Su una zattera
Alla deriva
Abbracciati
Avvinghiati
Mi divincolo
Con forza
Per tuffarmi
Nelle acque insidiose,
ma invitanti,
del Mare dei Mostri…
Mostri
La cui esistenza
Ignoro
E,
ignara,
perdo l’equilibrio
e cado
tra le acque infernali
di fuoco ghiacciato.
Il tuo grido
Il mio nome
Sulle tue labbra salate
È l’ultimo suono
Che giunge dolente al mio orecchio
Prima di affondare
In quel blu di perdizione.
Annaspo
Affondo
Riemergo.
Il tuo viso
Spruzzato di sale
E di sole
Riappare,
angelo demoniaco,
vento e marea.
Spire mi avvolgono
Denti aguzzi affondano
Nella mia carne tremula,
tenera,
come l’Amore
di cui non dire.
Odo il tuo gemito
Che si fa mio.
Ed è subito rimpianto
Per aver abbandonato,
stolta e insolente,
il porto sicuro
di due braccia forti.
Perduta.
È giunta la fine?
No.
Luce accecante
Appare dal nulla.
Sorridi.
È salvezza.
Tendi la mano.
I mostri inquieti
Tremano,
comprendono
che l’Amore
è più forte
della loro fame selvaggia.
Non mi avranno,
non stavolta.
Tendo la mano
Afferro la tua,
calda,
sicura.
E’ un attimo.
Con forza mi trascini
Di nuovo a bordo
Del legno traballante.
Mi avvolgi
Mi stringi.
I mostri digrignano i denti
Poi desistono,
voltan le spalle
e si immergono di nuovo
nel blu cobalto.
Son viva
Son tua.
Perdona la follia
Senza senso
Di un attimo assurdo,
quello in cui
ho creduto
di poter sopravvivere
lontana
dalla tua stretta vitale.