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Autore: Ksyl    01/07/2020    5 recensioni
Castle e Beckett si sono incontrati solo una volta, durante quell'unico caso risolto durante il Pilot e da lì più nulla. Si rivedono solo alcuni anni dopo. E a quel punto inizia questa storia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Camicia blu o camicia bianca? Quale cravatta? Che cosa sarebbe stato maggiormente indicato per la serata a cui si accingeva a partecipare con il peggior stato d'animo di sempre?
Si sarebbe annoiato, ne era certo, così come lo era del fatto che avrebbe rimpianto di esserci andato. Ma non poteva fare altrimenti, non poteva tirarsi indietro; era stato invitato dal sindaco in persona che, come sempre, si era premurato di fargli sapere che teneva particolarmente alla sua presenza e non avrebbe ammesso defezioni. Forse la ragione era che si annoiava anche lui.

Sospirò. Estrasse meccanicamente dall'armadio abiti - ne aveva un buon numero - adatti all'occasione troppo formale che avrebbe preferito con tutto il cuore disertare. Era stanco di tutto quell'inutile affannarsi. Del vuoto che provava quando era costretto a impegnarsi nelle solite chiacchiere di nessuna importanza con persone di cui non avrebbe ricordato il nome e dei sorrisi poco autentici che si sarebbe costretto a esibire perché era quello che ci si aspettava da lui. Da tutti. Della sensazione di aver perso tempo, aver perso qualcosa di essenziale, di cui provava nostalgia senza saperlo identificare.
Non si stava avviando al patibolo, ricordò a se stesso. Solo a qualche ora di socialità forzata per sopravvivere alla quale non sarebbe bastato tutto lo champagne che sarebbe scorso a fiumi. In quel senso il sindaco non avrebbe badato a spese, era l'unica certezza che gli dava un po' di conforto.

Avvertì il frastuono mentre era ancora in ascensore, un brusio indistinto su cui spiccava qualche nota stridula che gli fece contrarre lo stomaco. Fu tentato di premere il pulsante che l'avrebbe riportato a piano terra e lontano da lì. Represse l'istinto di fuggire. Forse con l'età si stava inesorabilmente trasformando in un orso desideroso di starsene in disparte molto di più di quanto la società gli avrebbe mai consentito di fare.
O forse aveva disperatamente bisogno di un cambiamento. L'idea lo risollevò. Sì, doveva trattarsi di quello. Da troppo tempo non si prendeva una vacanza, gli serviva qualcosa di nuovo, magari avventuroso, lontano dalle abitudini che, senza rendersene conto, avevano preso il sopravvento nella sua vita, livellandola su tonalità sempre più incolori.
Le porte dell'ascensore si spalancarono mentre sognava a occhi aperti orizzonti ancora indefiniti che gli avrebbero riportato quel guizzo ormai sbiadito che era sempre stata la sua caratteristica principale
Raddrizzò le spalle e senza nessuna difficoltà scivolò nell'abituale maschera di cordialità con cui avrebbe celato le sue vere emozioni. E tutto quello che pensava dell'allegra combriccola che lo accolse festante.

La vide subito. Non sarebbe stato possibile altrimenti, si disse. Il suo sguardo venne catturato dalla figura di lei proprio come era successo la prima volta, diversi anni prima, quando si era presentata al suo cospetto a causa di una serie di omicidi che rispecchiavano un po' troppo fedelmente i suoi romanzi e che necessitavano quindi del parere di un esperto. Il suo. Una consulenza che era stato molto felice di accordare alla polizia di New York, nelle vesti del suo miglior detective.
Era stata lei l'unica a cogliere prontamente il collegamento tra eventi apparentemente sconnessi, dimostrando così di aver letto con molta attenzione i suoi libri. Tutti quanti. Scoprirlo lo aveva lusingato, anche se era abituato a essere riconosciuto ovunque andasse e a imbattersi nei suoi fedeli lettori con una assiduità che non si era esaurita nel tempo.

Era stato l'inizio di qualcosa di intrigante, un incipit su cui avrebbe voluto mettere mano per raccontare una storia diversa e insieme una boccata d'aria pura che però si era esaurita troppo in fretta. Anche allora si era sentito inspiegabilmente ammaliato da lei, fin da quando si era voltato e se l'era trovata davanti, imperiosa e inaccessibile come poi si era rivelata essere. Aveva fatto ricorso a tutto il fascino di cui era naturalmente provvisto - così aveva sempre creduto - convinto che l'avrebbe fatta capitolare nel giro di poco. Era un uomo irresistibile, il mondo glielo ricordava con puntuale generosità.

Non era andata così. Tutti i suoi tentativi di galanteria, anche quelli più sofisticati, una volta eliminati gli approcci grossolani, erano stati rispediti al mittente con educazione, ma anche con una disinvolta indifferenza che lo aveva fatto ammattire.
Non si era dato per vinto, nossignori.
Alla fine del loro primo e unico caso insieme, risolto troppo in fretta per i suoi gusti e dopo che lei aveva rifiutato con fermezza qualsiasi genere di approccio, aveva dovuto inventarsi qualcosa di diverso.
Aveva tentato di introdursi nella sua vita – lavorativa, tanto per cominciare – con un piano che gli era sembrato inattaccabile: voleva scrivere un romanzo su di lei. Su quell'affascinate detective dalla mente affilata e dai molti misteri. Non era un inganno, gli sarebbe piaciuto costruirle intorno un mondo narrativo alla sua altezza, conoscerla meglio per presentarla al pubblico in tutte le sue sfaccettature. Era sicuro che ce ne fossero molteplici.

Si era rivolto al sindaco che l'aveva assecondato e aveva fatto pressioni sul distretto. Non aveva funzionato. Perfino Montgomery, il suo capitano di allora, era stato d'accordo con quelli che erano sembrati a tutti solo dei sotterfugi per uscire con lei e gli aveva dato volentieri una mano. Lei aveva detto di no. No e basta. E aveva continuato a ripeterlo, nel generale sconcerto, e nella sua crescente ammirazione e frustrazione. No, non lo voleva intorno. No, non era lusingata dalla sua stravagante idea di sceglierla come protagonista dei suoi romanzi. L'esperienza del singolo caso risolto con lui non doveva averla impressionata. Peggio, l'aveva convinta a tenerlo il più possibile lontano da tutto ciò che la riguardava.
Non aveva nessuna intenzione di perdere tempo a fare da balia a un milionario viziato. Si era espressa proprio così, l'aveva sentita lui stesso esprimersi così. Era rimasto spiazzato.

Alla fine aveva rinunciato. Era stata categorica al punto da fargli temere che avrebbe solo peggiorato la situazione, insistendo. L'aveva a malincuore salutata.
Con l'orgoglio a pezzi, si era detto che un rifiuto non era la fine del mondo, lei non era niente di speciale, in fondo. Forse era stato vittima di un abbaglio, si era impuntato per un capriccio.
Forse ci sarebbe state altre occasioni in futuro, del resto vivevano nella stessa città, non sarebbe stato difficile incontrarsi casualmente e riprovarci con meno irruenza, prendendosi il tempo necessario. Non ce n'erano state. Non l'aveva mai più rivista.

Guardandola con discrezione, ancora incredulo che l'occasione si fosse materializzata all'improvviso e senza segnali premonitori, si chiese invece se non si fosse arreso troppo presto, troppo in fretta. Forse avrebbe dovuto perseverare. Non subito, magari. Solo dopo qualche tempo, dopo aver lasciato decantare le cose. Perché non l'aveva più invitata fuori? Perché si era fermato al primo, deciso "No"?
Era molto diversa, osservò tra sé. Appariva molto più sofisticata, con un diverso taglio di capelli – era stato adorabile quello di un tempo, la rendeva sbarazzina nonostante il ruolo che ricopriva – e un'aria più autorevole e ancora più impenetrabile di quel che ricordava. Non era però cambiata la sua magnetica bellezza che aveva sempre il potere di confonderlo. Il cuore iniziò lievemente ad accelerare e un timido accenno di euforia si impossessò di lui. Forse dopotutto non si sarebbe annoiato. Forse era valsa la pena presentarsi controvoglia per scoprire che la vita gli aveva dato un'altra opportunità. O forse stava solo correndo troppo.

Sentì qualcuno chiamarlo da lontano, interrompendo i suoi pensieri. Modellò le labbra in un sorriso per nulla spontaneo e si guardò intorno, senza mettere a fuoco nessun volto a lui familiare. Fece un blando gesto di saluto, augurandosi che bastasse a tenere lontani gli scocciatori. Aveva ben altro di cui occuparsi. Quando fu libero di tornare a concentrarsi su di lei, si accorse di averla persa di vista.
Non riuscì a scorgerla da nessuna parte. Sperò che non si fosse trattato di un sogno a occhi aperti. Forse la vecchiaia iniziava a fargli brutti scherzi. Curioso, però, che tra tutte le variabili possibili, il suo inconscio avesse messo in scena proprio un'occasione mancata. Uno dei suoi rimpianti. Forse il più grande.
Doveva essere di umore più cupo di quanto avesse creduto se si trovava a ragionare in quei termini. Non aveva mai avuto rimpianti, non avrebbe di certo iniziato adesso con le recriminazioni. Lui era baciato dalla sorte, non la rincorreva piagnucolando e pretendendo ricompense. Per distrarsi, prese al volo un bicchiere di champagne da un vassoio di passaggio. Non aveva ancora bevuto niente, forse era quello il motivo delle sue riflessioni meno ottimistiche del solito.

"Ehi, Rick".
Sorrise, di nuovo, questa volta in modo più genuino, riconoscendo la voce del sindaco, che gli mise una mano sulla spalla. "Non credevo che ti saresti presentato, visto quanto è stato difficile convincerti a venire. Per farmi perdonare voglio farti incontrare una persona che sono sicuro ti farà piacere vedere".
Lo dubitava. C'erano sempre persone che era importante fargli conoscere, sconosciuti di cui non avrebbe mai serbato il ricordo, con i quali sfoderava gentilezza e buone maniere, seguendo diligentemente le regole del gioco che, un tempo, aveva accettato volentieri. Gli era piaciuto far parte di un gruppo ristretto di persone che lo avevano accolto come se fosse stato uno di loro, che lo avevano apprezzato e adulato.
Sospirò impercettibilmente, attento a non farsi notare per correttezza nei riguardi dell'amico di vecchia data, che non aveva nessuna colpa per il suo malumore e si voltò, pronto a fare una delle sue battute e a insistere contro ogni evidenza di essere contento di essere lì.
Ammutolì.

"Signor Castle, è un piacere rivederla".
Kate Beckett era davanti a lui, sorridente e gentile in modo impeccabile. Forse lievemente guardinga, realizzò dopo averla fissata attonito per qualche secondo di troppo. E spaesata, anche se tentava di non darlo a vedere. Ma non era il caso di caricare di significati qualcosa che, con ogni probabilità, era solo dentro la sua testa ancora turbata dall'incontro. Kate allungò una mano verso di lui.
Abbandonò il bicchiere sulla prima superficie disponibile – un diversivo che gli diede il tempo di riprendere fiato – e ricambiò il gesto trattenendo la mano tra le sue più a lungo di quanto non fosse necessario. O accettabile. La vide adombrarsi e indietreggiare.
"Detective Beckett, è davvero un piacere, un enorme piacere..." disse sorridendole a sua volta.
Che diavolo gli prendeva? Si metteva a parlare come un libro stampato in versione scadente? Aveva solo voluto porre rimedio al passo falso che l'aveva fatta irrigidire, ma aveva decisamente esagerato con l'enfasi.
Si trovava in balia di emozioni ingarbugliate che gli ottenebravano la mente e gli impedivano di gestire nei dovuti modi una normale occasione di incontro. Rick, riprenditi, si rimproverò in silenzio, o farai la figura dell'idiota, peggiorando una situazione già brutta in partenza.

"Capitano", lo corresse il sindaco, introducendosi nel discorso, forse per salvarlo da se stesso. "Non segui la cronaca locale, Rick? È appena stata nominata capitano del dodicesimo distretto, quello che hai frequentato anche tu, anche se solo per poco".
Era proprio necessario sottolinearlo? Ricordava benissimo i giorni trascorsi con lei, sedendole accanto, seguendola felicemente in giro per la città, l'atmosfera di cameratismo, le loro menti perfettamente in simbiosi, la persistente sensazione di euforia. La bolla che gli era scoppiata in faccia.

Il sindaco si interruppe, lanciando un'occhiata alle sue spalle. "Scusate, credo abbiano bisogno di me altrove". Si congedò da loro, quasi rammaricato all'idea di andarsene. Castle non era affatto dispiaciuto, anche se dovette fingere il contrario. Era molto più che felice di poter rimanere da solo con lei, senza altre presenze che potessero distrarli e senza essersi dovuto inventare chissà quale elaborato piano per non apparire molesto.
"Capitano, allora. Congratulazioni, Kate". Continuava a sorriderle – a quel punto temeva gli sarebbe venuta una paresi in volto –, improvvisamente intimidito dalla sua presenza. In più pronunciare il suo nome ad alta voce gli aveva provocato qualche brivido di troppo.
Era passato molto tempo, ma, scoprì, non aveva del tutto superato quella sensazione di sconfitta con cui si era precipitosamente chiuso quel breve capitolo della sua vita, che ora ritrovava intatta e che gli faceva ardere le guance.
Non aveva idea che quel sentimento sgradito fosse rimasto dentro di lui, pronto a palesarsi alla prima occasione. Sperò di riuscire a camuffarlo. Non gli andava di farsi vedere da lei meno che in splendida forma.

"Grazie", si limitò a rispondere lei. A quanto pareva nessuno dei due era un pozzo di argomenti quella sera, meglio cambiare in fretta rotta o se la sarebbe fatta sfuggire di nuovo nel giro di pochissimi secondi. E ne aveva abbastanza di dolersi degli errori commessi.
"Sono sempre stato sicuro che la carica di capitano sarebbe stato il passo successivo. So riconoscere un grande talento quando lo vedo".
Era stato sincero. Ed era orgoglioso di lei, per quanto assurdo potesse apparire. Di fatto, era poco più di una sconosciuta, anche se aveva avuto fin da subito la sensazione di conoscerla da sempre. Stranamente, lo pensava anche adesso.
"Davvero?"
Lo guardò incuriosita, ma rimanendo piuttosto neutra. Fredda, quasi. Nessuna traccia di ironia nel suo interrogativo, che anzi pareva sottintendere cortese interesse, ma niente di più. Forse era troppo beneducata per sbarazzarsi di lui. Si alterò al pensiero. Era tanto terribile la sua compagnia? Perché riusciva gradito a chiunque tranne che a lei?
"Sì", rispose incerto.
"Grazie a quell'unico caso di tanti anni fa?"
Si sentì messo alle strette. Sorvolò su tanti anni fa. Non ne erano passati così tanti. A lui pareva successo solo il giorno prima.
"Vedo subito le potenzialità delle persone, anche prima di loro stesse. È una specie di dono... innato", farfugliò al colmo della disperazione.

Lo sguardo divenne divertito. Era la sua peggiori performance di sempre, se ne rendeva conto da solo. Suonava pomposo e banale alle sue stesse orecchie, quando il suo unico intento era stato quello di farle un complimento spontaneo. E magari di impressionarla e convincerla finalmente a uscire con lui.
"Non ha mai pensato a una carriera da profiler, signor Castle? L'FBI ha bisogno di persone che abbiano la sua spiccata capacità di comprensione del prossimo. Ricordo anche una notevole propensione a identificarsi alla perfezione con la mente degli psicopatici. Perché non prova a fare domanda e mettere a servizio della comunità queste sue... doti?"
Lo stava prendendo spietatamente in giro, anche se con molto garbo, doveva riconoscerlo. Scoppiò a ridere.
"D'accordo, la mia è stata una pessima uscita. Volevo solo congratularmi per un traguardo più che meritato. Forse avrei dovuto limitarmi a quello".
Per tutta risposta Kate gli sorrise luminosa e senza nessuna traccia di canzonatura. Un calore inaspettato si diffuse nel suo corpo. "Non eravamo già oltre il Signor Castle?", aggiunse. "Ricordavo che fossimo in rapporti meno formali durante la nostra indagine. Direi quasi amichevoli".
"Io li definirei più che altro catastrofici, ma non voglio rovinare le tue illusioni, Rick".

Si voltò e lo piantò in asso, non prima di avergli lanciato un'occhiata divertita. Gli aveva anche fatto l'occhiolino? Era sempre la stessa, pensò sbigottito e in preda a una ritrovata e totale ammirazione nei suoi confronti. Era sardonica e amava andare dritta al punto, e aveva mantenuto intatta l'insopprimibile voglia di punzecchiarlo, che lui aveva trovato incantevole allora come adesso, insieme alla capacità di coglierlo di sorpresa e azzerare qualsiasi reazione che non lo rendesse uno stoccafisso. Come era precisamente in quel momento.

Bentrovati a tutti, spero di cuore che stiate bene e vi siate ripresi dalla quarantena e da tutto quello che è successo.
Vorrei lasciare una breve premessa prima di continuare.

Ho iniziato a scrivere la ff durante il lockdown, anche se ho avuto l'idea molti mesi prima, quando dovevo ancora finire "Away". Vorrei poter dire che questa storia è stata l'antidoto all'ansia e alla stanchezza di quei giorni terribili e che mi ha aiutato a evadere almeno per qualche ora dal suono continuo di ambulanze ed elicotteri. Non è così. Per molti giorni non sono riuscita a scrivere nulla, nonostante lo volessi, sopraffatta dalla situazione, che definirei tragica, della mia regione, del mio quartiere e soprattutto della città dove sono nata e dove vive tutta la mia famiglia (Bergamo), preoccupata per loro, per me, per i miei vicini, per le persone care di amiche che ho conosciuto proprio grazie a Castle.

Una in particolare è l'unico motivo per cui questa ff è stata partorita e ha continuato – lentamente – a crescere. È giusto darle credito totale. Non mi ha mai fatto mancare supporto ed entusiasmo (e consulenza legale qui e là), nonostante certe sere ce ne fosse ben poco da entrambe le parti, tra un bollettino medico e l'altro e con in mezzo un capitolo castelloso a far da contorno. Non dimentico i suoi commenti notturni ai capitoli pieni di affetto e di cuori e di voglia che io continuassi. Grazie. È una perla rara (e nascosta).

La pandemia ha cambiato molte cose per me, per esempio non sono quasi più sui social. Non ho molta voglia di interagire, devo ancora fare i conti con gli spaventi che ho preso, come immagino sia successo a molti, ognuno con esperienze personali e diverse. Quindi mi perdonerete se anche qui non sarò comunicativa e non risponderò, anche se apprezzo qualsiasi forma di attenzione che vorrete dedicare alla storia, come sempre.

Venendo a noi, so che che questa ff ha un tema di partenza che non è molto apprezzato (ma che si vedrà poco più avanti). Ma è la ff che volevo scrivere, nessun'altra. E la amo proprio così. Non so quando e con che frequenza pubblicherò, perché non sono in grado di fare previsioni o assicurare la mia solita dedizione e fedeltà agli impegni. Vi ringrazio fin da ora per tutto.
A presto, Silvia

   
 
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