Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: iron_spider    05/05/2020    0 recensioni
La sua mente è un caos infernale, ma ricorda il momento: ricorda la propria morte, ricorda il dolore rosso e scottante e Peter che urla, Rhodey che accorre al suo fianco. Ricorda di aver saputo che non avrebbe rivisto Pepper… ma ce l’avevano fatta. Avevano aggiustato il mondo, cancellato il tempo perso, risolto le cose. E il ragazzino era tornato. Piangeva, quel ragazzino che lo odiava per ciò che aveva fatto, ma era tornato. Era vivo.
E Tony Stark era morto. Ma adesso respira di nuovo mentre cerca di pensare, annaspando, con le mani che tastano le pareti che lo circondano, che lo racchiudono, che lo soffocano.
È in una bara. È sottoterra. È sottoterra, cazzo.

[Traduzione // Hurt-comfort // What If? // Tony&Peter // scritta pre-Endgame // Completa]
Genere: Angst, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 6


 
E quindi, una volta usciti dall’edificio allestito per la stampa, si rilassano. Fanno attività che riportano Tony all’infanzia. Cantano al karaoke, e guardare Thor che si sgola su I Will Survive sale in cima alla lista dei suoi ricordi preferiti. A seguire, con poco distacco, c’è Steve che canta Tik Tok. Mangiano tacos; in affetti, allestiscono una vera e propria taqueria e il tutto li riporta a quelle uscite di gruppo degli inizi, quando i Vendicatori si stavano ancora abituando all’idea di esistere. Tony crede di aver mangiato qualcosa come sei tacos nel giro dei primi venti minuti. Poi perde il conto.

Preparano anche del Daiquiri e Peter ne riceve uno analcolico, anche se Tony è certo di aver intravisto Bucky, proprio lui, che gli passava di nascosto un po’ di tequila. Promemoria: non dirlo a May. Guardano Die Hard e Natasha e Clint si mettono a disquisire sulle varie logistiche dell’infiltrarsi tramite i condotti d’aerazione, cosa che a quanto pare hanno fatto sia separatamente che insieme. Poi per qualche oscuro motivo mettono The Millionaire e si ritrovano tutti a piangere, come se non lo avessero già fatto abbastanza ultimamente. Thor e Bruce danno inizio alla follia quando tentano di ricreare la danza finale, e Rhodey e Happy vi si uniscono mentre Natasha e Pepper si siedono sul bancone limitandosi a giudicarli.

Quindi si rilassano. E quindi se la spassano e mangiano e bevono troppo. E quindi, forse, Tony e Pepper si ritrovano a baciarsi come adolescenti, appartati in corridoio. E quindi, forse, Peter batte tutti a biliardo scatenando una sfida all’ultimo sangue per tentare di superare Spider-Man. Ma tutti – tutti quanti – sorridono, e forse Tony a un certo punto si distrae. Si distrae, per un solo istante, dal fatto che una settimana fa non aveva tutto questo. Neanche la minima parte. Non aveva nulla. Una settimana fa stava marcendo, era pieno di vermi e gli si stava sfaldando la pelle. Una settimana fa mancava ancora a tutti quanti. E adesso c’è questo. Vita. Amore. Quel tipo di amore che stanno finalmente lasciando a briglia sciolta, e lui non riesce a comprenderlo, ne ha paura e allo stesso tempo non ha mai voluto così tanto qualcosa.

Ma c’è un pericolo incombente. Avrebbe dovuto immaginarselo, di tornare a casa e ritrovarsi con un pericolo incombente tra capo e collo. Quando mai non ce n’è uno? Però, in effetti, non sapeva nemmeno che sarebbe tornato a casa. Non ha mai neanche avuto intenzione di morire.

Poi passano un’ora a rispondere ai messaggi di sgomento, empatia e solidarietà che inondano la casella di posta sua e di Pepper, e Tony non ha idea del perché si stia commovendo per il fatto che non abbiano disattivato il suo indirizzo e-mail. Ci sono centinaia di messaggi non letti, e intuisce che alcuni di essi siano della stessa risma di quelli che ha sul comodino, di quelle lettere che vivono nella sua testa, con le parole più dolorose che si ripetono all’infinito, in circolo. Vede una lunga sequenza di Pepper, Pepper, Pepper, poi Peter, Peter, Peter, Peter, Rhodey, Clint, Rhodey, Pepper, Happy, Natasha, Happy, Rhodey, Pepper, Happy, Peter, Bruce, Bruce, Steve. Tony non prende nemmeno in considerazione l’idea di aprirle, non adesso. Ovunque vede le prove di un dolore durato sette mesi, come un velo sottile con troppi fili che lui deve contare. Non ne ha nemmeno sfiorato la superficie.

Pepper gli riattiva il telefono, e non appena finisce di resettarlo riceve una chiamata da Visione, come se avesse percepito quel nuovo mezzo di comunicazione. È poco emotivo quanto l’ultima volta che l’ha visto, e Wanda continua a intervenire in sottofondo per fargli sapere che arriveranno tra un paio di giorni.

Riceve anche una chiamata da Sam Wilson, ma questa gli arriva dal telefono di Bucky, che sta usando Steve, in sostituzione di quello che ha rotto.

“Vuole me?” chiede Tony, e ormai sono le dieci di sera. “Non pensavo nemmeno che sapesse chi sono.” Tony riesce a malapena a sentirsi parlare sullo sfondo di Clint e Happy che cantano il duetto di Grease, e incrocia lo sguardo di Pepper. Lei alza gli occhi al cielo, probabilmente estenuata da quel continuo cantare. Tony sa che Peter ne ha filmato ogni singolo secondo.

“Non ha idea di chi sia nessuno,” replica Bucky, e d è decisamente un po’ rosso in volto per la quantità d’alcol che ha bevuto. Ma, proprio come Steve, niente riesce a renderlo davvero ubriaco.

Tony prende il telefono dalla mano di Steve. “Buonasera, qui è il Polar Express.”

“Parlo col Capotreno Stark?” chiede la voce di Sam.

“Sissignore,” risponde lui, sorridendo. [1]

“Cristo, uh… wow. Wow, davvero. Tutto ciò è fin troppo teatrale, anche per te.”

“Lo so, lo so,” replica Tony, alzando lo sguardo. Vede Natasha che porta a Peter una ciotola di gelato e a Pepper un intero pacco di Oreo, che lei prende con disinvoltura, come se fosse un fatto normale. “Mi conosci, mi piace tenere tutti sulle spine. Spero di avervi sorpreso.”

“Oh, sì, decisamente,” conferma Sam. “Ma, sul serio, mi… mi dispiace se ci ho messo così tanto a chiamarti; sai, la gente ha iniziato seriamente a chiedermi se c’entro qualcosa, visto che non ero con voi sul palco…”

Tony assottiglia gli occhi. “Ah. Davvero?” Fa una pausa. “Ed è così?”

“Ti ho riportato in vita?” Sam ride. “Magari. Merda, non ho mai visto Nat così. E l’ho vista esternare una vasta gamma di emozioni, per tutto il tempo in cui abbiamo fatto squadra con Steve, ma stavolta… perderti l’ha devastata, sul serio. Steve stava male, ma lei stava peggio.”

Tony mugugna tra sé, alzando di nuovo lo sguardo e osservandolo mentre strappa il microfono a Clint per lanciarlo a Peter. Gli è stato difficile leggerla finora, se non per quella primissima espressione di shock commosso. Schiocca la lingua, portandola un po’ più in alto sulla sua lista.

“Quindi sì, l’avrei fatto, per loro. Merda, Tony, se avessi davvero il potere di riportare indietro le persone… beh, lo userei in modo molto liberale, mettiamola così. E come me un mucchio di altra gente. Quello che hai detto, sul fatto che il tutto deve essere fattibile… continua su quella linea o potremmo ritrovarci a gestire dei casini, anche se la gente ha buone intenzioni.”

Tony deglutisce a forza. “Fidati, ci metto una pietra sopra se avrò anche solo il vago sospetto che questa roba sia pericolosa, e ho un brutto presentimento che lo sia. So che la gente si incazzerà con me, ma non…” L’unica cosa che la sua mente continua a ripetere è pericoloso. Pericoloso, pericoloso. Si chiede se non ci sia qualcosa, sepolto nella sua testa, qualcosa riguardo all’incantesimo. Si chiede se ci sia un qualche filo invisibile a legarlo a chi l’ha lanciato, un qualche segno che potrebbe aiutarlo a riconoscerlo.

“Io mi fido del fatto che saprai gestirla, e se manterrai il tutto nella cerchia di persone giuste riuscirai anche a scansare parte delle accuse inevitabili che non ti meriti,” afferma Sam. Lui sospira. “La gente si mette cose strane in testa, quando pensa di poter fare qualcosa che in teoria non dovrebbe essere in grado di fare, soprattutto se è per aiutare qualcuno di amato. Speriamo solo che tutti lo tengano bene a mente quando si dovrà chiarire la questione del come sei tornato qui, e che non si mettano suddette idee in testa,”

“Già,” replica Tony. Sente di essersi rilassato a sufficienza, a questo punto. Deve cercare di vederci chiaro in questo maledetto macello, e cercare di proteggere chiunque l’abbia causato. Se è ancora in tempo.

“Beh, ti lascio libero,” dice Sam. “Sono davvero contento di riaverti tra noi, Tony. So che siamo stati in schieramenti opposti in passato, ma… merda, non ti ho mai voluto morto. Iron man è Iron Man, no? Vorremmo tutti che fossi immortale.”

Tony sorride appena. “Ti stai perdendo in sentimentalismi con me, Wilson?”

“Certo che no. Non so di che parli. “ Soffia nella cornetta e fa un paio di versi ridicoli. “Oh– non ti sento! Non ti sento!”

 “Ci sentiamo dopo,” ride Tony. “Meglio per te che passi da queste parti, o trovo un modo per tarparti le ali.”

“Passare– passerò– ah– ciao Stark!”

“Ciao, pennuto.” Attacca e si volta per restituire il telefono a Steve.

“Sembrava una cosa seria,” dice Steve, stringendo gli occhi.

“Pare che ultimamente tutto lo sia,” commenta Tony, con una scrollata di spalle. Guarda gli altri: Pepper e Tasha che ballano, Peter e Happy che, tra tutte le canzoni, cantano Time of my Life mentre Peter tenta di mangiare comunque il gelato – e Tony non ha idea da dove diavolo sia sbucata quella colonna sonora. Bruce, Thor e Rhodey sembrano intenti in una sorta di gara di bevute, e sa che pagherebbe oro per vedere Thor veramente sbronzo.

“Che c’è che non va?” chiede Steve, avvicinandosi di un passo.

“Niente,” mente Tony. Si figura altre regole assurde che quell’incantesimo potrebbe implicare e che Strange non conosce. La persona che l’ha lanciato che muore sette giorni dopo. L’obbligo di uccidere qualcun altro se la persona riportata in vita vive per un altro anno. Un qualsiasi tipo di sofferenza in arrivo per lui o lei, che magari ha reputato sensata, perché pensava che ne valesse la pena.

Li immagina mentre si dissolvono tutti, come su Titano. Come è successo a Peter.

 
§
 

Tre ore dopo è l’unico ancora sveglio, o almeno così crede. Non sa come a nessuno non sia venuta la smania di uscire, e si sente in difetto per averli costretti in casa. Sarebbero potuti uscire, ma la stampa si sta già trattenendo: Tony non riesce a credere che ci riuscirebbero anche nel vederlo in pubblico. Se li vedessero tutti insieme.

Sa che tutti dovranno andarsene, prima o poi. Peter sta già saltando scuola: prima Rhodey e Bruce l’hanno aiutato a finire rapidamente i compiti così da non dover rimandare la festa, ma May non gli permetterà di rimanere qui per sempre, e la scuola finirà per obbligarlo a non perdere altre lezioni, anche se tutti evidentemente sanno quanto Peter gli sia vicino. L’idea di lasciarli andare via gli fa girare la testa, lo fa sentire debole. Si sente un egoista appiccicoso. Ha ancora difficoltà a concedersi dei momenti di debolezza, anche se sa che in questa situazione sono normali, e dovrebbe probabilmente parlarne con Pepper, per farsi rassicurare.

Sono tutti collassati in salotto. Natasha e Pepper dormono sul divano-letto, Clint e Rhodey tentano di dividere la poltrona estendibile, Bucky ha la testa sulle gambe di Steve, quelle di Thor e Happy sono premute l’una contro l’altra e Bruce è mezzo sdraiato sul tavolo da biliardo.

Peter è per terra tra il divano e il tavolino da caffè, e Tony decide di occuparsi prima di lui, poi di Pepper, concludendo che gli altri possono o dormire qui fino a domattina o raggiungere le loro stanze quando si sveglieranno. Non hanno alcun piano, per domani. O almeno, gli altri non ne hanno. Tony ha un appuntamento col suo computer così da rimettere in sesto FRIDAY e ricercare quante più informazioni possibili riguardo all’incantesimo. Deve aggiornarsi sui nuovi cattivi e su tutti coloro che più hanno risentito della sua morte fuori da questa stanza. È finito il momento di rilassarsi. Nelle ossa, sente l’urgenza di risolvere questo mistero.

Si china vicino a Peter e lo scuote delicatamente per la spalla. “Ehi, ragazzino,” sussurra. “Svegliati, ubriacone.”

Le sopracciglia di Peter si aggrottano e volta la testa di lato. “Non sono ubriaco,” ribatte. “Ho bevuto… due shot di tequila, e basta.”

“Già, e sono due di troppo,” replica Tony, ancorando le mani sotto le sue braccia per issarlo in piedi. Peter emette un lamento ma non si oppone, lasciandosi sostenere quando è di nuovo sulle proprie gambe. “Gesù, hai messo su peso?” chiede Tony.

“Non si chiedono queste cose.”

“Sono tutti muscoli, ne sono sicuro,” sorride Tony. “Dai, devo portare a letto te e Pepper e poi decidere se riservare il favore a qualcun altro. Siete un branco di poppanti.” Lo guida fuori dal salotto e verso il corridoio, mentre Peter è intento a camminare in quel modo strambo di chi ha troppo sonno, trascinando i piedi sul pavimento, con la testa ciondoloni e l
intero corpo sbilanciato contro Tony.

“Puoi lasciarli là,” bofonchia. “Lo facevamo… prima che Steve si trasferisse, ci schiantavamo di là così,” dice, mentre svoltano nel corridoio. Si porta una mano al petto. “Spesso c’era anche May. Era come se… se non volessimo perderci mai di vista.”

Tony si schiarisce la voce. Un altro scorcio su quei mesi sofferti. “L’hai chiamata per darle la buonanotte, vero?”

“Peter annuisce. “Mh. Prima del… del quarto torneo di biliardo.”

Tony trattiene una risata nel naso. Si rende conto di stringerlo troppo forte e allenta la stretta sulla sua spalla. Percorrono il resto del corridoio e si fermano davanti alla porta di Peter. Questi si volta a guardarlo, un po’ più lucido di pochi istanti fa. “Sei stato grandioso oggi, alla conferenza,” afferma. “Sai sempre cosa dire, è stato… è stato forte.”

“Grazie, ragazzo,” replica Tony, e anche lui è piuttosto fiero di se stesso. “Speriamo che quei tizi si diano una calmata, almeno per il momento.”

Peter si getta in avanti, abbracciandolo con forza. Tony posa il mento sulla sua testa e chiude gli occhi. Ti prego dimmi se sei stato tu. Ti prego, ti prego, dimmelo. Non mi arrabbio. Poi risolviamo tutto insieme.

Ma Peter rimane in silenzio. Si stacca da lui, sorridendo. “’Notte, Tony.”

“Ci vediamo domani, Pete.”
 
§

 
Tony accompagna a letto Pepper e poi decide di fare lo stesso per tutti gli altri, il che gli rimedia una buona dose di proteste, anche se non rifiutano il suo aiuto e la sua vicinanza. Nemmeno Bucky, che Tony recupera prima di Steve, guadagnandosi un paio di sorrisi e una sfilza di mi dispiace non collocabili.

Poi dorme per dieci ore. E quando si sveglia, Peter non c’è.

Tony avverte dei dolori bizzarri ancora prima di aprire gli occhi. Ha il petto indolenzito, gli fa male la mano, la testa gli pulsa in un modo che, ne è certo, interesserebbe a Bruce. Ma non vuole che credere che tutto quello che è accaduto sia troppo bello per essere vero, quindi non dice nulla ad alta voce, non ancora. Sposta solo il peso sull’altro lato con un piccolo lamento, verso il punto in cui percepisce Pepper, distesa.

“Hai dormito molto,” dice lei, pettinandogli i capelli. “Prima che tu te ne accorga da solo e inizi a dare di matto, Peter non è qui.”

Tony apre di scatto un occhio. “Perché?” chiede. Lei gli sembra troppo calma per lasciarsi prendere dal panico, ma ne ha decisamente la tentazione.

“Ha fatto un salto qui prima e mi ha detto che andava a trovare May, a prendere un paio di cose a casa e poi sarebbe tornato. Puoi mandargli un messaggio per stare tranquillo, ma sta bene, torna tra poco.”

Tony si sente un dannato egoista per un istante perché vuole che il ragazzo rimanga qui, ma sa che non può tenerlo per sé e toglierlo a May. Però non può fare a meno di sentirsi un po’ più instabile, sapendo che non c’è Peter in giro. Annuisce, sfregandosi il petto. Direttamente sopra le cicatrici. Si chiede se sia normale che gli dolgano così tanto. Quando Bruce lo ha visitato, ieri, ha di nuovo ripetuto in modo quasi frustrato che era perfettamente “a posto”, quindi non ha idea di cosa gli stia succedendo.

“Stai bene?” chiede Pepper, passandogli le dita sulla fronte in un gesto calmante. “Hai una faccia strana.”

“Sì,” risponde lui, e conclude che essere sinceri sia la soluzione migliore. “Ho solo un paio di acciacchi e doloretti, ma lo… lo dico a Bruce e vedo che ne pensa. Gli altri sono ancora qui?”

“Sì,” conferma lei, e sembra leggermente in pensiero. “Magari dovresti alzarti e dirglielo adesso. Magari, per la mia sanità mentale.”

Tony sospira, prendendole la mano per baciarle le nocche e il centro del palmo. “Dici?” chiede, alzando gli occhi per incontrare i suoi.

Annuisce. “Dico.”

Tony si accosta un po’ di più a lei, sbirciandola dal basso. “Ora comincerai a preoccuparti anche quando sbatterò il mignolino, vero?”

Pepper lo fissa incredula. “Una botta al mignolino è un’emergenza di livello cinque.”

Tony sbuffa. “E il livello uno quale sarebbe?”

“Emergenza da unghia spezzata, emergenza da taglietto, emergenza da ginocchia sbucciate.”

“È tutto un’emergenza?” chiede, sorridendo.

Lei annuisce. “E questa è solo la tabella di riferimento fisica. C’è anche quella emotiva.”

Lui scuote la testa, coi nuovi dolori che all’improvviso vengono soffocati da qualcosa di sottile e profondo, acceso di rosso e scintillante. Come lei. Non ha seriamente idea di come abbia convinto questa donna a rimanere con lui. Anche dopo tutti i casini che ha combinato. Anche dopo la morte.

“Pensi di dire agli altri del libro, prima o poi?” gli chiede, sovrappensiero, lasciando scorrere le dita tra le sue.

Deve farlo. Lo sa. Spera solo che, una volta viste le loro reazioni individuali, riuscirà a capire come procedere. “Sì,” risponde. “Penso di farlo oggi.”


 
§

 
Bruce lo fissa interdetto. “Ed è localizzato nella zona delle cicatrici?” gli chiede.

“Esatto,” dice Tony, rimettendosi la maglietta. “E mi fa un po’ male la mano... sembra un crampo, forse? È così strano? Mi sembra che sia tutto strano.”

“In un certo senso, sì,” dice Bruce. “Ma non vuol dire che ci sia qualcosa che non va. Fisicamente sei ancora in piena forma, quindi dev’essere collegato a qualcosa che ci è ancora ignoto. Collegato al tuo ritorno. Magari come il fatto della tua voce, e al perché è successo. Il che è un bene, ma anche un male. Perché non ne sappiamo nulla.”

Tony schiocca la lingua. “Forse, io, uh… avrei qualcos’altro da dirti.”

Esamina la faccia di Bruce mentre gli racconta ciò che gli ha detto Strange riguardo al libro, e lui non è esattamente un tipo in gamba a celare le emozioni che gli scorrono in volto, quindi non gli sembra che stia recitando. Non c’è alcun accenno di rabbia 
 grazie a Dio – ma c’è quel familiare misto di shock e orrore nei suoi occhi che si sgranano, basiti.

“Perché diavolo non l’hai detto prima?” gli chiede. “Te l’ha detto Strange quando è venuto qui?”

“Uh, già,” dice Tony, sentendosi un po’ come un alunno rimproverato dal professore. “Stavo cercando di… tenerlo per me per cercare di capire–”

“Stavi cercando di indagare per conto tuo, eh?” lo interrompe Bruce, facendo un passo indietro e puntandosi le mani sui fianchi. “Cercavi di incastrare uno di noi?”

“Incastrare?” chiede Tony, sollevando le sopracciglia. “Non sto incastrando nessuno. Perché questa parola? Insomma, sì, non riesco a immaginarmi nessuno di voi a fare irruzione da nessuna parte, ma non sto cercando–”

“Non sono stato io,” dice Bruce. “Ma lo sapresti già, se ce l’avessi detto, non credi?”

“Va bene, non fare l’Hulk con me,” ribatte Tony, assottigliando le labbra. “Solo che– non lo so, non voglio che qualcuno dia di matto più di quanto non stiano già facendo tutti. E inoltre, ecco, penso…”

“… che possa davvero essere stato uno di noi,” completa Bruce in un sospiro. “Già… capisco la tua linea di pensiero. E onestamente… sì, probabilmente è così.”

Tony serra la mascella.

“O potrebbe averlo fatto lo stesso Strange, e ti ha mentito per depistarti,” aggiunge Bruce.

Tony aggrotta la fronte. “Ah-ha,” commenta. “Interessante.”

Bruce scrolla le spalle. “In ogni caso sarebbe folle, ma credo… insomma, non so cosa mi aspettassi. Ma davvero, credo che avresti dovuto dircelo prima. Cristo, Tony… lui dice che non sa altri dettagli? A parte quella faccenda della prova da superare?”

“E che l’incantesimo è iper-vetusto e medievale e probabilmente adesso ho una specie di legame di sangue con Re Artù o chissà cos’altro,” dice Tony. “Ha detto che sta indagando, e anch’io devo darmi da fare. L’avrei fatto ieri, se Natasha non avesse insistito con il fatto di rilassarci. Come se cantare il karaoke e bere troppo siano modi per rilassarsi.”

“Per alcuni sì,” replica Bruce. Lo fissa per qualche secondo, come se stesse tentando di risolvere a mente un problema. “Tony, questo… questo cambia completamente l’approccio che avrei dovuto adottare, da un punto di vista medico. Potrebbe esserci… una quantità indefinita di effetti collaterali di cui siamo all’oscuro. Non possiamo prevedere nulla.”

Quelle parole gli fanno ribollire qualcosa sottopelle. “Già, stai riuscendo in toto a farmi capire che devo mettermi all’opera.” Balza giù dal tavolo, sfregandosi il petto. Adesso, per fortuna, il dolore si è un po’ attenuato. Per qualche ragione sa che non dipende dal cuore. “Non, uh, spargere la voce su quel libro,” si raccomanda, da sopra la spalla. “Niente chiacchiere di corridoio.”

“Dovresti davvero dirlo a tutti!” gli dice dietro Bruce. “Dovremmo collaborare!”

“A suo tempo!” grida Tony in risposta, uscendo in corridoio. Prende il telefono dalla tasca e invia un messaggio a Peter.

Che dici, riesci a prendere un po’ di ciambelle mentre torni qui? Ti rimborso! Sono sicuro di avere ancora dei soldi, da qualche parte… :D

 
§

 
Tony fa il reboot di FRIDAY e si ricorda quanto sia fin troppo affezionato ai suoi robot e intelligenze artificiali. Ma Neo sembra fare amicizia con Dum-E e U, e ciò lo rende immotivatamente felice.

Stila una lista dei più recenti cattivi, ed è sorprendentemente corta. Un tizio mutaforma, il che dà adito a prospettive disturbanti. Un tizio che può vivere sott’acqua, il che gli sembra totalmente superfluo. Una donna che può rompere i timpani alla gente solo gridando, il che lo rende un po’ nervoso, ma non si è fatta vedere troppo in giro se non per qualche rapina in banca. Ci sono un po’ di terroristi e geni del male, ma la maggior parte di loro è morta o in prigione, e una parte di questi è stata fatta fuori dalle persone al Complesso. C’è uno stronzetto di nome Osborn che ha dato a Peter del filo da torcere, ma è in prigione da due mesi.
 
Nessuno di loro fa scattare alcun campanello d’allarme, e quella lista gli sembra d’un tratto fuori luogo, vista la situazione. Mette comunque da parte tutti quei dati e si ripromette di monitorarli, giusto per sicurezza.

Nemmeno l’incantesimo di resurrezione dà risultati. Recupera un mucchio di informazioni generiche, nulla che sembra avere a che fare con ciò che contiene il libro rubato. Si fa quasi cadere gli occhi dalle orbite a forza di alzarli al cielo quando trova risultati relativi a World of Warcraft, e a quel punto quasi lascia perdere. Mette a frutto i propri contatti e compie ricerche nei database delle biblioteche, roba top-secret, sezioni governative, e vorrebbe conoscere più gente come Strange e Wong, così da poter compiere un confronto incrociato tra le informazioni più rilevanti. Trova qualche vaga menzione in una sorta di manuale Wiccan, ma l’incantesimo in sé non è lì. Solo il fatto che è “pericoloso”, e che può prosciugare l’incantatore se non lanciato correttamente.

Tony non sa con precisione cosa voglia dire. Gli sorge il dubbio che ci sia qualcuno che è morto, là fuori. Una persona qualunque che ha rischiato il tutto per tutto per lui, da qualche parte, sbagliando, pronunciando erroneamente una qualche parola in latino o chissà quale lingua, ed è caduta nella fossa mentre lui ne usciva.

Odia non sapere. Gli fa venir voglia di strapparsi via la faccia. Passa ore a setacciare archivi, hackerare server criptati, ficcanasare nei forum, connettendosi ad ogni singolo portale che potrebbe nascondere qualche indizio o spiegazione. Ha l’impressione che, forse, avrà bisogno di viaggiare per averli, visitare tombe antiche o castelli diroccati e trasformarsi in un cavolo di Indiana Jones in completo metallico.

Pepper entra un paio di volte per portargli da mangiare, Rhodey e Happy se ne stanno piantonati sulla porta e Tony non dice comunque a nessuno del libro. Inizia a chiedersi perché si stia ostinando a tenere per sé quel fatto. È come se si aspettasse che si facciano avanti di loro sponte, come se avesse paura di dirlo ad alta voce a qualcun altro. Come se avesse paura di ottenere la verità. Non lo sa più, cazzo. Gli fa ancora male il petto e il suo cervello è una poltiglia informe. Gli è difficile mettere insieme qualunque pensiero, e non sa se ciò abbia a che fare col fatto di essere tornato in vita o se sia semplicemente perché lui è lui, ed è come era prima di andarsene e come sarà per sempre.

Vuole sapere chi è stato.

Anche Bruce pensa che sia uno di loro.

Si rende conto di non aver ancora ricevuto risposta da Peter, e quel fatto gli pizzica il nervo sbagliato. Mugugna un po’ tra sé e prende il telefono.

Ehi, ragazzino, so che può essere destabilizzante ricevere messaggi da questo numero, ma vorrei informarti che sarò molto appiccicoso per le prossime due ore per varie ragioni che puoi immaginare, quindi, per favore mandami un messaggio per dirmi che non sei morto. Sharing is caring. [2]

Altre ricerche. Altre pressioni, e stavolta è Thor, che quasi demolisce l’intero laboratorio solo toccando cose con nonchalance, e lo informa che Peter ancora non è tornato. Quando se ne va, Tony trova ancora meno informazioni, chissà perché, e si imbatte in dei siti web dove la gente discute di lui, del come sia tornato in vita. Per fortuna la maggior parte dei messaggi è positiva, lieta che sia tornato, ma nessuno di loro si avvicina lontanamente a scoprire dell’incantesimo. Vorrebbe avere la dicitura esatta per definirlo: renderebbe molto più semplice cercarlo e tracciarlo, ma ovviamente nulla è mai così facile.

Ancora nessun segno da Peter, e ciò fa scattare in modo definitivo l’interruttore del panico nella sua testa, anche se sono passate solo un paio d’ore. Neo gli gironzola attorno come una mamma chioccia nervosa e Tony si affloscia sulla sedia girevole, sospirando nell
’abbassare lo sguardo su di lui.

“Non guardarmi così,” dice, rivolto alla piccola sfera nera.

Si mordicchia il labbro inferiore, per poi chiamare May. Lei risponde al primo squillo.

“Wow,” esordisce, ridendo un poco. “È molto strano ricevere una chiamata da questo numero.”

“Lo so, scusa, avrei dovuto avvisarti,” dice Tony. Deve davvero farsi un appunto. “Il tuo caro nipote è nei paraggi? Digli che sono più sensibile del solito, quindi ogni volta che ignora un mio messaggio perdo un anno di vita.”

C’è un breve silenzio. “Peter non è qui da un po’,” dice poi. “È passato al volo prima, ha preso un po’ di roba e ha detto che andava da Ned prima di tornare da voi. Non è lì?”

Bandiere rosse. Sirene d’allarme.

“No, non è qui,” risponde, stropicciandosi gli occhi.

“Meraviglioso,” commenta May.

“Devo preoccuparmi?” chiede lui. Si preoccupava, all’epoca, quando succedevano cose del genere. È per questo che monitorava il ragazzo come un maniaco, ed è per questo che aveva preso a chiamarlo ogni volta che il suo battito cardiaco aumentava troppo, o quando non si atteneva alla sua solita routine. Ma sono passati sette mesi, e Tony non sa cosa sia cambiato. Le dinamiche tra Peter e gli altri sono cambiate, e probabilmente anche lui stesso.

“Io mi preoccupo sempre per lui,” risponde May. “Ma… lo fa. Lo fa da quando ti abbiamo perso… è stata dura all’inizio: io lo sgridavo e lui si arrabbiava e… era in sofferenza continua, è stato difficile da gestire. La terapia non ha funzionato e non... sapeva che mi preoccupavo, quindi ci provava, a chiamare, e finiva per dispiacersi e scusarsi quando si dimenticava, ma… dovevo solo– a volte crollavo, altre pregavo solo che stesse bene e mi chiamasse presto. Il fatto di Spider-Man non aiuta, e ci si è dedicato ancora di più… è stato difficile.”

“Cristo,” mormora Tony, con voce incrinata. Ha combinato un casino, morendo. Un casino terribile.

“Volevo parlartene, ma lui è stato sempre presente da quando sei tornato,” dice lei, e sembra rattristata. “Peter… ha perso così tanto, e ogni volta penso che si spezzerà sotto tutta la pressione, ma questa volta è stato davvero vicino a rompersi, credo. È stato un accumulo continuo. Parlava di karma, e cose del genere.”

“Ha un complesso di colpa più grande del mio,” commenta Tony.

“E so che è dire molto,” ribatte May. Sospira. “Insomma, adesso sei tornato e mi è sembrato più allegro da quando è successo, molto più allegro… ieri sera abbiamo parlato e l’ho sentito più ottimista che in tutti questi mesi.”

A Tony fa male il cuore. “Mi dispiace, per tutto.”

“Complesso di colpa,” lo rimbecca May. “Dai, Tony.”

“Avrei dovuto stare più attento.


“Tony,” lo ferma. “Non fare così. Se ti dai la colpa per essere morto vengo lì e ti uccido con le mie mani.”

Lui scuote la testa.

“Speriamo che sia solo con Ned,” continua lei. “Si dimentica in continuazione di caricare il telefono, quindi potrebbe essere per quello. Io gli mando un messaggio, tu chiama Ned e poi confrontiamo gli appunti.”

“Bene,” concorda Tony, con gola costretta.

“E, Tony Stark: non voglio assolutamente che tu ti senta in colpa per tutto questo, capito? O chiamo Pepper e tutti gli altri che sono lì con te e dico loro di prenderti a calci nel sedere.”

Tony trattiene una risata. “Anche Thor?”

“Soprattutto Thor. Ho già parlato altre volte al telefono con Thor. Ci ho bevuto, con Thor!”

“Ci sono fin troppe storie che devo sentire,” commenta Tony.

“Beh, va bene, quando andremo a pranzo insieme te le racconto,” gli assicura lei.

“Affare fatto,” sorride lui. “Ti faccio sapere cosa scopro sul ragazzino.”

“Idem.”

Attaccano, e Tony chiama Ned. Dopo qualche oddio, signor Stark, mi sta chiamando e qualche balbettio sconnesso riguardo alla sua recente resurrezione, scopre che, sì, Peter è stato da lui, ma se n’è andato in fretta circa un’ora fa, il che stressa solo di più i suoi nervi. Chiude la chiamata con Ned e scopre che Peter non risponde nemmeno a May.

Tony è a un passo da un maledetto attacco di panico. Neo sta facendo avanti e indietro così tante volte da poter scavare un solco per terra; Tony si alza, pronto a incontrare gli altri e ad ammettere tutto quanto. Riguardo al libro e a quanto sia preoccupato per Peter. E progetta di rivelare proprio Peter come suo sospettato numero uno. Questa improvvisa scomparsa non fa che battere sul chiodo dei suoi sospetti. Ma forse non vuol dire nulla. Magari si è davvero dimenticato di ricaricare il telefono. Magari è impegnato con faccende da Spider-Man.

Ma in quel caso, perché non dirlo a loro?

Controlla i notiziari e Twitter, ma non trova nulla relativo a Spider-Man.

È troppo, per lui. Ci sono troppe cose di cui è all’oscuro, troppe domande senza risposta, troppo panico e nervosismo e cose impossibili che diventano possibili. Si alza e si sta dirigendo verso l
’uscita, quando sente aprirsi un portale dietro di lui.

Gira su se stesso e vede Strange, col portale che già si è chiuso dietro alle sue spalle. La trova ancora una cosa assurda, ma ora non importa.

“Hai novità?” gli chiede. “Ti prego, dimmi che hai scoperto qualcosa. E preferirei fosse qualcosa di buono, ho bisogno di una bella carica in questo momento.”

Poi, però, guarda bene in volto Strange. Gli ricorda quel momento su Titano, quando aveva visto i loro milioni di fallimenti e la singola possibilità di vittoria che avevano. Una su milioni.

Strange non ci gira intorno: “L’incantesimo si basa fortemente sul numero sette, che è rilevante in molti testi teologici,” comincia, a voce bassa, come se ci fosse qualcuno in ascolto. “Nella Bibbia, sette è il numero perfetto. È il giorno in cui Dio si è riposato. Quindi, questo incantesimo… funziona correttamente solo se è circondato dal numero sette. Sette mesi, sette giorni, sette anni. È un incantesimo preciso, per questo funziona raramente.”

Tony sente il cuore che batte all’impazzata. “Raramente?”

“Questa è una regola non scritta,” dice Strange, standosene in piedi rigidamente. “Un’altra delle ragioni per cui l’incantesimo è così pericoloso. Non si svela facilmente. Altri sono arrivati a queste conclusioni esaminando i casi, quelli che hanno funzionato e quelli falliti. E quelli che non sono falliti… sono tornati in vita mezzi cadaveri. O cerebralmente morti. Tornano e poi soffocano nel loro stesso sangue un’ora dopo. Può succedere di tutto, ed è successo di tutto. Tu hai avuto fortuna. Sette mesi. Lei ha rubato il libro una settimana prima dell’anniversario, avrebbe potuto lanciare l’incantesimo in qualsiasi momento in quel lasso di tempo ed essere comunque nel margine d’errore dei sette mesi. Credo che se l’avesse lanciato una settimana prima o dopo non avrebbe funzionato correttamente.”

“Aspetta,” lo ferma Tony, chiudendo gli occhi prima di riaprirli lentamente. “Lei?”

Strange sembra incupito. Non arrabbiato, ma vede allarme e rassegnazione nei suoi occhi. “È stata Natasha Romanov, Tony. Wong ed io siamo riusciti a recuperare i filmati. Ha reso le cose difficili, ma alla fine li abbiamo trovati. Era da sola. E ora so di dover dover applicare qualche misura di sicurezza in più, per fermare persone del suo calibro.”

Tony scuote il capo. Riavvolge a mente tutti i momenti che hanno passato insieme da quando lei è arrivata qui. Gli riecheggiano in testa le parole di Sam. Perderti l’ha devastata. Il fatto del furto sembra da lei, e tra tutti loro è sicuramente quella più in grado di portarlo a termine. La Terra sembra cambiare, adesso che lo sa, come se la sentisse muoversi sotto ai piedi. L’ha fatto per lui. Ha cambiato le leggi che regolano il mondo per lui. Ci crede e non ci crede. Tutto ciò che sa è che deve parlare con lei.

“Merda,” esala infine, col petto che prende a fargli più male. “Uh, okay. Lei è qui, uh… non saprei, pagherò per qualunque cosa abbia danneggiato, so che hai un mucchio di stramberie magiche in giro, là da te…”

“Tony,” lo interrompe. “C’è altro. Ho… ho scoperto altre cose sull’incantesimo. Il suo costo. E lei lo sapeva, erano esplicitate nel testo.”

Quel momento sembra prolungarsi fin troppo a lungo. “Cosa?” lo incalza. “Cosa? Dimmelo.”

“Prima di tutto, marchia l’incantatore, solitamente in un modo che richiami la morte di chi è stato resuscitato;” spiega Strange. “Quindi, se sono morti in un incendio, l’incantatore subirà delle ustioni. Se è stato un brutto incidente d’auto, avrà le stesse ferite. Di solito negli stessi punti.”

“Cristo,” esala Tony, e gli si rivolta lo stomaco.

“Ma quel che è peggio–”

“Peggio?” esclama Tony. “Andiamo, Doc…”

“L’incantesimo richiede un prezzo da chi lo usa, che abbia funzionato o meno.”

“Che prezzo?”

“Nel tuo caso – e in quello di lei – sette mesi. L’incantesimo esige la durata della morte di chi viene resuscitato e la sottrae alla vita di chi lo usa. Ovvero, se qualcuno è morto da dieci anni, l’incantesimo fallisce, la persona resuscitata torna in vita in modo errato e probabilmente non sopravviverà, e quei dieci anni verrebbero comunque sottratti alla vita dell’incantatore. Quindi la signorina Romanov ha coscientemente sacrificato sette mesi di vita per farti tornare. Ha avuto fortuna col tempismo, perciò non è stato un sacrificio vano. Ruota tutto intorno al sette. Posso solo immaginare coloro che hanno scelto di sacrificare dieci anni di vita solo per fallire. È arduo pensarci.”

Tony… si sente male. Sente che sta per vomitare, svenire. Un mese è troppo, un secondo è troppo… ma, dannazione, sette mesi? Tolti dalla sua vita? Non riesce a pensarci e non è in grado di concepire questa mole folle di informazioni che fino a pochi istanti prima non conosceva. Regole non scritte. Orrori. Sacrifici. Quel senso di fatale minaccia che incombeva su di lui. Eccolo.

Non riesce a crederci. L’incantesimo era troppo pericoloso, avrebbe potuto facilmente diventare un cazzo di incubo: un solo mese fuori tempo e… e… ha dei fugaci lampi di cosa sarebbe potuto accadere. Terra nelle sue orbite vuote. Polmoni malformati. Avrebbe potuto diventare un cadavere ambulante e in decomposizione, prima di morire di nuovo. Non ne ha idea. Ne ha fin troppe.

E sette mesi. Natasha ha sacrificato sette mesi.

“Sapeva che stava rinunciando a sette mesi della sua vita?” chiede. “L’ha… davvero scelto?”

“Sono riuscito a recuperare la dicitura del testo originale,” risponde Strange. “Ne era ben cosciente. Quel passaggio specifico è molto semplice e molto chiaro.”

“Okay,” sbotta Tony, coprendosi il volto con le mani. “Okay, okay. C’è qualcosa che possiamo fare per… per, uh… ridarle indietro quei mesi?” Dio, non gli piace nemmeno dirlo ad alta voce. Tutto ciò gli dà la nausea.

“Non che io sappia,” replica Strange. “Sapevo che l’avresti chiesto, quindi ho fatto delle ricerche. Nessuno ci è mai riuscito, ma ci hanno provato.”

“Beh, non ci hanno provato abbastanza,” ribatte Tony, dirigendosi verso la porta come stava facendo pochi istanti prima che Strange sganciasse questa bomba devastante.

Sente un incendio nelle vene. Il terrore lo incalza. Natasha. Natasha. Deve parlarle adesso, dannazione.

“Seguimi,” dice a Strange, senza nemmeno girarsi a guardarlo. Si sente una macchina, come se avesse dei paraocchi, ed è decisamente sull’orlo di un attacco di panico.

Svolta in corridoio e vede Clint che scende le scale.

“Ehilà,” li saluta. “Stiamo per ordinare le pizze, quindi credo che si ora di darci un tagli a questo tuo isola–”

“Dov’è la tua partner?” chiede Tony, troncandolo. Si sente davvero sul punto di esplodere. Avrebbe dovuto prevedere che sarebbe andato fuori di testa nel vederci chiaro in questa storia. Non è in grado di identificare nessuna delle emozioni che sta provando. Non sa se sia furioso, o grato, o se si senta in colpa. Non sa se sta per avere davvero un attacco di panico, perché l’idea di Natasha che rinuncia a sette mesi per lui è inimmaginabile. Non sa come funzioni, ma percepisce che questo tipo di magia è probabilmente intessuta nell’universo stesso, connessa ad ogni tempo e data ed evento, e ha una visione di una delle loro serate, una qualunque, e di Natasha che, di colpo, cade a terra morta. Tony vorrebbe fermare la morte per tutti loro, non invogliarla ad avvicinarsi, e quasi scoppia in lacrime quando incontra gli occhi di Clint. Perché sa che lei non gliel’ha detto, non nel dettaglio, almeno. Non crede che Clint l’avrebbe mai incoraggiata in una decisione simile, anche se presa per riportare indietro lui.

Clint socchiude gli occhi. “Siamo ancora tutti accampati in salotto; perché, cosa–”

“Devo solo… parlarci un attimo,” dice Tony, avviandosi su per le scale. Non vede Clint che si volta e si accorge di Strange, ma li sente parlare. I suoi pensieri sono sfocati e non si concentra su cosa stiano dicendo, e non sa nemmeno cosa dirà a Natasha: tutto è già compiuto, scolpito nella pietra, e non sa perché vuole che lei lo annulli. È qui, è vivo grazie a ciò che ha fatto, ma sette mesi, sette maledetti mesi della sua vita, non riesce a crederci, deve chiederglielo, deve chiederle perché–

È come se lei sapesse che la sta cercando non appena sbuca fuori dal corridoio, e lui sta perdendo la ragione, si muove come un elefante in una cristalleria, e lo vedono tutti, che è turbato… e Peter ancora non è qui. Cristo, Cristo, deve chiamarlo di nuovo, deve trovare anche lui, ma Natasha– prima Natasha…

“Tony,” lo chiama Pepper, con occhi preoccupati. “Che succede?”

Tony scruta l’espressione di Natasha nel momento in cui vede Strange, come se stesse cercando di non tradirsi. Ma è troppo tardi.

“Ha usato un portale per entrare qui?” chiede Happy, irritato. “Cristo santo, Strange, dai–”

“Tony,” fa per dire Rhodey, ma Tony ormai corre su un binario unico.

“Natasha,” dice. “Possiamo parlare?”

“Tony–”

“Che sta succedendo–”

“Un secondo, ragazzi, va tutto bene,” li ferma Tony, cercando di suonare normale, ma vede rosso, sta andando nel panico, sette maledetti mesi per lui.

Natasha si alza e Tony decide rapidamente, volendo in parte togliersi di dosso quella conversazione e in parte lasciare a Strange l’onere di spiegare tutto, perché non è sicuro di essere in grado di formulare parole coerenti mentre viene mangiato vivo dall’ansia.

“Uh. Strange… puoi, uh… di’ a loro del libro e tutto il resto,” spiccica infine, incontrando i suoi occhi. “Sai spiegarlo meglio di me.” Strange annuisce e il gruppo riprende a parlarsi l’uno sopra l’altro, facendo domande. Natasha lo prende per un braccio e impugna le redini della situazione, tirandolo via lontano dal rumore e dal vocio, fuori, sul balcone posteriore.

Chiude la porta dietro di lei, lasciandoli avvolgere dal silenzio, e si volta a fronteggiarlo.

“Lo sai?” chiede, con occhi intensi.

Tony si sente sfinito, all’improvviso. Cose se, adesso che è davanti a lei, non sapesse come comportarsi, come parlare o discutere della faccenda. Si poggia contro la porta e si pente di tutto – di ogni singola cosa – e vorrebbe essere stato abbastanza forte da non morire affatto, così da evitare questa situazione terrificante.

Abbassa lo sguardo a terra. “Perché l’hai fatto?” chiede, deglutendo a fatica. “Merda, Romanov, sette mesi? Per salvare il culo a me? Ho pensato che potessi essere stata tu, ma sei tra quelli con più buonsenso del gruppo, avrei pensato che questo tipo di scambio ti avrebbe fatta desistere–”

“Tony,” lo ferma lei, e sembra nervosa. “Ho fatto un casino.”

“Uh, beh, sì, hai fatto un casino,” replica lui. “Capisco che ti mancassi, sono toccato, ma–”

“L’ho rubato io,” dice lei, respirando più velocemente. “Ma non era– Dio, Tony, certo che mi mancavi, Mancavi a tutti. Mi sentivo come se avessi fallito, quando tutto è finito ero troppo lontana, non ero lì quando hai avuto bisogno di me e siamo rimasti separati per così tanto tempo… ho molti rimorsi, ho avuto molte occasioni per sistemare le cose e le ho mancate... quindi, quando mi ha detto di questo libro, di dove fosse… quando è venuto a chiedermi aiuto sapevo che dovevo farlo, dovevo aiutare lui ad aiutare te…”

Tutto sembra rallentare.

“L’ha cercato per molto tempo, ha battuto ogni pista in cerca di qualcosa, qualunque cosa, e io l’ho aiutato ed ero l’unica a saperlo, e quando ha scoperto del libro… l’ho rubato e basta, sono entrata là dentro e l’ho trovato,” continua Natasha, con voce intensa, e tutte quelle informazioni gli arrivano addosso come una cascata. “Non ero lucida. Mi sono assicurata che nessuno potesse fermarci o impedirci di farlo, ma non ho– voleva farlo lui, voleva disperatamente essere lui a farlo e io non ho– non ho nemmeno avuto modo di leggere coi miei occhi l’incantesimo–”

“Chi… chi è, lui?” chiede Tony, anche se già lo sa, anche se quella rivelazione agghiacciante gli si sta posando sulla pelle come un sudario. La guarda negli occhi.

“Ho commesso un errore,” risponde Natasha, tremando. “Non avrei dovuto permetterglielo, avrei dovuto farlo io… non ne sapevo abbastanza, ma ho comunque rubato il libro per lui, ho lasciato che–”

“Stai parlando di Peter?” chiede lui, piano, il suo intero corpo prova dolore.

Lei ha le lacrime agli occhi. “Mi sta evitando da allora,” gli dà conferma. “Avevo l’impressione che ci fosse qualcosa sotto, che l’incantesimo… che pretendesse qualcosa da lui, qualcosa che non avrebbe dovuto concedergli... non me l’ha voluto dire: l’ho capito da come si comportava, ho cercato di estorcergli qualcosa ma non vuole cedere–”

Tony barcolla sul posto. Non riesce a respirare. A pensare. Non sta accadendo. Non Peter. Non questo.

“L’abbiamo fatto per te, Tony,” continua lei. “Non potevamo… non potevamo lasciarti morto, non potevamo, cazzo. Quel ragazzino, lui–”

“Quel ragazzino ha dato via sette mesi della sua vita per riportarmi in vita,” sussurra Tony, e la sua voce suona lontana. “E adesso non– non risponde al telefono.” Tutto diventa freddo, e si sente riportare al momento in cui è emerso da sottoterra.

Peter sapeva di dover essere lì.

Il taglio sulla sua mano. Quelle cazzo di ferite sul suo petto. Nello stesso punto delle sue. Oh, cazzo, cazzo, cazzo…

“Sono un idiota,” esala, nascondendo il volto nelle mani. “Sono uno stronzo.”

“Tony, io… Cristo, avrei dovuto farlo io,” sussurra Natasha. “Mi dispiace, mi dispiace tantissimo.”

Tutto ha senso. Il modo in cui si è comportato Peter. Tutto. Il fatto della voce mancante l’ha preso alla sprovvista. Non se l’aspettava. Si aspettava di vederlo tornare, ma non così. Uno scossone nel suo piano. Non conosce le regole non scritte. Non sa quanta fortuna ha avuto col tempismo.

È stato Peter, dannazione. Era abbastanza disperato da andare incontro al pericolo, incontro a questa oscurità, lasciandosi andare in modo sconsiderato, senza alcun pensiero rivolto a sé, o a cosa sarebbe potuto accadergli. A cosa è accaduto. Cazzo. Cazzo.

Voleva solo che lui tornasse.

“Non è colpa– lui– merda, ha conquistato tutti noi, ne sono consapevole,” dice poi, con la voce ovattata dai suoi stessi palmi. “Ha dei marchi sul petto… i miei marchi, li ho visti… Strange dice che anche questo fa parte dell’incantesimo, che infligge a chi lo usa le ferite mortali di chi resuscita, o che so io… Cristo Santo, avrei dovuto capirlo, non sembrava che stessero guarendo bene, ma non ci stavo pensando–”

“Si è tagliato la mano per farlo,” interviene Natasha. “Questo lo so.”

“Però quel taglio è guarito,” replica Tony, e si sente come se stesse perdendo sangue, si sta dissanguando e cadrà a terra da un momento all’altro. Gli gira troppo la testa e gli fa ancora male tutto. “I marchi… merda, probabilmente sono permanenti.” Cerca di respirare. Gli fa ancora male il petto. Adesso capisce anche quei crampi alla mano, come se si fosse tagliato anche lui. Hanno una sorta di legame, adesso. Ma perché si sta accendendo proprio ora? “L’hai visto, quando è andato via?” chiede, lasciando scivolare le mani via dal volto.

“No,” risponde lei. Sembra confusa. “Tony, davvero, mi–”

“No, non sentirti in colpa,” replica lui, scuotendo la testa. Non è una questione di colpa, soprattutto adesso, di fronte a tutto questo, dopo quello che, di base, è un atto puramente altruista da parte loro. Sa com’è fatto Peter, e se vuole fare qualcosa, la farà. “Solo che non mi fido di lui, non mi fido di dove sta andando in questo momento.”

“Chiamalo,” suggerisce lei. “Lasciagli un messaggio particolarmente commovente. Digli che lo sai.”

Tony annuisce. Sanno entrambi che Peter non risponderà.

Sette mesi. Sette mesi della vita di Peter. Tony si sorregge alla ringhiera e risucchia un respiro, sentendo la mano di Natasha sulla spalla. Fa un cenno col capo, con la vista che si appanna. Tira fuori il telefono dalla tasca.

Tre squilli. Poi scatta la segreteria. Lo sta chiaramente ignorando.

“Peter,” dice Tony. “So cos’hai fatto, ragazzino. So cosa hai fatto e ho– so quanto ti è costato.” Delle lacrime gli pizzicano agli angoli degli occhi. “Cristo, Peter… non– non so cosa dirti.” È profondamente triste, e ogni singola parte di se stesso sta annegando nel proprio fallimento. Come ha potuto lasciare che tutto ciò accadesse a Peter? È suo figlio, dannazione. Porta sempre con sé luce e speranza, e Tony l’ha ridotto a questo. Gli ha sottratto qualcosa. “Peter, io–” ha un singulto, e scuote la testa. Non ci sono parole per quanto è successo. È tornato, è tornato dalle persone che ama, e Peter gli ha regalato questa opportunità. Ha sacrificato sette mesi della propria vita. Ha rischiato tutto per lui.

“Ti prego, richiamami,” dice, con la voce che gli si spezza. “Ho bisogno di parlarti, di– che tu torni a casa, capito? Va tutto bene. Va tutto bene, ne parliamo, faremo– risolveremo le cose in un modo che– che mi permetta di rimanere qui, ma non– devo vederti, ragazzo. Torna qui, okay?” Deglutisce attorno al groppo che ha in gola e attacca. Si asciuga gli occhi.

“Stava passando un bruttissimo momento, Tony,” dice a quel punto Natasha. “È un bravo ragazzo, e ha perso così tanto…”

“Lo so,” dice Tony, voltandosi. “Vorrei solo… essere stato migliore, per lui. Non averlo coinvolto in questo macello. È solo che… ogni volta che ci penso…” Scuote la testa. Gli dà la nausea.

Gli vibra il telefono in mano. Il suo cuore ha un sobbalzo e abbassa gli occhi. 
È un messaggio di Peter.

Tony. Sono così felice di riaverti qui. Lo rifarei mille altre volte, non importa il costo. Riporterò qui anche il resto della mia famiglia. Non vedo l’ora che tu li conosca.

“Ehi, ehi,” esclama Natasha, cingendogli la vita con un braccio. “Tony, stai… che succede? È lui?”

Lo sta sorreggendo. Perché gli hanno ceduto le gambe e sta per svenire. Continua a tenere gli occhi fissi sul messaggio per accertarsi di aver letto bene.

Ben è morto da quattro anni.

I Parker. I genitori di Peter. Devono essere passati almeno dodici anni.

“Tony. Tony.”

Sedici anni. Peter sta per sacrificare sedici anni per niente. Perché nessuno dei due incantesimi funzionerà. Torneranno sbagliati, saranno incubi, e Peter si spezzerà, finirà per esserne distrutto. Per colpa di una maledetta regola non scritta di cui lui non è chiaramente a conoscenza, è ovvio che non la conosca, o non rischierebbe, non metterebbe in gioco sedici anni di vita per riavere dei cadaveri, dei morti che camminano, sofferenti, versioni decomposte delle persone che ama e che non potrà riparare, che non rimarranno qui, che lo faranno solo soffrire fino a smembrarlo. Non rischierebbe, se lo sapesse. Non lo farebbe. Non lo sa, non lo sa, è in pericolo e Tony deve salvarlo.

Guarda di nuovo il messaggio. Questo è lo scenario peggiore che potesse capitare. “Ha intenzione di… oddio… ha intenzione di– di riportare in vita suo zio. E i suoi genitori. Sono tipo… sedici anni. Perderà sedici anni. Maledizione. Dio… non funzionerà e sacrificherà comunque tutto quel tempo–”

“Come, non funzion–”

“Non tornano in vita nel modo giusto a meno che… a meno che non ci sia un legame col numero sette; con me ha funzionato solo perché ero morto da sette mesi.” Un impossibile colpo di fortuna. Non se lo merita assolutamente. “Non importa, non posso– merda, devo–” Sta iperventilando, risucchiando aria, ma deve concentrarsi. Si tratta di Peter. Deve risolvere questo casino. Ora. Non c’è tempo per nient’altro.

Si libera della stretta di Natasha e la guarda negli occhi. “Quando l’ha fatto per me, era nel cimitero?”

“Credo di sì.”

“Bene,” replica, serrando la mascella e tornando dentro. “Traccio il suo telefono, ma vado comunque là.”

La sua testa gira. Gli sembra che il mondo stia per finire.

Deve proteggere il ragazzo, prima che sia troppo tardi.



 
§



Tradotto da Lazarus, come forth - Chapter 6 di iron_spider da _Lightning_
 
Note di traduzione:

[1] Il dialogo, anche in originale, è completamente e volutamente nonsense.
[2] “Sharing is caring” è un detto credo ormai abbastanza diffuso anche qui da noi, e ho preferito lasciarlo così (“condividere è amare” mi suonava un po’ sdolcinato e altre perifrasi sarebbero state troppo lunghe nel contesto di un SMS).


Note della traduttrice:

Cari Lettori, ecco che ci avviciniamo al gran finale!
Come sempre ringrazio tutti coloro che leggono, seguono e commentano questa storia, e vi invito a lasciare kudos e complimenti all'autrice tramite il link a piè di pagina <3
Alla prossima, tra pochi giorni,

-Light-

 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: iron_spider