Non
possiamo finire di ringraziare Alessandroago_94 per continuare
a seguire codesti deliri creativi e a coloro che hanno inserito questa
raccolta
tra le seguite e le preferite.
La mia
compare Semperinfelix ci tiene a dedicare questa novellina
ad Elisabetta
Buona
lettura,
Hoel e
Semperinfelix
***
Creusa
Persis
Laddove
Enea perse per motivi di trama la sua Creusa e chi gli lavava i panni
In un
tempo non molto lontano, in un giorno non molto funesto,
ecco com'andò veramente la distruzione di Troia:
Frattanto
che la battaglia prosegue, tra viscere strappate fuori
dalla panza e teste che volano, avendo sia Greci che Troiani capitato
al
mercato delle armature tarocche, Enea torna a casa tutto scazzato e
“Mo basta!”
sbotta. “Mo ce ne andiamo!”
Quel che
né la moglie né l'anziano padre sapevano, era che
Achille
gli aveva fatto la linguaccia e per tale ragione Enea, offesissimo, non
voleva
saperne d'avere ancora a che fare con lui.
“Babbasunazzu!”
lo riprende aspramente il pater Anchise, sputando
la dentiera. “Cascassero a Giove le mutande, noi di qui non
ce ne andiamo!” La
nuora Creusa lo prega e lo supplica affinché acconsenta alla
partenza, per il
bene suo e del nipotino che è tanto bellino, ma Anchise no,
è irremovibile. “Io
qui sono nato”, dice, “e qui voglio
crepare!”
Si alza
dalla seggiola e tutto adirato fa mostra d'andarsene. Apre
la porta e proprio lì, sulla via di casa, vede venire: da
una parte due dei
suoi creditori, a li quali doveva ancora duecento e passa dracme,
perdute tutte
giocando a briscola coi vecchietti del centro anziani, dall'altra il
marito
cornuto della sua vicina di casa, incabbasisato nero, con un
giavellotto in
mano. Richiude di botto la porta, spiaccicandocisi contro con tutte le
spalle,
e guardando i famigliari domanda: “O, che aspettiamo ad
andarcene?”
Figlio e
nuora lo guardano stupefatti. “Ma come
…” domandano “non
eri determinato a morire qui?”
“No,
no, ma io scherzavo”, si giustifica Anchise, “e poi
mi sono
ricordato che giovedì mentre stavo alla latrina un fulmine
dorato con una
stella cometa m'è cascato sulla testa e Giobbe, affacciando
la faccia dal buco
dove stavo seduto, m'ha detto: Anchise,
vecchio scimunito, che vuoi far crepare così il tuo nipotino
e quel gran pezzo
di gnocca di tua nuora? Avanti, alzati e parti!”
“Papà,
ma che ti sei fumato?” lo interroga perplesso il figlio.
“Dai
del bugiardo al tuo genitore? Ah, biscredente! Se non mi
credi, guarda tuo figlio come sta avvolto da lingue di fuoco!”
Sia madre
che padre si voltano allora a guardare il pargolo, che
era in effetti in fiamme. “Mannaggia, n'altra
volta!” sbuffa Creusa esasperata,
correndo a prendere l'estintore da sotto al letto. “Sto
bambino sempre in
fiamme sta, oh!”
“Prodigio!”
esulta Enea. “Giobbe vuol che io torni a
combattere!”
“Ah!
Avrei dovuto sposare tuo cugino Agenore! Lui almeno ci
avrebbe messi al sicuro!” si lamenta sconsolata la moglie,
una volta finito
d'estinguere il bambino. “Mo decidi: o la smetti di fare lo
scemo e ci porti
via di qui oppure tu la potta non la vedi più!”
E fu
così che dopo quell'ultimatum, messo di fronte alla
terribile
prospettiva di dover tornare dalla sua vecchia fiamma Ludovica, con la
quale
aveva condiviso la prima giovinezza, in men che non si dica Enea ebbe
già i
bagagli pronti. Si carica il padre sulle spalle, che tanto è
lagnuso che manco
camminare vuole, e dà la manina ad Ascanio, mentre Creusa li
segue fuori casa
con le foto di famiglia sott'al braccio.
Luogo il
cammino si fermano al tempo di Cerere a fare la spesa,
quindi ripartono, ma è proprio allora che Creusa, rimasta
indietro perché
appesantita dalle borse della spesa, si volta e vede Ermes che le fa
l'occhiolino. Il bambino pure si volta, e vede che la madre non
c'è, allora
piagnucolando avverte il padre dell'accaduto.
Sperduta
a questo modo la mogliera, Enea per tre giorni vaga di qua
e di là gridando disperato: “Creusaaa! Creusaaa!
Andò cazzo stai!?!?” Finalmente
al terzo giorno, rotta dalle continue lamentele, gli appare l'infelice
simulacro della sposa, notevolmente ingrassata rispetto a come la
ricordava.
“Mio
amato sposo », gli dice con voce distorta, “mettiti
l'anima
in pace. Gli dei mi hanno chiamato a ben altro mondo che questo, e
lì, tra le
sedi beate, un nuovo ruolo m'attende. Tu prosegui per la tua via, senza
voltarti indietro, ed abbi cura del vecchio padre e del figlio,
speranza della
stirpe di Dardano. Questo, o Enea, decretò l'oscuro Fato,
questo il Destino che
nulla perdona. E dunque, mio amato, non ti curar di me e va'!”
Cotali
parole fatte dispare come fumo che s'innalza dall'ara del
sacrificio. Enea, rotto in pianto, le corre incontro, tre volte tenta
la
lacrimosa mano d'afferrare la veste che sfugge, tre volte fallisce nel
suo
intento. Allora, perduta ogni speranza, si getta in ginocchio sulla
dura terra,
e rivolto al cielo domanda: “O Creusa, e i panni sporchi chi
li lava mo!?!”
***
Curiosità: Virgilio
attende chi
l’Eneide così spense.