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Autore: mortifero    13/06/2020    2 recensioni
" Lo apprezzava, dopo tutto. Peccato non lo amasse o rispettasse abbastanza da ammetterlo ad ad alta voce.
Anzi, tutto il contrario. Affermava di odiarlo.
Per Rick, Morty non era la persona, ma la "cosa" che segnalava - rivelava - al mondo la sua debolezza. Questa ambivalenza di emozioni la dimostrava nell’aggressività, negli insulti e i pugni in faccia. Il suo ego smisurato avrebbe dissentito, ma se qualcuno avesse ucciso Morty, Rick sarebbe morto insieme a lui (metaforicamente e non)."
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jessica, Morty Smith, Rick Sanchez, Summer Smith
Note: Lemon | Avvertimenti: Incest, Violenza
Capitoli:
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Friends (with benefits)


Fandom: Rick e Morty

Genere: Introspettivo, Smut, HurtConfort

Pairing: RickMorty



Capitolo I: odi et amo



Perché lo faccia, mi chiedi forse. Non lo so, ma sento che succede e mi struggo.

- Catullo, odi et amo





Rick non poteva esattamente dire con certezza quando era iniziata la loro frequentazione particolare, ma ormai era così abitudinario per lui ritrovarsi dentro Morty, il suo pene eretto nel suo ano e il ragazzo sotto di lui, ansimante e voglioso di più, che tanto ormai una data non aveva più importanza.

Non che tutto il resto l’avesse, sia chiaro.

“Oh, ho vissuto così tanto tempo che ho capito che almeno di qualcosa nella vita ci importa” *



Un vuoto dentro, una solitudine che non riusciva a colmare. O meglio, non come avrebbe voluto.



“Pronto per il secondo round, Morty?”





Il loro bacio fu qualcosa di passionale, lungo, quasi violento e brutale.

Rick si avventò su Morty come un leone che non mangiava da giorni e il ragazzo una povera gazzella che aveva per sbaglio incrociato il suo cammino.

Lo assaporò, lo mangiò, lo divorò.

Lo sbranò ferocemente e velocemente.

Una silenziosa promessa che l’avrebbe fatto suo tutto intero.

Morty lo ricambiava animatamente. Voleva assaggiare quel sapore di alcool e bugie, sottili promesse mai mantenute; provare la sensazione di una scarica elettrica lungo tutta la sua spina dorsale.

I vestiti strappati, lanciati via sul pavimento. I segreti erano senza voce nell’aria.

Le loro erezioni per un momento di sfregarono vicine e entrambi avevano provato una scossa lungo la spina dorsale.

“S-sai Morty, credevo di ricordarmi te che dicevi che il sesso anale era un vero incubo ” mormorò Rick al suo orecchio, dopo aver lasciato sciatti baci sul suo collo “Non credevo che potessi cambiare idea così velocemente ” lo schernì. Morty alzò gli occhi al cielo, mordendosi la lingua per non rispondere a tono. Un minimo comportamento sbagliato e Rick se ne sarebbe andato, infuriato come una belva. Una semplice fame di controllo.“Piccola merdina.”

L'arcaismo dei fantasmi di Morty appartenevano ad una sessualità regressiva dell'analità. Oltre al pregiudizio sull'omosessualità, il concetto di sesso anale nel suo pensiero provocava solo dolore immaginariamente fisico. E anche morale. Si sentiva sottomesso a Rick in un nuovo modo più intimo rispetto ai precedenti. Colpiva nel profondo e lacerava. Ma in esso trovava i suoi bisogni carnali soddisfatti e Rick con il suo essere quasi più gentile addolciva la pillola. Ma Rick non era caro e buono di natura, dopo ogni orgasmo si giustificava con "Ogni uomo con il cazzo dentro un buco caldo diventa incoerente, Morty, non crederai mica a tutto, vero?"
E il clima teso fra i due rimaneva stabile.

“N-non sei poi così originale negli insulti, sai?” azzardò Morty. Cercò di attutire il danno con un bacio sulle labbra. Rick sogghignò, la pelle intorno le sue labbra si raggrinzì.

“N-non giocare troppo con il fuoco, merdina. Ti scotteresti e io col cazzo che ti salverò il culo.”

Rick era pericoloso.

Ma Morty aveva un fetish per il pericolo. Anzi; in realtà era come se il pericolo stesso non riuscisse a stargli lontano. Anche quando Morty provava a distanziarsi, esso lo perseguitava e si insinuava nella sua vita come la larva di uno spirito in un corpo ancora vivente. Come un demone, risucchiava tutto e lo lasciava moribondo.

“S-se qualcosa non ti va, dimmelo, ok?”

Era una prassi, l’unica regola tra loro due. Qualunque cosa che uno dei due non volesse, non si faceva. Rick non sempre la rispettava, quello doveva essere uno dei suoi giorni buoni.

“Tutto bene, piccolo?” sentì il sussurro affaticato di Rick, che aveva iniziato ad infilare un dito, impregnato di lubrificante, nell’orifizio del giovane.

Inizialmente, Morty si sentiva bruciare là sotto, ma pian piano diventava una sensazione sempre più piacevole. Iniziò a gemere, ad averne bisogno ancora ancora e ancora. “R- Rick…oh Rick”

Il vecchio ridacchiò. “Cosa, Morty? Ti piace quello che il nonno ti sta facendo? Ti fa godere come il piccolo pervertito che sei?”

“S-sì, c-continua, p-perfavore, ne ho bisogno.”

Rick cominciò a dare baci lascivi della zona inguinale del ragazzo. “N-non posso dirti di no con quel visino”. Non lo guardava nemmeno, ma a Morty sembrava bastare. Era rosso in viso (il calore infiammava il suo corpo), dolorante, supplicante e sottomesso. E i suoi enormi occhi erano impregnati di lussuria.

Rick lo adorava.

“Oh o-oddio R-Rick! Sei fantastico!”

“Lo so, piccolo, lo so.”

Rick fece scivolare altre due dita nella cavità anale di Morty che gemeva costantemente — si sorprese di non aver ancora perso la voce. Il vecchio intanto arricciò le dita dentro, spingendo la prostata di Morty con gusto. Il ragazzo cinse la schiena di Rick con le sue gambe e in essa infondò le sue unghie, preso dalla travolgente stimolazione.

“R-Rick”, ansimò, “scopami.”

“Subito, dolcezza.” respirò Rick, lussurioso. “Ma sappi che dopo questo non sarai più in grado di camminare o sederti”.

Morty pigolò quando Rick tolse le dita dalla cavatura anale, ma quando lo vide prendere del lubrificante e spalmarlo sul proprio pene eretto, il ragazzo non riuscì a trattenere un gemito felice.

Rick stava per entrare in lui. Finalmente.

Lo fece subito senza pretese, e Morty amò ogni momento. “Oddio sì!” urlò mentre suo nonno iniziava a spingere dentro di lui. Ritornò a graffiargli la schiena e Rick sembrò apprezzare, “Oh sì, bimbo!”

Il ritmo prima costante e normale, si velocizzò sempre di più, fino ad arrivare a qualcosa di forte e selvaggio. Sembrava che Rick non vedesse l’ora di rompere Morty, di spezzarlo come se fosse un omino di pan di zenzero e di assaggiarne ogni pezzetto.

Morty agitò i fianchi come se fosse la nuova moda di esercizi ginnastici e artigliò le lenzuola del suo letto come se fossero le uniche cose a tenerlo ancora a terra.

“Dentro o fuori?”

“Cosa?”

“Vuoi che venga dentro o fuori?!”

“Dentro, dentro, dentro, dentro!”

Rick urlò mentre veniva. Incurante di chiunque potesse sentirlo. Ansimò “un bravo ragazzo, un brav- sei stato meraviglioso, Morty!” e poi si lasciò andare ad un sospiro soddisfatto.





“T-ti a-voglio bene, Rick.”

Il silenzio che calò fra i due era teso come i fili dei panni stesi. L’aria intorno a loro divenne tremendamente pesante.

“Morty…” sussurrò, guardando il soffitto. In sottofondo i respiri affaticati del giovane, ancora rosso in viso, e un “vattene" teso e non detto. Rick si morse l’interno di una guancia per un secondo. “Lavati i denti, la prossima volta”. E si alzò dal letto per rivestirsi, come se non fosse successo nulla, come se la voragine che aveva dentro fosse già riempita.

Non era esattamente così.



Summer gli diede poi un suggerimento, in un normale pomeriggio di primavera. Pioveva, il clima leggermente umido si faceva perdonare per il caldo asfissiante dei giorni prima. Gocce d’acqua picchiettavano sul vetro della porta scorrevole in soggiorno.

“Sapete, in questo tipo di relazione un coinvolgimento emotivo è sempre presente.”, stava sul suo cellulare, “l’ho letto sull’Urban Dictionary”.

In quella casa, tutti sapevano tutto. Ma era più facile fingere di non vedere le prove, occultarle, piuttosto che sbattere la faccia con la realtà dei fatti. Era sempre stato così —  da quando era arrivato Rick. Che andasse a letto con suo nipote, non cambiava nulla.

Per Beth la mancata espressione di tutto quello che stava succedendo rendeva la cosa meno reale, una negazione continua, solo una probabilità molto elevata e come tale, la certezza che non potrebbe essere vero la faceva dormire tranquilla.

Ma come poteva negare il modo in cui suo padre guardava Morty? E i continui cigolii nella camera di suo figlio, che ogni volta le facevano voglia di ubriacarsi più del solito?

I quadri, le pareti, silenziosi conservatori di quei segreti di famiglia che non avrebbero mai avuto voce.

Rick, alle parole di Summer, reagì alzando gli occhi al cielo e bevendo dalla sua fiaschetta. Non era un tipo che apprezzava i consigli. “Che cazzo stai dicendo, Summer?” le ringhiò contro. Pure Morty negò, imbarazzato: “E-esatto, c-cazzo dici?”

Summer si strinse nelle spalle, la sua espressione rimase neutra. “Sarà,” concesse. “ma, nonno Rick, ora spiegami perché hai sempre accesa la telecamera sulla stanza di Morty.” provocò.

L’uomo odiò il sorriso sardonico sulle labbra di Summer.

Un “Cosa?” si alzò debolmente; proveniva da uno sconcertato Morty.

Rick non lo degnò nemmeno di uno sguardo. Si limitò a guardare aspramente sua nipote. “È solo perché è divertente quando fa workout. Si fa sempre male, il coglione!”.

C’erano il realtà un gran numero di buone ragioni, ma disse proprio quella. Poteva optare per quella in cui gli serviva controllare Morty, ogni cosa facesse, per sapere dove andarlo a prendere prima di un’avventura o se fosse in probabile pericolo. Le macchine rotte non servono a nulla. Il controllo, inoltre, il conoscerlo più affondo, aiutava la manipolazione. Devi conoscere, per conquistare. Doveva sapere ogni dettaglio, ogni cosa che gli premesse o meno, per riuscire a convincerlo a fare qualsiasi azione volesse. E, Rick si sentì terribilmente troppo sobrio per quella merda, Morty era calma. Era tranquillità, talmente abitudinario — e non nel senso negativo — da poterlo chiamare casa. Nella sua vita frenetica, la costante presenza di Morty era come un ancora di salvezza, un minuto di pace all’inferno.

Lo apprezzava, dopo tutto. Peccato non lo amasse o rispettasse abbastanza da ammetterlo ad ad alta voce.
Anzi, tutto il contrario. Affermava di odiarlo.
Per Rick, Morty non era la persona, ma la "cosa" che segnalava - rivelava - al mondo la sua debolezza. Questa ambivalenza di emozioni la dimostrava nell’aggressività, negli insulti e i pugni in faccia. Il suo ego smisurato avrebbe dissentito, ma se qualcuno avesse ucciso Morty, Rick sarebbe morto insieme a lui (metaforicamente e non).

Morty sul divano iniziava a sentirsi sempre più a disagio. Si abbracciò, grattandosi nervosamente il braccio, andando sempre più in profondità, come a voler proteggersi e punirsi per colpa di qualunque cosa stesse succedendo in quel momento.

Summer ridacchiò, ma non disse più nulla.

L’uomo si massaggiò le tempie della fronte, spossato da quella situazione scomoda. Poi si rivolse a Morty, incazzato, con tono aspro: “E tu, M-moURGty, cosa continui a fare yoga, eh? Cosa sei? Una casalinga divorziata con un pessimo matrimonio alle spalle, tre bambini di cui non te ne frega un cazzo, che usa lo sport per distrarsi dalla sua vita di merda?”

Morty non rispose, interdetto dall’aggressione verbale di Rick. Solitamente si sarebbe messo a singhiozzare ma in quel momento essa sembrava talmente priva di senso che commentò con un semplice “…Woah” quasi sussurrato.

“Che problemi hai, nonno Rick?”

Rick si alzò dal divano brontolando parole incomprensibili alle orecchie degli altri due e se ne andò in garage, sbattendo la porta.

“Quanto cazzo è irritabile quell’uomo…”

“Non lo dire a me!”





Coinvolgimento emotivo.

Quelle due parole sapevano di cenere in bocca, erano totalmente estranee; davano fastidio e allo stesso tempo riempivano con un senso particolare il vuoto.

Rick era consapevole, in maniera massiccia ma poco familiare, di una situazione di fatto che lo toccava fino in fondo nelle fibre. Colpito nel suo narcisismo, pensava a come agire.

Aveva fin da subito fatto una lista dei rischi nella sua mente, prima di entrare in qualunque relazione dallo sviluppo sessuale con suo nipote (perché, diamine, sempre di tale si trattava — pure minorenne, tra l’altro), ma il coinvolgimento emotivo era stato scartato fin da subito, almeno da parte sua. Poteva toccare a Morty, molto probabilmente. Il che non sarebbe stato davvero un dramma, se il ragazzo avesse avuto qualunque cosa malata nei suoi confronti il suo ego si sarebbe innalzato fino alle stelle, ma sarebbe stata lo stesso una brutta gatta da pelare. Si immaginava già le sue lagne ogni volta che Rick si concedeva una scappatella, o perché non gli portava i fiori a San Valentino.

Solo un idiota come Morty poteva lasciarsi andare in sentimenti così nocivi.

Con Rick? Era fuori discussione.

Quante volte aveva lasciato la propria orma su un letto ma se n’era andato lo stesso, lasciando da sola la povera malcapitata? Perché con Morty non poteva essere lo stesso?

Non ci può essere coinvolgimento emotivo, se c’era già prima. No?

Rick strinse le labbra, talmente irato che spatté per terra la piccola invenzione su cui stava lavorando per distrarsi. La voce nella sua mente aveva sfortunatamente ragione. Bastarda. Non aveva mai provato un attaccamento, un odio, così viscerale nei confronti di una persona. Era talmente tossico che gli stringeva in una morsa lo stomaco, gli faceva venire un’angosciosa nausea di cui doveva liberarsi.

Nell’odio e nell’amore la sua distruzione, nell’indifferenza sistematica e totale il potere che lo rendeva inumano, divino oltre ogni limite.

Tutte le sensazioni che andavano oltre il mero menefreghismo erano tossiche, troppo pericolose per lui. Doveva distrarsi, non pensarci troppo. Bevve dalla sua fiaschetta, prese la sparaporte e se ne andò.



Morty pochi minuti dopo andò nel garage da Rick, preoccupato per quel rumore che aveva sentito prima. Di qualcosa che si era rotto, frammentato, destrutturato, senza più un senso. Una struttura era creata per dare significato e se distrutta, il significato diventava insignificabile. Morty trovò una correlazione fra se stesso e il piccolo marchingegno che vide rotto sul pavimento del garage.

Frammentato, senza significato.

Quello che provava era diviso a metà, fra un odio — forse più fastidio — che partiva dalle sue viscere e un amore coatto, manipolato e conquistato dal narcisismo più grande dell’intero universo. Senza significato, perchè un nome, a tutto ciò che provava, una struttura, una guida, non riusciva a trovarla.

Si morse un labbro, quando vide il garage terribilmente vuoto. E anche lui, allo stesso tempo, si sentì così. Con un peso allo stomaco, la bruciante preoccupazione che forse lo avesse abbandonato.

Quel posto era tremendamente caotico e vecchio.

Come Rick, dopotutto. Sembrava il teatro della sua personalità; Morty si sentì quasi in colpa per essere lì, come se stesse in un posto troppo intimo e personale. Era arrabbiato con se stesso. Non aveva bussato e senza permesso era come se si fosse scaraventato nella testa di Rick. Non lo aveva fatto apposta, però.

Anni prima, si era abbandonato all’illusione che il garage fosse un posto per loro due; dove potevano essere loro stessi, al sicuro dall’universo intero. Momenti di cameratismo che avevano un retrogusto amarognolo.

Ma no, il garage era il regno di Rick. Suo e soltanto; Morty era stato solo un aggiunta temporanea. Ed era tremendamente raro che un re uscisse da solo senza il suo esercito.

Era così: Rick andava bene da solo, tanto bastava; Morty, invece, avrebbe dovuto valere e faticare come un esercito e non sarebbe mai stato abbastanza.

Non trovando niente da fare, il ragazzo decise di salire in camera sua.

Nella sua stanza, dalle fastidiose nuove pareti blu, che gli ricordavano qualcuno in particolare, Morty si sentì un relitto. Inutile, vuoto. Soffriva terribilmente la sua solitudine. Doveva esserci abituato, in realtà. Dopotutto aveva vissuto metà della sua vita senza amici o nessuno al di fuori di sua sorella e i suoi genitori, ma con Rick era decisamente cambiato tutto. Ogni minuto, ora, secondo, per la maggior parte la passava con lui e lui soltanto. Magari in qualche spericolata avventura, oppure per fargli semplicemente da palo.

Non era abituato alla sua assenza. Era poco raro che Rick uscisse, ma ogni volta che lo faceva era con Morty. Quando usciva da solo era per un’unica ragione: divertirsi. Questa realizzazione gli fece provare un’altra morsa allo stomaco; lo sentì proprio rivoltarsi. Stava malissimo, credeva che fra un po’ sarebbe affondato nel letto per quanto si sentiva appesantito da tutto.

Divertirsi.

Si arricciò le labbra: Rick con Morty apparentemente non si divertiva. Lo considerava stupido, inetto, fastidioso. Esisteva solo quando aveva bisogno di due mani in più, di uno scudo, — Morty stava quasi per piangere —  di un buco da riempire.

Deumanizzato fino al midollo.

Quanto gli sarebbe piaciuto ritornare ai loro primi giorni di conoscenza, in cui Rick era così fintamente gentile da sembrare reale.



“Stelle luminose, eh?” disse il vecchio, entrato per la prima volta nella stanza del giovane e vedendo le decorazioni vicino al letto.

Uh-uhm, s-sì” arrossì Morty, imbarazzato dalla nuova presenza. Rick sogghignò.

Vedo che ti piace tanto lo spazio.” Si guardò meglio intorno. “Potrei portartici lì, una volta, almeno.”

Morty ci aveva pure creduto.

Una volta, come no.

Si massaggiò la fronte, gli stava venendo il mal di testa (quasi un’emicrania) continuando a pensare a Rick. Eppure gli dispiaceva ancora, che l’uomo non volesse passare del tempo con lui.

Improvvisamente, come colto da un’illuminazione istantanea, si ricordò del compito per il giorno dopo. Era stato così maledettamente smemorato! Si volle quasi spiaccicare la mano sulla propria faccia. Aveva un’esibizione (se così poteva chiamarla) ad un locale per finti alternativi, amanti della filosofia e della letteratura. Il signor Hurt (gran cognome), suo insegnante di letteratura creativa, gliel’aveva assegnato perchè “hai troppa paura del pubblico, del giudizio. Come se qualcosa continuasse sempre a bloccarti (Morty sbuffò, non era qualcosa ma qualcuno). Svegliati, ragazzo!”

Così accese il computer per scrivere il suo tema. Aprì Word.

Rimase ad osservare la pagina vuota per cinque minuti buoni, senza sapere cosa scrivere. Poi optò per uno sfogo: “Come posso descrivere una giornata di merda?”

Premette freneticamente il tasto per cancellare. No, non andava bene. Glielo aveva detto pure il professore: doveva esporsi, completamente. “Nella trasparenza, nella verità c’è sempre il meglio.” Aveva consigliato.

Sbuffò, appoggiando una guancia al palmo di una mano. Non aveva la più pallida idea di cosa scrivere e il tempo stava per scadere.

Sentì il rumore di qualcuno che stava bussando alla porta della sua stanza.

“Posso entrare?” Era Summer, titubante. “Non ti starai…? Beh, lo sai.” si accertò, con tono disgustato.

“No, no, puoi entrare.” La invitò, leggermente annoiato.

“Ecco, Mort- ODDIO MI AVEVI DETTO DI NO!” Si coprì subito il viso con un braccio, quando vide il laptop appoggiato sulle cosce di suo fratello.

“Cosa?!” squittì Morty. Girò lo schermo del suo computer per far vedere cosa stesse effettivamente facendo. Esso rivelò un foglio Word vuoto, bianco. “Sto facendo i compiti per il signor Hurt...” spiegò.

Summer sospirò sollevata e tolse il braccio dal suo viso.

“C-cosa ci fai qui?” Chiese Morty, concentrandosi sul suo lavoro.

“Rick è andato via.”affermò. Summer si sedette sulla sedia della scrivania di Morty. Lui le diede solo uno sguardo stanco.

“L-lo so.”

Summer fu colta di sorpresa dalla strana laconicità di suo fratello. Si mosse a disagio sulla sedia, che scricchiolò per bilanciare il peso da una nuova posizione. “È che…che da quando il vostro nuovo tipo di relazione è iniziato, siete stranamente sempre più distanti.”

Morty sbuffò, sentendosi un po’in colpa per trattarla in modo così distaccato, ma non era ancora pronto a parlare dei suoi problemi con il mondo. “Non posso farci nulla, Summer.” rispose, rassegnato.

“Beh,” iniziò lei, come se inacidita. Si alzò dalla sedia e si avvicinò alla porta. “Forse dovresti. Io me ne sono accorta; manca poco che lo facciano mamma e papà per davvero e la vostra storia o...qualunque cosa sia, ecco, terminerà. Sicuro.”

Morty non riuscì a reggere lo sguardo e ritornò sul suo lavoro.

“Davvero”, il tono di Summer si addolcì, “fallo per te, per voi, qualunque cosa. Non voglio vederti — e vedervi — così.”

Morty annuì pensieroso e Summer se ne andò.

Quel voi e quel vedervi gli avevano lasciato un amaro in bocca. Non era esistito mai un noi solido tra Rick e Morty. Sì, uniti nelle avventure, ma distanti in qualunque altro campo. E quel vedervi? Perché era così strano? Quel plurale aveva un sapore agrodolce. Se fosse stato più sveglio, forse, Morty avrebbe capito che non era l’unico stanco di quella situazione.

Sbuffò. Non doveva pensare a Rick in quel momento, non poteva permetterselo, ma più osservava la pagina bianca, più i suoi pensieri su suo nonno aumentavano a malavoglia.

Si massaggiò le tempie e cercò di spremersi le meningi. Doveva trovare un tema e alla svelta.

Sbuffò.

Suo nonno era peggio di un virus, infettava tutto intorno a lui, soprattutto la sua mente.



E se avesse scritto proprio su Rick? Sarebbe un buon compromesso, no?



Quella sera, i muscoli delle gambe e delle braccia tesi, Morty continuò a fare la sua classica sessione di yoga, non sapendo se sentirsi osservato o meno.



*semi -cit di Rick nell’episodio “Sbracchiamoci Insieme!”. Sentite, sono pigra per andare a rivedermelo tutto...

NdA

Ciao! Questa è la mia prima ff in questo fandom, spero sia stata una bella presentazione XD. Anzi, è proprio la mia prima ff su Efp, sono nuova lol

Premetto subito col dire che questa non sarà una slow burn, credo avrà un massimo di tre capitoli. Non mi piacciono le cose lunghe :p dopo un po’ mi annoiano hahah. Infatti è anche per questo che ho voluto iniziare con una relazione sessuale già prestabilita fra i due personaggi principali. Spero non sia uno di quei casi “partenza a razzo, finale a c...” :).

E niente, fatemi sapere se vi è piaciuta o meno, ogni commento è ben accetto <3

   
 
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