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Autore: honeyed    29/05/2020    1 recensioni
Keiji fin da piccolo ha avuto sempre una grande passione per la scrittura, mentre, quando si parla di intrattenere una conversazione verbale, si trova, la maggior parte delle volte, ad andare in panico, e a fare la figura dello sciocco.
//One shot sulla Bokuaka! Spero vi possa piacere, un bacio.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ogni giorno, trovandosi a leggere giornalini che trattano di argomenti come il successo o il raggiungimento dei propri obiettivi, si imbatte in numerosi lettori che chiedono quale sia il segreto dell’effettivo successo.

Ad essere sincero, anche lui più volte se l’era posto il quesito. Tuttavia sapeva che c’entrasse con la vaga sensazione che tutto abbia a che fare con l’azione, o meglio, con la capacità di fissare un obiettivo e perseguirlo con incontrollabile determinazione fintanto che non lo si è raggiunto.

Tuttavia lui non aveva mai avuto un simile desiderio arduo di saperlo, non faceva lo scrittore ne tanto meno il romanziere, quindi sapeva che, qualora le idee per la sua testa avessero smesso di frullare, non ci sarebbe stato un grande riscontro negativo. Sapeva che i suoi amici lo trovassero come una fonte di ispirazione, un pozzo di meraviglie, così era stato definito, ma parlando chiaramente, nemmeno lui sapeva da dove le tirasse fuori, alcune volte, le sue storie. Racconti che per la maggior parte delle volte erano totalmente frutto della sua immaginazione e che non avevano nulla a che fare con la realtà. Eppure, quando doveva scrivere un tema, e questo voleva dire che dovesse scriverlo anche a metà classe, più volte si era ritrovato a pensare, che se avesse avuto questo grande talento, qualche suo professore glielo avrebbe fatto notare. I complimenti non gli mancavano mai e nemmeno le lodi, eppure nulla che non avesse già sentito o imparato a memoria. Questo voleva dire che i suoi racconti fossero belli, si, ma nulla di speciale.

Era anche per questo che, un giorno preso da chissà quale coraggio, aveva deciso di fare domanda per il giornalino scolastico. Nulla di troppo eccezionale, ma un punto da cui partire. Questa sua azione aveva suscitato lo scalpore generale, attirando su di se anche spiacevoli battutine. Non che ne fosse troppo sorpreso. Le persone sono sempre brave quando hanno bisogno di una mano mentre quando devono loro darla, magicamente spariscono. O ti prendono in giro. Varia a seconda del punto di vista.

Non gli importava granché, quelle considerazioni gli facevano storcere solo un po’ il naso.

Fin da piccolo gli erano stati affibbiati degli aggettivi negativi, senza neppure conoscerlo.

Apatico.-  Ovvero la capacità prolungata o abituale di partecipazione o di interesse, sia sul piano affettivo o intellettivo- . Aveva sospirato la prima volta che se lo era sentito rivolgere. In un primo momento ci era rimasto anche male. Non aveva mai fatto granché per ricevere delle simili cattiverie nei suoi confronti, e poi, diciamocelo chiaro, lui era tutto fuorché apatico. Gli piaceva la sensazione delle emozioni sulla pelle vivida, solo che non pensava, anzi non voleva, viverle con chiunque. Essere felici è una di quelle emozioni così semplici e pure che se le vivi con la persona sbagliata, poi, in un successivo momento, ti si riverseranno contro. Lo può dire per esperienza. Gli era successo più volte da ragazzino di ricevere dei risolini di sottofondo al suo passaggio per i corridoi, quando ad esempio, aveva uno stupido sorriso stampato in volto. Fatto sta che aveva mandato giù il boccone amaro e aveva capito che le emozioni vere, le provano solo le persone giuste. Sapeva che molte persone che lo circondavano avessero il sorriso stampato in faccia solo per la forza dell’abitudine e che in verità lo mostravano solo per nascondere una loro infelicità. Ecco, questa sensazione di pesce fuor d’acqua, Keiji, non l’aveva mai provata, e forse allora, era lui quello che si poteva permettere di prendere in giro quei finti sorrisi.

Anche se non l’avrebbe mai fatto.

“Dove devo firmare per far parte del progetto sul giornalino scolastico? Ho parlato con la signorina Yachi e mi è stato detto che qui ci si iscrive. È giusto?”

Keiji non ci sapeva fare con le conversazioni verbali.

Certo, abbiamo capito che con i testi scritti ci sa fare eccome, eppure quando si tratta di parlare la sua mente subiva una sorta di mescolamento. Come fosse un impasto.

Lo stanno guardando tutti.

Si sente dannatamente in soggezione, e poi si chiede perché quella ragazza ci stia mettendo così tanto a rispondere. Pero lo vede anche lui il suo sguardo vitreo.

La ragazza sorride.

“Keiji che bello! È dall’inizio dell’anno che Kotaro continua a tartassarci su di te. Sappiamo che hai un grande talento. Ecco qui il foglio”

Vuoto, suspence.

“Kotaro?”

Ed era quasi certo di essere arrossito mentre pronunciava quel nome. Anche perché dai, no, di sicuro egli non sapeva della sua esistenza. Lo stavano prendendo in giro lo sapeva, doveva sorridere e doveva smettere di sentire così tanto caldo.

Era così tanto tempo che gli piaceva Kotaro, della sezione B, classe 3, che siede alla penultima fila, che quasi aveva avuto la sensazione di oscillare. Giura che sta cercando di dimenticarlo. In cuor suo sperava che quel magnifico ragazzo lo vedesse come un suo pari. O come un suo amico. O come qualcosa di più. Gli andava bene qualsiasi cosa.

“Chi mi ha nominat- Keiji! Finalmente ti sei deciso, e poi fattelo dire, sei un sacco più bello da vicino. A pranzo ti cerco sempre, ma dove te ne scappi!”

Il tutto susseguito con una fragorosa risata. Kotaro gli stava parlando.

Kotaro gli stava parlando, a lui. E non stava nemmeno sognando. Questo voleva dire soltanto una cosa.

Lo amava anche lui. Ammettiamolo è l’unico motivo. Non ce n’erano altri. Ovvio, qualche professore potrebbe avergli parlato di lui, ma no, per la testa di Keiji quel pensiero non era assolutamente passato.

“Si”

Ecco quale fu la risposta di Keiji. Forse pensava che Kotaro gli avesse appena chiesto di sposarlo. Questa situazione è abbastanza imbarazzante, e si chiede come sia possibile che non lo abbia ancora realizzato.

Realizzato che oltre alla sua bolle immaginaria nella quale ci sono lui e il suo uomo, ci sono anche un'altra dozzina di persone, ed è quasi certo, che la metà di loro stia ridendo.

“Io- mh, non so perché ho risposto così- emh, comunque si, mi piacerebbe iscrivermi, ed emh, per la pausa pranzo- pranzo fuori scuola perché mi mette disagio mangiare da solo- okey, mh, questo non avrei dovuto dirlo- cambiamo argomento, eh?”

Che giro di parole. A Keiji non importava degli altri, doveva calmarsi.

Si sentì appoggiare una mano sulla spalla e un “se vuoi andiamo in un posto meno affollato, non hai una bella cera” sussurrare all’orecchio, al che lui potette solo fare un cenno affermativo con il capo.

Convivere con gli attacchi di panico non è facile, ti senti sempre fuori posto, ti senti sempre inadatto e sbagliato. Vedi gli occhi delle persone che pensano che tu sia matto. La prima volta che ne aveva avuto uno, aveva dato la colpa alla stanchezza. Si trovava in mezzo alla confusione e pensava fosse stato il troppo calore. Qualche giorno dopo gli era successo di nuovo e di nuovo. Non era stato in grado di dare un nome a questo comportamento ed era subito scappato a casa, rimanendoci per giorni rinchiuso. Quando si era ripreso un po’ ed era andato dal medico, subito gli aveva detto, senza giri di parole, che lui soffrisse di ansia, e che quello era un comune attacco di panico.

Fatto sta che ci conviveva. Non faceva nessuna cura farmacologica fortunatamente, ed era certo di essere migliorato negli ultimi tempi. Non sapeva proprio cosa gli fosse preso quel giorno.

“Uno yen per ogni tuo pensiero”

“Come?”

“Tranquillo, non sono qui per giudicarti, anzi ti chiedo scusa se ti sono sembrato troppo euforico primo, è che ci tenevo tanto che facessi parte del mio giornale che ho perso di vista le tue emozioni. Keiji, scusa per tutto”

Kotaro gli aveva appena chiesto scusa, per cosa esattamente non lo sapeva, ma ora aveva una bella sensazione di calore al basso ventre.

“Prima ho reagito così perché mi sentivo guardato.. non per colpa tua, anzi- mh, tu mi rilassi abbastanza”

Un abbraccio, anzi no, quello che aveva ricevuto era stato un super abbraccio.

“Anche tu mi piaci un sacco! Abbiamo un sacco di tempo da recuperare: qual è il tuo colore preferito? Come si chiamano i tuoi genitori? Come-“

“Kotaro, fermati”

Era sicuro di averlo guardato con gli occhi pieni di lacrime. Stava provando troppe emozioni in quel momento, e sul momento non riusciva neanche a capire se, effettivamente , gli piacesse provarle. Eppure mentre guardava quegli occhi sognanti nei suoi, non poteva che non sorridere e di sentirsi la persona più felice del mondo.

Non sono apatico, io sono molto più umano di voi.

Stavolta era stato lui a buttarsi a capo fitto nelle braccia di Kotaro, beandosi del suo odore, chiedendosi a quale acqua di colonia desse così importanza, a tal punto di avere l’onore di essere impressa sul suo corpo.

“Dopo usciamo?”

Un cenno affermativo e un leggero urlo interno avevano fatto da eco a quella richiesta.

Ed ora come ora, Keiji, sa di non essere probabilmente tra i migliori autori del mondo e nemmeno del Giappone, però sentirsi tale per qualcuno portava delle emozioni bellissime e sapeva che con Kotaro le avrebbe vissute e che gliele avrebbe mostrate. Perché lui non era come gli altri, era semplicemente unico.

Voglio viverti.
 
  
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