’orribile spettacolo che si stagliava davanti ai suoi occhi perché mai in tutta la sua vita, neanche negli incubi più terribili, si era mai immaginato una situazione simile; i suoi amici, compari e parenti venivano letteralmente distrutti da quei mobili posseduti. Vide Liam venire messo KO da tre appendiabiti, Isabel gettata a terra da due stracci, Kali ustionata da una teiera e numerose tazzine… Il Beta continua a ruotare su se stesso, la pelle sempre più pallida a causa della paura che gli avvelenava il sangue; un armadio saltò dal piano superiore e il ragazzo fece appena in tempo a sposarsi prima che il mobile si schiantasse al suolo, rischiando di ucciderlo.

Percepì i palmi sanguinargli a causa della caduta ma appena sollevò lo sguardo vide un candelabro dar fuoco agli abiti di Greenberg mentre un orologio armato di sciabola provocava un profondo taglio sul polpaccio di Tara; sollevandosi, e barcollando sul posto, il Beta scappò il più lontano possibile da quel campo di battaglia, entrando dentro le cucine per poi congelarsi sul posto. Lì, a pochi passi da lui, la cucina prese fuoco mentre i cassetti dei vari mobili si aprivano, mostrando tutti i coltelli affilati pronti a dilaniargli le carni; urlando, il ragazzo corse fuori dalla stanza e si diresse a passo spedito verso il portone che avevano sfondato solamente pochi minuti prima ma, a pochi passi da dalla fuga, percepì qualcuno strattonarlo con forza.

Il Beta si ritrovò davanti allo sguardo furioso e disgustato di Theo che gli urlò qualcosa contro prima di scagliarlo violentemente contro il muro, facendolo gemere rumorosamente a causa del dolore percepito; la vista gli si fece sempre più sfocata e Donovan notò, tristemente, come tutti gli inglesi fossero impegnati a ignorare per la prima volta le parole del suo amico per poter fuggire da quel luogo dannato.
 
 
***
 
 
«BASTARDI CODARDI CHE NON SIETE ALTRO!» tuonò Theo osservando i suoi alleati, gli Alpha e Beta più forti e valorosi di tutta Beacon Hills stavano fuggendo a causa di quell’assalto; una parte di lui ammise di non essersi aspettato dei mobili posseduti ma alla fine, scuotendo violentemente il capo e sbuffando sonoramente, Theo caricò il fucile e ignorò gli ultimi rimasugli della battaglia più ridicola che avesse mai visto.
 
 
L’Alpha era furibondo con il mondo intero e nello specifico con la sua città, non avrebbe più trovato la forza di guardare in faccia quegli idioti che si vantavano del loro gene alpha perché lui, LUI, non si sarebbe mai fatto mettere nell’angolo così facilmente e lo disgustava sapere di essere circondato da così tanti codardi; puntando il fucile in alto, sparò un colpo d’avvertimento e fece allontanare tutti i demoni che lo avevano accerchiato visto che non voleva assolutamente perdere tempo, e munizioni, con quei cosi di serie b. Lui puntava al mostro, al premio in oro, e già pregustava la fama e l’onore che la testa di quella creatura gli avrebbe portato ma come se ciò non bastasse a saziare il suo animo guerrafondaio, immaginò prendere il posto del sindaco Deucalion e governare quell’insulsa città di codardi; aveva bei progetti, Theo Raeken, e li avrebbe portati a termine. In un modo o nell’altro.
 
 
***
 
 
Stiles ringraziò nuovamente la neve fresca presente sul sentiero oscuro nel bosco perché solamente grazie alle orme lasciate da quegli stolti poteva raggiungere nuovamente il castello di Derek e intervenire per bloccare Theo una volta per tutte; non sapeva ancora cosa fare nello specifico ma sull’obbiettivo non c’erano dubbi: Mieczyslaw Stilinski avrebbe posto la parola fine al delirio di onnipotenza di Theo Raeken.
 
 
«Stiamo andando nella giusta direzione?» la domanda di Noah, distorta dal respiro pesante e il galoppo di Roscoe, giunse ovattata alle orecchie dell’Omega che impiegò qualche secondo in più per capirla e rispondere con un semplice gesto del capo; lì, davanti a loro, si ergeva il vecchio cartello in legno e le tracce si spostavano sulla destra, la stessa strada che avrebbe condotto gli Stilinski a destinazione.
 
 
***
 
 
«Mi fai vomitare…»

«Ma Theo, io…»

«Silenzio, Donovan! Ti atteggi da Beta eppure tremi come un disgustoso Omega, mi fai pena!»

«Sono spiriti maledetti, amico mio! Nessuno di noi è riuscito a far nulla!»

«NON CHIAMARMI AMICO! SEI LA VERGOGNA DELLA TUA SPECIE, LA MERDA DI BEACON HILLS INSIEME A TUTTI QUEI BASTARDI FIGLI DI PUTTANA CHE SONO FUGGITI NON APPENA HANNO ANNUSATO IL PERICOLO!»

«Theo…»

«SPARISCI, FECCIA! MI OCCUPERÒ DA SOLO DEL MOSTRO…»
 
 
Il boato provocato da una porta che impattava contro la parete riecheggiò nel corridoio vuoto ma Theo lo ignorò bellamente, troppo impegnato a puntare il fucile e ripensare alla discussione avvenuta pochi istanti prima con quello che, fino a poche ore prima, considerava il suo migliore amico; l’Alpha, infatti, era indeciso riguardo la via da intraprendere per scovare il mostro prima che questi decidesse di tendergli un agguato o, nella peggiore delle ipotesi, fuggire ed esattamente in quell’istante Donovan gli si avvicinò.

L’odore di paura nel Beta lo intossicò, nauseandolo come non mai, e Theo si congratulò con se stesso quando lo scaraventò giù per le scale con un calcio ben assestato; la sua natura di Alpha lo spinse a prendere le scale sulla sinistra e ben presto il ragazzo venne accolto da un lungo corridoio vuoto e mal arredato, dove gli unici oggetti degni di nota erano le numerose porte e i pochi arazzi malamente appesi alla parete.

Uno alla volta gli usci furono spalancati ma la furia di Theo continuava ad aumentare man mano che ad accoglierlo non trovava nessuno, né mobili posseduti e né la sua preda; il ragazzo avrebbe voluto urlare per la frustrazione e tornare immediatamente indietro per ispezionare il palazzo da cima a fondo ma poi, all’improvviso, un sospiro appesantito dalla tristezza raggiunse le sue orecchie e Theo si ritrovò a sorridere perfidamente mentre si avvicinava a due grandi porte perfettamente lucidate.

Cercando di essere il più silenzioso possibile, entrò nella camera patronale e sollevò scetticamente un sopracciglio quando notò lo strano ordine che primeggiava ovunque; il letto era rifatto, adornato con coperte e lenzuoli tendenti al viola, e sui muri erano stati appesi alcuni macabri quadri ritraenti demoni e dannati impegnati in qualche assurda danza. Ma poi, attirato dalla flebile luce rosa, poté osservare l’enorme figura della creatura seduta malamente su una sedia malconcia che faticava a sopportarne il peso; un ghigno maligno gli tirò le labbra e lentamente le dita si mossero sul suo fucile, preparandosi all’imminente colpo che avrebbe ferito quel mostro.

Derek, però, si voltò lentamente verso l’Alpha e lo fissò per qualche secondo, un sopracciglio peloso sollevato in una muta domanda nel notare il fucile puntato contro di lui, ma poi sospirò rumorosamente e tornò a guardare l’ennesimo petalo di rosa che si staccava e volteggiava pigramente verso il tavolo; non gl’importava di morire, non più ormai, e nell’attesa che la morte lo raggiungesse supplicò il perdono di tutti gli uomini e le donne, gli Alpha, Beta e Omega che per anni lo avevano servito e riverito perché lui, con il suo cuore avvolto dalle tenebre, li aveva condannati a un’esistenza priva di umanità. Aveva allontanato Stiles, l’unico Omega che era stato capace di farlo innamorare, e mentre sentiva l’Alpha dietro di sé prepararsi a colpirlo sperò che il ragazzo fosse riuscito nella sua impresa.

Il boato prodotto dal fucile riecheggiò per tutta l’ala ovest, accompagnando perfettamente il ruggito di dolore che fuggì dalla gola della creatura mentre Theo, perso nella sua follia, ridacchiava deliziato ed eccitato di fronte all’Alpha sofferente; quel suono, però, non soddisfò la sua natura sadica che preferì arretrare di qualche passo e scagliarsi con tutta la forza che aveva contro il corpo muscoloso di Derek, sbalzandolo all’esterno della finestra e facendolo atterrare pesantemente sulle tegole fracide di pioggia.
 
 
«Avanti, mostro…» sussurrò malignamente l’Alpha mentre riprendeva in mano il fucile, pregustandosi lo scontro contro quella creatura che lo disgustava, eccitandosi come non mai nell’immaginarsi intento a decapitarlo con il suo fidato coltello; Derek, però, sollevò pesantemente la testa e sospirò rumorosamente prima di tornare a fissare la rosa, attendendo paziente che quell’ultimo, dannatissimo petalo si staccasse e sancisse l’eternità di quella maledizione «Che c’è? Sei troppo buono, forse?» lo derise Theo percependo la furia offuscargli la vista a causa della mancata reazione della sua preda «Non deve andare così, bestia! Tu dovrai lottare! Io ti ucciderò!» tuonò l’Alpha mentre si preparava per colpire nuovamente Derek con un sonoro calcio nello stomaco; la creatura, infatti, sbuffò sonoramente quando incassò il colpo, percependo distintamente il sapore del sangue e della bile, ma non se ne curò molto e attese «BASTARDO INFAME FIGLIO DI UN CANE!» la furia, alla fine, esplose.
 
 
Theo afferrò saldamente il suo fucile ma non lo caricò, anzi, lo afferrò per le canne e lo sollevò di scatto prima di farlo calare contro il fianco esposto di Derek, facendolo ringhiare quando percepì le proprie costole incrinarsi; il colpo però, unito alle tegole umide di pioggia, fece precipitare la creatura lungo il tetto spiovente e fu solo grazie alla presenza di un garegoyle che la caduta fu arrestata, mozzando il respiro di Derek e facendolo mugolare di dolore.

La risata di Theo riecheggiò malignamente attorno a loro e l’Alpha, incurante della pioggia che lo inzuppava da capo a piedi, scivolò con grazia lungo le tegole per poi avvicinarsi a Derek, che lo osservò impotente; non riusciva ad alzarsi, non voleva, e sospirò quando il ragazzo caricò una nuova cartuccia e si preparò a ucciderlo, una volta per tutte, ma proprio quando Theo portò l’indice contro il grilletto qualcosa accadde…

Una voce disperata riecheggiò nell’aria, entrando nelle orecchie di Derek e scaldandogli il cuore; d’un tratto tutto gli sembrò più facile, semplice nella difficoltà, e la creatura spalancò gli occhi mentre l’ossigeno tornava a circolare liberamente nei suoi polmoni perché lui era tornato.
 
 
«DEREK!» la voce di Stiles bloccò Theo, il quale si ritrovò a sollevare lo sguardo e puntarlo contro l’Omega intento a scendere da cavallo insieme al padre «THEO, BASTARDO DI UN ALPHA! FERMATI SUBITO!» urlò il ragazzo mentre correva nel castello, ignorando i vari ‘Signorino!’ urlati dalla servitù, per poi correre verso l’ala ovest.

«Omega maledetto…» borbottò Theo con tono sprezzante prima di spalancare gli occhi udendo il sinistro suono del suo fucile che si piegava verso l’alto; spostando lo sguardo e spalancando la bocca, Theo Reaken ebbe paura perché lì, davanti a lui e tremante di furia, si trovava la creatura più spaventosa che avesse mai visto.
 
 
Derek, infatti, sfruttando la distrazione provocata da Stiles e la gioia percepita nel risentire la sua voce, si era alzato sulle sue possenti zampe e aveva afferrato saldamente il fucile, piegando le canne verso l’alto e ghignando davanti all’espressione terrorizzata messa su dall’Alpha; ruggendo con tutto il fiato che aveva in corpo, disarmò il suo avversario e scagliò il fucile il più lontano possibile da loro per poi gioire della patetica fuga attuata dal suo sfidante che, incurante dell’acqua e del suo orgoglio, era rapidamente salito sulle tegole. Un nuovo ruggito riecheggiò nell’aria proprio mentre Theo atterrava su un balcone poco distante ma, quando si voltò indietro, urlò di paura nell’osservare Derek saltargli addosso; la creatura, per la prima volta da quando aveva conosciuto Stiles, maledisse l’assenza dei suoi artigli, con i quali avrebbe facilmente ucciso quell’Alpha insolente, ma appena il suo pugnò colpì il naso di Theo si ritenne piacevolmente soddisfatto.
 
 
«Credi che preferirebbe te?!» urlò l’Alpha mentre tentava di tamponarsi il naso rosso e sanguinante «Quando potrebbe avere me?!» disse furibondo per poi spalancare gli occhi quando Derek, ruggendo furibondo, illuminò le iridi di rosso e si scagliò contro di lui.
 
 
I due Alpha ruzzolarono lungo il balcone per poi cadere nuovamente sul tetto a causa di un gargoyle che non riuscì a reggere il loro peso; Theo, riuscendo a staccarsi momentaneamente dalla creatura, afferrò saldamente il primo oggetto contundente che trovò e colpì con forza la testa di Derek, stordendolo momentaneamente. Sfruttando l’occasione, si buttò nuovamente contro la creatura nel disperato tentativo di farlo cadere di sotto ma poi, nuovamente, la voce di Stiles riecheggiò sulle loro teste e Theo fece il terribile errore di voltarsi per sincerarsi che l’Omega stesse guardando la dipartita del suo mostro; quello fu l’ultimo errore per Theo, visto che Derek sfruttò quella situazione a suo vantaggio per portare la sua possente zampa contro il collo dell’Alpha, stringendo la presa e sollevandosi da terra mentre il mostro, ansante, scalpitava nella presa e boccheggiava violentemente.

Il viso di Theo divenne pian piano viola e Derek si ritrovò a gioire per quella sensazione, voleva far sparire dalla faccia della terra quell’essere ripugnante e non gl’importava più nulla se non il suo compito; il dolore s’irradiava per tutto il corpo ma Derek lo ignorò, concentrando tutte le sue forze per eliminare la minaccia. E in quel momento, per la terza volta in poco tempo, la voce di Stiles cambiò nuovamente le sorti della nottata; l’Omega, infatti, aveva scavalcato la finestra ed era scivolato lungo il tetto prima di saltare malamente sul piccolo balcone che aveva visto Derek e Theo lottare.
 
 

«DEREK!» la creatura voltò lo sguardo e fissò attentamente gli occhi del suo Omega, quel delicato caramello che aveva catturato il suo cuore, e irrigidì la mascella quando notò le condizioni in cui il ragazzo si trovava; Stiles, infatti, si era procurato non pochi tagli a causa delle sue acrobazie ma ciò che maggiormente catturò l’attenzione di Derek fu la fuliggine che sporcava il suo volto e la paura che costringeva quel corpo meraviglioso a tremare violentemente «Tu non sei come lui, Derek…» sussurrò Stiles, incapace di distogliere lo sguardo dai due «Tu non sei un mostro, io lo so! Questo tuo aspetto, questo tuo muro che ti sei costruito attorno, non celano il male che tutti vedono!» Derek percepì gli occhi lucidi e poco a poco il torace venne scosso dai singhiozzi sempre più forti, aumentando a dismisura la crepa che quelle parole avevano provocato contro il forte posto a protezione della sua anima; Stiles lo vedeva, lo vedeva davvero, e a Derek questo bastava per essere felice… «Non abbassarti al suo livello, ti prego…, non essere un mostro come quello che tieni stretto tra le zampe.» il ragazzo sorrise e allungò una mano verso l’Alpha, incurante di poter cadere da un momento all’altro, percependo la gioia inondargli l’animo quando la pesante coda della creatura prese a oscillare a destra e sinistra.

«Stiles…» sussurrò Derek per poi voltarsi di scatto verso Theo, il quale si era arreso da tempo nei suoi tentativi di fuga «Vattene.» ringhiò la creatura sbattendo violentemente l’Alpha contro il tetto, il quale prese a tossire rumorosamente mentre riprendeva a respirare normalmente «Vattene e non tornare mai più.» ordinò facendo tornare le iridi al solito verde che aveva incantato il suo Compagno e non appena terminò di finire la frase, Derek percepì tutta la rabbia e la frustrazione sparire dalla sua anima, lavate via insieme alla pioggia battente.
 
 
Derek uggiolò e scodinzolò mentre si arrampicava sopra le tegole, incurante di tutto ciò che gli capitava attorno, perfino della sua preziosissima rosa, perché tutto il suo mondo era racchiuso in quel piccolo Omega che si era presentato nel suo castello e aveva stretto un folle patto con lui; issandosi sulle zampe posteriori, e legando il suo sguardo con quello di Stiles, Derek capì che non gl’importava più nulla se Stiles era al suo fianco, amandolo come non era mai accaduto.
 
 
«Stiles, io…» quella frase, però, non vide mai la fine. 
 

Un ruggito riecheggiò nell’aria, subito seguito dalla risata malvagia di Theo; l’Alpha, infatti, aveva estratto il suo pugnale e, sfruttando la distrazione causata dai due innamorati, si era arrampicato sul tetto prima di conficcare la lama nella schiena di Derek, gioendo del rumore provocato dalle costole rotte. Theo estrasse il coltello e lo sollevò di slancio ma proprio in quel momento Derek si mosse, assestandogli una gomitata nello stomaco che gli mozzò il respiro e Stiles, furibondo, si avvicinò al proprio Alpha e caricò un gancio destro che colpì con forza il naso rotto di Theo; destabilizzato e privo di un vero appiglio, il ragazzo urlò terrorizzato mentre ricadeva all’indietro per poi sgranare gli occhi quando un dolore lancinante e mai provato prima gli trapassò il petto, lacerandogli i tessuti e permettendo al sangue d’inondargli i polmoni.

Abbassando appena lo sguardo, Theo osservò una delle code dei gargoyle trapassargli il corpo da parte a parte ma poi, all’improvviso, tutta la struttura tremò e il ragazzo gorgogliò un urlo mentre cadeva nel vuoto.
 
 

Note finali: che ne pensate? Piaciuto lo scontro finale tra i due?

Mi piace il modo in cui ho descritto la dipartita di Theo, lui che ambiva a grandi imprese è morto come un coglione e senza nessun tipo di gloria; quando stavo scrivendo il capitolo mi è venuto in mente un ragionamento sul personaggio che ho creato e alla fine ho deciso di modificarlo appena, dandogli delle manie di grandezza e desiderio di comando. Lo so, è molto differente dal Gaston del Classico ma questo Theo vuole la fama e l’onore, vuole essere sempre visto come il migliore in tutto e quindi mi è sembrato logico che ambisse non solo a diventare famoso per aver ucciso la bestia ma anche per essere il sindaco di Beacon Hills.

La scena della fuga è quella che mi ha fatto penare di più, lo ammetto; nel Classico questa parte è geniale: Chicco sfrutta la macchina taglialegna di Morisse per sfondare la porta, unendo così l’ingegno e la forza bruta (come nel mito di “Amore e Psiche”) ma mentre la stavo scrivendo sono iniziati a venirmi i primi dubbi sul come ciò potrebbe avvenire. Chicco è una tazzina, quindi è molto piccolo, non ha né braccia né una forza necessaria per accendere la macchina visto che, come ci hanno mostrato, bisognava mettere dei ciocchi di legno nella caldaia e dargli fuoco; sarò sincero e affermo senza timore alcuno che ogni versione di questo paragrafo mi faceva schifo! Sembrava tutto troppo forzato e non mi andava assolutamente di eliminare questa parte dalla storia, anche perché mostra tutta la ferocia e la cattiveria della popolazione contro il diverso, ma poi sono stato colto da un’epifania e così ho traslato l’importanza e il senso della macchina su Noah; Scott è solamente colui che fa notare al nostro Alpha l’ascia ma non poteva andare diversamente.

Derek si rifiuta di combattere, è vero, e inizia a scontrarsi con Theo solamente quando arriva Stiles; io credo che la Bestia, preso dal momento di sconforto, sia caduto in una sorta di depressione e si sia lasciato maltrattare in quel modo a causa della disperazione che provava. Insomma, è riuscito a mettere in fuga un branco di lupi e non ce l’avrebbe fatta contro un coglione come Gaston?

Non credo di aver altro da dire e attendo con ansia le vostre opinioni, se vorrete offrirmele naturalmente.
 

Ringrazio infinitamente tutti coloro che hanno letto o stanno leggendo la storia, quelle splendide persone che l’hanno aggiunta in una delle categorie di EFP e soprattutto vorrei ringraziare obvmike, linn 86 e Fata_Morgana 78 per aver recensito lo scorso capitolo; inoltre ringrazio la dolcissima Opalus per aver recensito i primi due capitoli e nuovamente Fata_Morgana 78 per aver recensito il capitolo decimo. Siete fantastiche <3
 

Devo ringraziare nuovamente Opalus per aver recensito la mia OS “Posso avere un biscotto?”, grazie cara ti adoro <3
 

Risponderò a tutti, promesso!
 

Alla prossima!
 

Babbo Dark
   
 
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