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Autore: Anna Wanderer Love    02/05/2020    1 recensioni
La sua vista si schiarì, e riuscì a vedere un volto umano davanti a lui, dai grandi occhi verdi che lo fissavano preoccupati. Le labbra dell’umana si mossero veloci, di nuovo, ma di nuovo Thranduil non riuscì a comprendere cosa stesse dicendo e fece una smorfia mentre un fischio copriva ogni rumore, tranne quello del suo cuore che batteva sempre più lento.
Sentì le palpebre farsi sempre più pesanti, e appoggiò la nuca al tronco ruvido dietro di sé.
No, lesse sulle labbra dell’umana. Non addormentarti.
La vide estrarre qualcosa da sotto al mantello grigio, una fiala dal contenuto azzurrognolo. La avvicinò alle sue labbra, afferrandogli il mento per socchiudere la sua bocca. Versò un sorso del liquido, il sapore dolciastro si mischiò a quello acre del sangue. Thranduil fece in tempo a mandare giù, poi gli abissi calarono su di lui.
O:
Thranduil rimane ferito mentre viaggia per raggiungere le sue truppe, che si stanno radunando per cacciare il male da Bosco Atro. Da chi sarà salvato? E come farà a tornare dal suo popolo?
Kairos: dal greco, "momento giusto o opportuno, momento supremo". Un momento in cui accade qualcosa di speciale.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thranduil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 VIII
 
 



I tre giorni successivi passarono lentamente. Asinna e l’elfo si ritrovarono assorbiti in una routine familiare. L’elfo aveva insistito perché la donna continuasse a dormire nella sua stanza, e all’alba lei lo trovava assopito sulla poltrona, il volto elegantemente illuminato dai chiari raggi del sole. Non appena posava lo sguardo su di lui, l’elfo sembrava avvertire la sua presenza e apriva gli occhi.
Dopo aver mangiato, la donna si dedicava alle sue faccende. Preparava altri unguenti, metteva in ordine la stanza, andava a controllare Mirtilla e le galline portando indietro qualche uovo. Il secondo giorno Thranduil le tenne il broncio l’intera giornata perché lo costrinse a lavare i loro vestiti in un punto dove il ruscello si immergeva nella foresta, di modo che l’acqua dietro alla loro capanna non si contaminasse con il sapone.
Destreggiandosi tra le bolle bianche e i tessuti macchiati, i capelli d’oro legati in una treccia che gli scendeva lungo la schiena e la fronte aggrottata tanto che le sue sopracciglia sfioravano le lunghe ciglia, Thranduil ribolliva di rabbia, strofinando con forza le setole della spazzola sul tessuto azzurro della sua camicia. Lui, un re, anzi il re, costretto a lavare dei vestiti da un’umana.
Era grato di essere solo, perché se qualcuno l’avesse visto -il volto arrossato dal caldo, la camicia inzaccherata di acqua e sapone, i bruschi e faticosi movimenti con cui aggrediva il tessuto macchiato che rivelavano il suo oltraggiato stato d’animo- sarebbe morto dalla vergogna.
Dopo una decina di minuti, spostò lo sguardo sulla pila di indumenti che giaceva accanto a lui e fu preso per un attimo dallo sconforto. Quel lavoro era faticoso, snervante e noioso, e non avrebbe mai perdonato l’umana per un affronto simile.
Asinna aveva finito di trattare i funghi per creare l’unguento miracoloso per le ferite del re quando l’ombra imponente dell’elfo oscurò il pavimento. La donna alzò lo sguardo e scoppiò a ridere alla vista del guerriero sommerso da una catasta di vestiti appena lavati che barcollava verso la poltrona, visibilmente indignato. Le gettò un’occhiata di fuoco e lei abbassò la testa, senza riuscire a far scomparire il sorriso.
Lui le si parò davanti, le iridi grigie che dardeggiavano rabbiose.
- Per oggi ho finito.
La mano calda della donna gli afferrò il polso mentre si voltava per andarsene, e Thranduil si voltò sdegnato solo per trovarsi davanti un ghigno di sfida.
- Lì ci sono le patate da pelare.
Thranduil esalò un respiro tremante quando posò lo sguardo sul mucchio di almeno venti patate che aspettava sul piano della cucina. Asinna richiamò la sua attenzione con uno schiocco di dita, sorreggendo il suo sguardo rabbioso.
- O niente unguento.
Thranduil emise un sordo ringhio tra le labbra, si avvicinò alla cesta e afferrò bruscamente un coltello, sedendosi sulla poltrona e dandole le spalle.
Dovrebbe inchinarsi ai miei piedi, e invece mi fa lavorare come uno schiavo.

Durante il pranzo, Thranduil ignorò ogni tentativo di conversazione, fissando ostinato un punto indistinto alla destra dell’umana. Erano seduti fuori, a mangiare la focaccia di ceci e patate accompagnata da qualche manciata di riso, con l’aria che accarezzava i loro volti e uno splendido cielo a decorare la foresta.
- Non potete tenermi il muso a lungo. Tra pochi giorni ve ne andrete.
La realtà di quell’affermazione riportò l’attenzione del re di Bosco Atro sulle guance rosse della donna. Dopo l’incidente nel bosco, il suo comportamento nervoso si era pian piano acquietato ed era tornata ad avere la solita parlantina. Le gettò un’occhiata altezzosa.
- Mi rincresce privarvi di un tale prezioso aiuto. Chissà che sofferenza sarà lavare i vestiti senza di me.
Lei gli sorrise dolcemente.
- Davvero, è un peccato. State diventando un’ottima massaia.
La bocca di Thranduil rimase aperta per qualche secondo più del necessario mentre si portava un boccone alle labbra. L’elfo sbuffò, afferrò il piatto e andò a sedersi sull’erba qualche passo più in là, arrabbiato.
Asinna rise fino ad avere il mal di pancia quando Mirtilla andò a sdraiarsi contro la gamba dell’elfo e lui le lanciò un’occhiata furibonda.

Dopo quello spettacolo, Thranduil rimase all’aperto a pulire le sue spade gemelle, strofinando il metallo elfico finché iniziò a brillare. I residui di sangue nero erano ormai incrostati al metallo, dato che era passato fin troppo tempo da quando erano stati puliti grossolanamente dalla donna mentre lui era in preda alla febbre.
Si avvicinava sempre di più il momento in cui Thranduil avrebbe dovuto rimettersi in marcia.
Era ansioso e preoccupato. Non sapeva quale fosse la situazione che avrebbe trovato una volta raggiunto il suo esercito. Forse i suoi sudditi avevano già cominciato la battaglia contro gli orchi, forse no. Forse gruppi di esploratori erano ancora intenti a cercarlo nella foresta, molto più a nord di quanto si trovasse realmente.
Da una parte voleva arrivare il prima possibile a destinazione. Ma dall’altra non voleva lasciare quel luogo. Tralasciando la rabbia che provava in quel momento, il sovrano di Bosco Atro si sentiva in pace con se stesso in quella radura, mentre osservava le folte chiome scure che si dipanavano sotto di lui. Sapeva che abbandonare quel luogo l’avrebbe portato solo a guerra, ferite e sangue.
Era lacerato in due, ma non era l’unico.
Vedeva come l’umana si comportasse normalmente, ma anche come i suoi occhi celassero una vena malinconica che si rafforzava la sera, quando gli augurava la buonanotte e indugiava un momento di troppo sulla soglia.
Erano entrambi rimasti soli al mondo, e si erano trovati in una sorta di equilibrio che aveva lenito la loro sofferenza per un lasso di tempo che nella sua lunga vita non corrispondeva nemmeno a un istante. Ma Thranduil era sicuro che quell’istante non sarebbe mai svanito dalla sua memoria.
Percepì un movimento e vide lo stivale della donna apparire alla sua sinistra. Alzò lo sguardo e trovò il suo volto serio a guardarlo dall’alto. Aveva in mano una ciotola.
Thranduil ripose le spade nel drappo bianco, posandole davanti a sé. Asinna si sedette accanto a lui, incrociando le gambe e posando il contenitore a terra. Conteneva una crema densa dal colore del fiordaliso.
- Dovete spalmarla sulle ferite. Stasera vi toglierò i punti. Vi direi di rimanere anche domani, poi potrete partire quando volete – lesse sulle labbra della donna. I suoi occhi di giada sfuggivano i suoi, intenti ad osservare i batuffoli di nuvole davanti a loro.
Asinna era lieta che l’elfo non sentisse. Non aveva potuto accorgersi della sua voce incrinata.
- Mi dispiace per il vostro udito. Ho cercato di fare quello che potevo.
Il re di Bosco Atro annuì. Si sbottonò la camicia, lasciando cadere la stoffa a terra. Il calore del sole baciò la sua pelle mentre svolgeva le bende che gli fasciavano il ventre e toglieva delicatamente l’ultimo strato che copriva le due ferite. Scoccò un’occhiata rapida alla donna, che continuava a guardare davanti a sé, le guance rosse come dei piccoli tulipani.
- Asinna – la richiamò. Lei si voltò e tenne gli occhi ben alti sul suo volto. Thranduil indicò con un gesto del capo in basso, e lei fece scorrere lo sguardo giù, lentamente, dalla sua clavicola al petto definito, dallo sterno fino al suo basso ventre tagliato dalla linea sottile intervallata dai punti. Il re degli elfi sentì una strana morsa al ventre mentre gli occhi di lei lo esaminavano.
Si maledisse. Non poteva agitarsi così solo perché la donna lo stava guardando.
- Dovete solo spalmare la crema – lesse sulle sue labbra rosate. Asinna si morse quello inferiore e la stretta al ventre di Thranduil si rafforzò.
- Fate voi.
Lei evitava il suo sguardo. Lentamente, immerse le dita nell’unguento fiordaliso e si protese verso di lui, i ricci che le scivolavano ai lati del viso. Thranduil trasalì quando sentì le sue dita posarsi delicate e tracciare una scia morbida sopra alla ferita, incendiando la sua pelle.
- Grazie – mormorò.
Lei sorrise, si alzò e rientrò in casa.

Le stelle erano da tempo in cielo quando Thranduil si rassegnò a chiedere aiuto all’umana. Erano seduti davanti al camino, lei stava leggendo il libro dalla copertina nera. Senza posare lo sguardo sulla donna, Thranduil parlò con voce ferma.
- Non dovete togliermi i punti?
Asinna alzò lo sguardo e sospirò piano. Appoggiò il libro capovolto sul bracciolo della poltrona, annuendo lentamente.
- Giusto.
L’elfo le lanciò un’occhiata e si sentì tremare dentro. Le sue iridi plumbee la scrutavano con un’intensità che le fece venire la pelle d’oca. Anche se il suo volto era composto e neutro, dai suoi occhi trapelava una sorta di comprensione. Aveva forse capito?
Aveva capito che dal momento in cui le sue braccia si erano racchiuse attorno a lei, sottraendola al buio e al terrore di quella notte nella foresta, qualcosa era cambiato? Aveva capito che nonostante lei detestasse con ogni briciolo del suo animo la sola idea di non essere più indifferente, era così? Aveva capito che quando si spogliava davanti ai suoi occhi sentiva un cocente imbarazzo? Aveva capito che egoisticamente voleva che rimanesse con lei, per non tornare alla solitudine della sua remota esistenza tra quelle montagne?
Era sicura che avesse capito. Se non tutto, almeno una parte di quei segreti inesprimibili.
- Dovete stendervi – mormorò, alzandosi e sottraendosi allo sguardo dell’elfo. Si avvicinò al cassetto per prendere le bende e gli strumenti che le servivano, ma il cuore le balzò in gola quando sentì il suo odore avvolgerla, il suo respiro lieve poco distante dalla sua schiena.
- Non dovete temere.
Asinna strinse le labbra in una linea sottile, respirando a fondo. Si voltò. Erano vicini, fin troppo vicini, tanto che doveva inclinare la testa verso l’alto per riuscire a guardare quel volto etereo sopra di lei. Era sicura di essere arrossita.
- Cosa significa?
Il suo sguardo sembrava affondare nella sua anima, dolorosamente. Thranduil rimase immobile per qualche istante, mentre trovava una conferma che non avrebbe voluto trovare negli occhi della donna.
- Se ho fatto qualcosa che vi ha messa a disagio, mi dispiace.
La donna continuava a non capire, era chiaro dal modo in cui le sue sopracciglia erano aggrottate.
- Da quando siamo tornati dalla foresta… - si interruppe, vedendo una scintilla nei suoi occhi e notando come lei si fosse irrigidita – e anche prima, quando vi ho chiesto aiuto… ho avuto l’impressione che la mia presenza vi provochi disagio.
Perché si ostinava a non capire?
- Volevo solo… dirvi che apprezzo profondamente il vostro aiuto. Non me ne dimenticherò. Non dovete avere paura – ripeté, e vide nei suoi occhi che qualcosa era cambiato. Si sgranarono leggermente, poi Asinna distolse lo sguardo, come se le sue parole l’avessero ferita.
- Andiamo – disse semplicemente. Scivolò via, allontanandosi da lui, e la sua improvvisa freddezza gli provocò una morsa allo stomaco. Thranduil sospirò, confuso. Aveva forse sbagliato a interpretare il suo comportamento?
Eppure la donna era a disagio, ogni volta che si trattava di curarlo e di toccare le sue ferite. Non aveva dovuto chiederle esplicitamente di aiutarlo lui stesso, poche ore prima, sul verde brillante del prato? Il re di Bosco Atro aveva pensato che lei non volesse più avvicinarsi a lui, non così. Aveva pensato che si preoccupasse della sua intimità, di non dargli fastidio. Non per questo distoglieva lo sguardo quando la camicia si scostava dal suo corpo? Aveva percepito la sua esitazione, più volte, e il modo in cui evitava di guardarlo. Non era successo prima perché prima era un semplice paziente da curare. Ma adesso? Adesso, dopo tutte le giornate trascorse, i discorsi fatti, le battute? Ora che il loro legame, qualsiasi fosse, si era trasformato in qualcos’altro, per quanto strano, lei doveva aver pensato che questo cambiasse le cose, e aveva cominciato a comportarsi diversamente per mantenere le distanze e non dargli l’occasione di fraintendere. Per lei era semplicemente un elfo di cui non sapeva nemmeno il nome con cui trovava piacevole passare il tempo, magari solo quello e solo finché non sarebbe partito. Per questo era imbarazzata, per questo era diventata così pudica, perché ormai erano ciò che altre persone avrebbero definito amici.
Thranduil era consapevole che per lui era lo stesso, e trovava sciocco che ci fosse quella tensione a rendere amari gli ultimi momenti in cui potevano rallegrarsi della compagnia dell’altro. Nonostante sentisse che era profondamente sbagliato, e fosse irritato al pensiero, aveva finito per affezionarsi a quell’umana testarda che gli teneva testa con un’irriverenza per cui altri sarebbero finiti decapitati. Ma lei era diversa. Con lei, Thranduil aveva ritrovato una scintilla di pace, che presto si sarebbe esaurita. E si rammaricava che l’imbarazzo che aleggiava tra loro impedisse alla donna di rimanere serena durante quegli ultimi giorni.
Eppure era così.
Era sicuro che lei avesse in qualche modo percepito l’attrazione che lo trascinava verso di lei, che lo portava a desiderare di rimanere, di godere della sua compagnia ancora per un po’, nonostante con ogni briciola di determinazione avesse cercato di sembrare impassibile e nascondere quegli strani sentimenti che non avrebbe dovuto provare. Per questo era stato sicuro che si trovasse a disagio, in quei momenti. Si era forse sbagliato?
Asinna era già nella stanza, quando la raggiunse. Gli dava la schiena, la testa china mentre sistemava i suoi oggetti sulla scrivania e accendeva una candela. Thranduil slacciò i bottoni della camicia, sfilandosela. Non si era mai spogliato così tante volte davanti a qualcuno da molto tempo.
Si sdraiò, fissando i fiori sopra alla sua testa, ignorando ogni movimento della donna. Davvero non capiva.
Asinna si sedette sul bordo del letto. Il suo fianco toccò morbido l’anca del sovrano e si spostò velocemente quando lui le lanciò un’occhiata penetrante. L’aria fredda prese il posto di quel dolce calore, ed entrambi ne avvertirono la mancanza.
- Scusate – mormorò Asinna, cercando di calmare i battiti del suo cuore.
Tornò a fissare il corpo davanti a lei. Lacerò le bende, posando per un istante la mano sulla pelle tesa del suo addome e sentendo i suoi muscoli contrarsi al contatto. Era forse disgustato? Non sopportava che lo toccasse?
Pulì la ferita con un panno. Gocce d’acqua colarono lungo il ventre del sovrano, scivolando lungo i suoi fianchi e perdendosi nel materasso. Asinna era sicura che le sue guance fossero del colore di un incendio. Lentamente, si accinse a togliere i punti. Un sospiro roco sfuggì dalle labbra dell’elfo sotto di lei ogni volta che il filo abbandonò la sua carne, un sospiro che le fece salire il cuore in gola, mentre lavorava e vedeva i muscoli delineati del corpo contrarsi ad ogni fitta di fastidio. L’ultimo punto si era inciso nella pelle più in profondità degli altri. Mentre lo sfilava, Thranduil si lasciò scappare un gemito soffocato, le braccia che si contraevano afferrando il materasso, il petto che si sollevava in un respiro profondo, la testa che si sollevava verso l’alto sprofondando nel cuscino, mostrando la sua gola candida. Asinna sentiva un calore devastante al ventre, grazie a quella visione, e ringraziò il cielo che l’elfo non avesse guardato il suo volto per tutto quel tempo.
Thranduil riaprì gli occhi, dopo qualche istante. Alzò piano la testa, incontrando le iridi lucide della donna, e si alzò sugli avambracci per gettare un’occhiata alla linea che correva dalla sua anca a sotto l’ombelico. Era una linea rosata, richiusa perfettamente dai punti. Guardò la donna e per una volta si concesse di sorriderle davvero. Asinna ricambiò timidamente.
- Grazie – le mormorò.
Le sue guance erano cremisi, ma l’occhiata che gli lanciò era davvero serena.
- Di niente.
La guaritrice applicò di nuovo l’unguento con un gesto rapido, per poi aiutare l’elfo a bendarsi di nuovo. Una volta finito, Thranduil rimase fermo, senza rivestirsi, mentre la donna gli faceva cenno di aspettare e tornava nell’altra stanza.
Rientrò con due tazze fumanti in mano, porgendogliene una e sedendosi all’estremità opposta del letto, le gambe distese lungo la parete, parallele alle sue. Thranduil si appoggiò al cuscino, godendo del calore dell’infuso che gli scaldava la pelle dello stomaco.
- L’ho fatto con il resto dei funghi – gli spiegò timidamente.
La tensione che aveva scorto nei suoi occhi mentre le parlava nell’altra stanza prima era evaporata. Ora la donna lo guardava semplicemente, e il re aveva l’impressione che quella sarebbe stata una conversazione che non avrebbe dimenticato.
- Vi ringrazio. Avete fatto tanto per me.
Asinna sembrò stupita, al che Thranduil alzò un angolo della bocca in un sorriso triste.
- Conosco le buone maniere, e non sono ingrato, anche se ho un carattere particolare.
- È ammirevole che ne siate consapevole – lo prese in giro lei, provocando una risata leggera. Nel vederlo così rilassato, la schiena appoggiata contro la parete, i capelli che scendevano sul suo petto come una cascata, Asinna sentì una strana quiete calmare ogni traccia di nervosismo che le era rimasta nel cuore.
Il silenzio che seguì era tranquillo. Entrambi si immersero nei loro pensieri, gettando ogni tanto piccole occhiate all’altro, finché Thranduil non prese la parola.
- Non posso rivelarvi il mio nome.
- Lo so.
- Ma questo non significa che se mai avrete bisogno di trovarmi non potrete farlo.
Thranduil posò la tazza sul materasso davanti a sé, appoggiandola contro alla sua coscia per farla rimanere ferma, osservando gli anelli che impreziosivano le sue dita. Ne sfilò uno, quello dalla gemma color acquamarina incastonata sull’elaborata banda d’argento che aveva ricevuto in dono dai nani dopo la Battaglia. Era un dono di cui tutti i suoi sudditi erano al corrente, poiché aveva sancito la pace e l’alleanza con la stirpe che avevano osteggiato così a lungo, consegnatogli da Dàin in una cerimonia di commiato davanti ai loro popoli.
Thranduil tese la mano, e l’espressione perplessa di Asinna mutò.
- Non potrei…
L’elfo la guardò severamente. – È considerata un’offesa terribile rifiutare un dono, tra le usanze elfiche.
La donna esitò, poi si protese in avanti ad afferrare l’anello. Lo osservò, strabiliata dalla bellezza e dal pregio. Persino lei che non era un’esperta riusciva a comprendere che doveva avere un valore enorme. E l’elfo gliel’aveva donato come segno di amicizia, così che se mai avesse avuto bisogno di lui sarebbe stata in grado di raggiungerlo. Non era comune che gli elfi elargissero quel tipo di dono a membri di altre razze, era risaputo. E soprattutto, non lo facevano mai a cuor leggero.
Alzò lo sguardo e sorrise commossa, mentre l’elfo la osservava con una sorta di dolcezza che le scaldò l’anima.
- Non è un semplice anello. È un simbolo che ogni elfo può riconoscere. Non avrete problemi a trovarmi, finché lo indosserete.
Asinna chinò la testa e lo rimirò ancora per qualche istante, prima di provare a infilarlo sulle sue dita. Era talmente grande che le andava sul medio, mentre aveva visto che l’elfo lo indossava al mignolo.
- Non so come ringraziarvi.
- L’avete fatto salvandomi la vita – replicò l’elfo. Riprese la tazza tra le mani e bevve un sorso dell’infuso, con un lieve sospiro. Lo sguardo della donna era ancora su di lui, e le sue iridi color giada erano incerte mentre gli rivolgeva una domanda a cui Thranduil davvero non sapeva cosa rispondere.
- Sarete al sicuro?
L’elfo sorrise con amarezza, pensando a come fosse rimasto al sicuro per fin troppo tempo.
- Non lo so. Non sarò indifeso – fece una pausa, osservando la radura fuori dalla finestra. La notte era ormai inoltrata, e la luce era fioca, dato che nubi grigiastre avevano oscurato la luna. Per i suoi occhi non era un problema, ma per la donna non doveva essere facile distinguere i suoi lineamenti, nonostante la candela che ancora ardeva poco distante da lui.
- Voi?
Asinna si strinse nelle spalle, una nota triste negli occhi.
- Non lo so. Credo dipenda tutto dalla vittoria, o dalla sconfitta, degli elfi. Magari lo stesso istante in cui voi ve ne andrete il ragno tornerà a cercarmi e morirò avvolta in una ragnatela. Almeno voi non avreste il problema di rivedermi di nuovo.
Thranduil la guardò serio, una sorta di malinconia che lo avvolgeva lentamente in una bolla.
- Vorrei rivedervi mille volte, al contrario.
La donna era rimasta senza parole e sorrise tra sé e sé. Per una volta era stato lui a zittirla.
- Mi mancherete – disse semplicemente Asinna, suscitando la sua sorpresa. Lo guardò e Thranduil notò un velo di lacrime rendere i suoi occhi simili a piccole gemme luccicanti. – E non perché toccherà a me lavare i vestiti.
Il re degli elfi sorrise.
- Sarà strano anche per me.
- Torneremo a sentirci di nuovo soli – un lampo folgorò il sovrano. Mai aveva detto di sentirsi solo, eppure lei l’aveva capito comunque. Ancora una volta, lo sorprendeva.
- Immagino di sì – rispose a voce bassa.
La donna gli colpì giocosamente il polpaccio con il ginocchio, in un gesto istintivo per mitigare la tristezza che aveva preso in ostaggio la loro conversazione.
- Promettetemi che parlerete con vostro figlio.
Thranduil aggrottò le sopracciglia, reprimendo l’irritazione istintiva che sorse nel sentirla parlare di quell’argomento, e si disse di ascoltare, per una volta. Avrebbe potuto tornargli utile, pensare diversamente dal solito. E l’unica opinione che avrebbe mai potuto accettare era quella di Asinna.
- Come?
Lei sorrise, e una lacrima solcò la sua guancia mentre guardava fuori dalla finestra, al che Thranduil rimase stupefatto. Non poteva sentire, ma era certo che la sua voce fosse rotta dalla tristezza.
- Se io avessi un figlio con cui parlare, gli direi quello che provo senza nascondermi dietro a scuse o problemi. Gli direi che lo amo più di qualsiasi altra persona al mondo. Più di me stessa.
Rimase in silenzio per un istante, prima di voltarsi. Lacrime calde scendevano lungo il suo viso, mentre i suoi occhi arrossati lo paralizzarono sul posto.
- Ditegli cosa provate, con sincerità. È l’unico modo per abbattere qualsiasi barriera.
Thranduil chinò il capo, mentre lei distoglieva lo sguardo e cercava di riprendere il controllo. Vederla piangere era troppo intimo. Eppure sapeva che lei non si sarebbe permessa di lasciare andare le sue emozioni con nessun’altra persona, e in nessun altro momento. Si stavano dicendo addio, e niente avrebbe intaccato la purezza di quel momento, nemmeno la vergogna.
Un uomo l’avrebbe abbracciata. Un uomo l’avrebbe stretta a sé, lasciando che desse sfogo al pianto che le infiammava la gola sul suo petto, accarezzandole i capelli e aspettando.
Thranduil fece di più. Si alzò dal letto e le si avvicinò. La notte avrebbe nascosto ciò che stava per succedere, avrebbe custodito quel segreto agli occhi del mondo. Per una volta, il re degli elfi lasciò andare ogni etichetta e ogni facciata, e agì di cuore.
Si bagnò le labbra con un ultimo sorso di infuso, e poi cominciò a cantare, sedendosi accanto a lei, spalla contro spalla, donandole il calore del proprio corpo per scaldare il suo cuore assediato dal freddo intenso del dolore.  
Nel sentire quel suono inaspettato, Asinna sussultò. Riportò lo sguardo su di lui. L’elfo stava intonando una canzone in una lingua melodiosa, straniera. La sua voce echeggiava delicata e profonda attorno a loro, creando un’atmosfera magica. Rimase seduta immobile, respirando appena, mentre la cantilena addolciva il suo dolore, scuotendola fin nelle ossa. Rimase immobile, mentre l’elfo la cullava con il suo canto antico e magico, fino a far sparire ogni ombra di oscurità dal suo cuore.







Angolino dell'autrice: 
Buon pomeriggio (: 
Come state? Spero tutto bene! 
Allora, ci avviciniamo alla fine... anche questo capitolo si incentra sul rapporto tra i due protagonisti, il cui tempo ormai è agli sgoccioli... e proprio per questo qualcosa sta iniziando a cambiare! La consapevolezza di essere quasi alla fine li porta ad essere più incauti, più onesti, più aperti. Da una parte l'affetto che si è risvegliato timidamente in loro, dall'altra nuove sensazioni che stanno affiorando e che non sanno bene come controllare...
La parte che ho apprezzato di più, nello scrivere, è sicuramente quella in cui Thranduil regala ad Asinna l'anello. Pensate che servirà, in futuro?
Spero che questa parte vi sia piaciuta, e che possa aver alleggerito un minimo l'atmosfera di questo periodo! Sarei molto felice, se vi avesse fatto sorridere. 
Come sempre, ogni critica o commento è più che benvenuto! Ma vi ringrazio anche solo per essere arrivati a leggere fino a qui!
A presto, 
Anna xx

 
   
 
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