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Autore: Felpie    05/05/2020    3 recensioni
E se Artù non fosse morto e Merlino fosse riuscito a portarlo in tempo al Lago? Come sarebbe finita la 5x13? Il ritorno a casa dei due e la consapevolezza che nulla sarebbe stato più come prima sono gli unici punti certi e tutto il resto dipende dal giudizio del più grande re che Camelot abbia mai visto
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gaius, Gwen, Merlino, Principe Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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“Voglio dirti… una cosa… che non ti ho mai detto prima” gli occhi azzurri come il cielo del re morente fissavano quelli del suo fedele servitore, la persona che gli era rimasta accanto per tutto quel tempo e che lo aveva aiutato a diventare il re che era “Grazie…”

Un sorriso nasceva sulle labbra di Artù, mentre il corpo di Merlino continuava a tremare, spaventato ed impotente, mentre continuava a stringerlo tra le braccia; pochi istanti dopo, gli occhi del re si riversarono all’indietro

“Artù… no…” mormorò Merlino, scuotendolo leggermente “Artù…. ARTÙ!”

Il sovrano riaprì gli occhi di scatto, ma le sue palpebre ricominciavano già ad abbassarsi, nonostante il mago continuasse a sussurrare “Restate con me, Artù… forza…”

Merlino era totalmente in preda al panico: aveva scoperto i suoi immensi poteri, aveva sconfitto i Sassoni e scacciato il drago, ma non riusciva a capire come salvare il suo amico, come portarlo fino al lago. Doveva solo raggiungerlo, la magia avrebbe fatto il resto. Ma i cavalli erano scappati e Artù non si reggeva in piedi, doveva inventarsi un modo rapidamente o l’altro sarebbe morto tra le sue braccia. E doveva farlo in fretta.

Un’idea gli balenò in mente, più forse dettata dal desiderio disperato di avere un’occasione di salvarlo che in un pensiero ragionato e si ritrovò ad invocare Kilgharrah prima ancora di aver pensato alle parole da dire: aveva un ultimo favore da chiedergli.
Quasi come se il drago fosse dietro l’angolo ad aspettare, in pochi secondi fece la sua comparsa e Merlino trascinò Artù sulla sua groppa, pregandolo di dirigersi al lago alla velocità del vento; mentre stringeva il sovrano a sé, il giovane mago sentiva il cuore battergli forte e il sangue pompare a velocità elevata, gli occhi puntati sul lago immerso nella nebbia

“Artù… rimanete con me…” continuava a mormorare al vento e lo disse ripetutamente anche mentre il drago li fece adagiare dolcemente proprio alla riva del lago

“Sono lo stregone più potente che ci sia, non posso lasciarti morire così!” urlò, praticamente, trasportando a fatica il re nell’acqua, che stava praticamente con gli occhi rivolti “Non ti permetterò di morire così”

C’era silenzio nell’aria; la nebbia stava iniziando a scendere sul lago, quasi coprendo la torre nell’isola al centro, gli alberi erano immobili e anche Kilgharrah non emetteva suoni, impegnato ad osservare il giovane Mago che iniziava a sussurrare parole dell’antica religione, sostenendo l’amico immerso nell’acqua. La litania andava a tempo delle leggere onde del lago e gli occhi di Merlino erano fissi sul fianco insanguinato

“Vi prego, qualcuno mi aiuti” pensò lo stregone, senza sapere bene a chi si stava rivolgendo “La magia serve a questo, a fare del bene, a sistemare le cose… deve funzionare…”

Continuò con altre parole nella lingua antica, in una specie di cantilena, mentre i suoi occhi continuavano ad accendersi, anche se leggermente velati dalle lacrime

“Vi prego, Artù, resistete…” si ritrovò a dire, quando interruppe l’incantesimo; arrivò una folata di vento, che mosse gli alberi della foresta, rompendo il silenzio che si era creato.

All’improvviso un alone luminoso si formò intorno al corpo del sovrano morente, mentre un Merlino incredulo continuava a tenerlo tra le braccia per farlo galleggiare nell’acqua; dovette chiudere gli occhi ad un certo punto, perché la luce si fece troppo accecante e dovette sbattere le palpebre per tornare a distinguere le forme intorno a lui.
La prima cosa che vide fu il petto del ragazzo alzarsi leggermente, come in un flebile respiro, e si ritrovò ad alzargli un po' la testa “Artù!”

Con fatica, Merlino cercò di uscire dall’acqua, trascinando l’altro a riva, e si sedette in ginocchio accanto al suo corpo, respirando affannosamente, con le mani stretta a pugno sulle sue ginocchia; in quel momento un altro movimento del petto del sovrano richiamò l’attenzione dello stregone e gli fece muovere le mani per stringergli le spalle

“Pazienta, giovane Mago” la voce del drago colse Merlino di sorpresa e lo fece girare verso di lui “Artù respira”

“È… è vivo?”

“La tua determinazione è stata ripagata e lui ha avuto un’altra possibilità. Tu hai fatto tutto ciò che potevi, ora la sua vita è nelle sue mani e deve riuscire a combattere con le sue forze” dichiarò il drago “È stato un privilegio conoscerti, giovane Mago. La nostra storia verrà narrata in eterno ed è stato per me un onore averti aiutato”

“Non sarei diventato ciò che sono, se non ti avessi conosciuto” ribatté Merlino, con un debole sorriso

“Hai portato la pace e Camelot è destinato a diventare un grande regno” il vecchio drago abbassò la testa, come in una specie di inchino, prima di aprire le ali “Addio, Emrys”

E spiccò il volo, diradando leggermente la nebbia con il suo colpo d’ali; solo quando il drago era già alto nel cielo, Merlino lo salutò “Addio, vecchio drago”

Guardò Artù, che aveva iniziato a tremare leggermente, in preda a delle leggere convulsioni, prima di stringergli un braccio “Forza, Artù. Io lo so, siete uno zuccone così testardo che pur di farmi lavare quest’armatura tornerete indietro perfino dalla morte”

Ma il ragazzo non rispondeva, né apriva gli occhi e così il mago, dopo un sospiro, iniziò ad attrezzarsi per accamparsi; spostò di peso il re e lo sistemò con la testa su un tronco caduto, mettendogli addosso la sua maglia, per tenerlo al caldo, prima di andare alla ricerca di un po' di legna da ardere e qualcosa di commestibile da mangiare.

La sera si avvicinava e il fuoco scoppiettante si aggiunse ai rumori della foresta di notte, mentre Merlino teneva pulita la ferita e al caldo l’amico: era una cosa sciocca, se ne rendeva conto, non era per un’infezione che il re stava rischiando di morire, ma odiava starsene lì con le mani in mano. Il vento si era alzato ed ululava tra le foglie degli alberi e il giovane mago non si era mai sentito così solo ed impotente, mentre si stringeva nervosamente le mani, seduto accanto al fuoco.
La notte fu lunga e Merlino non chiuse occhio, troppo impegnato a tenere Artù sotto controllo: ogni singolo movimento catturava la sua attenzione, un tremolio, un sospiro troppo lungo, un gesto impercettibile delle mani. Però ad un certo punto si addormentò, perché i raggi del sole lo svegliarono: aprì gli occhi a fatica e lentamente, sentendo tutti i muscoli indolenziti, essendosi addormentato seduto storto contro il tronco.

Ma gli ci volle poco a riprendersi, quando sentì l’amico sussurrare il suo nome “Mer… mer… lino…”

“Sono qui, Sire, sono qui” si mosse in fretta, per avvicinarsi all’altro ed alzargli un po' la testa; le palpebre del sovrano si mossero debolmente, mostrando poco dopo gli occhi chiari del sovrano.

Il mago prese la borraccia e la appoggiò sulle labbra dell’altro, in modo da bagnarle un pochino; Artù sbatte gli occhi, prima di muoversi, gemendo dal dolore

“Non fate movimenti bruschi” lo bloccò subito Merlino, mentre l’altro si girò a guardarlo

“Mi hai salvato la vita…”

“Siete stato voi a resistere” replicò Merlino, scuotendo la testa “Non avete mollato”

Artù guardò gli occhi chiari dell’altro, immerso nei suoi pensieri “Io…”

“Non parlate, Artù, dovete riposarvi” lo interruppe il servitore

“Mi stai… dando un ordine, Merlino?” ansimò il re

“Sì, Sire”

“Potrei… farti impiccare, lo sai?” ma Artù chiuse gli occhi, dopo questa frase, addormentandosi all’istante; dormì tutto il giorno, beatamente, e Merlino si rilassò un po', continuando a tenere d’occhio la ferita e raccogliendo altra legna per il fuoco. Alla sera riuscì a far mangiare un po' di zuppa di erbe al re, prima che l’altro si addormentasse di nuovo; passarono due giorni prima che Artù riuscisse a rimanere sveglio per qualche ora di fila e anche così non riusciva ad alzarsi in piedi, né a muovere bene le gambe.
Merlino continuava ad essere in ansia ed in allerta, ma con il passare delle ore si tranquillizzò molto, vedendo come l’altro reagiva alla magia e alla ferita.

Alla fine del quarto giorno, mentre Merlino stava raccogliendo la legna per il fuoco, un rumore lo fece girare e si ritrovò Artù in piedi, appoggiato ad un albero

“Artù!” esclamò il ragazzo, prima di lasciare la legna ed andargli incontro “Come vi sentite?”

“Come un cadavere che cammina” affermò l’altro “Ma non è la prima volta, ci sto quasi prendendo gusto”

Merlino gli sorrise, prima che il re aggiungesse, più serio “Mi hai salvato anche quella volta, non è vero?”

Il mago abbassò lo sguardo, facendo un leggero cenno con la testa

“È… davvero incredibile, quanto hai fatto per me e per Camelot, tutto questo tempo, senza che io me ne sia mai accorto”

“Ve l’ho sempre detto, Artù, io ho molti doni, ma voi non li avete mai notati”

“Non hai alcuna abilità da giocoliere, vero?”

“Ho dovuto improvvisare” sbuffò divertito il mago, prima di appoggiare una mano sulla schiena del re per sostenerlo “Andiamo, dovete riposare. Tra poco sarà pronta la cena”

La cena venne preparata in silenzio, con ciò che Merlino era riuscito a trovare qua e là: aveva ritrovato una ciotola ammaccata, probabilmente caduta dal suo cavallo e con qualche erba era riuscito di nuovo a preparare qualcosa di commestibile

“Quanto siamo distanti da Camelot?” fu il re il primo a parlare

“A cavallo ci avremmo messo un giorno, probabilmente, ma a piedi sarà più lunga”

“Domani ci metteremo in marcia”

“Siete sicuro di essere in grado di affrontare il viaggio?” domandò preoccupato Merlino

“Devo tornare al castello, Ginevra sarà preoccupata”

“Anche il popolo”

“Il mio popolo è forte e può contare sulla guida della regina” ribatté Artù

“Tutto ciò è grazie a voi, una volta non sarebbe stato così” dichiarò Merlino, prendendo la ciotola ormai vuota che l’altro aveva appoggiato e andando sulla riva del lago per sciacquarla

“Tu invece che cosa farai?” chiese a bassa voce il sovrano e il mago si girò, sorridendo

“Mi avete promesso due giorni liberi, se non sbaglio”

“Tornerai a Camelot con me?”

“Sono il vostro servitore”

“Sei uno stregone”

“Non cambia ciò che sono” rispose semplicemente Merlino, tornando vicino al fuoco “Sono nato per servirvi e rimarrò al vostro fianco. Se voi lo vorrete”

Artù lanciò all’altro uno di quegli sguardi che nell’ultima settimana gli aveva rivolto spesso, come a studiarlo, per cercare di capire se quello che aveva vicino era sul serio il suo servitore imbranato ma incredibilmente leale

“Suppongo che ora non potrò più darti dell’idiota”

“Sono sicuro che troverete dei motivi per darmi dell’idiota comunque” replicò con un sorriso Merlino “Ora riposate, avrete bisogno di forze, domani”

Lo aiutò a sistemarsi comodamente, ravvivò il fuoco con un incantesimo e si appoggiò ad un albero, dormicchiando leggermente. Si alzarono all’alba, il giorno dopo, e si misero in cammino alla svelta: il viaggio sarebbe stato lungo, visto che Artù zoppicava ad era costretto ad appoggiarsi ad un bastone e, nei punti più difficili, a Merlino per poter proseguire il cammino; furono costretti a fermarsi parecchie volte, ma fortunatamente, al terzo giorno di cammino, incontrarono una coppia di ricognitori sassoni a cavallo. Il mago ci mise poco a farli cadere svenuti a terra e a prendere possesso dei cavalli; il viaggio, da lì in poi, procedette molto più svelto e spedito, vuoi per i cavalli o vuoi perché Artù si stava lentamente riprendendo.
Fu per entrambi una gioia scorgere il profilo del castello da lontano e iniziare a percorrere dei sentieri battuti e conosciuti; ma poco prima di arrivare alle porte di Camelot, il re fece fermare il cavallo

“Siamo a Camelot…” mormorò

“Vi staranno tutti aspettando” commentò l’altro con un sorriso

“Prima di andare, Merlino… voglio solo che tu sappia che non sarei qui, senza di te”

“Non dimenticherò che mi avete dato due giorni liberi, Artù”

“Sono serio, Merlino. Mi hai salvato la vita e hai portato la pace” lo sguardo del re era puntato su quello del suo servitore, che aveva sempre un mezzo sorriso a distorcergli le labbra

“Come ho già detto, Sire, probabilmente avreste fatto tutto questo anche da solo. Ed io sono orgoglioso di essere il vostro servitore” fece un cenno con la testa verso il castello “Gwen vi starà aspettando”

Il re tentennò un attimo, prima di annuire “Sì… andiamo a casa, ora”

Il ritorno del re fu accolto con urla di gioia, battiti di mani e fischi da ogni parte della città bassa e, quando Artù e Merlino arrivarono alle porte del palazzo erano praticamente scortati da tutti i cittadini di Camelot, che avevano interrotto le loro occupazioni e i loro lavori per accompagnare il re al castello. Tutti i cavalieri erano schierati sotto alla scalinata e Ginevra scese rapidamente le scale, abbracciando di slancio Artù che scendeva da cavallo e depositandogli un dolce bacio sulle labbra

“Stavo iniziando a perdere la speranza… temevo di non rivederti” sussurrò al suo orecchio

“Sto bene e sono a casa, non c’è più nulla di cui preoccuparsi” rispose il marito, stringendola a sé.

Anche Gaius si avvicinò, andando subito da Merlino che aveva lasciato i cavalli allo stalliere

“Ragazzo mio… ce l’hai fatta” lo strinse nel suo abbraccio paterno, mentre tutta la corte si avviava dentro il castello.

Il re fu scortato nelle sue stanze, dove rimasero solo Gaius, Merlino, Ginevra ed un paio di cavalieri in attesa di ordini, che furono impartiti mentre il medico faceva il suo lavoro; il mago si teneva un po' in disparte, ma la regina lo raggiunse

“Gli hai salvato la vita”

“Ha combattuto bene contro il frammento di spada”

“No, tu gli hai salvato la vita. Hai salvato lui, Camelot e tutti noi” ribatté Ginevra, guardandolo negli occhi, mentre Merlino non sapeva bene che cosa dire

“So tutto, Merlino. E ti ringrazio di cuore”

“Non potevo lasciarlo morire da solo in mezzo ad una foresta” rispose il ragazzo con un sorriso “Sareste stata capace di tagliarmi la testa per una cosa del genere”

La regina sorrise, prima di avvicinarsi al letto del marito, dove egli stava dando gli ultimi ordini ai soldati che, dopo un inchino, uscirono dalla porta

“Starete bene, Sire. Il vostro corpo ha reagito bene al frammento di spada ed ora dobbiamo solo aspettare che si rimargini la ferita. Potreste sentire un po' di dolore in questi giorni quando camminate e vi consiglio di riguardarvi e di non combattere, né di fare movimenti bruschi”

“Grazie, Gaius” rispose Artù “Sono in debito anche con voi, senza le vostre cure e la vostra saggezza non sarei qui”

Il medico fece un piccolo sorriso ed una riverenza con la testa, lasciando poi spazio a Gwen che si apprestò a stringere le mani del marito, sedendosi sul letto

“Passerò più tardi a controllare come state” concluse il medico ed uscì dalla stanza, accompagnato dal suo assistente; tornarono nelle loro stanze e iniziarono a prepararsi per mangiare

“Il tuo piatto preferito, ragazzo mio” esclamò il vecchio, appoggiando la ciotola davanti al ragazzo, che gli rivolse un sorriso

“Il mio piatto preferito e due giorni liberi, cos’altro potrei desiderare?”

“Hai avuto grande coraggio e forza di volontà, Merlino, e il re è salvo, grazie a te. Dovresti già essere orgoglioso di questo”

“Lo sono, Gaius, lo sono. Vicino al lago io… mi sono sentito impotente. Ho avuto paura di fallire, ho visto davanti ai miei occhi il fallimento e poi… un sollievo incredibile, quando Artù ha respirato. Ma finché non ha detto le prime parole e ha mangiato da solo, non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso”

“È tutto passato, ora. C’è pace nel regno e nessuna minaccia all’orizzonte”

Merlino sorrise, mentre qualcuno bussava alla porta: un cavaliere lo mandava a chiamare da parte del re; Gaius e il mago si guardarono

“Immagino che dovrò affrontare le conseguenze di avere poteri magici” commentò Merlino “Ora che Artù sta bene”

“Non pensarlo, Merlino. Artù sa riconoscere il giusto e lo sbagliato e tu hai dimostrato il tuo valore. Sono certo che lui lo sa” il ragazzo fece un sorriso tirato alle parole dell’altro e si alzò da tavolo dopo poco, diretto di nuovo nelle stanze del re.

Trovò Artù a letto e Ginevra impegnata a sistemare dei fiori sul tavolo e, dopo aver bussato sulla porta aperta, salutò “Mi avete mandato a chiamare, Sire?”

“Ah, Merlino” esclamò l’altro “Volevo solo dirti che, prima di andarti a rinchiudere per due giorni alla taverna e dimenticarti perfino come ti chiami, dovrai lavare la mia armatura, sistemare la stanza, fare il bucato ai miei vestiti, pulire i miei stivali e affilare la mia spada”

“Come?” chiese stupito Merlino

“Mi hai sentito, Merlino. Ci sarà un banchetto, stasera, e le mie vesti sono tutte da rammendare” ripeté l’altro, facendogli un gesto verso l’armadio

“Ricordi vero che cos’è un armadio? Sai quella cosa di legno, in cui di solito si appoggiano i vestiti”

“Non penso che voi possiate spiegare a me che cos’è un armadio” sorrise Merlino, andando verso l’oggetto in questione

“Se non ricordo male nella tua stanza sembra non esserci un armadio, visto che i tuoi abiti sono sempre per terra o lanciati qua e là”

“Se vi sta tornando l’umorismo significa decisamente che vi sentite bene” esclamò Merlino

“Mi sentirò meglio dopo che sarò presentabile” ribatté l’altro, lanciando un bicchiere contro il mago e prendendolo in pieno, essendo Merlino girato. Il ragazzo si toccò la testa con un lamento

“Avete decisamente bisogno di mangiare”

“Muoviti, Merlino!”

E il re non vide il sorriso che si formava sulle labbra del servitore, non appena uscito dalla porta della stanza, le braccia cariche di vestiti, un bernoccolo in testa e del lavoro ancora da fare.

Artù si fece vedere poco in giro per la prima settimana: il fianco gli faceva male e camminava a fatica, quindi rimaneva per lo più nelle sue stanze a studiare le carte o nella Sala del Trono per ascoltare richieste e questioni urgenti. La sua prima apparizione in pubblico, davanti a tutta la corte al completo, la fece solo dopo dieci giorni: non aveva rivelato a nessuno il perché di quella riunione, nemmeno alla regina, nonostante Ginevra non si fosse mai allontanata da lui, nemmeno per un attimo.

Il re prese posto sul trono accanto a Gwen e guardò un attimo tutti i presenti, prima di dichiarare “Ho un annuncio da fare: Camelot è salva, Morgana è sconfitta e c’è pace, ora, nel regno. E questo è grazie a voi, cavalieri, che non avete smesso di combattere e che avete tenuto vivo lo spirito e la speranza. È grazie alla regina, che ha saputo mantenere la calma e non si è scomposta davanti alle difficoltà. È grazie al coraggio degli uomini di Camelot, al supporto delle donne e alla fiducia dei bambini. Camelot non sarebbe quella che è senza le persone che ci vivono e che la difendono”

Uno scrosciante applauso interruppe il discorso, mentre Artù stringeva leggermente i braccioli del trono; il silenzio tornò poco dopo, perché il re aveva ancora qualcosa da dire “Ma Camelot è salva anche grazie alla magia: è stato uno stregone a cambiare le sorti della battaglia, uno stregone ha ucciso Morgana e mi ha salvato la vita. Non sarei qui se non fosse stato per lui. Da oggi in poi la magia non sarà giudicata negativamente in quanto tale, ma solo dalle azioni delle persone che la usano. Chi ha questo dono e lo userà per il bene del regno sarà lodato, ma chi la userà per metterlo in pericolo verrà immediatamente messo sul rogo. Da oggi chi usa la magia per fare del bene non dovrà più nascondersi!”

Un altro applauso partì sulle ultime parole del re e grida di “Lunga vita al re” riempirono la Sala, mentre Merlino sorrideva, appoggiato alla colonna

“Non dovrai più nasconderti” sussurrò Gaius, con un sorriso

“Non so se riuscirò ad usare la magia così presto, davanti ad Artù” confessò con un sorriso il ragazzo

“Sarà utile quando dovrai lucidare la sua armatura o rammendare i suoi vestiti”

“L’armatura è decisamente più splendente, se lucidata con la magia” confermò Merlino “Ma questo Artù non dovrà mai saperlo, o potrebbe darmi compiti sempre più difficili con la scusa che posso usare i miei trucchi”

Gaius rise, ma poco dopo Merlino aggiunse “Non sono sicuro di rimanere al castello”

“Che cosa hai da fare?”

“Nella Caverna di Cristallo ho imparato molte cose, ma ho anche scoperto di avere ancora molto da apprendere. I miei poteri sono solo all’inizio e devo imparare a controllarli e a prenderne coscienza” spiegò il mago

“Te ne andrai?”

“Non subito. Prima voglio vedere il regno sistemato e davvero in ordine e aiutarvi con le cure mediche di chi ancora riporta conseguenze della battaglia. Ma so che ci sono persone come me, là fuori, che hanno bisogno di una guida ed io stesso ho bisogno di imparare molte cose sull’Antica Religione” confessò Merlino “Ma tornerò sempre, per vedere come sta andando qui”

“Artù lo sa?”

“Non ancora, ma penso che capirà” mormorò il mago, prima di sorridere, guardando l’amico dare gli ultimi ordini “E so che ogni volta che tornerò mi farà trovare stivali sporchi e camicie bucate”






Spazio autrice
Ciao a tutti! Ho scritto questa storia appena ho finito di vedere Merlin perché non sono mai stata una da finali con morti, nemmeno se gloriose. Non dico che il finale non sia bello - ha i suoi punti di forza - né che sia brutto, dico solo che mi sarebbe piaciuto qualcosa di un pò più allegro e quindi ho provato ad immaginare come si poteva concludere in bellezza. Spero che il mio modo di vedere la fine della storia vi piaccia, se qualcuno volesse scrivermi una recensione anche solo per dire quant'è bella Merlin come serie TV ne sarei molto contenta :).
A presto,
Felpie

 
   
 
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