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Riaprì gli occhi
e si alzò di scatto a sedere. Giaceva in un letto tra lenzuola che profumavano
di pulito, sentiva in lontananza lo scrosciare dell’acqua, si guardò intorno e
vide alcune foto sui mobili.
“Tesoro oh sei
sveglia” – l’uomo era avvolto solo con un asciugamano in vita, mostrando il suo
petto muscoloso – “Laila, ehi” – si avvicinò a lei abbracciandola dolcemente
–“Stai bene?”
“Si Robin sto
bene” – rispose la donna bionda abbracciando suo marito.
A Seattle tutti
erano convinti di trascorrere una vita normale, chi guidava un taxi per
mantenersi, chi andava a prendere sua figlia al balletto, prima di attaccare il
turno con lo street food, chi era in procinto di acquistare un intero quartiere
e chi distrattamente lucidava i bicchieri nel suo locale.
“Roni a che
pensi? Sei così fra le nuvole” – disse la donna guardando la sua socia in
affari.
“Non ho dormito
molto stanotte, Kelly tutto qui” – rispose.
“L’incubo
ricorrente?” – chiese poggiandosi al bancone.
“Sì” – rispose
anche se non aveva mai detto all’altra in cosa consistesse.
“Dovresti farti
prescrivere qualcosa per dormire meglio” – sorrise – “O smettere di bere, Roni”
– disse levandole il bicchiere anche troppo lucidato dalle mani.
“Lasciami vivere
la mia vita” – rispose brusca.
“Se questo lo
chiami vivere” – la guardò.
“Andiamo a
ballare stasera, dai un po’ di baldoria ho bisogno di non pensare a nulla” –
disse la mora.
“Tu non pensi
mai a nulla” – la guardò – “Non posso devo aiutare mia figlia”
Roni alla fine
rinunciò all’uscita, restando al locale, e fu allora che la serata prese una
piega interessante. Una donna bionda entrò nel suo pub e si sedette al bancone
senza troppe cerimonie.
“Qualcosa di
forte” – disse quasi accasciandosi sul piano.
“Brutta
giornata?” – chiese versandole dello scotch.
“Hai presente
quando ti svegli e ti pare che nulla sia come te lo ricordavi?” – chiese
alzando lo sguardo su di lei.
“Potrei averlo
provato” – annuì.
Dopo qualche
bicchiere la donna bionda aveva cominciato a parlare con la barista come se la
conoscesse da tempo, Roni era abituata ad interagire con i suoi clienti, ma
quella donna aveva un qualcosa di famigliare.
“Sei davvero
molto bella” – disse ad un tratto, e la mora rimase a fissarla per qualche
minuto. Mai nessuna donna le aveva fatto un complimento, almeno che ricordasse.
Poi la bionda portò una mano sulla sua, e una serie di scosse le attraversarono
con quel contatto, e fu tutto così veloce, da non potersi fermare. Roni la spinse
su uno dei divanetti del locale ormai deserto, e si fiondò sull’altra donna,
baciandola. La bionda accolse talmente bene quell’intraprendenza che aprì le
gambe per accogliere il bacino della donna sopra di lei.
“Non so neanche il tuo nome” – sorrisi la mora
staccandosi appena.
“Laila” – disse
l’altra guardandola negli occhi e stringendola dalle spalle verso di lei.
“Roni” – disse
prendendole il viso tra le mani e si calò per un bacio calmo, diverso dal
precedente. La bionda sotto di lei, approfondì senza problemi il bacio,
rendendolo più vivace e una sensazione piacevole invase il basso ventre della
barista. Si spogliarono dei loro abiti e prima che se ne potessero rendere
conto, si stavano donando piacere a vicenda. Roni era seduta al divanetto e
Laila le era a cavalcioni sulle gambe, un braccio intorno alle sue spalle
mentre l’altra mano muoveva le dita tra le cosce della donna sotto di lei.
“Non ti fermare”
– ansimò la mora sulle sue labbra.
“Non farlo
neanche tu” – inarcò appena la schiena, quando sentì ormai il piacere iniziare
ad invaderla.
Si rivestirono
poco dopo e Roni abbassò il viso su Laila.
“E questo?” –
disse sollevandole il braccio.
“E’ un dente di
leone” – disse l’altra toccandosi il tatuaggio.
“Intendevo
questo” – disse prendendole la mano per poi abbandonarla.
“Si beh sono
sposata” – la guardò come se fosse normale.
“Non voglio
guai, va non voglio che qualcuno venga a spaccarmi il locale”
Laila prese la
sua giacca rossa e uscì dalla porta.
Si risvegliò, la
faccia schiacciata sul cuscino e un mal di testa atroce. Si mise a sedere e si
guardò intorno spaesata, doveva aver bevuto anche quella sera dopo il lavoro.
“Sei in ritardo,
di nuovo” – disse la donna vedendola entrare nel locale.
“Kelly non
strillare, sono qui adesso” – disse andando dietro al bancone.
“Dovresti
smetterla di bere, signorina” – la minacciò con il dito – “O ti toglieranno la
licenza”
“Oh ma andiamo”
Quando il locale
è pieno, Laila si diverte a gironzolare tra i tavoli, per scambiare qualche
chiacchiera con i clienti abituali. Quella sera però i suoi occhi incontrano la
figura di una donna mora, indossa una camicetta di raso blu navy, giocherella
con un bicchiere vuoto.
“Basta chiedere
per riempirlo” – disse avvicinandosi e prendendolo dalle sue mani. Quando la
donna privata del bicchiere alza il viso verso di lei, la donna si perde ad
osservare la cicatrice che contorna il suo labbro superiore e notò i suoi occhi
lucidi – “Sta bene?” – chiese un attimo preoccupata.
“Si può
riempirmelo?” – disse senza sollevare il viso dal tavolo.
“Certo, torno
subito” – Laila si allontanò ma con la coda dell’occhio continuò a guardare la
donna dalla quale si era appena allontanata.
“Non importunare
le clienti Laila, per favore” – disse Kelly notando il suo guardo.
“Veramente non
la stavo importunando, vorrei capire perché sembra che abbia pianto” – disse
alla collega.
“Eccoci qui” –
disse posando il bicchiere sul tavolo e dei fazzolettini.
“Si vede così
tanto?” – alzò lo sguardo sul suo viso.
“Non tanto, ma
dovresti togliere un po’ di mascara” – sorrise – “Noi baristi siamo come gli
psicologi, se vuoi parlare sono lì dietro il bancone” – si allontanò.
“Pronta a
raccontarmi la tua storia?” – Laila sorrise, certa che le avrebbe detto il suo
nome.
“Roni” – disse
mentre si sedeva al bancone, porgendole la mano, che la bionda strinse. Un
tocco che durò dei minuti interminabili – “Che c’è?
“Nulla solo” –
allontanò la mano la mano.
“Solo che?” –
chiese la mora.
“Hai un aria
famigliare tutto qui” – sorrise.
“Abbordi sempre
così?” – ridacchiò.
“Cosa? Io no non
ti sto abbordando” – alzò gli occhi al cielo – “Ti lascio godere il tuo scotch”
“Credo che possa
bastare non credi?” – Laila si avvicinò di nuovo alla donna, togliendole il bicchiere.
Di tutta risposta l’altra l’afferrò per i bordi della giacca e se la portò vicina.
La bionda chiuse gli occhi a quel contatto così ravvicinato e le portò una mano
sul viso in automatico.
“Ti importa
davvero qualcosa, o vuoi solo portarmi a letto?” – chiese.
“Mi preoccupo
sempre per i miei clienti speciali” – sorrise.
“Sono un cliente
speciale?” – sorrise ad occhi chiusi.
“Oh sì molto
speciale” – disse premendo le labbra contro le sue e poco dopo erano
avvinghiate nel locale ormai chiuso. Lo fecero letteralmente sul pavimento,
senza alcuna remora. Subito dopo aver finito, Laila si accorse della fede al
suo anulare e chiuse gli occhi affranta.
“Dobbiamo
smetterla Laila, davvero” – disse provando a staccarsi ma senza successo dalla
donna che le si era avvinghiata addosso, non appena avevano varcato la soglia
di casa.
“Oh sta zitta
Roni” – disse catturando le sue labbra in un bacio focoso.
“Ti ho mai detto
quanto amo questa camicetta?” – sorrise. La bionda le sfilò la casacca e si
fermò a sfiorare i suoi seni e poi toccò lo spazio tra essi.
“E questo quando
l’hai fatto?” – chiese passando i polpastrelli sullo spazio tra i seni, guardando
quel tatuaggio.
“Una mattina,
dopo averlo sognato la notte prima” – disse sorridendo e godendosi i tocchi
delle dita dell’altra. Sentirono scattare la serratura e si guardarono
spaesate.
“Tesoro sono a
casa, prendo il borsone e vado” – disse in lontananza.
“Certo Rogers” –
la mora pregò con una mano sulla bocca della bionda e con gli occhi di non
fiatare.
“Adesso basta” –
era il grido sofferto che uscì dalle labbra di Laila quando riaprì gli occhi
ancora una volta.
“Aye, che
succede? Stai male?” – chiese l’uomo uscendo dal bagno.
“Malissimo” –
disse guardandolo e scostando le coperte.
“Non cercarmi
Killian, per favore” – disse rivestendosi di un lupetto nero e un paio di
jeans.
“Cosa significa,
Laila, dove vai? E quasi notte” – disse prendendola per un braccio,
preoccupato.
“Non attacca, so
che non è questo il mio posto” – disse divincolandosi.
Adesso Laila
sapeva cosa volesse in realtà, tutti quei risvegli, tutti quei segnali, quegli
indizi, la riportavano sempre ad una persona Roni. Perché quella donna
continuava ad entrarle nei pensieri? Sotto la pelle, nelle viscere? Chi era in
realtà Roni? Era furiosa con sé stessa, credeva di star impazzendo, credeva che
non ce l’avrebbe fatta a sopportare ancora altri di quei risvegli. Chi diamine
le stava facendo quello, e poi cosa significavano tutte quelle immagini, nei
suoi sogni? Lei con una donna uguale a Roni, ma con un vestito che sembrava
uscito per Halloween? O immagini di lei, colorito cadaverico, abbigliamento
attillato in pelle nera e sempre una donna somigliante a Roni, in atteggiamenti
molto intimi? Voleva solo dimenticare tutto quello, voleva non doversi
risvegliare ancora una volta e rivivere una vita che non fosse sua. Avrebbe
bevuto, e sperando che il mattino seguente non ricordasse più nulla neanche il
suo nome.
Nonostante
l’alcool, sapeva che Roni doveva aver significato qualcosa nella sua vita
passata, non riusciva a scordarsi di lei, nei 7 mesi passati a fare le amanti,
più e più volte avevano detto che avrebbero smesso, ma non ci erano mai
riuscite, finché Laila non le aveva chiesto di lasciare Robin per stare
finalmente con lei. La donna sosteneva di amarlo, nonostante sapeva non le
desse quello di cui aveva bisogno.
“Che ci fai qui?”
– disse la mora sedendosi al bancone.
“Tu cosa ci fai
qui, Roni” – la guardò con lo sguardo assente.
“Laila, avevi
detto che non ci saresti ricascata” - la guardò rammaricata.
“Non importa
quanto io provi a ricacciare l’idea di noi due assieme, Roni! Io ti penso
sempre, ti desidero, non riesco a stare lontana da te” – la guardò – “Non so
perché ma io ho bisogno di te come l’aria” – la fissò e la mora poté solo
abbracciarla da dietro, in modo dolce e poggiare la fronte alla sua testa.
“Ti amo Laila,
ma non rinuncerò al mio matrimonio” – disse allontanandosi.
“Ti amo anche
io” – disse chiudendo gli occhi e riapertili si ritrovò in una foresta.
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“Benvenuta, ti
ricordi di me?” – disse la donna dai capelli biondi boccoloni.
“Dove sono?”
-chiese stordita.
“Sei nella
Foresta Incantata, Emma” – disse guardandola.
“Mi hai
scambiata per qualcun'altra” – disse alzando il passo per allontanarsi.
“Oh no sei tu,
prova a pensarci, da dove vieni?” – chiese.
“Da Seattle”
“Sai dove sei
nata?” – chiese.
“I miei genitori
mi hanno abbandonata in fasce, non lasciando niente tranne una copertina”
“Ricordi il nome
che era cucito su?”
“Laila ovvio”
“Ti sbagli” –
fece apparire la copertina mostrandogliela.
“Come hai
fatto?” – disse strabuzzando gli occhi.
“È magia Emma” –
sorrise dandole la copertina tra le mani e la donna ebbe un impatto di immagini
che sfilarono davanti ai suoi occhi. Quella che pensava essere una semplice
donna apparsa nella sua vita dal nulla era la donna che aveva odiato e amato,
dal primo giorno che l’aveva vista.
“Regina” – disse
guardando la donna davanti a sé – “Campanellino”
“Bentornata
Salvatrice” – sorrise.
“Il bacio del
vero amore?” – disse sapendo di aver rovinato tutto ed essere arrivata tardi.
“Sì ma lei dovrà
sapere chi sei, devi restituirle gli indizi” – disse - “Ammettere cosa davvero
vuoi con lei”
“Il lieto fine”
– rispose.
“Devi essere
definitiva questa volta, come dice la profezia” – disse.
“La profezia
diceva che incontrerai una persona con un particolare tatuaggio che ti salverà
dall’oscurità e ti concederà di amare ancora”
“Ma ogni amore
che si rispetti, ha un lieto fine” – Emma non capiva cosa significasse – “In
cuor tuo sai cosa vuoi davvero da Regina” – la bionda chiuse gli occhi e
riapparì nel bar accanto a lei, la sua regina.
“Sposami” –
disse voltandosi di scatto verso di lei.
“Sei impazzita?”
– Roni la guardò confusa.
“Lo so che è
quello che vuoi anche tu” – disse prendendo le sue mani.
“Laila, non dire
sciocchezze, sono già sposata”
“Non è il tuo
lieto fine, però! Io lo sono, lo sono sempre stata” – disse mostrandole il
tatuaggio del dente di leone – “Pensaci perché tutte quelle cose che ci
ricordavano e ci legavano?”
“Non so di cosa
tu sia parlando” -la guardò allarmata.
“Regina, i tatuaggi,
la camicetta blu, la tua fissa per le mele, la mia macchina gialla, ti prego
dimmi che te lo ricordi: Henry nostro figlio”
“Sei
completamente ubriaca” – disse scattando in piedi giù dallo sgabello.
“Regina,
chiamami con il mio nome” – la guardò – “Guardami e dimmi come mi chiamo” –
disse afferrandole le mani e poggiando la fronte sulla sua, ma Roni le afferrò
i polsi e rimase come scottata, per qualche secondo spalancò gli occhi.
“Em-ma?”
“Sì, amore mio,
e se avessi fatto prima questo passo non avrei minato tutto quello che stavo
per perdere” – disse guardandola e inginocchiandosi fece apparire una
scatoletta di velluto rosso – “Regina Mills, vuoi diventare mia moglie?
La donna rimase
interdetta per qualche momento, poi annuì solamente, era frastornata, idee
confuse, ma il cuore leggero. La bionda l’afferrò dal bavero della giacca e
premette le labbra sulle sue. E come Emma sapeva sarebbe successo, si sprigionò
una forza d’impatto e furono trasportate lontane da quel locale, nella Foresta
Magica.
“Pensavo non
saresti più tornata da me” – disse Regina guardandola quando si riaprirono i
suoi occhi.
“Tornerò sempre
da te Maestà” – sorrise abbracciandola teneramente.
“Ci hai salvati
di nuovo” – disse una voce alle spalle di Emma.
“Henry?” – disse
guardandolo e andandogli incontro – “Sei un uomo ormai”
“E tu nonna
mamma” – disse abbracciandola.
“Cosa?” – Emma si
staccò, vide una donna e una piccola bambina.
“Qui scorreva
più velocemente il tempo” – disse Regina prendendo la piccola per mano e
portandola dalla bionda – “Lucy ti presento nonna Emma” – sorrise.
“Ho sentito
tanto parlare di te, Emma Swan” – sorrise la bambina.
“Credo che avrò
bisogno di uno shot” – sorrise.
“Non credo tu
possa, Love” – disse Killian arrivando poco dopo e le disse di guardarsi.
“Dal bacio del
vero amore e dal desiderio insito nei cuori di entrambe si genererà vita nuova”
– disse Henry.
“Il nostro nuovo
inizio, Regina”
“Si Emma” –
disse abbracciandola e tenendo la mano sul suo addome.
“Ti amo” – pronunciarono insieme quelle parole e si guardarono in quel modo tutto loro.