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Autore: Master Chopper    19/06/2020    1 recensioni
[Shūmatsu no Valkyrie]
[Shūmatsu no Valkyrie]Per decidere le sorti dell'umanità, gli dèi di ogni pantheon si riuniscono e, disgraziatamente, la loro decisione è unanime: distruggere il genere umano. Una voce però si leva in opposizione, ed è quella di un dio misterioso di cui nessuno sa niente, ma che sfida dieci dèi ad affrontare dieci umani prima di poter accettare quel destino crudele.
Dieci esseri umani provenienti da qualsiasi epoca affronteranno dieci dèi provenienti da qualsiasi cultura: questo è il Ragnarok.
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Chapter 21: Have You Seen The Yellow Sign?

Mancava poco all’inizio del sesto scontro, ma c’era qualcuno che per niente era interessato ad essere presente in tempo. Era Fobetore, il dio degli incubi, incappato in un problema davvero impellente giusto qualche istante prima.

“Aaah… una costruzione grossa quanto l’universo, ma è difficilissimo trovare un bagno, ogni volta.” Sospirò, tra l’indignazione ed il sollievo, dopo aver chiuso la porta alle sue spalle. Detto ciò, si preparò a raggiungere gli altri due, quando percepì una presenza giungere dal fondo del corridoio.

Procedeva con un’andatura lenta, eppure il fruscio che emetteva il suo spostamento era assordante. Troppo tardi se ne rese conto: non era un solo individuo ad avanzare, bensì un esercito. Di giallo ocra vestiti, quella processione di drappi gialli lo stava per investire come un’ondata morbida e secca.

Fobetore tremò, guardando in faccia l’orrore.

Un istante dopo qualcuno gli passò accanto, superandolo senza dir nulla e procedendo sulla sua strada, come se nulla fosse successo. Il dio degli incubi rinsavì, ma il suo cuore non smetteva di battere all’impazzata. Si era addirittura perso qualche battito.

-Lui… è… ?-

 

Il campo di battaglia era immobile e silenzioso, tuttavia gli occhi di innumerevoli spettatori erano concentrati su di esso nella solita attesa, fremendo urgenti per l’avvenire.

In particolar modo gli dèi, ormai grati del vantaggio di due vittorie consecutive, nonché del primo vantaggio: il testa a testa si era fermato, così come sembrava essersi infranta la speranza dell’umanità dopo la loro sconfitta. Ed era proprio tale vergogna, a non permettere a nessuno di loro di volgere i loro sguardi su di una determinata tribuna: quella delle restanti avanguardie dell’umanità.

Lì, Charlotte Corday, con gli occhi spenti da quella mortificante considerazione, non riusciva a tirarsi su nemmeno con gli incoraggiamenti di Boudicca. La regina guerriera iniziava a scoraggiarsi anch’ella, pensando che il cuore della fanciulla fosse stato irrimediabilmente segnato dal suo secondo omicidio: quello di una persona che, infondo, amava.

Ciò nonostante volle parlarle ancora per tentare un’altra consolazione, ma stavolta un’altra voce intervenne: “I messeri attendono, ed è teatro di festa e speranza.”  

Boudicca si voltò con un’espressione confusa quanto diffidente: ma di quale speranza stava parlando?

Ad esprimersi era stata una figura nell’ombra, appoggiata ad una parete con le braccia incrociate. Il suo abbigliamento nero gli permetteva di essere tutt’uno con l’oscurità, così come il cappello a larghe falde calato sul volto invisibile.

“Ma come, mia regina? Non se ne rende conto? Arriverà presto il cantastorie ad allietarci.” Sollevò appena il capo, permettendo al suo capello di scoprirgli parte del viso: in realtà quel viso non esisteva, perché infatti apparve solo il sorriso statico di una maschera bianca con un pizzetto nero e dei baffi di decoro.

“Non chiamarmi mia regina.” Rispose stizzita ella, guardando il suo interlocutore come se glielo avesse ripetuto almeno un centinaio di volte. In effetti era proprio così, perché quel Guy Fawkes non smetteva di introdurre i suoi discorsi in quel modo tanto strano.

“E poi… non credo che sia esattamente un cantastorie.”

“Già! È un poeta!” Intervenne Charlotte, illuminandosi in viso, forse per ammirazione.

L’uomo mascherato rise bonariamente: “Certo, certo! Lo so bene, non credetemi uno stolto: era famoso anche quando ero in vita. Solo che… è davvero diverso da come me lo sarei aspettato.”

 

I microfoni si accesero, riempiendo di un ronzio l’aria già tesa.

Ladies and gentlemen! Siamo giunti al sesto scontro, ciò significa che metà degli sfidanti selezionati per questo torneo ha solcato il campo di battaglia, battendosi e morendo per il loro obbiettivo! Scendiamo in campo, un’altra volta cooon… il lato degli dèi !”

I annunciatori tennero il pubblico sulle spine, fin quando, di colpo, ogni luce nel creato si spense.

Tutto piombò nel buio più buio, senza che alcuna percezione potesse aiutare ad orientarsi: era assenza di qualsiasi appiglio, qualsiasi speranza, qualsiasi salvezza. Pareva un vortice in cui i presenti erano già piombati, catturati da qualcosa di inevitabile.

“Un avviso a tutti coloro che hanno dato vita, o mai partoriranno, un pensiero immotivato, una realtà distante, un sogno sublime …”

Dapprima un fruscio, come di abiti, poi un brusio infestante, simile al volo improvviso di tanti insetti. Esplose nel buio, quando meno se lo sarebbe aspettato, improvviso e violento: un crescendo musicale terribile e spaventoso.

“Lui possiede tutto. Ed avrà la vostra mente, nel momento in cui vi rivolgerete a lui… alla sua corte !”

Luminoso come un faro, il giallo di un drappo lacero iniziò a splendere nell’oscurità. Ricopriva una figura umanoide, ma allo stesso tempo innaturale: non aveva volto, ma solo tentacoli che strisciavano oblunghi e viscidi sul terreno.

“Il Re Giallo da un tempio dimenticato, dalla città in rovina di Carcossa, dalle rive del lago Hali! Nel suo incomprensibile orrore …”

Quando le luci tornarono, e le stelle si riaccesero nel firmamento, quell’orrore non faceva di certo meno paura. Il suo volto restava coperto dal drappo, e quel suono sempre più onnipresente nelle menti degli spettatori.

“… Hastur !!”

E quella creatura si guardò attorno, notando come un silenzio tombale fosse piombato sugli spettatori, pietrificandoli ai loro posti. Emise un flebile sussurro dalla cavità del suo cappuccio: “Lo avete visto? Il Segno Giallo?”

 

Lassù, qualcuno tra gli umani iniziò a mormorare, chiedendosi cosa stesse dicendo.

“Allora…” Disse soltanto uno, e non sembrava nemmeno riferirsi a quella domanda nello specifico. Semplicemente aveva compreso qualcosa, e contro ogni giudizio, ma mosso solo dal proprio istinto, sentì di dover parlare.

“Allora esiste… davvero.” Aveva la testa allungata verso l’alto, con la fronte scoperta e occhi ricurvi verso il basso, in un’espressione di angoscia e perdizione. Howard Phillips Lovecraft, scrittore capace di guardare nell’orrore e nelle paure più recondite dell’uomo, assisteva a quello spettacolo come un presagio di distruzione.

“Cosa sarebbe quella cosa ?” Si domandava intanto Ammit, squadrando l’avanguardia degli dèi con confusione. “Non riesco proprio a comprendere se sia buono o malvagio.”

Al suo fianco c’era Fobetore, il quale nel momento in cui lo aveva visto apparire, aveva ricominciato a tremare e a sudare copiosamente esattamente come poco prima.

“Non può essere.” Diceva tra sé e sé, mormorando febbrilmente. “Non può esistere un incubo così. È… assurdo !”

Quel colore giallo era una macchia schizzata via dalla ragione umana, e per tanto nemmeno il dio degli incubi poteva comprenderne le sfumature di paura che sapeva provocare.

 

“Mentre sul lato degli umaniii… !”

L’attenzione venne riportata sul portone opposto a quello dove era fuoriuscito Hastur, e lì venne ripiegata tutta la fede dell’umanità.

“Un uomo… un artista… una leggenda… una storia !”

Una vacua foschia fuoriuscì dal portale, ricoprendo il terreno. Poco dopo, prima un’ombra e poi un corpo, qualcosa di gigantesco galleggiò sospesa nel vuoto. Si trattava di una barca di legno nero, solcante proprio la nebbia opaca. Sussulti di stupore si levarono, osservando quel battello spettrale: fuochi fatui erano accesi lungo le sue fiancate, mentre un cartello a prua indicava una sola direzione, “la Città Dolente”, in parole di colore oscuro.

“Una vita passata a documentare le gesta del mondo, realizzando un compendio di aspra critica. Lui, che si è elevato a Sommo… sarà in grado di soggiogare gli dèi, con la penna che ferisce più della spada ?!”

“Per me si va ne la città dolente… per me si va ne l’etterno dolore…” Iniziò a ripetere la gente, tra gli umani, con una crescente tensione nella voce. Il procedere dell’imbarcazione era lento ed inesorabile, aspettando quasi che loro terminassero, con un trionfante:

“Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate !”

E d’improvviso, un urlo: “E si va a letto?! Io mi sono rotto i cojoni di questo mortorio !”

Qualcuno saltò fuori dalla nave di Caronte, atterrando a gambe larghe nell’arena. Sollevò il  capo con circospezione, guardandosi intorno. Poi, inspirando profondamente, si lanciò in un altro grido tuonante:

“Ed il mio nome?! Non lo dite ?!”

Gli annunciatori, ritratti all’indietro per lo shock, si guardarono l’un l’altro esitanti: “Ehm… Dante Alighieri !”

Ma c’era troppa confusione da parte di tutti per esultare.

L’uomo che ora si trovava in campo aveva l’aspetto di un po’ in là con gli anni, dai capelli castani ma vagamente brizzolati in cima. Il suo viso era affilato, dalla bocca piccola e con un naso altrettanto lungo, sopra il quale dei grandi occhi torvi squadravano il pubblico.

“Avete sentito?! Daaante… Alighieeeri!” Disse sbracciandosi, facendo volteggiare il grande giaccone rosso che portava, aperto, su di una maglia bianca con pantaloni di pelle neri. Sollevò poi una corona d’alloro, appoggiandosela sulla testa. “Io ho questa! Io sono il Sommo Poeta, il Vate!” Iniziò a cercare qualcosa, o meglio qualcuno, tra gli spalti dell’umanità.

“Adesso, invece… potreste per cortesia, scusate guarda eh, trovarmi un certo… Albertino Mussato?!” Ricalcò quel nome con una dose spropositata di acidità. “Che cosa fa? Chi è costui ?”

E tali domande si chiesero anche gli umani, il quale cercavano a destra a manca, volendo assecondare le richieste di quell’inquieto uomo.

“Sempre la stessa storia.” Sospirò invece una donna, con fare rassegnato. Ella era Gemma Donati, la moglie di Dante Alighieri.

Quando le chiesero allora spiegazioni, lei rispose, mentre teneva in braccio tre bambini piccoli vispi ed esaltati come il padre: “È quello lì.” Ed indicò un uomo, in disparte, il quale faceva del suo meglio per nascondersi da tutto e da tutti, con il volto rosso di imbarazzo.

“Forse ve lo ricorderete per la tragedia Ecerinis.” Ma tutti scossero la testa.

“Come immaginavo.” Ammise lei: “Quando mio marito era in vita, il Sommo Poeta era Albertino Mussato… e questo Dante non l’ha mai mandato giù. Ora invece ha scoperto che, dopo la sua morte, è stato incoronato… ahiahiahi, ma chi ce la doveva mandare ?”

E tornarono tutti a fissare quell’uomo che si vantava a destra e a manca, senza un attimo di tregua.

“Hai sentito, Albertì?! Nessuno ti conosce più !” E scoppiò in una gloriosa risata, sollevando poi tre manoscritti. “Ed invece questi… questi, mammamia bella, in eterno li dovranno insegnare nelle scuole, nelle università, e tutti dovranno averne una copia in casa, pur non avendoli mai letti !”

 Tutti riconobbero i tre testi che costituivano la Divina Commedia, l’opera più celebre del poeta.

Adramelech e St.Peter, intanto, non sapevano più per davvero come riprendere il controllo della situazione.

“Ehm, e quindi ora che il Sommo Poeta-”

“Sì, è vero, sono il Sommo Poeta.” Riprese Dante, nella disperazione comune.

“Però all’epoca? Col cazzo, dico io, e perdonatemi il volgare! Mi avevano dato del corrotto, del tangentista… e ora, invece?! Sono il simbolo dell’Italia! Ah- no aspetta, forse questo è proprio la normalità.” Si stette zitto per qualche secondo, per poi riprendere a ridere istericamente.

“Cos’è? Non mi dite per caso che ora sono persino sulle monete! Probabilmente dove c’è raffigurata anche la merda, e la faccia di questo sgorbio qui !”

Ci volle un po’ prima di rendersi conto, che a tutti gli effetti Dante avesse indicato Hastur.

Il dio, sentendosi appellare in quel modo, per nessun apparente motivo, rimase scosso.

“Ma questa era gratuita …” Sussurrò qualcuno tra le tribune degli dèi.

Un uomo, invece, borbottò adirato: “Ed io dovrei essere ricordato più per questo tizio, che per l’Eneide ?” Era il poeta romano Virgilio.

“Ma ‘sto grullo! Che più grullo non se pò !” Scoppiò a ridere un altro uomo, dall’aspetto più feroce ed agghindato come un nobile di paese. Il suo nome era Filippo Argenti, e sbeffeggiava il poeta mentre tutte le ragazze che lo coccolavano, attorno a lui, ridevano in contemporanea.

Sembrava che non ci fosse più alcun rispetto, né stima, per l’avanguardia dell’umanità.

 

“Ci siamo rotti noi, adesso! Basta! Il Ragnarok ha inizio !!” Urlarono infine gli annunciatori, furenti.

Incredibilmente, il sesto scontro era iniziato davvero.

 Tuttavia, uno degli sfidanti non appariva affatto calmo e concentrato come quelli che lo avevano preceduto:

“Sesto?! Merda! Perché non terzo? O nono, ché nove è tre per tre !” Dante, con le mani tra i capelli al punto da spennarsi la corona d’alloro, rimuginava camminando in cerchio. Infine, la sua camminata si arrestò quando si imbatté in una presenza torreggiante. Le urtò contro, ricadendo all’indietro, e da quella posizione poté vedere chiaramente Hastur.

Il Re Giallo, in silenzio sopra di lui, aspettava immobile: “E tu saresti la speranza dell’umanità? Mi hanno mentito …”

“Eh?! Non ti sento, parla più forte !” Incurante, il poeta gli si avvicinò così tanto da infilare l’orecchio nel cappuccio.

Dalle tribune si levò un sussulto.

Hastur rimase ancora immobile, non reagendo a quell’oltraggio.

“Lo hai visto? Il Segno Giallo ?” Ripeté la sua frase iconica, alla quale venne risposto un secco: “No.”

Era impossibile leggere le emozioni del Re Giallo, tuttavia l’unica certezza che decise di mostrare fu che non aveva perso di certo la voglia di schiacciare il suo avversario: alcuni suoi tentacoli si sollevarono lugubri dal terreno, mostrandosi come arti penzolanti e intrisi di una saliva scura.

Nonostante sembrassero innocui nel loro aspetto gonfio e lento, in un battito di ciglio saettarono in avanti. Dante non ebbe nemmeno il tempo di muoversi, perché quegli arti neri si erano irrigiditi come lance, per poi piantarsi nel terreno attorno a lui. Lo avevano sfiorato appena, tuttavia proprio quel leggero contatto squarciò la sua pelle in più punti, sollevando schizzi di sangue nell’aria.

Il poeta esitò, dopodiché il dolore prese il sopravvento e gli strappò un viscerale urlo di terrore dalla gola.

“Che… cazzo sei ?!” Arretrò, inciampando ed iniziando a strisciare sui palmi. Non perse di vista la creatura, ne valeva la sua vita dopotutto, così la osservò ritrarre i tentacoli con un’inquietante calma.

 

Ladies and gentlemen! Il primo colpo è stato messo a segno da Hastur!”

Sulla tribuna degli umani, Charlotte si voltò con preoccupazione verso i suoi compagni: “M-Ma siamo sicuri che Monsieur Dante sappia combattere ?” Boudicca non avrebbe voluto mostrarsi così negativa, ma scosse la testa con fare serio.

“Rischia che la storia dell’orrore di quell’Hastur lo divori.” Commentò aspramente Guy Fawkes, seppur con il suo solito tono giocoso.

 

Intanto davanti agli occhi di tutti si stava mostrando una scena parecchio patetica, capace di far disperare gli umani e ridere a crepapelle gli dèi: Dante, in preda al panico, stava scappando a gambe levate, lanciando anche varie imprecazioni.

Però, ovunque si voltasse, finiva per trovarsi davanti sempre la stessa cosa, ovvero il vuoto siderale nel cappuccio del suo avversario. Era dappertutto, non poteva fuggire.

“Vai via !” Strillò d’un tratto, esasperato, non correndo via all’istante quando si ritrovò davanti l’avversario.

Hastur ne rimase sorpreso, e mettendosi in allerta, osservò la mano dell’uomo compiere un arco verso la sua faccia. Quello schiaffetto lo dissolse come se fosse stato un fumo, lasciando il nulla assoluto davanti a Dante.

“Ah…” Sospirò lui, sollevato, per poi voltarsi. Hastur era di nuovo lì, piegato per portare il suo volto a pochissimi millimetri da quello dell’altro.

Il poeta provò ad urlare, ma fu troppo tardi: un tentacolo nero gli si avviluppò attorno alla mascella, tappandogli la bocca.

“Mi aspettavo molto da te.” La voce bassissima di Hastur gli riempì le orecchie, sovrastando il boato degli spettatori. “Cercavo la speranza dell’umanità… ma tu puoi esserne al massimo la vergogna. Non fraintendermi: sei un poeta, e questo ti fa onore. Però un artista ha molta più grinta di te. Dov’è finita la ferocia, la ricerca del sublime, del dolore, il raggiungimento dell’estasi nel portare a termine un incarico sovrumano? Tu hai una visione molto limitata, del mondo, della vita, di te stesso e degli altri.”

Mentre parlava, orribilmente altri tentacoli si erano introdotti nella bocca dell’uomo, il quale a malapena riusciva a sbavare una schiuma rossastra. Quei piccoli viticci iniziavano a scavargli nel corpo, percorrendogli la pelle come un tracciato. I suoi occhi avevano ormai perso qualsiasi luce.

“Te lo chiedo per un’ultima volta… lo hai visto? Il Segno Giallo ?”

E, proprio in quelle iridi, apparve un simbolo misterioso ed arcano, sostituendo qualunque barlume di sanità e speranza. Il corpo di Dante venne liberato, e senza peso cadde al suolo.

L’umanità sussultò, e persino gli dèi tentennarono: una visione tanto brutale avrebbe colto alla sprovvista chiunque. Si erano tutti quanti aspettati un duello, ma avevano assistito ad un macabro omicidio.

Lentamente, ma sempre più forte, come lo sciamare di milioni di insetti, sussurri di paura e riverenza si agitarono tra gli spalti. 

 

E anche voi parlerete del Simbolo Giallo, del Re Giallo e di Hastur. Non sentite già l’urgenza di farlo?

Fatelo! Scrivete di lui, disegnatelo, lasciatevi ispirare dalle sue trame di mistero per la creazione di un’opera d’arte che, tuttavia, lascerete incompiuta.

Perché nessuno deve sapere cos’è, o cosa non è, tutto questo. È un segreto tra me e voi, cari lettori.

 

 

Angolo Autore:

Welcome back! Il sesto scontro è terminato. Effettivamente Dante non aveva scampo contro Hastur

 

 

“NO !!”

Un urlo proveniente da un’anima vibrante più forte di tutta quella follia, e di quell’orrore, polverizzò la così banale fine che tutti avevano accettato.

Hastur, colto alla sprovvista, si irrigidì. Prima ancora di voltarsi, però, percepì un forte calore attraversargli il tessuto giallo che vestiva.

“F-Fuoco ?!” Urlarono i presentatori. Accennavano ad una presenza danzante al centro dell’arena, di colore rosso fiamma, che si agitava e cresceva di intensità davanti agli sguardi stupefatti di tutti.

Ma, nonostante il calore emesso, non si trattava di fuoco: era un’aura, fumosa ed intangibile, che avvolgeva un corpo in procinto di sollevarsi da terra.

 

“Cosa diavolo sta succedendo ?!” Urlò Boudicca, sporgendosi oltre la balaustra. “Non era… morto ?!

“Affatto.” Gli rispose, sorprendentemente, il dio misterioso. L’essere infido era apparso tra loro solo per mostrargli quanto fosse soddisfatto il suo sogghigno.

“Era solo svenuto.”

 

Ed il corpo che si alzò in piedi, circondato da quel vapore incandescente, mostrò un sorriso altrettanto compiaciuto. Tuttavia, la sua soddisfazione derivava soltanto dall’immensa sete di sangue che emanavano i suoi occhi fiammeggianti, e che esigeva venisse soddisfatta.

La terra si squarciò, e dalle profondità di un buco senza fine fuoriuscì una malsana creazione: fatta di sole ossa gigantesche e terminante con un teschio dalla cui bocca aperta spuntava una larga lama, quella falce venne impugnata senza remore dalla mano del suo proprietario.  

Dante, ormai con il volto attraversato da scaglie di pietra lavica, tirò fuori la lingua per sbeffeggiare ancor di più il suo avversario: “Forma dell’Inferno” sibilò tra le risate.

“E ora vediamo… che razza di storia si può tirare fuori da questo scontro !”

 

   
 
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