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Autore: UnGattoNelCappello    01/05/2020    0 recensioni
Kei realizza durante il suo secondo anno di liceo che probabilmente è innamorato di Yamaguchi da quando ha dieci anni. Per quanto incapace possa essere a gestire la situazione, Kei prega almeno di non esserlo tanto quanto Hinata e Kageyama. Ma a quanto pare, è proprio così. *TRADUZIONE*
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Shouyou Hinata, Tadashi Yamaguchi, Tobio Kageyama
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9

In equilibrio sulla fune

 

“Ridammeli.”

“Come ci sto?”

Kei sospira, “Non lo so, idiota. Non ti vedo.”

“Non male,” commenta Kageyama. “Un po’da nerd.”

“Che non è per forza una brutta cosa, però,” aggiunge Yamaguchi.

“Suggerirebbe che almeno hai un cervello, che è più di quanto si possa concludere adesso.”

“Per ogni commento scortese che fai, ti facciamo giocare un turno senza occhiali,” promette allegramente Hinata.

“Staremo qui per sempre,” sbuffa Kageyama.

“Vincerei comunque. Adesso ridammeli.”

“È vero,” concorda Yamaguchi, colpendosi pensieroso il ginocchio lentigginoso con il controller. “Tsukki probabilmente vincerebbe comunque.”

“Yamaguchi, da che parte stai?!”

“Buon’idea, Hinata. Giochiamo a squadre,” dice Kageyama.

La pioggia picchietta serenamente contro le finestre della casa di Yamaguchi. È un mero suono di sottofondo tra la frenetica colonna sonora del videogame e le grida di Hinata ogni volta che Kei colpisce il suo personaggio o qualcuno gli tira un guscio rosso. L’inestinguibile entusiasmo di Hinata penetra in ogni aspetto della sua vita, inclusi i videogame. Kei non riesce a immaginare di vivere così. Si sente esausto solo al pensiero.

“Non premo start finché non mi ridai gli occhiali.”

“E va bene!” concede Hinata. “Ma solo perché sono sicuro che stavolta vincerò.”

“Dillo pure se ti aiuta,” replica Kei.

“Aspetta, voglio provarli anch’io.”

“Yamaguchi,” fa Kei con voce lamentosa. Sta iniziando a venirgli il mal di testa.

“Solo un secondo!” La sagoma sfocata a forma di Yamaguchi si infila gli occhiali di Kei e si gira verso Hinata. “Assomiglio a Tsukki?”

“Decisamente troppo allegro,” lo informa Kageyama.

“Stanno molto meglio a te che a Tsukishima.”

“Stronzetto,” replica Kei in tono piatto, anche se non ha alcun dubbio che Hinata abbia ragione.

“Non essere ridicolo. Shouyou, facci una foto così Tsukki può vedere!”

“No,” geme Kei.

“Per favore, Tsukki?” lo prega Yamaguchi. “Non ci facciamo mai foto insieme.”

“Hinata fa in continuazione foto di noi due,” si lamenta Kageyama.

Hinata sbianca. “Non in continuazione!”

Il sopracciglio di Kageyama si alza fino quasi a scomparire dietro una scura ciocca di capelli.

“Ah no?”

“No! Solo quando non hai l’aria di volermi strangolare,” insiste Hinata tirando fuori il suo telefono. Scorre furiosamente tra le foto e continua, “Come quando Natsu ti racconta della sua giornata a scuola, o dopo che mia mamma ti dice che puoi restare a cena. Devo documentare quei rari, pacifici momenti così posso difenderti quando le persone mi dicono che hai sempre un aspetto incavolato!”

Kageyama piega la testa di lato. “Chi è che lo dice?”

“Io,” risponde Kei.

“Tutti,” aggiunge Yamaguchi spingendosi più in su gli occhiali di Kei, anche se non ne hanno bisogno.

“Sono nato con questa faccia!”

“Non volevo dire che è una brutta cosa! È una bella faccia!” grida Hinata.

Kageyama si scruta le unghie con aria noncurante e replica, “Non bella come la tua.”

“K-Kageyama!”

Kei sospira portandosi una mano al viso. “Hinata, se devi scattare questa foto, fallo e basta.”

“Davvero?” dice allegramente Yamaguchi. “Sbrigati Shouyou, prima che cambi idea.”

Yamaguchi non ha bisogno di muoversi troppo per appiccicarsi al fianco di Kei. Hinata conta fino a tre prima di scattare la foto e Kei sposta lo sguardo di lato. Yamaguchi è così vicino, le loro guance si stanno praticamente toccando. Forse dovremmo farci foto insieme più spesso, pensa Kei, se lo rende così felice.

“Grazie, Tsukki.” dice Yamaguchi sorridendo come se Kei gli avesse fatto un regalo. “Adesso fermo.”

Si toglie gli occhiali dal viso e li fa scivolare piano sul naso di Kei. È così delicato e attento che Kei quasi arrossisce. Finalmente, la spruzzata di lentiggini di Yamaguchi – e, meno importante per Kei, il resto del mondo intorno a loro – ritorna a fuoco. Deve forzarsi a strappare gli occhi dallo sfacciato viso sorridente di Yamaguchi.

“L’adoro,” dice Yamaguchi guardando la foto.

Kei si impaccia sulle parole. “Con gli occhiali sei…”

Carino. Fantastico. Adorabile. Molto, molto carino.

“…Non mi assomigli.”

Kageyama fa un sorrisetto. “Penso che sia un complimento, Yamaguchi.”

Hinata ridacchia e spinge furiosamente i tasti del telefono.

“Non mandarla a nessuno,” ordina Kei.

Una parte egoista di sé (che sta imparando essere una grossa parte di lui, a quanto pare) vuole tenere la foto solo per lui e Yamaguchi. Anche il fatto che Hinata l’abbia vista gli sembra ingiusto e invadente.

“Stai calmo, Tsukishima. La mando solo a Yamaguchi.”

“Grazie!” esclama Yamaguchi.

“E a Kenma.”

Kei geme, “Non a Kozume-san.”

Hinata si offende all’istante portandosi il telefono al petto. “Che ti importa?”

“Se la vede Kozume, la vede Kuroo-san,” sospira Kei, “e poi la vede Bokuto-san e poi mi arrivano cinquanta messaggi da tutti e due, di cui non ho neanche il numero salvato.”

Hinata scoppia a ridere colpendo il pavimento con il palmo delle mani.

“Hai appena suggellato il tuo destino, Tsukki,” gli dice Yamaguchi in tono comprensivo.

 

________

 

Non è ancora mezzanotte quando Kageyama e Hinata si addormentano sul pavimento del salotto di Yamaguchi, i controller del videogioco abbandonati tra loro. Yamaguchi ha spento il televisore, e la pioggia, crescendo in violenza di ora in ora, colpisce pesantemente le finestre nel quasi assoluto silenzio. Kageyama russa peggio di chiunque Kei abbia mai incontrato. Preferisce cento volte Yamaguchi che sbava a bocca aperta piuttosto che il russare di Kageyama, ma d’altronde lui è di parte. La coppia è sdraiata su una coperta, non si toccano, ma le loro teste e i piedi sono rivolto gli uni verso gli altri. Kei lancia un’occhiata all’orologio sul muro.

“Ridicoli,” dice.

“Assomigliano a delle parentesi,” nota Yamaguchi.

“Immagino che perdere in continuazione li abbia davvero stancati.”

Yamaguchi ridacchia. “Vuoi andare in camera mia?”

Kei lo vuole. Kei vuole stendersi sul letto di Yamaguchi con lui. Vuole togliersi la felpa e mettersi sotto le coperte e lasciare che Yamaguchi lo scaldi in modo innocente. Vuole guardare documentari sul computer vecchio di dieci anni di Yamaguchi e commentarli con altre informazioni che conosce solo per vedere gli occhi di Yamaguchi splendere di onesta ammirazione nella fioca luce.

“Okay.”

Dieci minuti più tardi si trovano nello stesso esatto punto dov’erano la notte che si sono baciati. Kei se ne accorge perché non c’è stata una singola volta nell’ultimo mese in cui è stato in camera di Yamaguchi e non ci abbia pensato. Deve essere lo stesso per lui, no? Si chiede disperato Kei.

Kei non ne è sicuro. Vuole tanto sapere cosa sta pensando Yamaguchi ma non sa se riuscirebbe a sopportare la risposta. È già abbastanza difficile mantenere il suo battito a riposo con Yamaguchi al suo fianco, la loro cosce premute vicine sotto lo spesso piumone. Kei identifica quella sensazione immediatamente: c’è qualcosa che non stanno facendo e che potrebbero invece fare. È una sensazione che rimane sospesa nell’aria intorno a loro come l’umidità dopo una pioggia di fine estate.

“Tutto apposto, Tsukki?” chiede Yamaguchi girandosi verso di lui.

I suoi lenti respiri riscaldano la guancia di Kei. Odorano del gelato alla fragola che i quattro ragazzi hanno mangiato quella sera. Sullo schermo del computer, cinque pinguini si stringono insieme per scaldarsi. È un documentario sull’Artico che hanno visto insieme già un centinaio di volte.

“Sto bene.”

“Hai freddo? Di sicuro non così freddo come loro, però.”

Yamaguchi non aspetta la sua risposta prima di tirare più su il piumone così che li copra fino alle spalle. Tira su le ginocchia e le lascia cadere di lato, appoggiandole sulle cosce di Kei. Poi inclina la testa così da posarla sulla spalla di Kei ed emette un drammatico sospiro, finalmente comodo. Un uragano di farfalle si intreccia dallo stomaco di Kei al suo petto. Yamaguchi si irrigidisce per un momento come se stesse aspettando che Kei lo spinga via.

Uno dei pinguini si allontana dal gruppo. Scivola subito dopo sul ghiaccio e fatica a rialzarsi da terra. Gli altri pinguini lo guardano, gracchiando suoni acuti. Gli occhi di Kei baluginano in basso per guardare Yamaguchi. Sarebbe fin troppo facile per Kei piegare la testa e premere la guancia sui suoi morbidi capelli marroni.

“Lo sai che così ti addormenti,” borbotta Kei.

“Proverò a non farlo, Tsukki,” risponde assonato Yamaguchi.

“Come no.”

“Ci proverò veramente.”

I pinguini scivolano uno dopo l’altro attraverso un buco nel ghiaccio dentro l’acqua marina blu.

“Le prede dei pinguini si trovano facilmente entro venti metri dalla superficie dell’oceano, quindi non hanno bisogno di immergersi in acque più profonde per trovare del cibo,” dice Kei con voce monotona, coordinandosi facilmente con il narratore.

Yamaguchi continua, “Sfortunatamente per i pinguini, ci sono altri predatori che sono ben consapevoli delle loro abitudini di caccia.”

“Questa è la parte migliore.”

“La odio, Tsukki. Non riesco a guardare,” si lamenta Yamaguchi nascondendo il viso sotto il braccio di Kei. Dice con voce soffocata dalla maglietta di Kei, “Hey, Tsukki?”

Kei non toglie gli occhi dallo schermo del computer quando risponde “Cosa?”

“Sono nervoso.”

“Abbiamo ancora un paio di giorni prima della prossima partita.”

“Non per quello. Sono pronto per la partita. Voglio dire per domani.”

“Oh.” Deglutisce a fatica. “Perché?”

“Non sono mai stato ad un appuntamento prima.”

Quindi è un appuntamento. Sente la testa annebbiarsi come se fosse piena dei rumori statici tra due canali televisivi. Un leone marino emerge dall’acqua gelida catturando senza sforzo il pinguino più piccolo tra le fauci. Gli altri nuotano freneticamente verso la superficie e Kei distoglie lo sguardo.

“Non esserlo.”

“Huh?” Yamaguchi muove la testa per guardarlo, osservandolo da dietro le ciglia.

Cacchio, pensa Kei.

“Non essere nervoso.”

“Kei, pensi che dovrei uscire con lei?”

Kei gli lancia un’occhiata attenta con la coda dell’occhio.

“Se ti rende felice,” risponde onestamente.

“Okay,” dice lentamente Yamaguchi, “Lo farò, allora.”

Il suo tono è di disapprovazione, come se Kei gli avesse dato la risposta sbagliata e Kei vuole scuoterlo per le spalle e gridargli che lo sa. È meglio così, sarà meglio così alla fine, Kei si ripete la frase che ha ripassato ancora e ancora (Kei pensa sempre, sempre, al futuro), perché se non ti ho, non posso perderti. Ha perso il conto di quante volte ha pensato quella stessa esatta frase. È praticamente marchiata a fuoco nel suo cervello ormai (e anche se non lo fosse, di certo gli fa male come una bruciatura).

“Sono nervoso,” dice di nuovo Yamaguchi.

“Andrà bene.”

“Come lo sai?”

“Perché tu sei tu.”

“È stancante,” chiede ironicamente Yamaguchi attraverso uno sbadiglio, “essere così vago e criptico tutto il tempo?”

Kei sbuffa una risatina e abbassa su di lui lo sguardo divertito. Un sorriso gli nasce sulle labbra.

“Sei un po’ uno stronzo.”

Tu sei uno stronzo,” ribatte allegro Yamaguchi. “Adesso dimmi che intendi.”

Le mani pallide di Kei si incontrano sul suo grembo e lui intreccia e poi scioglie le dita.

“Significa solo che è facile passare una bella giornata con te, okay?”

“Veramente? Lo pensi davvero?”

Kei sbatte le palpebre e rivolge di nuovo lo sguardo al documentario. “Certo che lo penso. ‘A differenza della maggior parte degli uccelli, i pinguini non hanno le ossa cave. Ciò contrasta con la loro naturale tendenza a galleggiare e li rende abili e veloci nuotatori.”

“Infatti, i pinguini riescono a nuotare fino a quindici miglia l’ora,” narrano i due ragazzi all’unisono.

 

________

 

 

Le mattine passano al rallentatore a casa di Yamaguchi. L’hanno sempre fatto. Il sole si arrampica lentamente su per il cielo e Kei osserva il suo avanzare perché lui è sempre, sempre il primo a svegliarsi. Yamaguchi probabilmente dormirebbe per tre giorni di seguito se non avesse impegni. La luce giallo pallido scivola lentamente nella stanza attraverso i vetri della finestra e Kei lancia un’occhiata al futon dimenticato a terra. Si è addormentato per sbaglio nel letto di Yamaguchi, e adesso ne deve affrontare le conseguenze. Sono troppo grandi per queste cose.

Come il futon, anche il cuscino di Yamaguchi è stato similmente abbandonato in favore dello stomaco di Kei. Kei non ha mai capito come Yamaguchi riesca sempre a dormire in modo così strano. Quello che sa è che la bava di Yamaguchi in questo momento sta trasformando una macchia blu scura sulla sua maglietta azzurra, ma non ha il cuore di spingerlo via. Ha un aspetto così tranquillo, con le ciglia che dipingono un ventaglio sulle guance abbronzate e le braccia incrociate sul petto magro. A dispetto della ragione – un tema ricorrente nella sua vita recentemente, riconosce purtroppo Kei – lo lascia stare dov’è.

Fa attenzione a non muoversi troppo mentre allunga un braccio per afferrare i suoi occhiali e l’unico libro sul comodino accanto al letto di Yamaguchi. Il Pokédex ufficiale di Hoenn, afferma la copertina. Kei emette un’imbarazzante risatina affezionata. Lo lascia aprire delicatamente sul letto accanto a lui.

“È fico, vero?” biascica Yamaguchi una manciata di minuti più tardi.

Kei fa un suono d’assenso. “Lo controlli così spesso da tenerlo sul comodino?”

“Più spesso di quanto pensi.”

“Ne dubito fortemente, Tadashi.”

“È la mia regione preferita.”

“Lo so.”

Yamaguchi rotola sulla pancia e fa rimbombare una risata contro la pelle sensibile di Kei. Kei ritorna a guardare il libro nel tentativo di nascondere il rossore che gli riempie il viso. È troppo presto per questo, pensa brusco Kei.

“Questo mi ricorda te.” Kei gira il libro così Yamaguchi può vederlo.

“Hm? Quale?”

“Questo qua.”

“Oh, Swablu,” chiarisce Yamaguchi. “Perché, Tsukki?”

“Non ne sono sicuro. Ma guarda quelle cose che ha in testa.”

Yamaguchi sorride e dice, “Okay, mi sta bene. Gli Swablu sono una forza.”

“Ah sì?” chiede Kei.

Yamaguchi allunga il braccio senza guardare e indica la descrizione in fondo alla pagina.

“Per qualche motivo, gli piace atterrare delicatamente sulla testa delle persone e fare finta di essere un cappello,” legge Kei ad alta voce.

“Molto carino,” insiste Yamaguchi sbadigliando. Si gira di lato, con l’orecchio premuto sullo stomaco di Kei, e chiude gli occhi come se fosse pronto a ritornare a dormire. La tenerezza che Kei sente a quella vista lo rende esausto.

In ritardo, Kei risponde, “Immagino di sì.”

“Ma che cavolo!” abbaia Kageyama, la sua voce dolorosamente troppo alta nella calma atmosfera mattutina. Il ragazzo incombe sulla soglia della camera di Yamaguchi e osserva Kei con il suo tipico sguardo vacuo. L’alzatore continua, “Quindi lui può stare così però a me non dai neanche il cinque?”

Il piumone scivola a terra senza far rumore quando Yamaguchi scatta a sedere sulle ginocchia. La macchia di bagnato sulla maglietta di Kei gli sembra all’improvviso fredda, e si attacca in modo fastidioso alla sua pelle.

“I tuoi cinque sono da principiante,” risponde Kei in torno derisorio senza alzare lo sguardo.

“Sto ancora imparando.”

La testa di Hinata sbuca fuori da dietro Kageyama. “Hey! Senti chi parla, Tsukishima.”

Kei ammette che il ragazzo non ha tutti i torti. Il duo si ritira lentamente nel corridoio (Per quale motivo erano venuti, comunque?) e Yamaguchi si strofina il collo con la mano – il suo tic nervoso. Kei parla prima che possa farlo lui.

“Non volevo addormentarmi qui.”

“Non fa niente, Tsukki,” risponde velocemente Yamaguchi.

“No. Non avrei dovuto.”

Ma chi prendo in giro, si chiede Kei. È talmente evidente che sta dicendo cazzate. Quello che vuole di più in questo momento è tirare Yamaguchi per la manica finché Kei non diventa nuovamente il suo cuscino personale e rimanere così finché il sole non tramonta. Kei si irrigidisce, non intenzionato a rispondere.

“Non hai niente di cui preoccuparti,” dice Yamaguchi, la sua voce piena di confusione.

Kei fissa le mani pallide che si sta torcendo in grembo.

“Sì, invece.”

“E di che cosa?”

Kei fissa Yamaguchi con uno sguardo gelido.

“Non hai nulla di cui preoccuparti, Tsukki.”

“Smettila di dirlo,” ordina Kei.

“Ma è vero. Mi… mi piace quando stai nel mio letto.”

Kei sbianca. le sue mani si immobilizzano. Pensa distrattamente a come sia stato fortunato – e anche Yamaguchi, in realtà – a non essersi svegliato con un’erezione, specialmente con Yamaguchi stretto a lui così a suo agio quella mattina. Kei si chiede se sia possibile per Yamaguchi essere ancora più appiccicoso. Quel pensiero passeggero gli manda un dolcissimo calore in picchiata verso il suo addome. Adesso? Pensa Kei irritato.

“Io non, – non intendevo dire, – quello sembrava troppo – voglio solo dire, che forse – uh,” balbetta Yamaguchi, il suo viso scuro macchiato di un rosso acceso.

“Yamaguchi,” lo interrompe lui. Deve fare un profondo respiro prima di dire, “Probabilmente non dovremmo più dormire nello stesso letto. Gli amici non lo fanno. Specialmente a diciassette anni.”

Le sue parole risultano fastidiosamente robotiche. Come se qualcuno avesse premuto il suo pulsante di avvio e ora Kei potesse solo dire frasi forzate in autopilota. E comunque, che cosa ne sa Kei? Yamaguchi è l’unico amico che abbia mai avuto.

Kei abbassa la testa nascondendola tra le mani fredde. Non riesce a guardare mentre tutto ciò che vuole gli si presenta davanti senza che lui sia in grado di allungarsi a afferrarlo. Avrebbe potuto spingere via Yamaguchi quando si era svegliato se davvero avesse voluto – Yamaguchi lo sa, non è stupido, Kei vede quella domanda danzargli dietro gli occhi acuti – ma Kei non l’ha fatto.

“Ma Hinata e Kag-”

Kei mormora da dietro le mani, “Loro non sono amici.”

“Ma non stanno insieme,” prova disperatamente Yamaguchi.

“Si sono baciati.”

“Anche noi, Kei,” ribatte lui. Suona come una supplica.

Yamaguchi sta usando tutte le munizioni che ha.

È un ultimo disperato tentativo. Vuole che Kei si arrenda. Una sensazione di disperazione trasuda da entrambi; Kei riesce praticamente a vederla accumularsi nello spazio tra di loro sul letto di Yamaguchi. Macchia le lenzuola e gocciola giù dal materasso sul pavimento, incanalandosi tra le venature del legno.

Kei alza la testa e fissa Yamaguchi con occhi spalancati. Questa è l’unica volta in cui Kei non apprezza la nuova autostima di Yamaguchi, ma invece la detesta. Quella frase strappa il respiro a entrambi i ragazzi. Gli manda brividi lungo la schiena. Kei forza le sue mani a non tremare mentre chiude il libro accanto a lui e lo rimette sul comodino di Yamaguchi.

“Te l’ho detto,” inizia Kei lentamente, “Siamo am-”

“Amici,” finisce Yamaguchi sprezzante alzandosi dal letto. “Amici, sì, Tsukki. È quello che hai detto. Solo amici.”

Quel tono alieno mette Kei sulle spine. A fatica dà voce all’unica cosa che gli viene in mente.

“Mi dispiace, Tadashi.”

Gli occhi di Yamaguchi si addolciscono per meno di un secondo prima di tornare taglienti. È seduto molto vicino a Kei, con le gambe che pendono dal lato del letto. Stende le sue mani tremanti e tocca piano tra loro le punta delle dita, come se andasse a tempo di una lenta melodia. Kei passa oltre con lo sguardo per osservare le lentiggini che coprono le ginocchia sbucciate di Yamaguchi. Vuole contarle.

Yamaguchi chiede piano, “Amici? È quello che vuoi?”

“Può essere solo così.”

“Okay…”

“Okay.”

“Okay,” ripete Yamaguchi un’altra volta.

La sua voce suona vuota, come se le parole di Kei l’avessero scavato dall’interno. Kei conosce la sensazione.

Yamaguchi continua, “Se questa è la tua scelta…”

Quella frase porta con sé un senso di finalità che fa stringere dolorosamente il torace di Kei. Yamaguchi ha tirato così tanto le tese corde del suo cuore che si sono strappate. E le tue dita? Le hanno lasciate graffiate e doloranti? Si chiede Kei mentre guarda Yamaguchi alzarsi dal letto.

“Hey, Yama!” grida Hinata scivolando sui calzini attraverso la porta.

La fune su cui lui e Yamaguchi stanno camminando in equilibrio si spezza a quell’intrusione. Cadono.

“Che c’è, Shouyou?”

“Tuo padre dice – woah. Hey, che succede?”

“Niente, non è niente,” risponde Yamaguchi con finta leggerezza.

Assomiglia a un bel manichino. A Kei basterebbe toccarlo con un dito per farlo cadere e rompere sul duro pavimento.

“Che dice mio padre?”

“Dice che ti accompagna al cinema appena sei pronto.” Hinata osserva Kei con occhi sospettosi mentre parla.

“Oh. Grazie.”

“Di niente! Io e Kageyama ce ne andiamo, allora.”

“Va bene. Ci vediamo più tardi.”

“Vieni anche tu, Tsukishima?”

“Tra un minuto,” gli dice Kei. “Andate senza di me.”

Invece di andarsene, Hinata rimane sulla soglia. Guarda Yamaguchi con occhi interrogativi, come ad aspettare la sua approvazione.

“In realtà, dovresti andare anche te, Tsukki,” dice Yamaguchi inginocchiandosi per aprire il cassetto in basso del suo armadio. Tira fuori un paio di jeans e li tira accanto a Kei sul letto. “Devo prepararmi per uscire.”

A quelle parole, Hinata se ne va in corridoio. Kei finalmente si alza e si dirige verso la porta.

“D’accordo,” replica bruscamente.

“Ci vediamo dopo,” gli fa Yamaguchi con un debole sorriso.

“A dopo.”

Kei cammina via, con una sensazione simile a quella che sente dopo aver perso una partita importante; avrebbe potuto fare di meglio. Avrebbe potuto fare di più. Avrebbe potuto essere un po’ più attento, un po’ più veloce. Avrebbe potuto provare giusto un pochino di più. Chissà come sarebbe cambiato il risultato?

Ma è testardo, e si rifiuta di togliersi quella spina auto-imposta dal fianco.

Si blocca proprio prima che il corridoio si apra nel salotto quando sente il suo nome.

“Non lo so. Penso che Tsukishima abbia davvero ferito i suoi sentimenti,” sta dicendo Hinata a voce bassa.

Di Yamaguchi?” chiede incredulo Kageyama.

“Sì. Non lo so.”

“Se si tratta di Yamaguchi allora probabilmente non l’ha fatto apposta, no?”

“Non lo so, Tobio.”

“Huh.”

Il lampo di irritazione che sente per Hinata e Kageyama in quel momento viene immediatamente sciacquato via da forti ondate di senso di colpa. Ormai, riesce a individuare quella sensazione non appena emerge, come una vecchia amica. Dei nodi giganti gli costringono lo stomaco e il torace e non ha idea di come allentarli. Le sue parole fino a adesso si sono rifiutate di aiutarlo. Sente che ogni volta che apre la bocca, rovina qualcosa. Non è colpa di nessuno se non di Kei.

Kei gira sui tacchi e torna verso la camera di Yamaguchi. Yamaguchi alza lo sguardo dalla camicia che sta abbottonando quando Kei entra e si dirige dritto verso di lui.

“Tsukki…?” chiede, ma si ferma di colpo quando Kei si abbassa leggermente per avvolgergli le braccia intorno al corpo.

A Kei viene in mente che lui e Yamaguchi si sono baciati eppure non si sono mai abbracciati. Gli avambracci e i gomiti di Yamaguchi spingono contro le costole di Kei, le sue dite immobilizzate sul secondo bottone della camicia. Kei allunga il collo per appoggiare il mento dietro la spalla sinistra di Yamaguchi. Ha un fugace pensiero sulle lentiggini che risiedono proprio dove è premuto il suo mento, sotto la camicia. Il respiro di Kei perde un colpo quando Yamaguchi fa scivolare le braccia giù dal petto di Kei per lasciarle pendere rigide ai suoi fianchi. Kei preme i palmi delle mani tra le scapole appuntite di Yamaguchi. Il respiro del ragazzo è calmo e regolare nell’orecchio di Kei.

Dire che è piacevole sentire il corpo alto ma magro di Yamaguchi tra le sue braccia sarebbe un eufemismo. I loro corpi non erano così vicini neanche quando si stavano baciando. È un tipo di intimità diversa, ma Kei cerca di non pensarci in quel modo. Le persone si abbracciano quando sono agitate. Yamaguchi non è felicissimo di lui al momento, Kei lo sa, ma forse questo lo renderà meno agitato.

Questa è la logica di Kei, ed è la prima volta che la mette in pratica con Yamaguchi – o con chiunque che non sia un membro della sia famiglia stretta, in realtà.

Ed è bello.

Kei esala un ultimo respiro e si tira indietro. Le braccia di Yamaguchi si spostano finalmente dai suoi fianchi e il ragazzo preme rapidamente le mani sulle spalle ampie di Kei, tenendolo fermo sul posto. Kei rimane fermo (ovviamente Kei rimane fermo). Yamaguchi gira la testa e preme l’orecchio contro la sua clavicola. Se riesce a sentire il mio battito, si agita Kei, sono decisamente fottuto.

“Gli amici si abbracciano,” promette Yamaguchi con vigore, “Non provare neanche a dirmi che gli amici non si abbracciano.”

E poi stanno tutti e due ridendo. È debole e tenue e un po’ forzata, ma è comunque una risata. Spezza l’elettricità statica che riempiva la stanza e Kei spera che possano entrambi respirare più liberamente, adesso. Prende un altro profondo respiro per testare la sua ipotesi prima che i due ragazzi sciolgano l’abbraccio. Kei indietreggia e si aggiusta gli occhiali che gli sono scivolati sul naso. Espira.

“Divertiti,” gli dice Kei.

“Ci proverò, Tsukki.”

“Ti scrivo più tardi.”

“Okay, Tsukki.”

“Ci vediamo, Yamaguchi.”

“Ciao, Tsukki.”

 

  
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