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Autore: KiaeAlterEgo    20/06/2020    1 recensioni
Data non precisata, Terza Era.
L’Ultima Casa Accogliente accoglie chiunque. Compagnie di Dúnedain comprese. Anche se, da ubriachi, si mettono a cantare canzoni licenziose… molto particolari.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Elrond, Lindir
Note: Missing Moments, Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Il marinaio entra in porto

Elrond non fece in tempo a rientrare nella Casa che Lindir gli venne incontro con la solita puntualità e precisione. 

«Già di ritorno?» gli disse.

«Sì, ho fatto prima di quanto pensassi».

Lindir unì le mani davanti a sé, in grembo. «Allora devo avvertirti».

Quella posa, la ruga tra le sopracciglia e la linea dritta delle labbra volevano dire solo una cosa: ospiti chiassosi. Cosa poteva preoccuparlo, altrimenti?

«Nel primo pomeriggio» disse Lindir, «è arrivata una compagnia di Dúnedain da Sud. Sono nel giardino, in teoria si stanno riposando dal viaggio». Lindir si accostò a lui, la voce più bassa: «In realtà stanno facendo baldoria».

Elrond rise. Lindir era un troppo rigido riguardo ai suoi gusti musicali. Non se la poteva prendere ogni volta che sentiva le note stonate di cantanti allegri.

«Bene! Che si riposino e si divertano, nell’Ultima Casa Accogliente».

Sotto lo sguardo scettico di Lindir, Elrond si sfilò il mantello e lo scosse dalla polvere del viaggio.

«Grazie per l’avvertimento. Vado a rinfrescarmi, prima di raggiungerli». Sarebbe passato da loro e, se fossero stati davvero ubriachi come faceva supporre la disapprovazione di Lindir, avrebbe dato loro un semplice saluto di benvenuto.

Che non si dicesse in giro che l’Ultima Casa Accogliente non fosse davvero Accogliente.

Posato il mantello, Elrond attraversò il corridoio ed entrò nella sua camera. Le voci degli uomini erano così alte che si sentivano chiare e forti dalla finestra aperta.

Al catino lì accanto, si lavò mani e viso.

 

Prima della grande guerra dei Signori dell’Ovest, 

C’era una verde terra di Elfi e di Uomini.

 

Alzò la testa. Le voci dei Dúnedain erano alte e stonate. Forse erano più che brilli. Prese il telo e si asciugò il viso.

 

In questa terra viveva Elwing la bella 

E il suo sposo era Eärendil il marinaio.

 

Un canto su Eärendil ed Elwing? Elrond si sedette sulla cassapanca.

 

E si sa, quando il marito è marinaio,

Lunghe sono le notti, anche per la bella Elwing,

Che sola, l’assenza del suo Eärendil acuta, sospirava, 

Le sue dita unica consolazione.

 

Elrond aggrottò le sopracciglia. Le dita come unica consolazione? Quella non era di sicuro una ballata sul sentimento amoroso tra i suoi genitori. Ma poteva sbagliarsi...

 

Quando lui tornò, fu festa,

E lei lo accolse sull’erba morbida, sotto le fronde,

Perché la rotta del marinaio era evidente, la prua dritta indicava la via

E lei non vedeva l’ora che lui raggiungesse il porto, sotto le sue gonne.

 

Elrond tossicchiò, le guance e le orecchie bollenti. Era meglio allontanarsi. Non valeva davvero la pena rimanere lì. 

Eppure non aveva mai sentito quella canzone, e la curiosità lo trattenne lì in piedi, nonostante bastasse l’allusione in quei versi per immaginarsi i suoi genitori avvinghiati. 

La sua mente stava correndo troppo. 

Doveva considerare la cosa razionalmente: era solo una canzone e poteva valere la pena rimanere ancora un po’ ad ascoltare.

Ma erano pur sempre i suoi genitori!

Come poteva immaginarsi sua madre stesa sull’erba con le gonne sollevate, e suo padre in piedi, un gonfiore evidente all’altezza del cavallo dei pantaloni?

Si passò una mano sul viso.

 

E quando lui le afferrò i fianchi, lei al tronco si aggrappò,

 

Elrond doveva pensare ad altro. Ai codici. Alle betulle. Ai calzini bucati.

Qualsiasi cosa, ma non a suo padre e al suo–

 

Lesto e deciso Eärendil si infilò nella baia

E dalle rosse labbra di Elwing sfuggì un sospiro dolce e soave,

Perché la nave era in porto infine!

 

Doveva uscire, doveva allontanarsi. La sua vita era lunga e lui sapeva bene che i suoi genitori si erano amati, magari anche con la passione cantata da questi uomini ubriachi e stonati, ma un conto era saperlo in modo astratto, un conto era immaginarlo con quell’eccesso di dettagli. 

 

E con le mani sul timone Eärendil mantenne la rotta,

A ritmo di quelle onde del mare di passione, 

Avanti e indietro,

Avanti e indietro,

Con Elwing raggiunse la cresta dell’onda 

E si tuffarono insieme nell’estasi.

 

Elrond si diresse verso il Salone del Fuoco con ampie falcate. Lontano dal giardino. Lontano dalle voci ubriache e, soprattutto, lontano da quella canzone imbarazzante. 

Il chiacchiericcio nel Salone coprì i canti degli Uomini.

«Già qui?» gli disse Lindir.

Scacciando dalla mente gli ultimi rimasugli della canzone, Elrond sorrise. 

«Sì, ho preferito lasciar stare i Dúnedain». Si sedette sulla sua sedia. «Sono ubriachi».

Con un’occhiata che voleva dire “ti avevo avvertito”, Lindir si allontanò.

Se l’era meritato, per quanto lui non sapesse che era stata una canzone particolare a farlo desistere e non la sua esecuzione.

Elrond rilassò le spalle contro lo schienale. Il fuoco crepitava e il chiacchiericcio nel Salone era un brusio indistinto. 

Lì nessuna parola di quella canzone imbarazzante lo poteva raggiungere.

Pace, infine. 

 


 

Angolo dell’autrice

Poi è arrivato Bilbo, che non ha scritto cose erotiche, ma chissà Elrond che avrà pensato dei suoi versi.

Delirio nato da Kan che ispirata da AO3 ha scritto *cose* che mi hanno portata a chiedermi “ma se le sentisse Elrond, queste *cose*?”

  
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