CAPITOLO XVII
E la gente si
inginocchiava e pregava
Al Dio neon che avevano
creato
E l'insegna lampeggiò
il suo avvertimento
Nelle parole che stava
formando
E l'insegna diceva,
"Le parole dei
profeti sono scritte nei muri della metropolitana
E nei caseggiati "
E sussurrò nel suono
del silenzio...
Erano giorni ormai che l’Elfa non si faceva vedere e che non
mangiava nulla. I nani e Bilbo erano preoccupati, anche Gandalf non era
riuscito a convincerla ad uscire. Lo stregone quel giorno si armò di buona
volontà e si costrinse ad affrontare la guerriera.
Bussò con il bastone contro la porta delle stanze di
Eruannie. Dopo aver portato i feretri dei tre nani, Dáin si era dato da fare come
nuovo Re Sotto la Montagna e aveva iniziato i lavori di ricostruzione di
Erebor. Le macerie erano state spostate, i cadaveri bruciati dei loro parenti
avevano ricevuto una degna sepoltura e le varie sale e stanze pulite. La
Montagna Solitaria stava ritornando piano piano al suo antico splendore, ma la
morte dei tre Durin era stata una grave perdita per tutti loro e la gioia per
aver riconquistato il Regno veniva eclissata dal dolore.
Gandalf si schiarì la voce non ricevendo nessuna risposta da
parte della guerriera.
<< Se non apri immediatamente mi costringi a buttarla giù
con la forza e sai che sono capace di farlo, signorinella>> dei deboli
rumori si avvicinarono alla porta, che fu spalancata con non poca difficoltà.
Lo stregone inclinò il capo di lato osservando la figura esile che si ritrovava
davanti. Il volto di Eruannie era sciupato, pur essendo una creatura eterea la
vita in lei si stava spegnendo. Gandalf fece una smorfia e allungò le braccia
verso la guerriera, attirandola a sé in un abbraccio che sapeva di casa. Dopo
giorni di chiusura totale verso il mondo, Eruannie si lasciò andare ad un
pianto liberatorio, soffocando i gemiti di dolore nelle vesti vecchie e
sgualcite dello stregone. Gandalf rimase in silenzio, le diede delle piccole
pacche sulla schiena e le carezzò i capelli, sentendo lui stesso quel dolore che
attanagliava il cuore dell’Elfa. Non vi erano parole per descrivere quanto
provava. Lo stregone la tenne stretta per quelli che parvero minuti
interminabili, mentre dei forti singhiozzi scuotevano il corpo della guerriera.
<< Stanno per essere celebrati i funerali, Ann. So che
a loro tutti farebbe piacere se tu ci fossi>> sussurrò lo stregone dopo
qualche istante, mentre la guerriera annuiva sulla sua spalla. Fece un cenno
con il capo e Bilbo sgusciò da dietro una colonna insieme a Dwalin. Lo hobbit
tirò leggermente la casacca di Eruannie, notando con disappunto che non si era
cambiata dalla battaglia. L’Elfa si voltò verso l’amico e gli rivolse un debole
sorriso, mentre questo la prendeva per mano e la riaccompagnava nella sua
stanza seguito da Dwalin.
<< Non abbiamo intenzione di farti noi il bagno come
due sguattere, quindi datti da fare e renditi presentabile>> la guerriera
sapeva che non voleva essere duro con lei, ma era il suo modo per spronarla a
darsi una sistemata. Mentre l’Elfa spariva nel salone del bagno, lo hobbit e il
nano si misero all’opera per rassettare la sua camera. I due fecero portare
dell’acqua e la guerriera la mise a scaldare su un caminetto che accese
prontamente Dwalin. Nessuno parlò nell’attesa e quando l’acqua raggiunse la temperatura
giusta il nano andò a versarla nella vasca, lasciando poi sola l’Elfa. Di
fronte a quella tinozza fumante prese un bel respiro, per poi cominciare a
togliersi quei vestiti ormai logori e impregnati di sangue nero di orco. Si
calò nell’acqua fumante e lasciò che il caldo le sciogliesse i muscoli e le
riscaldasse le ossa. Quel tepore la cullò e lasciò che delle calde lacrime si
confondessero con l’acqua, mentre si dava da fare per rimuovere i segni della
battaglia dal suo corpo per poi dedicarsi a districare i lunghi capelli
corvini. Lo scontro con Bolg le aveva procurato non poche ferite, ma non se ne
era mai preoccupata fino a quel momento. La spalla della spada le doleva,
doveva essersela storta. Aveva un graffio profondo sullo zigomo sinistro che le
fece stringere le labbra quando vi passò sopra una mano. Quando lavò i capelli
ritrovò un grumo di sangue rappreso, segno che doveva essersi già rimarginato
il taglio provocato dall’impatto contro la roccia. Ringraziò tanto l’Orco che
l’aveva ridotta in quello stato, se avesse fatto un buon lavoro non sarebbe lì
ad arrovellarsi nei sensi di colpa. La ferita al fianco era quella più grave di
tutte, era abbastanza profonda da farle perdere ancora sangue, ma non
abbastanza da farla morire dissanguata.
<< Non me ne va bene una…>> sospirò abbattuta,
mentre un debole sorriso sarcastico le spuntava sul viso stanco. Sfregò la sua
pelle in più punti in modo da eliminare ogni traccia della battaglia,
soffermandosi sui palmi delle mani. Li osservò per qualche istante, studiandoli
a fondo e chiedendosi se avrebbe potuto salvare la vita a Thorin e ai suoi
nipoti se non avesse rinunciato alla magia. Dopo quella che le parve
un’eternità, scoppiò in un pianto disperato, nascondendo il viso tra le mani e
scivolando nella vasca fino a lasciare che l’acqua le coprisse il mento.
Quando l’acqua si fu raffreddata, uscì dalla vasca e si
tamponò con dei teli che trovò in un cassetto. Si stupì nel vedere che si erano
mantenuti bene nonostante tutti gli anni passati. Si avvolse nel panno e si
diresse nella camera dove trovò il nano e lo hobbit che arrossirono fino alla
punta dei capelli.
<< Per Durin, uscite di qui!>> li fulminò con lo
sguardo e indicò loro la porta della stanza, mentre quelli si dileguavano.
<< Dite a Gandalf che so ancora vestirmi da sola,
razza di zucconi!>> chiuse la porta con un tonfo e sentì lo stregone
ridacchiare dall’altra parte. Si fece portare delle bende e iniziò a medicare
le proprie ferite, assicurandosi di nascondere con cura quella sulla nuca. Oin
le portò alcuni fili e un ago per mettere alcuni punti sull’incisione al
fianco, prima di bendarla accuratamente. Quando fu di nuovo sola, aprì il
grosso armadio impolverato e afferrò il primo vestito nero che le capitò a
tiro. Lo indossò e iniziò a intrecciarsi i capelli come era tipico della
cultura nanica, mentre abbandonava il suo corpo sul materasso del grande letto.
Aprì un cassettino e vi trovò al suo interno alcuni fermagli d’argento. Li
applicò ai lati della testa, in modo da fissare le treccine che stava creando.
Ripensò alla scena di poco prima con Dwalin e Bilbo e la trovò molto buffa.
Senza rendersene conto iniziò a ridere sempre più forte, più la risata
aumentava più si rendeva conto di quanto fosse inappropriata per la situazione
e rideva ancora di più. Calde lacrime iniziarono a solcarle il volto e in breve
quella risata si tramutò in un pianto straziante. Dwalin le fu accanto senza
che si accorgesse che qualcuno aveva aperto la porta. Qualcuno le allungò una bottiglia
con un intruglio e lo deglutì rapida, sentendo subito dopo una piacevole
sensazione invaderla. Quei sentimenti contrastanti si erano affievoliti, ma non
erano scomparsi. Dwalin proseguì il lavoro da lei iniziato e, in poco tempo, si
ritrovò la testa piena di treccine ordinate, fissate da fermagli argentei.
Bilbo allungò una mano e l’aiutò ad alzarsi, prima di dirigersi in silenzio alla
cerimonia di sepoltura.
La sala era illuminata da fiaccole e candele, mentre tutto
il popolo di Durin osservava le salme dei tre guerrieri. Avevano adagiato i
nipoti uno accanto all’altro, mettendo Thorin al centro. Tra le sue mani
splendeva l’Arkengemma, la maledetta pietra che lo aveva portato alla pazzia.
Eruannie distolse lo sguardo dal gioiello e iniziò a camminare insieme a Bilbo,
fermandosi prima da Kili e depositando un bacio sulla sua fronte, mentre
recitava una preghiera per la sua anima. Poi fu il turno di Fili e ripeté lo
stesso rito, mentre un grosso macigno le gravava sul cuore. Come potevano
essere morti davvero? Come aveva fatto a perderli tutti e tre?
Infine, fu il turno di Thorin e lì tutti ebbero il timore
che non si sarebbe mai più staccata dal suo corpo come a Colle Corvo. Ma ormai
sapeva che l’aveva abbandonata, che l’amore della sua vita aveva lasciato
quelle terre. Si perse a contemplare lo sguardo sereno del nano, scostandogli
un capello che gli copriva il volto. Appoggiò la fronte a quella del nano e
sorrise debolmente, fece correre una mano al ciondolo che lui le aveva regalato
anni prima e, con un colpo secco, lo staccò dal collo e lo infilò all’interno
della giacca del nano.
<< Sempre>> sussurrò, prima di avvicinare le sue
labbra a quelle ormai prive di vita di lui.
<< E per sempre>> terminò dopo essersi staccata,
lanciando un ultimo sguardo al nano. Pensò che qualunque vita le avrebbe
riservato il futuro, sarebbe stata una vita vuota e priva di senso.
Si allontanò da Thorin e raggiunse gli altri nani, mentre le
trombe di Dale risuonavano in tutta la vallata per rendere omaggio non solo ai
figli di Durin, ma anche a tutte le persone che avevano dato la loro vita per
respingere il Male. Uomini, nani ed elfi avevano combattuto insieme e insieme
aveva vinto, ma a quale prezzo?
Eruannie rimase nella sala anche quando questa si fu
svuotata del tutto, lo sguardo fisso davanti a sé perso ad osservare il nulla.
Un rumore alle sue spalle le fece capire che non era più sola.
Senza voltarsi salutò il nuovo arrivato con un cenno del
capo e Gandalf si accomodò accanto a lei, offrendole la sua pipa dopo aver
tirato qualche boccata.
<< Grazie>> sussurrò lei accettando volentieri e
aspirando a fondo, lasciando che il fumo le invadesse i polmoni e le rilassasse
le membra.
<< Non sei mai stata così silenziosa, ragazza>>
esordì l’Istari con voce profonda, mentre osservava le candele e i ceri che
andavano via via spegnendosi e consumandosi. La guerriera gli restituì la pipa
dopo aver aspirato un’ultima volta.
<< L’ho perso, Gandalf…>> replicò semplicemente
lei, mentre con una mano giocherellava con il bordo del vestito.
<< Tu non lo hai perso, mia cara>> Eruannie era
troppo stanca per stare ai giochi criptici dello stregone, ma sapeva che
ovunque si fosse rintanata lui l’avrebbe seguita, così si limitò ad inarcare un
sopracciglio in attesa di una delucidazione.
<< Lui sarà sempre con te, qui dentro>> lo
stregone indicò il petto della guerriera con la punta della pipa, sorridendole
tristemente.
<< Il sempre e per sempre non esiste, Gandalf. Ha
smesso di esistere quando il cuore di Thorin ha smesso di battere>>
sentenziò l’Elfa, riprendendosi la pipa e tirando un’altra boccata. Lo stregone
ridacchiò e circondò la guerriera con un braccio.
<< Una cosa non può smettere di esistere solo perché
tu non ci credi più, Thorin sarà sempre con te. In ogni decisione che tu
prenderai, in ogni pensiero che farai, ogni volta che dovrai attraversare un
fuoco e in ogni guerra che combatterai, lui sarà con te>> l’Elfa alzò gli
occhi al cielo e aspirò l’Erba Pipa a lungo.
<< Non puoi rinchiuderti in te stessa, Sauron è vivo e
si sta riorganizzando. Avremo bisogno del tuo aiuto, prima della fine>>
la guerriera ridacchio tristemente mentre si lisciava i lunghi capelli corvini.
<< Cosa potrà mai fare una vecchia Elfa senza poteri
come me?>> chiese inarcando un sopracciglio e restituendo la pipa
all’Istari.
<< Sai, ho scoperto che anche la più piccola creatura
può essere in grado di cambiare le sorti di una battaglia>> le rivolse un
occhiolino prima di alzarsi e lasciarla con ai suoi pensieri.
La sua attenzione fu catturata da alcuni passi leggeri e da
un profumo inconfondibile. Sorrise tristemente in direzione di Thranduil e fece
un cenno del capo in segno di rispetto. Il sovrano elfico allungò una mano
nella sua direzione, aiutandola ad alzarsi.
<< Mi dispiace per la tua perdita, Ann>>
sentenziò mentre i suoi occhi coglievano ogni particolare del dolore che
regnava in quelli dell’Elfa.
<< So che puoi capirmi, Thranduil. Lui era l’amore
della mia vita e se sono destinata a provare questo sentimento per il resto
della mia vita eterna ti prego di porvi fine ora, questo…questo è peggio della
morte stessa>> il re compì un atto del tutto inaspettato, l’afferrò per i
polsi e l’attirò a sé, stringendola come un padre con la propria figlia.
<< Non posso prometterti che sparirà, avrai per sempre
con te questo dolore. Ma posso assicurarti che si affievolirà, con il tempo.
Certi giorni farà più male, altri meno>> perlomeno era stato onesto nei
suoi confronti, la guerriera sapeva che lui era l’unico a capire appieno quello
che provava in quel momento.
<< Mio figlio…>> Eruannie alzò gli occhi al
cielo e si staccò da quell’abbraccio, era pur sempre Thranduil e in qualche
modo avrebbe sempre trovato il modo di rovinare un momento come quello.
<< Non ho intenzione di parlare di Legolas il giorno
del funerale di Thorin. È anche colpa sua se è morto, ti prego di non
proseguire>> il re degli elfi annuì semplicemente, prima di congedarsi
dalla vecchia amica.
***
Nei mesi successivi alla Battaglia delle Cinque Armate, così
l’avevano chiamata i racconta storie, Eruannie aveva aiutato il popolo di
Erebor a ricostruire il loro Regno, mentre i nani avevano finalmente fatto
ritorno dai Monti Azzurri. Aveva pianto insieme a Dìs e con lei aveva fatto
visita ogni giorno alle lapidi dei loro amati. Gloìn le aveva presentato sua moglie
e suo figlio Gimli, un giovane nano di appena una sessantina di anni che
assomigliava molto al suo papà. Era un nanetto curioso e il piccolo Gimli le
aveva chiesto di raccontargli come avevano fatto a sconfiggere gli orchi
cattivi. Eruannie gli aveva pazientemente narrato tutta la vicenda, inserendo
qualche colpo di scena cruento che sembrava piacere molto al nano.
Le settimane erano trascorse veloci ed era giunto il momento
di lasciare Erebor e fare ritorno ad Imladris, da suo fratello e dai suoi nipoti.
Si congedò dai suoi compagni con i dovuti rispetti,
consolando il piccolo Gimli che non voleva lasciarla partire.
<< Ci rivedremo, mio caro. Verrò a trovarvi non appena
mi sarà possibile>> ma in cuor suo sapeva che il dolore di ritornare
sarebbe stato troppo grande per lei, troppi ricordi erano racchiusi in quella
Montagna.
Il giovane Ori arrivò da loro di corsa con una sacca tra le
mani, si affrettò a porgere il bagaglio alla guerriera e balbettò qualcosa sul
fatto che potesse servirle nel viaggio di ritorno, diventando improvvisamente
rosso in volto.
L’Elfa sorrise e lui distolse lo sguardo, improvvisamente
attirato dalla punta dei suoi piedi. Salutò i nani uno ad uno, attardandosi con
Balin e Dwalin. Si inginocchiò per guardarli meglio negli occhi e sorrise a
entrambi.
<< Ve la caverete, ve la siete sempre cavata>>
cercò di consolarli invano, mentre al più anziano iniziavano ad affiorare le
prime lacrime.
<< Ci mancherai, ragazza>> sbuffò fuori Dwalin,
mentre si avvicinava alla vecchia amica e faceva combaciare le loro fronti.
<< Non dimenticare la tua parte nanica, Ann>>
l’Elfa afferrò le mani dell’amico e se le portò alle labbra, sussurrando una
frase in Sindarin che il nano non capì. Sorrise beffarda e si allontanò dai
suoi amici, salendo poi in sella a un cavallo gentilmente offerto da Bard, il
nuovo Signore di Dale.
Salutò i suoi compagni un’ultima volta, prima di girarsi e
affrontare il lungo viaggio che li attendeva. Gandalf voleva fermarsi da
Thranduil sulla via del ritorno e rassicurò Eruannie che non vi avrebbero
trovato il principe. Il Re degli Elfi lo aveva mandato in missione al Nord e
l’Elfa non chiese ulteriori spiegazioni, lasciando morire lì la conversazione.
Il piano di Gandalf era quello di passare per Bosco Atro per poi dirigersi
verso le Montagne Nebbiose, da lì prendere il Caradhras e attraversare le Terre
Selvagge fino a Imladris. Eruannie aveva insistito per riaccompagnare Bilbo
fino alla Contea, quindi si sarebbero fermati giusto il necessario per
riposarsi e ristorare qualche giorno nella Casa di Elrond. Eruannie si ritrovò
a pensare che non si sarebbe mai immaginata di tornare a casa a mani vuote e
con una voragine nel petto. Era contenta che i nani avessero riconquistato
Erebor e che il piccolo Bilbo potesse far ritorno a casa Baggins, ma a lei cosa
era rimasto se non un grande vuoto dentro?
Lo hobbit l’affiancò sul suo pony e si mise a studiare gli
strani segni che aveva Eruannie sulla mano destra. Erano rune naniche impresse
sulla pelle che si allungavano fino all’avambraccio.
La guerriera sorrise dell’espressione dubbiosa dello hobbit
e gli spiegò che erano tatuaggi, Dwalin glieli aveva fatti qualche giorno prima
rompendo la tradizione dei nani per cui nessun’altra razza poteva imprimere
sulla propria pelle quei simboli. Il mezz’uomo le chiese il significato di
quelle rune, ma lei rise dolcemente e gli spiegò che era una promessa a Thorin
e che non avrebbe mai potuto rivelare a nessuno la traduzione di quelle rune.
Sapeva bene che Gandalf o qualunque nano avrebbe potuto capirne il senso, ma
conoscevano la cultura nanica e avrebbero avuto rispetto di quel tatuaggio.
Thranduil li accolse con un sorriso smagliante quando
arrivarono nel Reame Boscoso. Eruannie non riuscì a spiegarsi se la sua gioia
fosse dovuta al fatto che le gemme di Lasgaren erano finalmente ritornate a lui
o se si era semplicemente fatto una tirata con della buona Erba Pipa, sta di
fatto che fu contenta di non vedere nemmeno l’ombra di Legolas durante la loro
permanenza.
Quando arrivò il momento di congedarsi al limitare di Bosco
Atro, Thranduil fece una cosa alquanto inaspettata. Donò ad Eruannie una
piccola pietra del suo tesoro, l’aveva fatta incastonare in un semplice anello
d’oro bianco e risplendeva di pura luce stellare.
<< Thranduil sei sicuro…>> ma il Re la zittì con
un’occhiataccia, prima di sciogliersi in un piccolo sorriso.
<< Lei avrebbe voluto così>> spiegò con un
movimento della mano, come se a lui non costasse nulla quel semplice gesto. Ma
la guerriera sapeva bene quanto gli costasse separarsi da una di quelle gemme,
erano appartenute alla Regina e rappresentavano per lui la cosa più vicina a un
ricordo della donna che aveva amato.
<< Legolas ti ama e ti amerà per sempre, Ann. Non puoi
odiarlo per aver cercato di proteggerti>> sussurrò Thranduil prima che fossero
troppo lontani per poterlo udire, ma la voce giunse ovviamente solo alle
orecchie fini di Eruannie. Lanciò un ultimo sguardo all’elfo e lo salutò con un
cenno del capo, venendo ricambiata con un gesto della mano in segno di addio.
Il viaggio verso Imladris durò un mese e mezzo, ripercorsero
le loro tappe a ritroso e ogni volta era una stilettata nel cuore di Eruannie.
Ogni posto le ricordava Thorin e i suoi nipoti, anche quando i ricordi erano
tristi o bui come quelli delle Montagne Nebbiose, sentiva un vuoto dentro
ripensando alle battute dei giovani Durin o a qualche battibecco con Thorin. La
notte, quando pensava che nessuno la sentisse, piangeva silenziosamente
ripercorrendo con un dito le rune della sua promessa.
Una volta giunti a Gran Burrone, Elrond cercò di estorcerle
qualche parola, ma nemmeno Elrohir ed Elladan riuscirono a farla ridere come
una volta. Quando si trovavano a bere insieme si concedeva qualche battuta o
qualche risata, ma subito dopo la tristezza si faceva di nuovo strada in lei.
Il soggiorno nella Casa di Elrond riuscì a curare in parte
le ferite del suo animo, riuscì a trovare un po’ di pace dopo tutto quel
tormento. Ma quando si coricava la notte, i sensi di colpa e la voragine nel
suo petto tornavano a tormentarla, facendole avere incubi ogni volta più
tremendi dai quali si svegliava urlando. Qualche volta sognava di poter
riabbracciare Thorin, ma dopo poco Azog lo trafiggeva lasciandolo sanguinante
ai suoi piedi. Altre volte sognava che Sauron in persona lo torturava con le
arti magiche per poi ucciderlo. Era stanca di continuare a vivere
quell’inferno, così una volta cercò di togliersi la vita ma Arwen la trovò in
tempo. Elrond curò le ferite sui suoi polsi e qualche settimana dopo partì
insieme a Gandalf e a Bilbo per la Contea, verso la casa di quest’ultimo. Si
congedò dallo hobbit che si lasciò sfuggire alcune lacrime, ma lo rassicurò che
sarebbe andata a trovarlo così come aveva fatto con i nani. Anche in
quell’occasione mentì, sapeva bene cos’avrebbe fatto una volta tornata a
Imladris e non ci sarebbe stata Arwen a fermarla, sarebbe stata più astuta
dell’ultima volta.
Ma quando ritornò a casa trovò la luce in persona ad
attenderla. Dama Galadriel l’aveva aspettata e l’accolse con un sorriso
materno. Per la prima volta dopo più di un anno, Eruannie sembrò ritornare la
piccola Anna che aveva lasciato il convento e si gettò tra le braccia di quella
che per vent’anni era stata Suor Jude. L’Elfa passò una mano sui capelli
corvini della sua “bambina” e si fece raccontare quanto era successo nella sua
avventura. Era da molto tempo che non si apriva così con qualcuno, ma Galadriel
era stata la sua più fidata amica, colei che l’aveva seguita in quel mondo così
lontano per proteggerla e che l’aveva cresciuta come una figlia quando aveva
deciso di trasferire la sua anima nel corpo di una neonata.
<< Sono così stanca, Gal…>> l’Elfa sorrise a
sentire quel soprannome e prese le mani dell’amica tra le sue, voltando i polsi
verso l’alto e inarcando un sopracciglio alla vista dei segni che si era
procurata. Eruannie si sottrasse a quella presa e si coprì le braccia con le
maniche della casacca blu.
<< So cosa volevi fare una volta tornata a casa, ma ci
sono metodi meno cruenti e più efficaci>> spiegò sapientemente la dama di
Lothlorìen, mentre porgeva una piccola ampolla all’Elfa.
<< Cosa dovrei farci?>> chiese la guerriera
girandosela tra le mani e studiandone il contenuto.
<< Questa è una pozione creata dalle acque di Bosco
Atro e del mio Specchio>> Eruannie spalancò gli occhi a quella
rivelazione. Aveva letto che era possibile creare una cosa del genere per
cadere in un sonno simile alla morte, privo di sogni.
<< Spero che con questo tu possa trovare la pace che
vai cercando e risanare finalmente le ferite del tuo cuore>> la guerriera
scosse la testa senza distogliere lo sguardo dalla boccetta.
<< Non capisco, perché non lasciarmi semplicemente
morire se comunque in parte lo sarò?>> fissò gli occhi blu in quelli
grigi della dama, la quale le rivolse un sorriso caldo e dolce.
<< Perché noi avremo bisogno di te, quando l’Oscuro
scenderà in guerra un’ultima volta>> la guerriera annuì leggermente e ripose
la boccetta nella sua sacca a tracolla. La dama osservò quel bagaglio e piegò
la testa di lato, aspettandosi una spiegazione.
<< Oh, me l’ha data uno dei miei amici nani. Mi ha
detto che ci avrei trovato del materiale per il viaggio di ritorno>>
disse aprendola e rivelando il suo contenuto alla dama della luce.
Estrasse i disegni di Ori, il quale l’aveva ritratta in
molte occasioni senza essere scoperto, e una bizzarra pietra verde grande
abbastanza da richiedere che fosse presa con entrambe le mani. Era semplice,
con delle sfumature che si facevano man mano più scure fino ad arrivare al
nero. Aveva una strana forma ovale un po’ ristretta verso l’alto.
Galadriel spalancò gli occhi e fece correre lo sguardo dalla
pietra all’Elfa davanti a lei.
<< Ann, sai cosa stai tenendo tra le mani?>>
chiese sorpresa all’amica, facendo un piccolo passo indietro.
La guerriera annuì con un debole sorriso sulle labbra. La
prima volta che l’aveva vista aveva pensato di esserselo immaginato, ma quando
aveva trovato la pietra nella sacca durante il viaggio di ritorno aveva posto
alcune domande a Gandalf e aveva concluso di non averlo sognato.
<< È un uovo di drago, Gal. Mithrandir mi ha spiegato
tutto sul loro allevamento, solitamente vengono cresciuti dai Signori Oscuri
che li allevano affinché il loro unico pensiero sia l’oro e la distruzione, ma
se cresciuti nel modo corretto possono rivelarsi addirittura affettuosi>>
Galadriel continuava a fissare la guerriera con gli occhi sbarrati, mentre un
pensiero si fece strada dentro di lei. Forse, anche senza i suoi poteri e la
sua magia, la guerriera avrebbe potuto far pendere l’ago della bilancia dalla
loro parte.
<< Gandalf dice che le uova si schiudono quando il
loro padrone ne ha veramente bisogno ed evidentemente io non ne necessito
ora>> concluse aggrottando la fronte e riponendo l’uovo nella sua sacca
con fare protettivo. La dama davanti a lei le sorrise e si volse verso il
Bruinen che scorreva silenzioso in quella giornata di autunno.
<< Devi riposare la tua anima per la guerra che
giungerà, dovrai essere forte se vorremo sconfiggere l’Oscuro>> Eruannie
la raggiunse e intrecciò una mano alla sua, poggiando la testa sulla sua
spalla.
<< Sono pronta a morire per la Terra di Mezzo>> dichiarò, mentre il sole tramontava su quella giornata interminabile.