No excuses
C’erano sempre dei giorni in cui Camelia era estremamente occupata; prendeva raramente una pausa e spesso si dimenticava persino di mangiare durante la giornata. Era stancante e sicuramente non salutare, anche perché la sua dieta cambiava in base al periodo. Non aveva tempo per salutare Artemisio quando tornava a casa – anche lui aveva dei giorni in cui era impegnato, ma non come i suoi. Il suo fidanzato era spesso molto preoccupato per lei, ma Camelia gli diceva sempre che, al contrario, stava bene.
Dopo aver lavorato in Palestra, Artemisio tornò a casa e poté finalmente rilassarsi sul divano, esalando un sospiro di sollievo. Erano già le sette e venti di sera, Camelia non era ancora tornata a casa. Stanco delle sue scuse, decise di alzarsi e andare in cucina per fare qualcosa per lei – Mirton lo aiutò a decidere cosa cucinare tramite videochiamata dall’Interpoké. Dopo ciò, lui poggiò il piatto sul tavolo basso di fronte al divano; guardandolo, gli venne un’altra idea. Dall’armadio della loro stanza prese una grande coperta, con due morbidi cuscini. Così tornò in salotto e li mise sul divano, soddisfatto.
Sapendo che lei avrebbe aperto la porta dall’esterno, lui decise di aspettarla sotto il fortino di coperte, poggiando la sua schiena su uno dei cuscini. Sentendo il suono delle chiavi attraverso il buco della serratura della porta principale, sussultò gioioso. Come Camelia entrò in casa, lei ridacchiò vedendo il Capopalestra di Tipo Coleottero completamente coperto dal plaid.
«Hai freddo?» gli chiese.
Artemisio aprì le sue braccia, indicando il cuscino a fianco a lui, «Vieni qui!» le disse, «Ti ho fatto anche la cena»
«I— io non ho molta fame, adesso…»
«Niente scuse, dolcezza»
La Capopalestra di Tipo Elettro lasciò la sua borsa sul pavimento e si avvicinò a lui, sedendocisi a fianco sul divano. Prese poi il piatto dal tavolo, i suoi occhi si illuminarono non appena notò che le aveva cucinato il suo piatto preferito. Prima di mangiare lo ringraziò, baciandolo sulla guancia. Artemisio sorrise, abbracciandola con ancora addosso la coperta.
«Ti amo»
«Ti amo anch’io»