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Autore: A_Liebert    11/05/2020    0 recensioni
Lance è davvero, davvero preso da quel ragazzo intelligente e carino della classe di spagnolo e non ha la più pallida idea di come conquistarlo.
Finché non gli viene la geniale idea di farsi aiutare dall'amico emo, solitario e inquietante della sua cotta, Keith, che è anche il suo più acerrimo nemico.
O, quando i tentativi di Lance di conquistare Pidge finiscono per conquistare Keith.
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#1 in KLANCE su Wattpad (21/06/2020)
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Giovedì 8:50
 

Keith quel giorno non sarebbe andato a scuola.
Lo aveva deciso quando, durante la notte, ripensando a Lance, al sorriso di Lance in quella dannata foto, il suo stomaco era impazzito e un miscuglio di nervosismo e impaziente attesa gli aveva riempito la testa al pensiero di ritrovarselo di fronte il giorno dopo.
Schiacciò la faccia contro il cuscino, sperando di sparirci dentro.
Che diavolo stai combinando, Kogane?
Morale della favola: aveva delle occhiaie da spavento e nessuna intenzione di affrontare - confermare - le sue paure.
Keith si alzò finalmente dal letto e andò in bagno. La casa era silenziosa, quindi Shiro e Allura erano già andati a lavoro. Il suo viso sembrava orribile nello specchio, eppure fissò intensamente il proprio riflesso, sperando di mettere ordine nella testa.
Per un po' girovagò per casa, in cerca di un modo in cui impiegare il tempo. A un certo punto, Pidge gli inviò un messaggio per chiedergli che fine avesse fatto. Non rispose, ma prese le chiavi della moto, s'infilò la giacca e uscì.
I suoi genitori gliel'avevano regalato un anno prima, per il suo compleanno, nella speranza che incanalasse la sua eccessiva energia. Qualunque cosa ciò significasse.
Quello che sapeva era che, spesso, il rombare della sua bambina e la sensazione del vento tra i capelli erano le uniche cose che lo rendessero davvero felice.
E fu esattamente come si sentì quando salì a cavalcioni e accese il motore.
Mentre scivolava sull'asfalto, nessun pensiero per la testa, era leggero e libero.

 

Lance era nella merda.
Non letteralmente, grazie al cielo, ma era come se lo fosse.
Quella mattina aveva scoperto che, quando dormiva profondamente, né la sveglia (impostata con Hips don't lie), né le urla di sua madre, né il rumore provocato da 10 persone in casa, e nemmeno i pastelli infilati su per il naso dal suo fratello più piccolo erano capaci di svegliarlo.
Conseguenza di ciò: un ritardo clamoroso.
E ovviamente l'autobus sarebbe partito un secondo prima che lui arrivasse alla fermata. Perché la sfiga era nel suo fottuto sangue.
Sospirò e si sedette sul marciapiede, una mano tra i capelli.
Il prossimo autobus era tra un'ora. In teoria, avrebbe fatto prima a piedi, ma sarebbe stata una camminata di più di mezz'ora e figurarsi se lo avrebbero fatto entrare a scuola con un ritardo tanto vergognoso.
Oh beh, se questo è ciò che Dio ha deciso per me, chi sono io per obbiettare?
Improvvisamente sollevato all'idea di una mattinata di ozio e non poi così dispiaciuto per la giornata scolastica persa, si rialzò e, mani nelle tasche, s'incammino verso il McDonald's con l'intenzione di fare la colazione che aveva saltato.
Il tempo era piacevole: non faceva troppo freddo e poche nuvole gli fluttuavano pigramente sopra la testa.
Si chiese cosa stessero facendo in quel momento Pidge, Hunk e Keith, se si stessero chiedendo che fine aveva fatto.
Fischiettando lungo la strada, giunse presto al McDonald's, ma per entrare doveva prima passare oltre la stazione del gas, cosa che fece distrattamente, almeno fino a quando il suo sguardo non incrociò quello di Keith Kogane che riempiva il serbatoio di una moto rossa.
Non ci credo.
I due si immobilizzarono, guardandosi fissi.
Non ci posso fottutamente credere.
"Mi stai prendendo in giro?"
Lance lo raggiunse in meno di un secondo e alzò le braccia al cielo, esasperato nei confronti dell'universo.
"Perché ti ritrovo sempre tra i piedi? Perché?"
L'espressione stupida e confusa di Keith, molto infantile sul suo viso, lasciò il posto all'irritazione e il ragazzo tornò a concentrarsi sul serbatoio da riempire.
"Credimi, incontrarti era l'ultima delle cose che speravo accadessero oggi"
"Ma perché non sei a scuola? Non sei, tipo, a un passo così dall'espulsione?" incrociò le braccia.
"Come puoi rimproverarmi di non andare a scuola quando lo stai facendo anche tu in questo momento?" lo guardò interrogativo mentre posava l'oggetto per mettere la benzina che Lance non sapeva nemmeno lontanamente come si chiamasse.
"Ehi, nel mio caso è stata una serie di sfortunati eventi"
"Certo"
Rimasero in silenzio.
Lance guardò il casco nelle mani di Keith. Poi la moto rossa al suo fianco.
"Aspetta un secondo. Di chi è questa?"
"Mia?" la sua risposta suonò come una domanda.
"Tu-" Lance sgranò gli occhi, spostandoli dal ragazzo a disagio di fronte a lui al veicolo e viceversa "tu hai una moto?"
"Così sembra"
"Perché non l'hai usata per portarci a scuola ieri mattina?"
"Siamo andati a casa mia in bus, quindi l'avevo lasciata lì"
"Questo è- wow"
Lance non riusciva a trattenersi: la moto era una bellezza e si sentiva male al pensiero che il suo proprietario fosse un essere indegno come Keith.
"Ragazzino, muoviti!" qualcuno ricordò loro che quello non era il luogo più adatto dove parlare.
"Vuoi fare un giro?"

 

"Vuoi fare un giro?" aveva chiesto Keith istintivamente e se ne pentì un secondo dopo.
Lance lo guardò, chiaramente riluttante.
Era tentato di dare gas e fuggire il più lontano possibile.
"Eh? Ah" fu tutto ciò che disse Lance, girandosi quando bussarono il clacson dietro di loro. Keith voleva morire.
"Devo spostarmi da qui" si infilò il casco e si mise a cavalcioni, pronto a partire e a nascondersi in Messico fino alla fine dei suoi giorni.
"Ok, spero tu abbia un altro casco. Ho visto abbastanza notiziari del pomeriggio da sapere che potrei finire col cervello a verniciare un marciapiede"
A Keith si bloccò il respiro, pietrificato.
"Keith? Il casco?"
"Sì" gli diede quello del passeggero, con movimenti meccanici, sperando di non rivelare tracce di nervosismo.
Quando Lance si sedette esitante dietro di lui fu improvvisamente fin troppo consapevole delle sue gambe ai lati del proprio bacino e le sue mani posate esitanti sulla sua vita e Dio.
Peggiore idea di sempre.
"Devi- devi reggerti più forte" balbettò.
Sentì il calore esplodergli sul viso quando Lance gli circondò il busto con le braccia, le mani posate sul suo petto. Avvertiva più chiaramente che mai la pressione del suo corpo contro il proprio.
Diede gas, sperando di non sentirsi più così ridicolo e agitato.
Lance emise un gridolino per lo spavento e Keith sorrise. Fece un tratto a zig zag passando per le macchine, giusto per spaventarlo, e quello lo strinse ancora più forte contro di sé.
Si spostò leggermente più indietro, verso di lui. Era impazzito? Probabile. Sulla sua moto diventava sempre un'altra persona.
Le occasionali urla di Lance si trasformarono in risate e Keith fu contento. Forse fece anche qualche manovra più elaborata per impressionarlo.
Dopo un giro, attraverso il percorso più lungo che conosceva, tornarono di fronte al McDonald's.
Keith fermò la moto. Le gambe di Lance tremavano mentre scendeva dal veicolo e Keith si sentì subito in colpa per aver esagerato.
Tuttavia, quando il ragazzò si levò il casco e mostrò un sorriso che andava da un orecchio all'altro, occhi brillanti, capelli schiacciati all'indietro in un assoluto casino e guance accaldate, quel sentimento fu spazzato via da qualcosa di più caldo e nervoso che costrinse Keith ad allontanare lo sguardo.
"Amico, è stato assurdo" disse Lance "Anche se sei stato proprio uno stronzo a fare quella cosa alla curva, ho pensato seriamente che sarei morto"
"Quello non era niente."
"Allora cosa fai di solito, giri della morte sopra le auto?"
"Non sopra le auto, ma sì"
"Aspetta, sei serio?" Lance alzò le sopracciglia. Era qualcosa a cui non era abituato, un Lance che non lo insultava ma sembrava sinceramente interessato a lui. Keith si ritrovò molto impegnato ad aggiustarsi i guanti.
"Uhm, sì, è una moto da motocross, quindi può reggere questo tipo di cose. Ovviamente non lo faccio in città"
Lance fischiò, impressionato. Keith non lo avrebbe mai ammesso ma ne era abbastanza orgoglioso.
"Senti" Lance si grattò la nuca "non ho fatto colazione quindi adesso vorrei davvero divorare una montagna di pancakes a quel McDonald's"
Keith annuì e stava per rimettersi il casco quando l'altro aggiunse: "Se vuoi, posso offrirti qualcosa. Per ringraziarti del giro in moto e tutto"
Lo guardò, immobile.
"Insomma, non devi per forza-"
"Sì. Certo che-"
Parlarono contemporaneamente e si bloccarono.
"Certo che- Io. Sì. Vado solo a- La moto."
In meno di un secondo Keith aveva dato gas al veicolo, alla ricerca di un parcheggio e sperando che un autobus lo facesse passare all'oltretomba.




 

Non posso credere di aver invitato Keith Kogane a fare colazione con me in un McDonald's.
Lance sedeva a uno dei tanti piccoli tavoli, agitato.
Era solo che, il viaggio in moto era stato fantastico. E si sentiva in dovere di ringraziarlo. Nulla di più.
Beh, fantastico ma anche imbarazzante, sotto un certo punto di vista. Soprattutto quando Keith aveva spostato il bacino più indietro, tra le sue gambe, e lui aveva dovuto trattenere il respiro per 10 solidi secondi.
Non c'era niente di gay in quello, ovviamente, ma Lance era un ragazzo bisessuale confidente con la propria sessualità e ritrovarsi in quella situazione con un ragazzo oggettivamente attraente, beh, era naturale che provocasse in lui delle reazioni.
Ho appena pensato che Keith sia attraente?
Lance emise un lamento e si accasciò contro il tavolo.
Quella situazione era assurda.
Quel ragazzo era assurdo, perché certo che faceva motocross, come se non fossero già abbastanza le qualità in cui lo superava. Non sapeva se ucciderlo o ammirarlo.
Ucciderlo. Ovviamente ucciderlo.
In quel momento la porta a vetri si aprì ed entrò Keith. Si guardò attorno e dopo qualche secondo a vederlo spaesato Lance alzò la mano per richiamare la sua attenzione.
Proprio quando il ragazzo si sedette, Lance si alzò di scatto.
"Vado a prendere da mangiare. Pancakes anche per te?"
"Una mela andrà bene"
"Non vendono mele al McDonald's"
"Ok, allora una macedonia"
"Una macedonia" Lance si allontanò scuotendo la testa.
Non avrebbe mai sopportato la vergogna di ordinare una macedonia dopo una generosa quantità di pancakes, sciroppo e cioccolata calda, perciò, quando Keith sorpreso e infastidito gli chiese dove fosse la sua macedonia, rispose che poteva anche ficcarsela su per il culo e gli diede metà dei pancakes.
Fu soddisfacente vederlo, nonostante il broncio, mangiare la sua colazione.
Uno a zero per Lance McClain.
"Quindi" s'infilò un boccone in gola e osservò esitante l'altro ragazzo "come hai fatto a convincere i tuoi genitori a prenderti una moto del genere? Voglio dire, sembra parecchio pericolosa"
Keith giocherellava col cibo.
"Speravano che così tornassi a vivere da loro, suppongo" rispose dopo un po' "Hai notato che sto da mio fratello"
"Sì, ma ho pensato che forse lavoravano all'estero o- non so cosa pensavo, in realtà"
"Beh, sono io che li ho lasciati"
Keith si ostinava a non guardarlo.
"Ok?"
Doveva insistere? Lasciar perdere? Risposta: mangiò un pancake.
Struggersi per colpa di Keith in modalità emo sarebbe stata l'ultima delle cose che avrebbe fatto quel giorno. Era lì per fare colazione e su quello si sarebbe concentrato, per quanto curioso fosse.
Prese un sorso di cioccolata calda e quando la posò trovó Keith a fissarlo.
"Cosa?" alzò un sopracciglio.
"Hai- uhm" l'altro ragazzo arrossì e Lance fu ancora più confuso.
"Se non parli inglese non potrò mai capirti" lo snobbò.
"No sul serio, hai un-" si indicò il labbro superiore.
"Un viso incredibilmente perfetto?"
"Lance"
E, wow.
Non l'aveva mai chiamato per nome prima. O forse l'aveva fatto, ma per la sensazione che gli suscitò, era come se fosse la prima volta.
Intanto Keith aveva cacciato il cellulare e gli aveva scattato una foto a tradimento.
"Woah, rallenta splendore, chiedimi almeno un appuntamento prima"
Il ragazzo alzò un sopracciglio e girò lo schermo verso di lui. Lance fu costretto a subire la visione di un umiliante baffo di cioccolata sul labbro.
"Mi chiedo come reagirebbe Pidge a un'immagine del genere"
Il bastardo sogghignò.
Lance si pulì con la lingua e socchiuse gli occhi, ponderando il modo migliore di agire.
"Oh, non lo farai"
"Scommettiamo?"
Un secondo di tensione e subito dopo Lance si era lanciato su di lui, ma Keith, agile come un dannato gatto, aveva allontanato il braccio.
Ci fu un breve scontro in seguito al quale Lance si ritrovó misteriosamente con dello sciroppo sulla maglia e imprecò pesantemente in spagnolo mentre cercava di pulire quanto poteva con un fazzoletto. Un membro del personale si avvicinò per chiedergli di abbassare la voce, Lance lo chiamò un "burro con una cara de culo" e ai due fu gentilmente chiesto di uscire.
"Non posso credere di essere stato cacciato da un McDonald's" Lance era scioccato.
Fu allora che Keith scoppiò a ridere.
Lance era abbastanza sicuro di non averlo mai visto ridere davvero. Solo qualche irritante sogghigno ogni tanto, ma mai una sincera risata. Si sentì perso nell'osservarlo reggersi lo stomaco e asciugarsi l'angolo di un occhio e il suo viso era così diverso dal solito e così carino addirittura e-
"E io non riesco a credere che tu lo abbia chiamato burro" Keith tornò lentamente se stesso e Lance si costrinse a non sorridere.
"Non importa. Tieni pure la foto, se ti fa sentire meglio, ma sappi che ormai che tu la invii a Pidge o no non fa alcuna differenza"
Keith inclinò la testa.
"Ti sei definitivamente arreso?"
"Sì, voglio dire, capisco quando mi trovo di fronte a una porta sprangata. Comunque abbiamo deciso di essere in buoni rapporti. Amici"
Annuì a se stesso.
"Capisco" incrociò le braccia e appoggiò la schiena contro il muretto. Aveva un sorrisetto irritante sulle labbra.
Lance stava per dirgli di smetterla di sorridere o -minaccia indefinita a cui doveva ancora pensare - quando avvertì uno strofinio contro la sua caviglia. Abbassò lo sguardo e vide un gattino miagolante.
"O mio Dio"
Com'era ovvio che fosse, Lance si chinò immediatamente ad accarezzare l'animaletto.
"E tu che ci fai qui tutto solo?" sorrise, accarezzandogli il pelo brizzolato.


Giovedì 12:03
 


Keith non era sicuro di quando avesse accettato di accompagnare Lance e il micio orfano che aveva trovato  al rifiugo per animali, ma eccolo lì. Confuso e incapace di affrontare inflessibile una situazione che prevedeva un micio minuscolo tra le braccia di Lance e quest'ultimo che lo trattava come fosse la cosa più preziosa del mondo, tutta la sua attenzione catturata dall'animale.
"È lontano da qui?" chiese Keith.
"Nah, alla fine della strada"
Camminavano fianco a fianco e lo sguardo di Keith era focalizzato sul micio mezzo addormentato.
"Vuoi tenerlo tu?"
"Cosa?" Lance rise al palese terrore sul suo volto e gli porse delicatamente il gatto.
"Non credo che- No sul serio, potrei farlo cadere, non sono bravo a-"
"Davvero un gattino addormentato ti rende così terrorizzato?"
Lance lo depositò tra le sue braccia e Keith sbiancò quando il gatto si svegliò e si agitò nella la sua presa, forse sentendo la mancanza di quella di Lance.
"Ehi. Buono" il gatto invece cacciò fuori la zampa e iniziò ad attaccarlo come un demonio e lui voleva piangere. Keith tenne disperatamente il viso lontano dalla sua portata e Lance non lo aiutò di certo, impegnato a ridere di cuore e indicarlo. Avrebbe voluto odiarlo per questo, ma come poteva dopo averlo visto decidere dal nulla di portare un micio abbandonato in un rifugio per animali?
"Adorabile" Keith e il gatto si girarono a guardarlo.
Lance gli rivolse un mezzo sorriso assolutamente enigmatico e continuò a camminare.
Rimase qualche secondo sconvolto prima di affrettarsi a raggiungerlo, pregando che il rossore sparisse dalle sue guancie. Naturalmente si riferiva al gatto. Non aveva senso che si sentisse cosi. Non avrebbe avuto senso nemmeno se si fosse riferito a lui.
Come se potesse accadere.
"Ti piacciono gli animali?" gli chiese, sperando di cacciare ogni pensiero inutile.
"Solo alle persone senza cuore non piacciono. E poi, con quattro fratelli piccoli, è come essere sempre circondato da cuccioli scatenati"
"Deve essere bello avere una famiglia così grande"
Lo sguardo di Keith si posò sul gattino, che, stanco di combattere, si era addormentato. Cercò di non farlo oscillare troppo mentre camminava.
Beccò Lance a guardarlo e alzò un sopracciglio, quello - arrossì? - girò di scatto la testa.
"Uhm. Sì. Certo. Altre volte però sono una spina nel fianco, ma quali parenti non lo sono?"
Quell'ultima affermazione fece riflettere Keith.
"Anche noi possiamo esserlo. Per i nostri genitori"
"Suppongo di sì, ma non per questo possono smettere di amarci"
Keith lanciò un cauto sguardo al ragazzo al suo fianco.
"A volte..." mormorò "è meglio allontanarsi gli uni dagli altri, capire quando si è solo una delusione senza speranza e arrendersi"
Calò il silenzio. L'aria era tesa e Keith si pentì di aver rovinato l'atmosfera piacevole che si era creata tra loro due. Del resto, rovinare le cose è l'unica cosa che sono capace di fare.
Il filo di pensieri deprimenti continuò il suo percorso, rafforzato da quelle parole che aveva sempre pensato, ma mai pronunciato, nemmeno con Shiro.
"Scusa, ma questa è una cazzata"
Lance era... arrabbiato?
Quella era decisamente una reazione che non si aspettava.
"Come possono dei genitori arrendersi nei confronti del proprio figlio? E come potrebbero mai essere delusi da te? Sinceramente, è fastidioso quanto tu sia perfetto in tutto quello che fai, mi fa arrabbiare un casino ed è anche per questo che ho abbandonato il karate! È come se io corressi con tutto me stesso ma tu fossi sempre davanti a me, neanche fosse la cosa più facile del mondo. Tu parli di essere una delusione, ma i tuoi genitori hanno mai detto qualcosa che lo dimostrasse?"
Keith era immobile.
Durante la sua tirata, Lance aveva agitato molto le mani (a quanto pareva era una cosa che faceva spesso) e adesso il suo viso era più vicino al suo.
Deglutì. Nella sua testa rimbombavano le parole è fastidioso quanto tu sia perfetto, ho abbandonato il karate, i tuoi genitori hanno mai detto qualcosa? e non sapeva su quale dei tre concetti concentrarsi.
"Io-" si costrinse a rompere la connessione tra i loro sguardi, ma Lance, adesso più calmo e cercando i suoi occhi, lo interruppe.
"Voglio dire, lo so che non ho il dirittto di immischiarmi nei tuoi affari, ma sei molto più stupido di quanto pensassi se davvero credi che qualcuno possa essere deluso da te"
Il modo in cui lo stava guardando, la distanza notevolmente ridotta, nonostante la presenza del micio di mezzo, il suo tono di voce gentile, tutto quello provocò una sensazione estranea nello stomaco di Keith. Piacevole ma anche spaventosa.
Tuttavia, c'era un'altra parte di sé che era infastidita dal fatto che Lance parlasse senza conoscere la sua situazione e fu quella che lasciò parlare.
"Hai ragione, non sono affari tuoi"
Lance si allontanò di scatto e Keith avrebbe voluto gridare. Senonché si accorse di qualcosa che lo lasciò spiacevolmente sconvolto.
"Sì, scusa. Di solito non sono il tipo che spara sentenze, te lo giuro"
"Lance-"
"No, no hai ragione. Mi dispiace"
"Lance"
"È solo che non sono capace di tenere dentro quello che penso e quando hai fatto quella faccia-"
"Credo che il gatto abbia appena fatto pipì"

Arrivarono al rifugio in condizioni comiche.
Avevano deciso di arrotolare la giacca di Keith ormai inutilizzabile intorno al gattino, quindi adesso il ragazzo era a mezze maniche, l'espressione di uno che voleva solo fare una dormita.
La donna che lì lavorava era rimasta alquanto sorpresa, ma poi aveva assicurato loro che avrebbero provveduto al meglio al micio.
Lance potrebbe o non potrebbe aver tirato su col naso mentre salutava il gattino un'ultima volta prima di uscire e al sopracciglio alzato di Keith rispose con un "Cosa?".
"Allora... noi due ci salutiamo qui" disse Keith, spostando il peso da un piede all'altro.
La visione di Keith che litigava con un gattino e poi lo coccolava tra le sue braccia l'aveva reso solo leggermente più adorabile ai suoi occhi. Per questo, quando lui rabbrividì a un improvviso soffio di vento, sentì il cuore sciogliersi e si tolse alla velocità della luce la sua giacca.
E anche perchè, diciamolo, Lance era un gentiluomo.
"Oh, nononono, non ti farò correre come un pazzo su quella moto a maniche corte" gliela porse, forse un po' aggressivamente "Mettila e non dire nulla. Io almeno ho una felpa da sotto"
"Non ce n'è bisogno, sul serio" cercò di restituirgliela ma Lance la sbattè contro il suo petto.
"Potrei seriamente offendermi se non la indossi"
Si guardarono intensamente qualche secondo.
"Ok" sospirò Keith. Quando Lance lo vide con la sua giacca addosso ebbe bisogno di qualche secondo.
"Ok" disse anche Lance, strisciando il piede contro il marciapiede "Ci si vede"
Si girò, ma Keith fu veloce ad afferrargli il braccio.
"Aspetta" disse e rientrò. Lance aspettò, piacevolmente sorpreso e confuso.
Quando il ragazzò uscì gli passò un biglietto di carta.
"Oggi vai a quell'indirizzo, alle sei" non ebbe nemmeno il tempo di reagire che l'altro scappò con passo affrettato.
Lance guardò la sua schiena e poi invece il pezzo di carta nelle sue mani.
Lo infilò nella tasca e se ne andò per la sua strada, la testa un confuso groviglio di pensieri.


Giovedì 18:00

 

Possibile che mi abbia appena chiesto... un appuntamento?
Per quanto cercasse di scacciare quell'impressione, il dubbio era sempre lì, a tormentarlo fino all'ora fatidica.
Quando però giunse al posto, dovette controllare due volte l'indirizzo prima di capire che, sì, non aveva sbagliato.
Il motivo per cui Keith Kogane gli avesse chiesto di trovarsi di fronte a una palestra alle sei del pomeriggio gli era del tutto estraneo, ma ne fu alquanto irritato. Sta cercando di dire che sono grasso?
"Lance!" quando si girò vide l'oggetto dei suoi pensieri corrergli incontro, un borsone a tracolla sopra la giacca - non la sua, notò.
"Ehm, cosa ci faccio qui?" alzò un sopracciglio.
"Voglio che tu-" il ragazzo esitò "Solo, entra e aspetta fino alla fine dell'allenamento"
Allenamento?
Seguì Keith dentro un po' riluttante, solo allora gli fu chiaro, più o meno, cosa stava accadendo. Dentro c'erano ragazzi che indossavano il karategi e facevano stretching, alcuni avevano anche iniziato a sfidarsi tra di loro e oh se quell'ambiente era familiare. Non il posto, dove non era mai stato, o le persone, ma l'aria che si respirava, i suoni, ciò che i suoi occhi vedevano. Era tutto così naturale per Lance, come se non fossero passati mesi dall'ultima volta che anche lui aveva indossato il karategi e si era allenato nella sua palestra, più o meno simile.
"Keith!"
Si avvicinò un uomo con folti baffi color carota insieme ad altri ragazzi. Lance rimase vicino a Keith, sentendosi in soggezione, cosa che non gli capitava spesso.
"Chi è questo giovanotto?" chiese l'uomo.
"Uhm, Coran, Lance è un mio... amico. Resterà solo a guardare" rispose.
"Ah sì?" adesso fissava lui e Lance si ritrovò ad annuire, come se fosse stata davvero una sua idea e non qualcosa in cui si era appena ritrovato in mezzo. Si sentiva davvero uno stupido ad aver pensato che quello potesse essere un appuntamento.
"Ok, fanciulli!" Coran si rivolse agli altri allievi "Lance resterà solo a guardare, quindi non distraetevi e tornate all'allenamento!"
"Puoi sederti lì" Keith lo guardò, mentre si raccoglieva i capelli in un codino basso e, oh, ok, era ridicolmente carino "Potresti... potresti rimanere fino alla fine?"
Ancora una volta Lance annuì. Non sentiva di avere la forza necessaria a dire alcunché, l'imbarazzo improvviso di Keith fece scivolare via la sua irritazione e confusione.
Ma che diamine sto facendo qui? pensò mentre, seduto alla panchina, passò le successive 2 ore a guardare l'allenamento di Keith. Ovviamente cercò di non fissarlo per 2 ore consecutive e di spostare lo sguardo anche sugli altri, ma sembrava che una qualche catena invisibile lo tenesse legato al ragazzo.
Mi manca si ritrovava a pensare, pieno di vergogna. Gli mancava il karate. L'umiliazione di un anno prima non era riuscita a cancellare quella passione che si portava dietro da anni, era il coraggio ad essere andato via. Il coraggio di mettersi ancora in gioco, vittima di sconfitte o vincitore di vittorie.
Aveva odiato Keith per molto tempo eppure, ora, si rendeva conto che l'impegno e la passione dell'altro ragazzo non erano certo minori delle sue. Era sudato e probabilmente stanco, ma nemmeno per un secondo si era impegnato meno che al 100% delle sue capacità.
Su questo, Lance ammirava Keith e biasimava se stesso.
Era tanto immerso nei suoi pensieri che fu preso alla sprovvista quando l'allenatore, Coran, disse: "Basta fatiche per oggi, miei giovani allievi! Avete lavorato bene, ora potete anche tornare alle vostre abitazioni"
Lance si alzò, ma vide Keith avvicinarsi a Coran.
"Vorrei rimanere ad allenarmi ancora un po'"
"Va bene, Keith, allora ti lascio le chiavi. Sta attento a non affaticare troppo il tuo giovane corpo"
"O ad affaticare il tuo fidanzato!" gli gridò uno dei compagni di squadra mentre usciva.
Keith non sembrò reagire a quel commento ma il cervello di Lance esplose in una moltitudine di Cosa? Perchè? Fidanzato? Io? EH?
Quando l'ultimo uscì e chiuse la porta dietro di sé, calò il silenzio nella palestra, vuota ad eccezione di loro due e Lance deglutì, lanciando qualche sfuggente occhiata alla nuca di Keith, finché questo non si girò di scatto.
"Combatti contro di me"

"Cosa?" Lance aveva un'espressione scioccata.
"Un anno fa ci siamo scontrati e hai perso. Ora voglio concederti la rivincita"
Aggrottò le sopracciglia, sperando che Lance capisse quanto fosse serio.
"Aspetta, è per questo che mi hai portato qui?"
Keith non rispose, ma aspettò, immobile. Ci fu qualche secondo di tensione tra i loro sguardi poi Lance sogghignò.
"Ok" si levò la giacca e la lanciò sulla panchina "Ti prenderò un po' a calci nel sedere, Kogane"
L'espressione di sfida che gli rivolse fece percorrere un brivido lungo la schiena di Keith, che dovette girarsi dall'altra parte.
Fece un minuto di stretching, poi andò a mettersi in posizione di fronte all'altro.
Capì subito che Keith non aveva intenzione di andarci leggero, ma nemmeno lui pensava di farlo. Stranamente, non era nervoso. Un anno prima, in una situazione identica, era sul punto di vomitare per l'ansia, ma ora conosceva la persona che gli era di fronte ed era un Keith che non lo faceva sentire in soggezione con la sua stupida faccia concentrata e seria.
Lance fu il primo a colpire, ma Keith fu rapido nello schivarlo e attaccare. Lance  si mise in posizione difensiva e diede un calcio.
Il combattimento fu lungo.
Entrambi sentivano il sudore colare lungo la pelle e la stanchezza iniziare a rallentare i loro movimenti, Keith per le due ore di allenamento e Lance per il lungo periodo di inattività.
Lo sguardo di Lance era intenso come Keith non lo aveva mai visto e spesso veniva colpito proprio perché i suoi occhi lo distraevano.
Lance invece pensava a quanto fosse elegante Keith nel suo stile di combattimento. Quando un anno prima si erano affrontati era troppo nervoso per notare qualunque cosa, ma mentre lo osservava da lontano se ne era accorto e adesso ne era ipnotizzato, ogni colpo conteneva l'attesa della risposta dell'avversario.
Un sorriso gli si formò involontariamente sulle labbra e fu quello che fece sgranare gli occhi a Keith, a provocare un sussulto inconsulto all'interno del suo stomaco e a fargli perdere la concentrazione per quel millesimo di secondo necessario a Lance per atterrarlo.
La schiena di Keith sbattè contro il pavimento e Lance fu improvvisamente sopra di lui, ansante quanto l'altro e con gli occhi incatenati ai suoi.
Lance ci mise qualche secondo a realizzare, ma poi un'espressione di genuina sorpresa illuminò il suo volto.
Le sue braccia si poggiarono ai lati della testa di Keith. Il ragazzo aveva i capelli sparsi sul pavimento, evidentemente il codino doveva essersi sciolto a un certo punto.
"Ho vinto" disse, incredulo.
Osservò come sotto di lui Keith sbatté le palpebre, poi, per la prima volta da quanto Lance ricordasse, un sorriso genuino e dolce prese forma sulle sue labbra, dolci, labbra dolci. Gli restituiva lo sguardo, inclinò la testa leggermente e i suoi capelli strofinarono contro il braccio di Lance.
"Hai vinto" ripetè e Lance definitivamente perse se stesso quando l'altro arrossì sulle guancie ancora sorridenti.
La mente era offuscata.
Il cuore batteva veloce.
"Hai fatto tutto questo per farmi tornare a praticare il karate?" chiese e il suo sospetto fu confermato dall'espressione dell'altro, che arrossì intensamente.
Il sorriso era sparito, ma il suo ricordo rimase ben vivido nella sua memoria.
Per questo non pensò ad altro per il resto della notte.

 

  
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