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Autore: Sian    07/07/2020    2 recensioni
Raccolta di One Shot su momenti speciali della coppia Miwako Sato e Wataru Takagi.
Ispirata ai colori. Come primo capitolo vi è l'indice delle one shot: troverete lì la trama di ognuna.
#1. Rosso, Natale. "Il rosso. Trovava che stesse particolarmente bene sulle sue guance."
#2. Verde, Quadrifoglio. "Il verde. La speranza di aver trovato un po’ di fortuna nella vita."
#3. Giallo, Birra. "Il giallo. L’allegria di certi momenti indimenticabili." / lime
#4. Nero, Lutto. "Il nero. Forse solo il silenzio avrebbe potuto rappresentare questo colore." / contenuti forti, tematiche delicate
#5. Rosa, Pelle. "Il rosa. Il complice desiderio di aversi accanto, per sempre." / lemon, erotico
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Miwako Sato, Wataru Takagi
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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*Avvertimenti: Lemon*

All the colors that remind me of you

* Giallo 黄色 *
* Birra *

Il giallo. L’allegria di certi momenti indimenticabili.

***

«Buon ventisettesimo compleanno!» Alzarono i bicchieri di birra in un ennesimo brindisi.

Il festeggiato, Wataru Takagi, si era già pentito di aver organizzato una serata tra colleghi per festeggiare il suo compleanno. Ma era stato convinto, per non dire costretto, dalla migliore amica della sua fidanzata. La poliziotta della stradale, Yumi Miyamoto, l’aveva minacciato dicendogli che se non avesse offerto il primo giro di alcolici, allora avrebbe raccontato a tutti uno scoop su di lui e Miwako Sato, la sua fidanzata.

Non sapeva assolutamente di che scoop si potesse trattare, ma era meglio non rischiare. Chissà quale delle tante cose avrebbe potuto tirar fuori. D’altronde era già successo molte volte, Yumi riusciva sempre a ottenere informazioni in qualche modo. Quella spia del dipartimento della polizia stradale veniva a sapere anche i più focosi dettagli tra i due.
A volte dalla disperazione era Wataru a raccontarle tutto, altre volte invece era Miwako, esasperata dall’insistenza dell’ amica. Ma altre volte ancora sembrava che Yumi li stesse spiando. Non poteva sapere dettagli di cui solo loro due erano a conoscenza.

Era per quel motivo che Wataru si era ritrovato a festeggiare il suo ventisettesimo compleanno assieme ai suoi colleghi. Il primo brindisi, offerto da lui, era ormai passato da un pezzo. Ricordava la lucidità dei colleghi, che in quel momento era drasticamente assente, c’era chi urlava e chi invece non aveva la minima cognizione di dove si trovasse. Nonostante fosse il festeggiato, la maggior parte delle persone chiacchierava rumorosamente tra loro, animando la festa.
Lui invece si era limitato al secondo bicchiere di birra. Non era una persona che esagerava con l’alcool e questa sua preferenza era forse dettata dal fatto che già il secondo bicchiere aveva avuto degli effetti particolari su di lui, proprio perché non abituato. La vista era offuscata, i rumori leggermente ovattati, quella situazione l’aveva portato a credere che se si fosse alzato non avrebbe avuto molta stabilità nel camminare.
Non voleva spingersi più in là, non sapeva cosa potesse esserci al terzo bicchiere; solo i primi due avevano cambiato la sua prospettiva di vedere le cose, gli avevano annebbiato i pensieri, facendo emergere solamente quelli più istintivi, pensieri che non avrebbe mai rivelato apertamente.

Era invece rimasto sorpreso dalla quantità di alcool che la sua ragazza aveva già bevuto. Doveva essere sincero, non conosceva direttamente, fino a quel momento, quella parte di Miwako. Anzi, ne aveva sentito parlare solamente da Yumi. Apparentemente, le due amiche uscivano spesso per buttar giù qualche bicchiere e finivano la serata a raccontarsi dettagli interessanti.

Si ricordava benissimo di quella volta che Yumi, ormai un anno fa ancora prima di iniziare a frequentare Miwako, gli rivelò che, dopo un bicchiere di troppo, la sua migliore amica le aveva confidato che c’era qualcuno che le piaceva nella prima divisione della polizia metropolitana di Tokyo.
Quell’informazione al tempo lo aveva gettato nel panico più totale, senza rendersi conto che era proprio lui quel qualcuno.

Poteva osservare le gote della sua ragazza ormai tremendamente paonazze. Qualsiasi discorso intrapreso da chiunque era senza un senso compiuto.
Si perse ad osservare quei contorni del viso di Miwako che gli erano ormai familiari in ogni sua parte. Quella sera aveva indossato un abito tubino color pervinca, non eccessivamente scollato ma poteva soffermarsi su tutti i dettagli a lui conosciuti del suo corpo. In quel momento avrebbe voluto festeggiare un compleanno decisamente diverso. Solo loro due, in un’intesa di desideri; quando invece la ragazza si stava intrattenendo con Yumi e Naeko. Sembrava divertirsi, e questo era un sollievo. Vederla sorridente era una delle cose che più avrebbe voluto per lei.

Quella serata era un modo come un altro per dimenticare le giornate di lavoro, per divertirsi tra colleghi.


Miwako lo stava osservando da un po’, lasciando Yumi e Naeko chiacchierare animatamente sull'ultimo vestito della collezione di un noto stilista. Wataru era l’unico che aveva bevuto solo due bicchieri, ormai più di mezz’ora prima. Che non si stesse divertendo? Era la sua festa e doveva fare qualcosa per coinvolgerlo.
Si avvicinò, notando i suoi occhi completamente persi nel vuoto e le guance tinte del colore che tanto adorava vedere sul suo viso. Era talmente assorto nei suoi pensieri che non si accorse di Miwako che gli cinse le braccia attorno alla vita in uno stretto abbraccio.
«Takagi-kun.» Richiamò la sua attenzione assicurandosi che la stesse ascoltando. «Ti stai divertendo?»

«Sato!» Wataru fu colto di sorpresa, alzandosi dallo sgabello su cui era seduto, barcollando un po’. Questa sua instabilità non era un problema dal momento in cui Sato lo teneva tra le braccia, ma la birra aveva iniziato anche a offuscargli i sensi, perdendo la cognizione di dove si trovasse e riducendo il campo visivo solo su quello che gli si parava di fronte… e i pensieri erano ormai… «Sì, anche se...»

Miwako si appoggiò alla sua spalla, curiosa di ciò che aveva da dirle. Notò che non era molto stabile, e si strinse ancora di più nell’abbraccio. Eppure aveva bevuto solo due bicchieri, come poteva essere già in quello stato? «Anche se?»


«Avrei una tremenda voglia di farlo!» Takagi sciolse l’abbraccio, e la guardò in viso. Era diventata completamente bordeaux, e non per la birra bevuta sino a quel momento. Le si avvicinò alle labbra, voglioso di strapparle mille baci. Quella birra gli aveva donato una tale sicurezza, che sapeva benissimo sin dove si sarebbe voluto spingere quella sera.


Non l’aveva detto per davvero... Giusto? Non in pubblico. Non davanti a tutti i loro colleghi.
Sato pregò che nessuno l’avesse sentito e la vedesse inizialmente abbandonarsi inerme alle labbra di Wataru.
Avrebbe voluto scansarlo per l’immenso imbarazzo causato, ma Wataru era così determinato, la stringeva con forza, gli occhi velati dall’alcol, fissi su di lei. Difficilmente lo vedeva in quello stato, sembrava una persona così diversa, e se gli bastavano veramente solo un paio di bicchieri di birra per diventare così sciolto, desideroso e inibito di ogni timidezza… allora lo avrebbe fatto bere più spesso.
Quelle sue parole così sincere, rispecchiavano ciò che anche lei avrebbe voluto per quella sera. E se entrambi si desideravano, non potevano fare altro se non cedere alla tentazione e intrappolarsi in concatenati baci. D’altronde c’era così tanto casino in quel locale che nessuno avrebbe potuto sentirli, no? 

No... Non potevano. Non lì davanti a tutti. Doveva fermarlo.

Ma Wataru si bloccò all’istante, ancora prima che Miwako decidesse di interromperlo solamente al secondo bacio; nei suoi occhi poteva leggere che aveva realizzato qualcosa. Le sussurrò all’orecchio, provocandole solletico: «Vieni con me.»

Le prese la mano e la portò verso il corridoio che procedeva al bagno pubblico del locale. Incredibilmente aveva ancora la facoltà di camminare nonostante tutte quelle sensazioni causate dall'alcool. Ben presto, però, si ritrovò costretto a reggersi al muro con il braccio libero, altrimenti le vertigini lo avrebbero fatto finire sul pavimento. 

Tirò Miwako a sé, intrappolandone ancora le labbra tra le sue.
Finalmente da soli, senza nessuno attorno che potesse sentirli o vederli.
Era un susseguirsi di baci, sempre più profondi, sempre più passionali. Le loro lingue danzavano ormai senza volersi separare.

Wataru si trovò appoggiato completamente al muro, forse per cercare più sostegno o forse perché Miwako si era totalmente abbandonata a quella passione travolgente. Erano da soli, avrebbe potuto lasciarsi andare, avrebbe potuto far suo Wataru.
Nonostante avesse cominciato lui e nonostante fosse così determinato, Miwako stava prendendo l’iniziativa, viaggiando con le mani sulla camicia di lui e sbottonandogli i primi due bottoni.

A questo suo gesto ricevette la risposta di Wataru: le sue mani avevano raggiunto la coscia, sotto al tubino. Quella parte di vestito era ormai tutta spiegazzata, e non aveva nessuna intenzione di fermarsi dall'accarezzarle il suo corpo.
Più ogni tocco si faceva intimo, più i loro respiri si facevano irregolari, catturati da un'irrefrenabile voglia del corpo dell’altro. La camicia di Wataru era totalmente stropicciata e in disordine, ancora in parte incastrata dalla cintura all’interno dei pantaloni, quella stessa cintura che gli era diventata così scomoda: si sentiva costretto al suo interno.

Le pulsazioni si facevano sentire. La mano di Wataru poggiata su un seno di Miwako, la quale era ancora più vicina al corpo di lui bloccato contro al muro. E sentire il corpo di Miwako totalmente adagiato sul suo gli fece raggiungere il limite di attesa. Non poteva aspettare oltre, l’impulso era troppo forte, e non faceva altro che sentirlo sempre più costretto nei pantaloni.

«Mi-Miwako... I-io non posso più aspettare.» Lei si avvicinò ancora di più al corpo di Wataru, per sentire quanto fosse alto il suo desiderio. E non poteva di certo biasimarlo: per quanto le riguardava, tutti quei baci e quelle carezze su ogni parte del corpo non avevano fatto altro che eccitarla ancora di più.
Si sentiva totalmente catturata da Wataru.
Gli prese la cintura. In quel momento l’avrebbe strappata ben volentieri, assecondando ciò che il suo partner avrebbe voluto. Se ci pensava, ancora mancava una location del genere al loro repertorio, sarebbe stato un peccato non sfruttare il mutuo desiderio in quel luogo. Inoltre, quando mai le sarebbe potuto ricapitare di farsi trascinare in una situazione del genere proprio da Wataru?

Iniziò a sfilargli la cintura. Ancora qualche bacio per farlo totalmente impazzire di lei. Le mani di Wataru erano ormai arrivate a sfilarle quasi totalmente il vestito, le mutandine erano in completa vista.
Sentì allentarsi l’elastico, Wataru aveva raggiunto il limite: gliele avrebbe sfilate per farla sua, sperando che lei si sbrigasse a slacciargli quei maledetti pantaloni.


Ma Miwako si allontanò immediatamente dal corpo di Wataru, sistemandosi come si deve il vestito. «Rivestiti.» Gli ordinò.

Wataru non capiva, cos’era successo? Era stato tutto così sfocato, l’eccitazione l’aveva portato a non sentire e né vedere più nulla se non ciò che più desiderava da lei in quel momento.

Ma Sato si era già rimessa in ordine i vestiti, allontanandosi di qualche centimetro, sfumando così la passione che li aveva travolti fino a quel momento. Le aveva detto qualcosa di sbagliato? Eppure... Aveva sempre funzionato tra loro. No, decisamente non riusciva a capire.
In quei secondi si sentì crollare il mondo addosso, ricordandosi di ciò che più lo spaventava. Quella sensazione di frustrazione, di inadeguatezza. Gli aveva ricordato tutti quei pensieri negativi che era riuscito finalmente a mettere da parte. Un rimpiazzo, sì. Si sentiva completamente abbandonato, confuso, in balia dei suoi incubi più terribili.

Quando lo vide, non fece in tempo a darsi una sistemata. In corridoio si affacciò un loro collega, di ritorno dai servizi igienici. Il collega li squadrò entrambi. Che ci facevano da soli nel corridoio per il bagno? Lei così composta e bella come sempre, mentre Takagi aveva tutta la camicia stropicciata, il respiro irregolare e la protuberanza ancora evidente nei suoi pantaloni quasi slacciati.

Poteva immaginare cosa stesse succedendo. Poteva vedere l’espressione totalmente imbarazzata di Sato e la confusione sul volto di Takagi. Se Sato non lo avesse sentito tirare lo sciacquone, probabilmente li avrebbe colti in un momento intimo e imbarazzante.

Quel minuto in cui poi il loro collega si scusò per averli interrotti e tornò al salone sembrò infinito. Ora il batticuore era chiaramente causato dalla preoccupazione che qualcuno potesse averli visti mentre amoreggiavano.
Maledizione, si erano fatti travolgere dall’irrefrenabile voglia di uno dell’altro, senza badare al luogo in cui si trovavano. O meglio, ci avevano anche pensato a rifugiarsi in un luogo un po’ più appartato, ma non avevano messo in conto che in quel luogo potevano non essere da soli.
Passarono forse qualche paio di secondi, prima che Miwako rivolgesse di nuovo la parola a Wataru: «Sistemati... Andiamo a prendere un bicchiere d’acqua al bancone e poi torniamo con gli altri. Sei d’accordo?»

No! Certo che non era d’accordo. Avrebbe voluto continuare, ricominciando da dove si erano interrotti, ma ormai tutto ciò che c’era stato era svanito nel nulla. Anche le sue pulsazioni erano svanite, l’istinto di voler farla sua era calato drasticamente, lasciandolo in uno stato di totale amarezza.
A quanto pare, lei non lo desiderava più, motivo per cui Wataru si sentiva completamente perso. Non poté che accettare la proposta della sua ragazza e dopo essersi sistemato la camicia andarono a prendere un bicchiere d’acqua.

Quando si avvicinarono per prendere posto nuovamente al tavolo, all’improvviso tutti gli invitati smisero di chiacchierare; si ritrovarono gli occhi di tutti puntati addosso. Più precisamente su Wataru.

«Takagi! Non ti pensavo così diretto»

«Ma prima l’avete sentito tutti, vero?!»

«”Avrei una tremenda voglia di farlo!”» Yumi ripeté ciò che Takagi aveva esclamato.

«È una di quelle affermazioni di quando si organizzano certi giochi sconci.»

«Ora dobbiamo per forza iniziare almeno un giro alcolico di “Non ho mai”!»

«Ovviamente partecipano tutti, Takagi compreso. E anche tu Sato.»

«A meno che avete altri impegni, come per esempio limonare di là.»

«Le regole sono semplici. Ognuno di noi a turno confessa una cosa che non ha mai fatto. Tra i presenti, beve chi quella cosa l’ha fatta almeno una volta.»

Erano stati così veloci a imbandire il gioco e a far preparare della birra o, per i più impavidi degli altri alcolici nei bicchieri, che Wataru non poté rifiutarsi: altrimenti avrebbe dovuto pagare per tutti gli alcolici. Non credeva di avere abbastanza soldi nel portafoglio per permettersi di pagare tutto quell'alcool che era stato servito quel giorno. 

I colleghi erano molto presi da quel gioco, sapevano tutti che domande porre dopo ciò che avevano sentito, e dopo ciò che uno dei colleghi aveva visto tornando dalla toilet. Cominciarono il gioco.

«Non ho mai baciato Miwako Sato.»

Nessuno di loro aveva mai avuto un privilegio del genere. Nemmeno durante i migliori appostamenti con l’interessata. Era stato già tanto sfiorarle la mano camminando fianco a fianco.

Ma non per Wataru. Squadrò i suoi colleghi che attendevano con trepidazione il momento in cui avrebbe bevuto dal bicchiere di birra per confermargli che ormai per loro non c’era più nulla da fare.
Li osservò con un ghigno, prima di bere un sorso dal suo bicchiere. Non poteva dimenticare di certo tutto quello che gli avevano fatto passare in quei mesi. E questa era una delle cose da aggiungere, prendersi gioco di lui sembrava così facile per loro.
«Che infami.» Avrebbe voluto dirgli molte cose, ma in quel momento si limitò. Il gioco si faceva interessante, nonostante gli fosse toccato bere sin dal primo turno. Non era mai arrivato a superare il suo limite, nemmeno quando era un ragazzo.
Ma era cosciente che il suo limite fosse già stato superato con quel sorso della prima confessione. Fino a quel momento non aveva mai bevuto un terzo bicchiere.


Miwako rise alla vista di Wataru costretto ormai innegabilmente a bere. «Questa però era cattiva. Siete gelosi?» Appoggiò la testa sui palmi delle mani, le guance ancora lievemente arrossate per la situazione precedente. 

Non era a conoscenza di quanto fossero gelosi di Takagi. Non era a conoscenza di quante volte i suoi colleghi l’avevano interrogato su determinate questioni. Ora sapevano anche su quale argomento procedere con i prossimi interrogatori a Takagi. «Affatto.» Bugia.

«Non dovreste mentire ad un vostro superiore.» Miwako li mise in riga con lo sguardo, che avrebbe incenerito persino una innocua formica che passava di lì.

«Sato, è tutto a posto. Sto aspettando la prossima domanda.» Wataru sapeva di essersi imbarcato in una situazione a senso unico e senza uscita. Ma non avrebbe mai creduto che l'alcool gli potesse dare una tale sicurezza. I primi effetti erano stati subito devastanti su di lui, aveva iniziato a non capire più nulla, non riusciva a concentrarsi sui discorsi degli altri e i suoi pensieri non erano più lineari. Per questo non aveva mai superato quella soglia, non sapeva cosa ci fosse dopo.
Ma si stupì di sé stesso: era ancora più sciolto, poteva finalmente esprimere ciò che pensava davvero con qualsiasi persona. Si sentiva diverso, carico per affrontare ogni problema che la vita gli avrebbe messo davanti, a cominciare dai suoi colleghi che gli erano stati una spina nel fianco per tutti quei mesi.

La vista appannata non era di certo più un problema. Il chiasso non gli permetteva inoltre di concentrarsi solo su qualcosa, ma grazie a questa poca concentrazione poteva ascoltare tutto ciò che veniva detto. Qualcuno gli mise dell’altra birra nel bicchiere.

«Vediamo... Non ho mai dormito con Sato-san.»

«A differenza di qualcuno qui presente.»

«Le voci corrono...»

«Guardatelo come è arrossito.»

«Però poi fate bere un po’ anche qualcun altro, sono in astinenza da quando abbiamo cominciato il gioco!»

Wataru sentì tutto, e sapeva di non poter rifiutarsi di bere nemmeno quella volta. Li guardò tutti quanti. Possibile che ce l’avessero davvero così tanto con lui?
«Quando mai ho organizzato questa festa con tutti voi.» Era irritato, nonostante sapesse che quel gioco fosse iniziato proprio a causa delle parole che aveva rivolto a Miwako e che tutti gli altri avevano accidentalmente sentito. Inoltre essere beccati in flagrante non favorì a lasciar correre la situazione.
Si sentiva una rabbia dentro, qualcosa che non aveva mai provato o che forse aveva sempre tenuto nascosto nel profondo del suo animo. Complice era il calore che provava in quel momento. La birra lo aveva scaldato a puntino, senza aggiungere che stava arrossendo ancora di più per tutte le scene che gli tornavano in mente ai ricordi a cui doveva testimoniare bevendo un sorso di birra.

«Ricordo che non è valido mentire.» Yumi sorrise a Takagi, poteva notare che fosse parecchio nervoso. Quel gioco era così imbarazzante, poverino.
Ripensò in quel momento all’affermazione di quel “non ho mai”: Takagi doveva essere un santo per dormire assieme a lei.
Bevve anche lei dal bicchiere, ricordandosi di quelle volte che dormì con Miwako. Tutte le gomitate ricevute durante il sonno, tutte quelle volte che si era svegliata perché sentiva una tale confusione quando invece era solamente il rumore delle coperte che Miwako muoveva con le gambe... Non era riuscita a riposare nemmeno una notte durante le gite scolastiche in cui avevano condiviso il letto come migliori amiche. Non che Miwako fosse riuscita a riposare nemmeno lei, visto che Yumi non stava zitta nemmeno nel sonno.

«Ma a chi interessa mentirvi? Stiamo insieme, è normale! Dunque potreste anche smetterla di tormentarmi.» Detto ciò Wataru finì in un unico sorso l’intero bicchiere di birra che gli era stato versato. 

Miwako rise guardandolo, anche lei un po’ brilla. C’era qualcosa in lui che solitamente non gli apparteneva. Non l’aveva mai visto esternare con così tanta semplicità dei sentimenti negativi. Poteva ben vedere la frustrazione che aveva provato in tutti quei mesi passati senza possibilità di rifiutarsi a raccontare ai colleghi ogni dettaglio della relazione che aveva con lei. Era interessante quel lato di Wataru. E sapere che si teneva sempre tutto dentro era ancora più mortificante.
Per quella sera avrebbe lasciato che si sfogasse, ma gli avrebbe fatto bene tutta quella birra? Il bicchiere di Takagi venne riempito nuovamente. Non ci pensò troppo, sembrava totalmente un’altra persona, e non gli avrebbe staccato gli occhi di dosso: era il suo ragazzo.
Quelle sue guance, normalmente rosse per l’imbarazzo, ora erano bordeaux per ciò che stava bevendo. Nonostante guardasse i colleghi, i suoi occhi erano velati e diversi, come se non li stesse guardando per davvero. Gli si leggeva in volto senza problemi, che tutto quell'alcool lo aveva confuso ancora di più di quanto lo avesse già confuso il primo brindisi di inizio festa.
Ma quello che più le piaceva di lui in quello stato di ubriachezza era la determinazione.

«Non ho mai fatto sesso con la viceispettrice Sato.»

Se l'aspettava che qualcuno tirasse in ballo il loro rapporto sessuale. D’altronde essendo stati visti, era facile intuire quanto fossero intimi. Wataru stava per bere, quasi orgogliosamente, dal bicchiere quando fu fermato da Miwako. «Non vi pare di stare esagerando? Non sono cose che vi dovrebbero interessare.»
Miwako si sentiva in fiamme per l’imbarazzo, i suoi colleghi erano troppo diretti, come se la loro intera vita alla centrale dovesse finire da un momento all’altro solo perché lei aveva fatto sesso con Wataru.

Quest’ultimo sorrise a Miwako prima di scolarsi nuovamente l’intero bicchiere di birra. Doveva fare sapere a tutti i suoi colleghi che Miwako era roba sua. Avrebbero dovuto smettere di guardarla in ogni momento, di essere gelosi di lui, di costringerlo a confessare della loro relazione.
«E ora dovreste smetterla di ronzarci in giro. Nonostante tutti i vostri tentativi di metterci i bastoni tra le ruote, io e Miwako stiamo insieme. E sì, come una qualsiasi coppia che funzioni facciamo anche sesso.»

Nessuno si sarebbe mai aspettato che Takagi pronunciasse davvero quelle parole ad alta voce. Sembrava veramente irritato, forse era arrivato il momento di cambiare argomento, prima che succedesse qualcosa di inaspettato. Forse avrebbero smesso anche di dargli fastidio, alla fine aveva ragione: Sato aveva scelto lui.
«Non ho mai copiato nei compiti in classe.» Decisero di lasciarli stare, alla fin fine avevano ottenuto quello che volevano. Ora sarebbe arrivato il prossimo divertimento: trovare qualsiasi cosa che tutti o quasi avessero fatto almeno una volta, per avere il pretesto per bere.

Sato era talmente assorta ad osservare Wataru, dopo ciò che aveva detto, che per prima si accorse che dopo l’ultimo bicchiere di birra che aveva bevuto, qualcosa in lui era cambiato.
Forse lo vide barcollare un po’ troppo, forse lo vide impallidire, forse lo vide ancora più confuso, e si accorse che tutto quel coraggio che aveva trovato per rispondere ai colleghi, era scomparso. Bastò un attimo. I riflessi di Miwako erano ancora lucidi nonostante avesse bevuto molto in precedenza. Tese le braccia verso di lui e lo sorresse poco prima che cadesse dallo sgabello, evitandogli così una brutta caduta a terra.
«Takagi-kun? Tutto bene?»

Mentre Miwako gli parlava, sentiva che gli teneva saldamente le spalle. Nonostante fosse tenuto ben fermo, tutto il mondo gli sembrava in movimento: girava tutto senza sosta. Miwako, che era ora davanti a lui, lo stava chiaramente fissando ma non stava ferma nemmeno un secondo. Pure il tavolone a cui tutti erano seduti per partecipare al gioco non era mai in un punto fisso. Lo vedeva spostarsi un po’ a destra, un po’ a sinistra, altre volte si confondeva con il soffitto.
La testa gli doleva molto.
Provò a risponderle di stare bene, per non preoccuparla, ma la voce era sparita totalmente. Forse non si ricordava nemmeno più come si faceva a parlare, e né si ricordava perché non ci riuscisse.

Non aveva per nulla una bella cera, tutto il suo fare disinvolto per il troppo alcool era completamente sparito. Sul suo viso c’era ora tanto dolore; quel momento in cui rimpiangi di aver bevuto troppo, quel momento in cui sei cosciente di star troppo male per fare qualsiasi cosa che non fosse...

Accidenti, lo prese ancora più saldamente, nonostante fosse piegato in due. «Scusateci, lo porto un attimo in bagno.» 


Il giallo. L’allegria di certi momenti dimenticabili.

   
 
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