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Autore: A_Liebert    16/05/2020    0 recensioni
Lance è davvero, davvero preso da quel ragazzo intelligente e carino della classe di spagnolo e non ha la più pallida idea di come conquistarlo.
Finché non gli viene la geniale idea di farsi aiutare dall'amico emo, solitario e inquietante della sua cotta, Keith, che è anche il suo più acerrimo nemico.
O, quando i tentativi di Lance di conquistare Pidge finiscono per conquistare Keith.
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#1 in KLANCE su Wattpad (21/06/2020)
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sabato 5:45
 

Lance non riusciva a prendere sonno.
Aveva passato la notte a rigirarsi tra le coperte, la testa sommersa di pensieri che avrebbe volentieri evitato di avere.
Lui e Keith avevano deciso di vedersi quella mattina e Lance non riusciva a smettere di pensarci.
Non capiva perché si sentisse così agitato al pensiero di vederlo da solo, quando negli ultimi giorni era capitato tanto spesso.
Fatto stava che, ogni volta che chiudeva gli occhi, la stupida faccia di Keith continuava a spuntargli davanti, col suo stupido sorriso e i suoi stupidi capelli troppo lunghi che si toccava in continuazione.
Stupido Keith.
"Aaah!" Lance diede a calci le lenzuola e si premette i palmi delle mani contro gli occhi, forte.
Cos'era quell'agitazione?
Cos'era quella sensazione?
Con un grugnito uscì dal letto e andò in bagno. Si lavò le mani. Osservò il proprio riflesso nello specchio e rimase infastidito dalle profonde occhiaie che circondavano i suoi occhi. Non voleva che Keith lo vedesse conciato così.
"Che c'entra?" si rimproverò da solo, guardandosi male nel riflesso "Che ti importa di lui?"
Beh, a conti fatti, pensò aggrottando le sopracciglia, non è che di lui non mi importi proprio.
Soprattutto negli ultimi giorni, sentiva che Keith fosse diventato... in un certo senso, importante per lui.
Ma come e quando è successo?
Tornò nella stanza sua e dei suoi due fratelli, che attualmente dormivano ancora, perché era lui l'unico idiota sveglio a quell'ora di sabato mattina. Si grattò la testa e alzò i pantaloni del pigiama scesi in vita.
Si buttò di schiena sul letto e osservò pensieroso il soffitto.
Keith adesso era importante per lui.
La realizzazione lo colpì con forza, insieme a una sensazione di nervosismo che si espanse per tutto il suo corpo.
Ma importante... in che senso?
Scosse con forza la testa per scacciare pensieri inutili.
Non mi è certo venuta una cotta per lui o qualcosa del genere.
Rise tra sé.
Una cotta per Keith, bella questa.
Per Keith.
Il suo rivale numero uno.
Il suo più acerrimo nemico.
Il suo...
D'improvviso gli apparve davanti gli occhi proprio il ricordo di lui e di quella volta che gli aveva rivolto un sorriso dolce sotto le guancie lievemente rosse, la testa un po' piegata a guardarlo con quello sguardo strano e intenso, mentre era steso sotto di lui, e sentì il suo cuore perdere un battito.
Arrossì intensamente e piegò un braccio a coprirgli gli occhi, come sperando che questo bastasse a farlo sparire dalla sua mente.
Ok, forse adesso era qualcosa di più rispetto a un rivale, ma questo non significava che gli piacesse in quel senso, giusto?
È tutta colpa sua, mi confida le sue preoccupazioni e si mostra tanto fragile, non posso non volerlo proteggere.
Come il giorno prima. Lance non aveva esitato a mettersi in ridicolo con la famiglia di Keith, gli bastava fare il possibile per farlo sentire a suo agio.
E... gli piaceva far ridere Keith.
Lance lasciò scivolare il braccio giù dal volto e aggrottò le sopracciglia, un labbro tra i denti.
Non credeva che quella per Keith fosse una cotta, semplicemente perché le sensazioni che gli faceva provare il ragazzo erano totalmente estranee e diverse rispetto a quelle che aveva provato con tutte le sue precedenti sbandate, dove si trattava di semplice attrazione.
Con lui non sembrava fosse così, ma piuttosto che ci fosse tutto uno strato più profondo che ancora doveva scoprire, che aveva paura di scoprire.
Un livello più profondo nella relazione che avevano, qualcosa che andava ben oltre la semplice amicizia e le relazioni superficiali che aveva avuto fin'ora.
Lance si stese a pancia sotto e affondò il viso nel cuscino, la faccia di lato e gli occhi tormentati che guardavano un punto indefinito. Il suo cuore aveva preso a battere a un ritmo sostenuto, quasi a conferma dei suoi dubbi.
Keith.
Voglio vederlo.
Oh cavolo.
Voglio passare ancora molti giorni con lui.
Finiscila, Lance.
Voglio vederlo sorridere.
Sei una tredicenne innamorata o cosa?
E voglio baciarlo.
Lance spalancò gli occhi, la bocca socchiusa in shock.
Aveva appena...? Aveva appena pensato...?
Si buttò giù dal letto, sentendosi andare a fuoco.
Corse di nuovo in bagno, appoggiò le mani sul lavandino e si sporse in avanti a guardare il suo riflesso. La sua espressione era ridicola e voleva morire.
"Smettila" si disse "Sei patetico. È tutto nella tua testa"
Deglutì, ma il proprio riflesso non mutò di una virgola, quindi si chiuse nella doccia e si lavò, sperando che questo lo calmasse, perché al momento sentiva che il cuore potesse scoppiargli fuori dal petto e che lui potesse andare in autocombustione.
Alla fine, quando si fu calmato, andò in cucina a fare colazione, giusto per far passare il tempo che mancava prima dell'appuntamento con Keith.
Aveva appena iniziato a sorseggiare il suo latte, chiedendosi se l'altro ragazzo sarebbe rimasto spaventato dalle sue mostruose occhiaie, quando sua madre fece il suo ingresso in cucina.
"Eri tu a parlare da solo nel bagno?"
"No"
"Strano, avrei giurato di aver sentito qualcuno"
"È che lavori troppo, mamma, hai bisogno di riposo"
"Forse hai ragione"
Andò a prepararsi il caffé e Lance la ignorò, chiedendosi perché Keith avesse tenuto con sé la sua giacca per tanto tempo.
"Come mai sei sveglio così presto?" chiese sua madre, girandosi a guardalo "Hai un appuntamento?"
Lance sputò il latte.
Tossì con forza, le lacrime agli occhi, e infine riuscì ad alzarsi dalla sedia.
"Cosa?!" esclamò "No!"
"Come mai tanto imbarazzo?" lo sguardo che gli rivolse, battendo le ciglia sospettosa, lo fece arrossire dalla vergogna di essere stato scoperto tanto facilmente "Non hai mai avuto problemi a raccontarmi delle tue cotte"
""Non c'è nessuna cotta, mamma!" Lance agitò nervosamente le mani, iniziando cauto ad arretrare verso la porta.
Poi sua madre fece uno strano suono e si portò al viso una mano.
"Non sarà che il mio bambino è innamorato!"
Lance rimase a bocca aperta, in totale shock, sentendosi il viso ardere intensamente e sua madre prese a ridacchiare nella sua direzione. Si riscosse e con un forte atto di volontà uscì subito da quella casa.
Cos'ho?, pensò mentre correva giù per le scale, Non può essere che- no. No!
Una volta uscito, prese a camminre in direzione del luogo dell'appuntamento, le mani nelle tasche e gli occhi confusi puntati verso i propri piedi.
Fece un giro lungo, nella speranza di far sbollire le emozioni che lo agitavano tanto, ma senza successo. Più cercava di far capo ai propri sentimenti, più questi si attorcigliavano tra loro, impanicandolo.
Alla fine raggiunse la sua destinazione e si sedette su una panchina, il piede che batteva nervosamente contro il pavimento e le mani che stringevano le ginocchia.
Mi... piace Keith?
Sentiva qualcosa muoversi nel suo stomaco, un misto di terrore ed euforia.
Cos'è lui per me?
Ricordò tutte le espressioni carine che gli aveva rivolto il giorno prima, sulla collina, come si fosse sentito quando, svegliatosi, lo aveva trovato col capo poggiato al suo petto e le sue dita intrecciate alle proprie. Voleva proteggerlo, ma anche renderlo felice. Voleva stargli accanto.
Forse lo amava davvero.
"Aah!" Lance si alzò di scatto e, frustrato, diede un calcio al cassonetto della spazzatura "Fai schifo, Keith!"
"Ah sì?"
Oh merda.
Si girò, terrorizzato ma anche con la sensazione di star per esplodere nel momento in cui avrebbe visto la persona che lo aveva tormentato tutta la notte. Keith lo guardava con un sopracciglio alzato e le braccia incrociate, tra queste la sua giacca.
"Ah" fu tutto ciò che riuscì a dire.
"Non sapevo ti piacesse prendere a calci cose facendo finta siano me" ridacchiò e Lance si sentì arrossire per la vergogna.
"Sta zitto e dammi la giacca!" esclamò. Keith gliela porse e lui la prese, strappandogliela dalle mani. Iniziò ad attorcigliarla tra le mani, deglutendo nervoso.
Dio, a cosa mi sono ridotto?
"Allora..." Keith iniziò ad arretrare "Io vado"
"No aspetta" Lance gli afferrò il braccio e l'altro ragazzo lo guardò sorpreso, sbattendo le palpebre.
"Sai giocare a basket?"

Keith era sempre stato bravo a mascherare le sue emozioni.
Fin da quando era bambino, non lasciava mai capire agli altri quello che provasse, per evitare di attirare su di sé attenzioni indesiderate.
Perciò fu facile non far venire a Lance sospetti sull'essere rimasto ferito dalla scena a cui aveva assistito.
Questo, però, solo perché stupidamente aveva creduto che tra lui e Lance potesse essersi creato un legame più forte, ma si era sbagliato. L'altro continuava a detestarlo e ciò era stato un duro colpo al suo cuore.
"Perché vuoi sfidarmi a basket?" gli chiese mentre, raggiunto il campetto da street basket, Lance si abbassava a prendere la palla.
"Nessuna ragione. Voglio solo farti il culo" Lance sogghignò e si alzò la maglia, levandosela e rimanendo in cannottiera. La lanciò sulla panchina e iniziò a far palleggiare la palla.
Keith fece come l'altro e, cogliendo Lance impreparato, gli rubò la palla, corse verso il canestro e fece punto. Si girò a guardarlo con un ghigno.
Il ragazzo era rimasto a bocca aperta, ma appena i loro sguardi si incrociarono, i suoi occhi si accesero di una luce pericolosa e ricambiò il sogghigno.
"È così quindi?" gli disse, avanzando.
Lance giocava bene.
Ma Keith era più bravo e segnò molte volte. I momenti in cui veniva colto di sorpresa avvenivano perché Lance.
Ritrovarsi improvvisamente il corpo dell'altro tanto vicino al proprio gli mandava in combustione il cervello e smetteva di pensare lucidamente, cosa di cui l'altro, di sicuro non realizzando il vero motivo, approfittava.
Non era colpa sua.
Ma il suo sguardo era continuamente catturato dai movimenti di Lance, da come sorridesse in modo soddisfatto quando faceva punto, davvero sexy.
Keith si rimproverò mentalmente a quel pensiero.
Ancora una volta, Keith riuscì a rubargli la palla e saltando fece un punto da 3 che Lance non riuscì a murare.
Poiché stava iniziando a sudare, alzò le braccia a legarsi i capelli in un codino basso.
"Aaah! Che figo!" gridò qualcuno.
Lui e Lance si girarono e videro che c'era un gruppetto di ragazze sedute ad osservarli. Li salutarono con la mano ma Keith era abbastanza sicuro di non conoscerle. Forse erano appassionate di basket?
Giocarono un'altra ventina di minuti, poi Keith disse: "Vogliamo fermarci?"
"Ammetti la tua totale sconfitta?" ansimò Lance e Keith alzò gli occhi al cielo, abbassandosi per vedere se gli fossero rimasti soldi per comprare l'acqua nella giacca.
Quando tornò a guardare Lance, la risposta sarcastica si congelò sulle sue labbra.
Il ragazzo aveva alzato l'orlo in basso della canotta per asciugarsi il sudore dal viso, lasciando la chiara vista del suo petto altrettanto sudato.
Keith sentì il proprio viso prendere fuoco e allontanò subito lo sguardo.
"Ciao!" disse una voce.
A quanto sembrava, le ragazze di prima si erano avvicinate e anche loro - Keith le fulminò con lo sguardo - avevano notato il gesto di Lance.
"Heilà" il ragazzo entrò subito in modalità flirt, come c'era da aspettarsi, e Keith incrociò le braccia
"Siete giocatori di basket?" la ragazza mora si avvicinò troppo a Keith e lui allontanò lo sguardo.
"No" rispose.
"Davvero?" l'altra che sorrideva a Lance si attorcigliava una ciocca di capelli tra le dita "Ma siete stati bravissimi!"
"Ah" Lance si grattò la nuca "È solo pratica"
Keith non riusciva a staccare lo sguardo da loro e, quando la ragazza disse un'affermazione che non sentì, afferrando il braccio di Lance, sentì qualcosa bruciare con rabbia nel suo stomaco.
"Ti va di scambiarci i numeri?" chiese la mora, avvicinandosi di un'altro passo a Keith.
"No" disse lui e si girò, afferrando la propria giacca e andandosene.
Sentì presto qualcuno raggiungerlo con passi affrettati.
"Ehi, Keith, che ti è preso?" gli chiese Lance "Non ti piacevano quelle ragazze?"
Sembrava infastidito. Di sicuro non gli era piaciuto che per colpa sua non fosse riuscito a concludere con quella ragazza.
Strinse i pugni e si costrinse a non guardarlo.
"Devo andare"
"Oh. Okay. Allora... Magari più tardi potremmo..."
Keith non lo fece finire di parlare e attraversò la strada, infilandosi la giacca e mordendosi il labbro.
Era arrabbiato con sé stesso.
Strinse forte gli occhi per farli smettere di essere lucidi.
I suoi stupidi sentimenti non sarebbero mai stati ricambiati, prima accettava questo prima essi sarebbero spariti.
Smettila di essere infantile.


Sabato 14:11

 

Keith non volle tornare subito a casa.
Girò un po' per la città, perso nei suoi pensieri e cercando di fare pace con sè stesso e i propri sentimenti.
Principalmente, per farli cessare.
E più i suoi tentativi si mostravano inutili, più diventava frustrato e in egual misura desiderava non essersene andato in maniera tanto secca. Se fosse rimasto con lui, forse adesso sarebbero stati insieme...
Si schiaffeggiò le guancie con violenza.
Smettila Dio mio! Sei una ragazzina innamorata o cosa?
Finalmente, si rese conto che i suoi piedi lo avevano portato a casa. Prese le chiavi e aprì il portone, salendo le scale esausto.
Quando entrò in casa, voleva solo stendersi sul letto e dormire, sperando che durante il weekend la cotta per Lance sarebbe magicamente sparita.
Quello che non si aspettava - e che meno desiderava - vedere erano i suoi genitori, che lo aspettavano a braccia incrociate.
"Che ci fate qui?" chiese, lanciando un'occhiata a Shiro e Allura, che lo guardavano con espressione dispiaciuta.
"Abbiamo ricevuto un'email dalla scuola" fece un passo avanti sua madre "Non ho parole, Keith. Hai aiutato un tuo amico a rubare un test, i tuoi voti si sono abbassati moltissimo da quando te ne sei andato e hai anche saltato la scuola!"
"Tornerai a stare da noi" si intromise suo padre "Non voglio sentire discussioni"
Keith fece un respiro profondo. Tutte quelle cose erano successe già alcuni giorni fa, ma ovviamente soltanto adesso si erano presi la briga di informarsi riguardo loro figlio. La rabbia gli faceva bollire il sangue e più suo fratello e Allura rimanevano in silenzio più si rendeva conto di essere solo contro tutti.
Andò in camera sua.
Prese il borsone del karate e lo riempì di alcuni vestiti presi a caso, poi se lo mise in spalla.
"Stai... davvero venendo?" chiese sua madre con voce sollevata.
Keith mise la mano sulla maniglia e si bloccò.
"Per un po' starò da Pidge" disse e uscì prima che qualcuno potesse ribattere.

La frustrazione era tale che, quando bussò alla porta del suo amico e questo gli aprì, la prima cosa che Pidge disse: "Keith, se aggrotti le tue sopracciglia un po' di più credo che potresti creare una crepa nello spazio-tempo".

Keith alzò lo sguardo dalla punta delle sue scarpe, che avrebbero potuto prendere fuoco per l'intensità con cui le stava fulminando, e rivolse una smorfia al suo amico.

"Posso stare per un po' da te?" chiese, strofinando i piedi per terra con imbarazzo. Pidge alzò un sopracciglio, ma poi scrollò le spalle e lo lasciò entrare.

"Nulla di grave, spero" commentò, lasciandosi cadere sul divano. Keith posò il borsone lì accanto.

"E' solo che ho bisogno di stare lontano dal genere umano per un po'" si passò una mano tra i capelli  ed evitò lo sguardo dell'amico.

"Sì, ci sono passato"

Keith incrociò le braccia e si sedette finalmente accanto all'altro.

"Vuoi dirmi cos'è successo?" Pidge incrociò le gambe sul divano, seduto rivolto verso di lui "Cosa ti ha fatto venire una tale crisi isterica?"

Keith chiuse gli occhi e appoggiò la nuca all'indietro.

"Lance..." mormorò tra le labbra, poi aprì gli occhi e scosse la testa con forza "I miei genitori. Vogliono che torni a vivere con loro"

"Capisco" Pidge gli sorrise e gli diede una carezza di solidarietà sul braccio. Prese poi il cellulare dalla tasca e iniziò a digitare chissà cosa sullo schermo, Keith non se ne preoccupò, impegnato piuttosto a pensare se Lance fosse rimasto offeso dal modo brusco con cui se ne era andato.

"Ah, e cosa stavi dicendo prima riguardo Lance?"

Dannazione.

"Niente" incrociò le braccia.

"Andiamooo" Pidge si protese verso di lui con un sorrisino di superiorità "Puoi parlare della tua cotta col tuo amico del cuore"

"Cos-" Keith sgranò gli occhi, un improvviso calore sul  viso che lo rese subito agitato "Quale cotta? Che cavolo dici?"

Pidge alzò e abbassò le sopracciglia e Keith lo spinse giù dal divano. Quello cadde con un tonfo e un'imprecazione.

"Vado a mettere la mia roba in camera tua" prese il borsone da terra e corse su per le scale prima che Pidge potesse leggere l'ovvio sul suo volto. Era sempre stato capace di nascondere quello che pensava ma adesso, per qualche motivo, ogni parte di lui sembrava essere fuori dal suo controllo.

"Bel modo per ringraziare la mia generosità" gemette Pidge.













 

"Hunk, io non capisco"

Lance era steso sul divano di Hunk, che, seduto sulla poltrona, mangiava biscotti, un contesto molto simile a quello che c'era a casa di Pidge, anche se Lance non poteva saperlo.

"Mh" commentò Hunk, più incuriosito dal suo telefono che da quello che stava dicendo l'amico.

"Mi sento strano e agitato, non riesco a comportarmi come al solito. Credi che io sia malato?" gli sembrò che il soffitto, che stava osservando con un crescendo di intensità a ogni minuto che passava, gli stesse dando ragione.

"Nah, stai bene amico. Almeno fisicamente"

"E allora perchè...?" la domanda gli morì tra le labbra e tossì per riacquistare sicurezza, nonostante non si fosse mai sentito così insicuro in tutta la sua vita. La tosse si trasformò in un soffocamento e si ritrovò sul pavimento a reggersi il petto, sicuro di essere vittima di un infarto.

"Andiamo da Pidge a vedere Thor, che ne dici?"

Lance, steso a terra, alzò il pollice all'amico.

Distrarsi da tutto ciò che riguardava un certo emo dai capelli neri e la stupida faccia perennemente arrabbiata era esattamente quello di cui aveva bisogno in quel momento.

"Mi prendi in giro" gemette il ragazzo quando, entrato nell'abitazione dell'amico, trovò il torturatore dei suoi pensieri seduto sul divano che reggeva una ciotola di pop corn. Il maledetto strabuzzò gli occhi quando lo vide e subito dopo gli rivolse un'occhiataccia.

"Non pensare che io invece sia contento di vederti" sbottò, accasciandosi sul divano a occhi chiusi e sopracciglia aggrottate, l'orgoglio ferito fatto persona.

"Voi due siete più bipolari di Ian Gallagher in Shameless"  scosse la testa il piccoletto, già intento a cercare il film in streaming. Hunk intanto si era appropriato della ciotola di pop corn e li trangugiava con soddisfazione, nessuna intenzione a condividere il cibo, a quanto sembrava.

"Possibile che non abbiamo nient'altro da fare oltre vedere film?" Lance si sedette, suo malgrado, o forse facendolo apposta, chissà, accanto a Keith, le braccia incrociate nello stesso modo di quest'ultimo "Le giornate di maggio sono meravigliose! Dovremmo vivere la vita da veri adolescenti!"

L'occhiata che gli lanciò Pidge da dietro le lenti tonde avrebbe potuto benissimo pietrificarlo a morte, così cercò di proporre un'opzione niente male, a suo modestissimo parere.

"Per esempio..." si sporse con un ghigno sul volto e le mani sulle ginocchia, attento a creare la giusta suspense "Potremmo andare in piscina!"

"No" sentenziò immediatamente la voce del maledetto Keith.

Lance lo guardò male e l'altro fece altrettanto.

Per quale dannata ragione aveva iniziato a provare sentimenti per un tipo del genere? Lance non se lo spiegava. Ad ogni modo, il desiderio di fare una nuotata in gruppo, e, forse, anche quello di vedere Keith in costume, ma questo non era rilevante al momento, lo spinsero a insistere. E, soprattutto, voleva comportarsi come al solito perché quello scorbutico non doveva assolutamente  capire che al momento il suo volto imbronciato era la cosa più adorabile che Lance avesse mai visto.

"Hai forse paura che la luce del sole ti bruci la pelle da vampiro che ti ritrovi?"

"Non sono un'amante di queste cose"

"Con cose  intendi comportarsi come un normale essere umano?"

"Dio santo, voi due!" sbottò Pidge, facendo partire il film e appostandosi ai piedi di Hunk con le gambe incrociate e una certa quantità di cibo che Lance era sicuro fino a un momento prima non ci fosse (che lo avesse nascosto in anticipo sapendo che Hunk si sarebbe appropriato di ogni cosa nel suo campo visivo?) "Ok, domani mattina andiamo a nuotare, d'accordo? Alla fine la piscina mi piace, basta mettermi sotto un ombrellone per i fatti miei e mi diverto lo stesso"

Non esattamente quello che aveva in mente Lance, ma ok. Anche Hunk grugnì qualcosa che ricordava vagamente un assenso e a quel punto Lance si voltò verso Keith con un ghigno trionfante in volto, le sopracciglia che si alzavano e abbassavano giusto per essere un pochino più petulante.

"Ok" si arrese infine e Lance esultò mentalmente "Ma anche io voglio starmene nel mio ed essere lasciato in pace"

"Ma certamente!"

Certamente no!

Lance sentì qualcosa di non identificato, probabilmente il diaframma, sussultare con entusiasmo al pensiero della giornata con Keith che era riuscito a conquistare. E anche con Pidge e Hunk, ovvio, certo, sì.

 

 

 

 

 

 

 

"Certo che Chris Hemsworth è un A+" esclamò Lance sul finire del film, accanto a Keith, mentre rubava di nascosto pop corn a Hunk e se li lanciava in bocca.

Keith sentì giusto un pizzico di irritazione infiammargli il petto, ma, ovviamente, non lo diede a vedere. Non aveva senso essere gelosi di Chris Hemsworth, comunque, perché sarebbe stata una partita persa in partenza.

Quando il film finì, il ragazzo accanto a lui allungò le braccia con un sospiro, invadendo completamente lo spazio personale di Keith che fino a quel momento era stato ben attento a rimanere il più immobile e naturale possibile accanto alla persona che gli faceva battere il cuore a un ritmo forsennato nel petto.

"Pizza?" propose Hunk e Lance e Pidge emisero un ululato di assenso che inquietò leggermente Keith.

"Perché non restate anche a dormire stanotte?" propose l'occhialuto e Keith avrebbe voluto ucciderlo. Quello gli sogghignò e alzò le sopracciglia verso Lance, simulando degli sbaciucchiamenti con le labbra, che per fortuna l'altro ragazzo non colse perché troppo impegnato a riflettere ad alta voce su quale tipo di pizza prendere e valutare i vari pro e contro.

Keith sentì il volto andare a fuoco. Doveva proprio trovarsi un migliore amico così sadico?

"Geniale!" esclamò subito il cubano e anche Hunk annuì.

"Il divano si apre in un letto e potete starci in tre tranquillamente. Inoltre i miei oggi sono in paese dai miei nonni e resteranno fino a domani"

"Ma allora oggi dobbiamo assolutamente ubriacarci!"

Keith fu terrorizzato dallo sguardo di estasi che aveva immediatamente illuminato il volto del ragazzo, saltato in piedi d'impeto. Pidge si grattò il mento e poi annuì, Hunk scrollò le spalle indifferente e Keith rimase a bocca aperta, chiedendosi dove aveva sbagliato nella vita per arrivare a quel punto.

"Andiamoooo" Lance lo pungolò col gomito, un mezzo sorriso sfrontato e Keith esitò nel trovarselo improvvisamente così vicino, il suo ginocchio poggiato sul divano e il ragazzo che si sporgeva verso di lui.

"Sì, ok" assentì, più che altro per sfuggire il prima possibile da quella situazione spiacevole, fin troppo piacevole.

Non gli sarebbe mai stato chiaro, comunque, come un'ora dopo si sarebbe ritrovato accanto al ragazzo intento a convincere il commesso che, sì, la carta d'identità che gli aveva mostrato era assolutamente vera e che aveva già compiuto la bellezza di ventun'anni, il tutto accompagnato da imprecazioni in spagnolo contro i pregiudizi della società e il cattivo lavoro del personale, la vecchina dietro di loro che annuiva concorde.

Dovevo proprio innamorarmi di uno squilibrato del genere?, pensò Keith. Quando infine lasciarono il supermercato e Lance lanciò un pugno vittorioso in aria, l'altra mano che stringeva la busta col bottino appena conquistato, il ragazzo si sarebbe ritrovato a sorridere tra sé e sé di nascosto. 

Perché, in realtà, era felice di quel sentimento dal nome proibito che gli cresceva nel petto ogni secondo di più.

 


Sabato 22:30

 

Quando una fetta di pizza fu lanciata nella sua direzione e presa al volo da Hunk, che subito la trangugiò con soddisfazione, ecco, quello fu il momento in cui Keith realizzò che la sua vita non poteva prendere una piega più assurda.

"Prova solo a ripetere" stava intanto dicendo Lance, il proprietario della fetta che aveva attentato alla sua vita, un dito minaccioso puntato contro di lui "che la pizza con l'ananas è buona e giuro su Dio che la prossima cosa che lancerò sarà una sedia, e questa volta ti colpirò"

"A me piace" lo fulminò Keith, tornando su da sotto il tavolo, dove si era momentaneamente nascosto. Lance afferrò la sedia.

"Potreste non distruggere casa mia, per favore?" piagnucolò Pidge.

"Amico" cercò di calmarlo Hunk "I gusti vanno rispettati, sempre. Il cibo è sacro"

Afferrò le spalle dell'amico e lo guardò intensamente negli occhi, spiegandogli per cinque solidi minuti che tutto ciò che poteva essere mangiato, meritava di essere mangiato perché il Signore aveva creato un'infinità di gusti solo per permettere loro di godere delle gioie della vita che si celavano dietro di essi. Alla fine, Lance era di nuovo seduto e guardava il tavolo con le mani tra i capelli, le certezze della vita che gli crollavano addosso. Keith fu contento di poter finire la sua pizza preferita in santa pace.

Finito il divoramento di pizze, Pidge si reggeva la pancia piena e dolorante steso sul pavimento, Lance osservava il paesaggio fuori dalla finestra, le mani dietro la schiena, ancora perso nei pensieri sul senso della vita, Hunk frugava in cucina in cerca di qualcos'altro da sgranocchiare e Keith sedeva sul divano, lo sguardo preoccupato puntato sugli alcolici poggiati sul tavolino.

"Abbiamo preso tutto quell'alcool, ma voi davvero avete intenzione di berlo tutto?" se ne uscì alla fine. Lance, tornato in sé in un secondo, si girò entusiasta.

"Mi pare ovvio!" iniziò a frugare nella busta, cacciando le prime birre "Altrimenti non abbiamo alcun diritto di chiamarci adolescenti, che cavolo"

"Penso che ci siano altri modi per divertirsi che non includino il distruggersi il fegato" borbottò Keith.

"O mio Dio come sei noiosoooo"

Lance, che a quanto sembrava quel giorno sembrava particolarmente in vena di lanciare oggetti pericolosi nella sua direzione, gli lanciò contro una lattina di birra, che Keith prontamente schivò, causando l'impatto di quest'ultima contro il muro. La lattina scoppiò e un getto di birra ne fuoriuscì.

"Lance, ti uccido!" gridò Pidge, balzando in piedi e fissando con orrore il disastro combinato.

"Tranquillo, ora pulisco!" il cubano corse in cucina per prendere delle pezze e si chinò a pulire il lago in espansione sul parquet. Il quale sembrò espandersi ulteriormente. Lance strofinò con più foga, inutilmente.

"Non funziona" notò Keith.

"Wow, grazie genio di averci regalato un commento così perspicace. Perchè non mi aiuti, visto che tutto questo è colpa tua?"

"E' colpa mia perchè non mi sono fatto colpire?!"

"Provo a prendere del detersivo" propose Hunk. Dopo una mezz'ora in cui tutti e quattro (Keith non capiva come si fosse ritrovato anche lui a strofinare per terra insieme a Lance, ma era successo) si ingegnarono in ogni modo possibile per pulire la macchia, decisero infine di spostare la poltrona su di essa e il problema fu risolto.

"Giochiamo a io non ho mai" propose Lance quando si sedettero in cerchio per terra. Keith teneva un braccio appoggiato sul divano e decise di prendere l'iniziativa, un ghigno sul volto.

"Non ho mai fatto sogni erotici sui One Direction" iniziò. Lance lo guardò con tanto d'occhi.

"O mio Dio Keith, ti odio" gemette Pidge bevendo un sorso della sua birra. La velocità con cui il cubano girò la testa per guardarlo sconvolto avrebbe potuto benissimo causargli un danno permanente al collo "Che c'è? Ero in una fase"

"Che fine ha fatto il tuo diario segreto con le foto di Harry Styles?" Keith scoppiò a ridere quando l'altro si nascose il volto dietro le mani con un gemito.

"Non riportare a galla momenti oscuri della mia vita, mai più"

"Dopo questa breve parentesi che mi ha dato da riflettere per almeno i prossimi dieci anni," disse Lance "direi che tocca a Hunk. Prego, amico"

Il ragazzo si grattò il mento, pensoso.
"Non ho mai stalkerato una mia cotta così tanto da farle chiamare la polizia"
"Quella volta c'è stato un fraintendimento" borbottó Lance bevendo.
"Secondo me sei tu il fraintendimento vivente, qui" sogghignò Keith.
"Wow, ehi" Lance si sporse verso di lui con espressione scocciata "non insultiamo l'esistenza altrui con cotanta leggerezza, grazie"

Tornó al suo posto, le sopracciglia aggrottate per riflettere accuratamente su cosa proporre per il suo turno nel gioco, e quando alzò lo sguardo verso di lui all'improvviso, fissandolo da sotto i capelli castani, Keith sussultó leggermente, distogliendo rapido gli occhi e sperando che non avesse intuito a cosa stesse pensando, ovvero a quanto maledettamente carino fosse.
"Non ho mai voluto baciare un ragazzo"
Lance bevve in un rapido sorso e sogghignó, gli occhi puntati fissi su di lui. Anche Pidge bevve, sofferente. Keith deglutì e osservó la lattina nelle sue mani, fasciate dai guanti neri.

Che devo fare?

Sentiva lo sguardo dell'altro su di lui e bruciargli la pelle. Insomma, poteva anche non bere. Non sarebbe certo finito in prigione se non rispettava le regole, era solo uno stupido gioco. Non c'era nessuna ragione per fare coming out così, dal nulla.

Purtroppo, però, quello che successe fu che quando osservò gli occhi seri di Lance e il cuore perse un battito, il suo cervello masochista pensò Oh, al diavolo e si scolò la lattina di birra. E quando, una volta finito, notò l'espressione di genuina sorpresa sul volto della persona che lo stava facendo diventare pazzo, potrebbe anche essere arrossito, proprio come l'altro.

Dio, eccome se voglio baciarlo.










 

"Attenzione gente!" gridò Lance svariato tempo dopo, salito sulla sedia del soggiorno, un piede sul tavolo e la cravatta del padre di Pidge che gli fasciava il capo come una bandana "Dichiaro ufficialmente iniziata la missione: tagliare i capelli di Keith a zero!"

Hunk, fidato braccio destro, azionò il rasoio elettrico che avevano trovato nel bagno.

"Che cazzo?!" Keith indietreggiò fino ad arrivare spalle al muro, fissandolo terrorizzato, e Lance godette della paura nel suo sguardo.

"Andiamo Hunk!" si lanciò a terra con un tonfo e, un secondo dopo, il ragazzo, come un topo che scappava dal gatto, era saettato fuori dalla stanza. Hunk non riuscì a stare loro dietro, ma la cosa fondamentale era innanzitutto atterrare Keith quindi Lance si lanciò all'inseguimento. Pidge intanto aveva fatto partire Wasted di Tiesto, che risuonava in tutta la casa grazie alle casse attivate al massimo, e saltava su e giù agitando forsennatamente la massa di capelli chiari, completamente andato.

"E' inutile fuggire, tesoro" ghignò Lance, irrompendo in cucina dopo aver spalancato la porta con violenza. Keith si mantenne dietro il tavolo, andando al lato opposto al suo ogni volta, finchè Lance non saltò sopra di questo, ma il maledetto gli sfuggì dalle dita lanciandosi sotto il tavolo e sbucando in due secondi dall'altra parte e subito ecco che era fuggito fuori. Lance gli andò dietro, facendo cadere per sbaglio una lampada del soggiorno, ma assolutamente deciso a non arrendersi per nulla al mondo. Ormai era una questione di orgoglio.

"Sei qui!" esclamò Lance vittorioso una volta girato l'angolo del corridoio, ma improvvisamente un oggetto non identificato lo colpì in fronte.

"Oh non lo hai fatto"

Il sorrisetto che gli stava rivolgendo Keith, nella mano l'altra pantofola del paio che aveva appena trovato in camera dei genitori di Pidge, era la prova che lo aveva fatto ed era pronto a rifarlo.

"Te la faccio ingoiare, quella pantofola"

"Provaci pure"

Lance si lanciò su di lui con un urlo di battaglia, ma Keith, quella fottuta anguilla, sgusciò da sotto il suo braccio per scappare da dove era venuto. Questa volta, però, Lance fu rapido nel girarsi e dopo qualche passo riuscì ad afferrare il bastardo per il colletto della maglietta nera e lo sbattè contro il muro.

"Sei mio, bello!" esclamò vittorioso. Keith però gli torse il polso e lui emise uno stridulo acuto di dolore e, chissà come, la situazione si capovolse e fu Lance quello contro il muro.

"Come la mettiamo, adesso?" sogghignò Keith, le guance accaldate e il fiatone, i capelli sconvolti, il suo corpo vicino a quello di Lance e adesso lo bacio.

Cosa?

Il rumore del rasoio elettrico, alle sue spalle, fece gelare Keith, che si voltò solo per vedere Hunk che li aveva raggiunti, uno sguardo assassino negli occhi.

"Ma che ti ho fatto di male?" esclamò staccandosi da lui e indietreggiando, ma Lance fu rapido a mettersi alle sue spalle e afferrarlo.

"Niente" rispose Hunk, continuando ad avanzare.

"Se rimani immobile, farà meno male" sussurrò nel suo orecchio.

Sfortunatamente per loro, Keith fu salvato per volere del fato, o forse perché Pidge aveva iniziato a sbraitare che chi aveva vomitato nel portaombrelli doveva immediatamente ripulire il disastro combinato. Il problema era che era stato Pidge stesso a vomitarci, quindi alla fine decisero di pulire loro per lui, visto che ragazzo non era, ormai, più capace di fare altro oltre ballare a qualunque canzone saltasse fuori dalla riproduzione casuale di Spotify. Questo finchè non svenne addormentato sul pavimento e allora Keith lo portò in braccio di sopra nel suo letto e Lance e Hunk prepararono il loro giaciglio per quella notte.

"Mettiamo subito in chiaro una cosa" gli disse Lance quando il ragazzo tornò, sciogliendosi il nodo della cravatta "Questa volta sarà meglio che non mi svegli con te che mi sbavi addosso"

Lance fu assolutamente estasiato dal rossore diffuso che si espanse sul volto dell'altro.

Hunk, intanto, era caduto addormentato nel momento esatto in cui la sua testa si era appoggiata al cuscino e adesso russava rumorosamente, distruggendo qualunque possibile atmosfera romantica, non che Lance volesse qualche particolare atmosfera, o forse sì.

"Guarda che sei tu quello che mi sbavava addosso" sbottò Keith e iniziò a posizionare dei cuscini sul letto a mò di muro tra le loro due postazioni. Lance alzò un sopracciglio alla scena, poi prese un cuscino e lo usò per colpire Keith in faccia.

Mi sento come i bambini delle elementari che tirano i codini alle bambine che gli piacciono. Quanto in basso posso cadere, Dio mio?

Keith si tolse il cuscino dalla faccia e lo guardò irritato.

"Sei pregato di non soffocarmi con uno di questi nel sonno"

"Farò del mio meglio, ma non ti prometto niente" detto ciò, Lance si tolse la maglia. Perché? Beh, faceva caldo, solo per questo motivo, ovvio. Mentre Keith lo guardava e poi allontanava rapido lo sguardo, Lance pensò alla scena di poco prima, quando alla sua domanda il ragazzo aveva bevuto e il cuore battè veloce di nuovo. Possibile che...? Io gli piaccia?

Sì, certo, nel duemilamai, Lance.

Si stese sul divano-letto, una mano tra i capelli. Attraverso il muro di cuscini, che avrebbe distrutto quanto prima, notò l'oggetto perenne dei suoi pensieri togliersi le scarpe e i pantaloni, infilando rapido quelli del pigiama. La fugace visione del ragazzo in boxer accaldò notevolmente Lance, che chiuse gli occhi prima che l'altro potesse girarsi.

Furono, infine, entrambe stesi, i cuscini a dividerli e Hunk che russava sonoramente all'altro fianco di Lance.

Rimase a osservare il soffitto per forse un'ora, poi chiuse gli occhi e, fingendo di muoversi nel sonno, abbattè il muro che lo separava da Keith e gli circondò la vita, spingendolo contro il suo petto, sperando che il ragazzo non notasse il battere furioso del suo cuore e il calore che gli pervadeva il volto.

 

  
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