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Autore: Sweet_CreatureHL    12/07/2020    0 recensioni
“Abbiamo invitato i nostri nuovi amici dai quartieri alti, devi semplicemente incontrare il loro figlio maggiore.” Disse sua madre, improvvisamente divenne chiaro il motivo per cui i suoi genitori gli avevano chiesto di recarsi a Deansville per tutta l’estate.
Contro i suoi desideri, Harry trascorre le vacanze nella tenuta estiva della sua famiglia e viene trascinato in un corteggiamento che non ha mai chiesto. Harry non vuole sposarsi, ma Louis si.
La storia non è mia, la vera autrice è "isthatyoularry" che potete trovare su AO3. Tutti i diritti vanno a lei.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo quattro.





Harry si svegliò la mattina dopo completamente confuso, la mente annebbiata. Lentamente riuscì a riprendere conoscenza e il suo cervello ritornò a funziona correttamente, ad elaborare quello che era successo.
Aveva baciato Louis contro un taxi, all’interno del quale c’era sicuramente una persona. Aveva lasciato che Louis lo assaggiasse e si premesse contro il suo corpo. E Louis aveva… preso a pugni un uomo in un locale, rotto il naso per essere più precisi. Gli aveva dichiarato i suoi sentimenti più volte, e aveva ansimato con quella voce tremendamente bassa e sensuale, le mani morbide che lo toccavano ovunque…
Harry aprì gli occhi all’improvviso, il cuore che batteva forte. “Gemma!” gridò nel panico, alzandosi rapidamente dal letto.
La porta della sua stanza si aprì qualche minuto dopo e sua sorella infilò la testa all’interno, un’espressione stanca sul volto. “Perché stai urlando?”
“Dobbiamo andare in chiesa!”
Lei lo guardò confusa. “Di cosa stai parlando? Stai ancora dormendo?” Gemma si sedette sul piumone. “Stai bene?”
“Uh…” Harry annuì mentre cercava di concentrarsi sul soffitto della sua stanza. Sua madre aveva visto tutto.
Deglutì a vuoto, sentendo lo stomaco in subbuglio, come se avesse una palla all’interno. La notte precedente era sfocata nella sua mente: urla, balli, pugni e tanto alcol. Un bacio, tanti baci. Ricordava le labbra di Louis, la sua lingua, le sue cosce.
Harry quasi si mise a piagnucolare, alzando le mani per tapparsi la bocca prima di fare qualcosa di imbarazzante. Tipo, piangere.
“Non hai un bell’aspetto, H.”
Gemma aveva ragione, riusciva a malapena a pensare a tutto quello che era accaduto il giorno precedente. La scorsa notte era stata diversa sotto tanti punti di vista. Prima ancora di arrivare al locale, avevano litigato per la prima volta, Harry non aveva nemmeno tentato di reprimere le sue emozioni. Aveva urlato contro il maggiore e l’altro non aveva esitato a rispondere. L’alcol che avevano iniziato a consumare successivamente sembrava aver spinto i loro sentimenti ad uscire allo scoperto.
Cristo. Avevano commesso un enorme sbaglio, vero? Persino Louis doveva essersene pentito, era sconvolto, ferito, quando Harry aveva insultato i suoi modi da vero gentiluomo e gli aveva risposto in modo irrispettoso.
Ovviamente, era colpa di Harry la scenata che si era scatenata nel locale. Anche se quell’uomo si era meritato un naso rotto per essersi arrabbiato soltanto per una camicia rovinata.
Louis – quell’uomo educato, gentile e sensibile – aveva preso a pugni un’altra persona. Harry si rimproverò immediatamente quando la sua mente divagò iniziando a chiedersi se la mano del maggiore fosse a posto.
“Harry?” disse sua sorella lanciandogli un’occhiata preoccupata.
La mano di Gemma si chiuse attorno alla sua gambe sopra le coperte.
“Noi… um.”
“Che cosa? Louis ha fatto qualcosa?”
“Uh, si. La notte scorsa.”
“Cosa è successo?” chiese Gemma, accarezzandogli con le dita lo stinco. “Avete litigato?”
Harry chiuse gli occhi, litigare sarebbe stato decisamente più conveniente e meno imbarazzante. Discutere con qualcuno era una cosa normalissima, baciarlo no. Strusciarsi contro un uomo che non gli piaceva, baciare qualcuno che non gli era assolutamente permesso toccare anche se si stessero corteggiando sul serio? Era orribile ciò che avevano fatto.
“Non dirlo a nessuno…” implorò Harry.
“Ovviamente no!”
“Ci siamo baciati.” Rivelò Harry, il cuore che batteva forte.
Gemma lo fissò intensamente, corrugando le sopracciglia. Harry nascose gli occhi dietro una mano. “Contro un taxi. E ci siamo toccati.”
“Sotto i vestiti?” chiese Gemma ad alta voce.
“No! Ma era molto… intimo.” Spiegò Harry mordendosi il labbro inferiore.
Con sua grande sorpresa, sua sorella sorrise dolcemente, i suoi occhi trasmettevano soltanto un immenso affetto. “Harry, non è un grosso problema. Gerard mi ha baciato prima ancora che ci fidanzassimo. A volte succede, quando si prova dei sentimenti è naturale volersi avvicinare.”
Harry sospirò profondamente, sentiva il petto pesante come un macigno. “Non sono innamorato di lui!”
“Non intendo amore… ma Louis è bello e molto affascinante, vero?”
“No!” Harry negò categoricamente, spalancando gli occhi. Distolse lo sguardo dalla sorella ma lei continuava a fissarlo insistentemente.
“Cosa c’è che non va?” domandò sottovoce Gemma, toccandogli il mento con un dito.
“Ci siamo baciati e non bisognerebbe baciare una persona che non stai corteggiando sul serio e… la mamma ha visto tutto.”
La faccia di Gemma si trasformò in un ghigno divertito. “Cosa intendi con, la mamma ha visto tutto?”
Harry gemette. “Eravamo in ritardo, ovviamente lei mi stava aspettando vicino alla porta. Quando sono entrato mi ha fissato e basta, sicuramente aveva visto ogni cosa.”
“Oh…” sospirò Gemma, per niente turbata dalla notizia.
“Cosa dovrei fare adesso? Non voglio sposarlo!”
“Harry…”
Tutto quello che sapeva era ciò che non voleva assolutamente, il matrimonio, ma del resto non aveva idea di cosa desiderasse sul serio. Perso nei suoi pensieri, sobbalzò sul letto quando sentì qualcuno bussare alla posta. Sperò con tutto se stesso che non fosse sua madre – che stava pianificando di non guardare mai più negli occhi per il resto della sua vita – sprofondando ulteriormente nel materasso.
Petunia, la loro cameriera, era in piedi sulla soglia della porta, gli occhi pieni di scuse quando vide che Harry era ancora a letto. “Il signor Tomlinson è qui per vederla, signore.”
Harry alzò gli occhi al cielo non appena sentì l’informazione, un’ondata di ansia gli attraversò le vene. La mattinata non stava andando nel migliore dei modi.
Con gli occhi chiusi, sentì sua sorella accarezzargli i ricci. “Mi prenderò cura di lui mentre ti vesti.”
“Io… digli che verrò giù tra poco.”
Lasciato da solo nella sua stanza, Harry si alzò lentamente e si guardò allo specchio. Era un casino completo, i capelli disordinati e aggrovigliati in modo ingestibile. La sua pelle sembrava pallida, i suoi occhi era spalancati e incredibilmente verdi sotto i raggi del sole. Prese un cardigan che non indossava quasi mai ed una camicia bianca, si passò le mani tra i capelli tentando invano di domarli.
Scese al piano inferiore con passo lento, si sentiva frastornato come la notte precedente. A quanto pare, l’altro ragazzo lo stava aspettando in salotto, con un aspetto decisamente più allegro del suo. Nel momento in cui Louis pose gli occhi su di lui, spalancò la bocca per dire qualcosa, ma non uscì nulla. Harry aveva i nervi a fior di pelle, completamente incerto su cosa significasse quello che era accaduto tra loro e cosa avrebbero dovuto fare da quel momento in poi.
“Harry…” disse Louis con tono adorante. I suoi occhi erano troppo blu, le rughette intorno ad essi troppo invitanti. Mentre si avvicinava con cautela, Louis non esitò a prendergli la mano.
“Ciao…” rispose sottovoce, in imbarazzo per il suo aspetto trasandato. Non aveva mai tenuto in considerazione, in presenza del maggiore, il modo in cui appariva o come si vestiva. Mentre Louis lo attirava dolcemente, gli occhi che lo valutavano attentamente, Harry sentì il collo riscaldarsi e le guance diventare rosse.
“Ehi.” Mormorò Louis, le labbra contratte in segno di apprezzamento. Le ginocchia di Harry iniziarono a tremare già allora, prima ancora che la mano di Louis scomparisse nella parte bassa della sua schiena.
“Sei qui.” Bisbigliò timidamente, incerto su come comportarsi.
La faccia di Louis era troppo vicina ed Harry tremava nella sua stretta.
“Ti ho detto che sarei venuto a trovarti.” Rispose il maggiore, sporgendosi per baciarlo.
Harry divenne rosso come un pomodoro, il suo cervello si spense momentaneamente, gli occhi si chiusero per puro istinto. Sentì il respiro di Louis sulle labbra, poi scomparve. “Sei incredibilmente sorprendente, lo sapevi?” mormorò contro la sua mascella.
Harry era senza fiato, i polmoni non funzionavano correttamente, deglutì di nuovo sentendo la guancia ruvida di Louis contro la propria.
“Ciao di nuovo.” Il labbro superiore di Louis toccò il suo.
“Ciao…” gracchiò Harry, sciogliendosi sotto il tocco dell’uomo.
Il rumore di qualcuno che si schiariva la gola li interruppe bruscamente. Si staccarono in un secondo, posizionandosi ad una distanza rispettabile mentre si voltavano nella direzione della voce. Louis sembrava imbarazzato.
Harry vide sua sorella sulla porta, Gerard subito dietro di lei. Gemma corrugò le sopracciglia, sorpresa dalla situazione. Non provava alcun sentimento verso Louis, nessuno sentimento romantico stava crescendo nel suo petto. No.
“Ciao Gemma, signor van dei Hollande.” Salutò Louis.
“Louis.” disse Gerard con un sorriso sarcastico sul volto. Harry sapeva che, o Gemma si era già lasciata sfuggire il segreto, oppure l’uomo si era immaginato tutto da solo, osservandoli goffamente mentre si distaccavano l’uno dall’altro.
“Il pranzo è tra mezz’ora, ragazzi.” Disse Gemma tenendo un braccio sulla vita del marito, la mano appoggiata sulla pancia. “Ti unisci a noi, Louis?”
“Se non è un disturbo.”
“Certo che no, sei sempre il benvenuto.”
Harry era nervoso, sapeva che la reazioni di sua madre allo scandaloso incidente della notte precedente era imminente. Davanti a lui, la signora Styles, avrebbe espresso semplicemente la sua contentezza nel vedere il figlio cedere di fronte agli sforzi di Louis, ma Harry non aveva la più pallida idea di quali sentimenti provasse realmente sua madre vedendo suo figlio baciare qualcuno. Ciò che avevano fatto era assolutamente vietato. Erano stati incauti e stupidi. E lui si era sentito così incredibilmente bene ieri sera.
Harry strinse le mani attorno a quelle del maggiore, e per un secondo rimase scosso quando l’altro respinse il suo tocco. Non aveva mai agito con ostilità nei suoi confronti, e per la prima volta che era stato lui a volere un contatto, Louis si spostava. Harry alzò gli occhi sulla figura dell’uomo, ma vide soltanto Louis prendergli dolcemente una mano, il viso contorto in una smorfia di dolore. Tornando in sé, Harry vide le macchie rosse e violacee sulle nocche del ragazzo.
“Posso vedere la tua mano?” borbottò Harry.
Questa volta Louis obbedì e gli permise di prendergli la mano con dolcezza. Le nocche erano gravemente ammaccate e gonfie e si chiese se il motivo per cui fossero così fosse stato per la mancava di ghiaccio. Dopotutto avevano trascorso molto tempo fuori dal locale e davanti la casa degli Styles.
“Deve essere stato un bel pugno.” Disse, rendendosi conto che era il primo vago complimento che facesse a Louis.
Louis si strinse nelle spalle, le labbra si piegarono verso l’alto in un sorrisetto mentre guardava Harry per esaminarlo attentamente. “Ho rotto un naso, non è così?”
“Harry!” la voce della signora Styles irruppe nella stanza, sicuramente dopo averli visti troppo vicini e con le mani intrecciate.
Harry vide che Gemma e il marito avevano lasciato il soggiorno senza dire una parola, ed erano stati sostituiti da sua madre.
“Louis.” continuò la donna, evidentemente in confusione. “Non sapevo fossi qui.”
“Oh…” provò a rispondere Louis, del tutto inconsapevole che quella donna lo aveva visto toccare sensualmente il figlio. Harry non voleva far altro che affondare nel pavimento mentre il maggiore si avvicinava alla signora Styles, allungando una mano. “Lilian è un piacere. Come sta?”
“Splendidamente.” Disse lei, stringendogli la mano.
Harry fece una smorfia senza salutare la madre e scosse la testa quando l’altro ragazzo gli lanciò uno sguardo incuriosito.
“Harry.” riprese con tono brusco la signora Styles. “Vai a vestirti decentemente, abbiamo un ospite per pranzo.”
Confuso, ma ancora troppo umiliato da ciò che sua madre aveva visto fino a poche ore prima, decise di non protestare. Lanciò a Louis un’occhiata veloce e, mentre si ritirava nella sua stanza, notò il maggiore muoversi come se volesse seguirlo.
“Louis.” la voce della signora Styles era forte e acuta mentre si rivolgeva all’uomo.
Louis si bloccò sul posto, interrompendo la sua voglia istintiva di seguire Harry, sapendo di aver quasi commesso un errore imperdonabile. Seguire Harry al piano superiore, nella sua stanza, dove doveva cambiarsi gli abiti, era immorale e da pazzo. Vide un rossore improvviso diffondersi sul volto del maggiore; l’uomo strinse le mani dietro la schiena e si voltò verso la signora Styles.
“Perché non ti unisci a Gemma e Gerard fuori? Adesso.”
Harry riprese a camminare per le scale, le mani sudate e lo stomaco attorcigliato per qualcosa che non riusciva a spiegarsi. Si sentiva leggero, quasi euforico, tutto merito delle azioni di Louis. Non aveva mai provato il desiderio di essere toccato da qualcuno, non in quel modo così intimo. Il semplice pensiero di Louis in piedi nella sua camera non avrebbe dovuto renderlo così felice. Sapeva di aver fatto cose immorali la notte precedente, ma alla luce del giorno, da sobrio, era tutto cento volte più spaventoso.
Tornò al piano inferiore dopo una doccia veloce, aver pettinato i capelli e indossato abiti adeguati. Dopo una seconda occhiata allo specchio, uscì dalla stanza appena in tempo per il pranzo. Si domandò come fossero andate le cose a Louis; se la signora Styles si fosse avvicinata a lui per parlargli. Il solo pensiero che l’altro avesse dovuto confrontarsi con quell’argomento, gli fece provare un senso di nausea. Sapeva a malapena come affrontare da solo la questione, e ogni volta che ci pensava, sentiva ancora un caldo improvviso insinuarsi nel suo petto.
Fuori sul patio, il resto della famiglia era già seduto. Per una volta non avevano aspettato che Harry si unisse a loro prima di iniziare. Era insolito, ma non ci pensò molto fino a quando i suoi occhi non catturarono la figura seduta accanto al signor Styles. Il suo cervello faticava a capire l’intera situazione. Il reverendo Buckley era seduto comodamente alla loro tavola, vestito interamente di nero. Harry non frequentava regolarmente la chiesa, nemmeno la sua famiglia, e il fatto che il reverendo locale fosse seduto lì era assurdo.
Fissò i presenti con gli occhi sgranati mentre prendeva il suo posto a tavola, trovando Louis al posto di Gemma accanto a lui. Confuso, si schiarì la gola, gli occhi che si spostavano per cercare di catturare lo sguardo di Gemma, che stava fissando il suo piatto vuoto. Nel mentre sentì il calore della gamba del maggiore contro la sua, quasi sussultò sul posto.
“Harry.” disse sua madre con voce calma. “Questo è il reverendo Buckley. Tuo padre e io lo abbiamo invitato a pranzo.”
“E’ un piacere conoscerla.” Rispose Harry.
“Anche per me.” replicò il reverendo, sorridendo calorosamente senza guardarlo negli occhi.
Il cibo cominciò ad essere servito intorno al tavolo, Louis non lo aveva ancora guardato da quando si era seduto a tavola. Il pasto fu tranquillo, caratterizzato da una scarsa conversazione, basata soltanto su chiacchiere occasionali con il reverendo. Nella migliore delle ipotesi, presto avrebbe capito il vero motivo di quella visita. Louis era insolitamente silenzioso ed Harry pregava disperatamente che sua madre non gli avesse detto nulla. Chiaramente, ciò che avevano fatto non era imperdonabile, altrimenti Louis non avrebbe pranzato con loro, ma qualcosa non andava.
“Harry.” disse la signora Styles a fine pranzo, attirando la sua attenzione. La collana di perle luccicava sotto il sole e aveva un sorriso teso. “Voglio che tu sappia che non pensavamo che Louis fosse qui durante questa conversazione, ma va bene ugualmente, date le circostanze. Il reverendo è qui per discutere con te di un argomento importante.”
Gemma abbassò prontamente la testa, Gerard distolse lo sguardo. Louis sembra irrigidirsi al suo fianco, le labbra premuta insieme. Harry non riusciva a capire cosa stava succedendo.
Il reverendo di schiarì la voce. “Suppongo che questo sia il momento per iniziare il mio discorso, come voluto dai tuoi genitori.” spinse gli occhiali sul naso. “Harry…” l’uomo sospirò profondamente ma mantenne un tono benevolo senza ombra di rimprovero.
Harry si accigliò e lo guardò confuso.
“I tuoi genitori mi hanno raccontato tante cose di te. Sei uno studente eccezionale dell’università Yorkinshare, i tuoi voti accademici non stati altro che eccezionali e hai intenzione di lavorare con tuo padre dopo la laurea. Questo è l’inizio di una vita meravigliosa e dovresti essere molto orgoglioso di te stesso. So che i tuoi genitori lo sono.”
Il reverendo sorrise in modo incoraggiante, mentre Harry rimaneva pietrificato al suo posto.
“Ora, hai solo vent’anni. E’ un periodo bellissimo, sei giovane e pieno di vita, e di sentimenti. Sentimenti che spesso non possiamo controllare. Volano attraverso di noi in molte forme, amore e lussuria, forse la più forte delle sensazioni che proverai in vita tua.”
Harry provò un profondo senso di inquietudine. Oh cazzo.
Il reverendo sorrideva ancora. Gemma stava premendo le labbra così forte che i bordi erano sbiancati, Gerard sembrava che avrebbe preferito investire denaro nel partito politico avversario piuttosto che rimanere a quel tavolo. Harry fissò il suo piatto, rigido come un bastone, incapace di dire qualsiasi cosa.
“Mi  è stato riferito che hai trovato un buon partito, il signor Tomlinson.”
Stava accadendo sul serio.
“Offro i miei più sinceri auguri ad entrambi. La vita, vedi, ha molti doni e l’amore è uno di questi. In un matrimonio ci fidiamo l’uno dell’altro, ce ne prendiamo cura. L’amore è puro… ma spesso può essere confuso con qualcos’altro. La lussuria.”
L’uomo prese un enorme respiro. “La lussuria è un modo molto difficile da discernere. Ha una volontà propria e non sempre agisce razionalmente. La tua virtù, Harry, è un dono molto importante. E’ preziosa e penso che dovrebbe essere coltivata e tenuta al sicuro fino al momento giusto.”
Lo stava rimproverando? Lo stava attaccando di fronte ai suoi genitori e alla sua famiglia. Harry sentiva il viso in fiamma, Gemma stava quasi per mettersi a ridere. Provò un forte senso di vergogna, la rabbia si fondeva con la mortificazione per il fatto che Louis fosse proprio lì, al suo fianco, ad ascoltare ogni parola del reverendo che lo avvertiva di non rinunciare troppo presto alla sua verginità.
Si guardò attorno al tavolo, trovò Louis in silenzio con gli occhi bassi, sua madre lo stava fissando con approvazione, mentre suo padre sembrava a disagio.
I suoi genitori non erano mai stati in grado di ascoltarlo e chiedere un suo parere, del tutto incapace di confrontarsi con loro figlio, forse con la paura di avvicinarsi troppo alle sue vere emozioni. Invece, avevano scelto di farlo sedere di fronte a tutta la famiglia, compreso l’uomo che avrebbe dovuto sposare, per umiliarlo nel peggio modo possibile. Se gli avessero prima parlato avrebbero saputo cosa pensava Harry riguardo il sesso.
“Capisci cosa sto dicendo, Harry?”
“Uh, si certo.” Si costrinse a rispondere, la voce bassa e amara, gli occhi fissi sulla porcellana. Quasi sussultò quando avvertì la mano di Louis sulla sua gamba, sotto il tavolo, così che nessuno potesse vederli. Harry tossì, spalancando gli occhi mentre il palmo del maggiore accarezzava sensualmente i suoi pantaloni. Louis continuava a distogliere lo sguardo, ascoltando attentamente il discorso del reverendo.
“Harry?”
“Si, reverendo.” Rispose Harry, un groppo in gola mentre la mano di Louis si avvicinava sempre più al suo inguine. “Capisco.”
“Molto bene.” annuì l’uomo compiaciuto, incontrando gli sguardi dei signori Styles.
Il pollice di Louis toccò la cucitura dei pantaloni di Harry, il quale abbassò la mano per fermare il maggiore prima che facesse qualcosa di imperdonabile.
“Molto bene.” disse la signora Styles, stringendo le mani sul tavolo. “E hai capito anche tu, Louis?”
“Certo, signora Styles. Non avrei mai sognato di mancare di rispetto alla vostra famiglia in questo modo.” Ribattè Louis seriamente, calmo e sincero, stringendo la mano attorno alla coscia di Harry per poi prendergli le dita. L’intera situazione era assolutamente assurda.
Il pranzo terminò poco dopo, Harry si costrinse a stringere la mano del reverendo con un sorriso finto sul volto, mentre sua madre suggeriva a Louis che sarebbe stato opportuno tornarsene a casa. Louis non sembrò scoraggiato, afferrò Harry per mano e lo trascinò sulla veranda per avere un po’ di privacy. La mano ferita di Louis si intrecciò alla sua, mentre l’altra si appoggiava sulla sua vita.
“E’ stato molto interessante.” Mormorò Louis, socchiudendo gli occhi e sorridendo.
Harry sentiva le guance bruciare, il pollice dell’uomo gli toccò il mento. “A volte mi domando se i tuoi genitori ti conoscano sul serio.”
Era una cosa che Harry si era chiesto in numerosi occasioni. Cercò di ignorare il rossore e la vergogna, quando Louis si sporse e gli baciò delicatamente la mascella. “Sanno della notte scorsa, vero?”
“Mamma ci ha visti…” replicò Harry, rabbrividendo sotto il tocco di Louis. Non poteva farne a meno. Ogni razionalità volava fuori dalla finestra ogni volta che si trovava vicino a quel ragazzo.
“Non mi interessa.” Sussurrò Louis, tirandolo più vicino. “Sei troppo bello per non essere toccato. Se a te va bene, ovviamente.”
“Non proprio…” si ritrovò ad ammettere Harry.
Louis lo guardò con le sopracciglia aggrottate, aspettando che continuasse a parlare. Quando non lo fece, increspò le labbra e disse. “Non te ne sei pentito, vero?”
Harry deglutì a vuoto, guardandolo di nuovo mentre una guerra si scatenava dentro di lui. Dopo un minuto che parve lunghissimo, decise di essere sincero. “No…”
Gli occhi di Louis si illuminarono ancora una volta. “Benissimo.”
La porta principale si aprì alle loro spalle e, prima che Louis potesse baciarlo, Gerard uscì sulla veranda e li guardò con uno sguardo glaciale. Era più grande di Louis ed esercitava molta più autorità in quella casa.
“Devi andartene Louis, adesso.” Disse Gerard, la voce non particolarmente amichevole.
“Ovviamente, non sono più il benvenuto.” Replicò Louis, contraendo le labbra. “Ci vediamo più tardi, piccolo.” Mormorò prima di lasciargli un bacio sulla mano e ritirarsi lungo il vialetto d’ingresso.
Harry lo fissò con un tumulto di emozioni contrastanti nello stomaco.
 
 
 
 
 
**
 
 
 
 
La successiva lettera d’amore arrivò a villa Styles pochi giorni dopo la visita del reverendo. Harry non riusciva ancora a guardare né sua madre né suo padre negli occhi, e provava vergogna ogni volta che i suoi pensieri tornavano all’incidente con Louis. Le parole del reverendo avevano avuto un forte impatto su di lui, Harry poteva non essere un vero credente, ma era d’accordo con alcune credenze cristiane, di cui Louis sembrava fregarsene.
Seduto sul letto, le gambe piegate sotto di sé, aprì la nuova lettera del maggiore. A volte arrivavano insieme a dei libri, molti dei quali nuovi piuttosto che presi dalla libreria di Louis, Harry aveva fatto capire come si sentiva nel rubare i romanzi preferiti dell’altro ragazzo. Oggi però, la lettera era arrivata da sola. Era la prima lettera dopo il loro appuntamento ed Harry si chiese se Louis ne avrebbe parlato. Probabilmente si. Non solo aveva la tendenza a parlare di ogni gli passasse per la mente, ma voleva anche discutere di cose di cui Harry si rifiutava di parlare di persona, esprimendo i suoi sentimenti e discutendo dei momenti che avevano condiviso insieme. Harry non aveva mai risposto a nessuna lettera, non riusciva a farlo.
Dubitava che Louis avrebbe lasciato perdere quello che era successo qualche notte prima, Louis era bravo a tirargli fuori le emozioni, a farlo arrivare al limite. Mentre apriva la pergamena, si chiese come sarebbe stato se il maggiore avesse potuto esprimere le sue frasi romantiche a voce piuttosto che scriverle.
Mio caro Harry...” lesse, scrutando il primo paragrafo. “Non riesco a dormire. Sono solo senza di te. Ogni notte chiudo gli occhi e…” Harry si fermò, il cuore saltò un battito. I suoi occhi volarono bruscamente sulla pagina, il panico gli crebbe nel petto mentre le guance si incendiarono. Più leggeva, più si sentiva andare a fuoco, le mani che sudavano abbondantemente mentre immaginava Louis scrivere quelle parole nella sua stanza. Le parole pulite ed eleganti di Louis si erano trasformate completamente, Harry non potè fare a meno di arrossire e sentire il bisogno di nascondere il viso tra le mani. Quando arrivò alla fine, spalancò la bocca per lo shock.
“Gemma!” esclamò per la seconda volta quella settimana. Lesse più volte la lettera, parole che si mescolavano e si intrecciavano tra loro. Non poteva farlo. Non poteva farlo.
“Che cosa è successo, tesoro?” domandò Gemma appena entrò nella stanza. “Gerard ha detto che hai urlato come un soldato ferito in procinto di morire.”
Harry balzò sul posto, facendo cenno alla sorella di avvicinarsi. “Gemma…” disse con un’espressione addolorata e imbarazzata sul volto.
“Che cosa?”
Harry si spostò contro la testiera del letto e lanciò la lettera sulla coperta, legandosi le braccia attorno alle ginocchia. La sorella gli lanciò uno sguardo preoccupato prima di prendere la pergamena.
“Mio caro Harry,” iniziò a leggere Gemma ad alta voce. “Non riesco a dormire. Sono solo senza di te. Ogni notte chiudo gli occhi e ti trovo nascosto nella mia mente . Ogni pensiero va a te, e il mio corpo si ritrova improvvisamente in fiamme per il desiderio…” Gemma ansimò spostando gli occhi su Harry. “Questa è una lettera diversa dal solito.”
Ne era consapevole. Si trattenne dal mettersi a piagnucolare.
Gemma lo guardò per un secondo, spalancando gli occhi così tanto che sembrarono uscire dalle orbite.
Sei impresso nelle mie palpebre e di notte sono costantemente eccitato pensando a noi due insieme. Nei miei sogni dai fuoco ad ogni parte di me. Non riesco a pensare a nulla, non riesco a leggere, e mentre scrivo questa lettera sono a malapena capace di costruire frasi di senso compiuto. Sei tutto ciò che voglio…”
La sorella riprese a leggere in silenzio, la bocca spalancata mentre leggeva le parole sporche che Louis aveva scritto. Il cuore di Harry batteva all’impazzata e la sua mente non smetteva di immaginare le cose che gli aveva scritto il maggiore. Dopo un altro paio di minuti, la mano di Gemma gli diede una pacca sul braccio.”
“…nella mia mente posso sentire la tua pelle contro la mia, e tu stai tremando sotto di me. Sotto il mio tocco stai bruciando, mi desideri come io desidero te…” Gemma si fermò, portandosi una mano sulla bocca.
Harry fece una smorfia, le guance che bruciavano mentre le strappava la pergamena. La piegò e la infilò sotto il cuscino. Il finale era la parte più difficile da digerire.
 
Harry, amore mio dolce, ogni volta che ti sono vicino non desidero altro che toccarti. Sto sudando, mi sento prigioniero, sono pazzo.
Temo che tu abbia davvero preso il mio cuore e la mia anima, piccolo.
Cordiali saluti,
Louis William Tomlinson
 
 
 
Sembrava che Louis non avesse inibizioni quando si trattava di sesso. Aveva reso abbondantemente chiaro come si sentiva nei confronti di Harry, e tutto ciò non era del tutto sgradito. Harry era spaventato a morire.
“Questa è una lettera molto spinta.” Disse Gemma. “E’ un uomo audace. Se tu mostrassi questa lettera a mamma, lui finirebbe molto male. Sono impressionata.”
“Cosa intendi?” sibilò Harry.
Gemma scosse la testa. “Sono scioccata, lo ammetto, ma questo dimostra che si fida di te. Gli piaci davvero, H.”
Louis gli aveva appena scritto una lettera sporca, si era dichiarato per l’ennesima volta. E tutto questo lo spaventava. Harry ebbe un flash improvviso di loro che si sposavano, un bambini in arrivo, Harry che giaceva sotto il maggiore, le mani che vagavano per il suo corpo e lo toccavano in luoghi proibiti, mentre la bocca di Louis si spostava sull’interno coscia.
Ne aveva abbastanza.
“Aw,” mormorò Gemma.” Ti ha chiamato amore mio.”
“E quindi?” si lamentò Harry, sfinito e angosciato. Era una sensazione alla quale stava iniziando ad abituarsi.
La sorella gli lanciò un’occhiataccia. “E’ una cosa bellissima. Sinceramente mi dispiace per Louis, e ovviamente tu sei un cretino.”
“Esci dalla mia stanza!” esclamò Harry prima di nascondersi sotto al cuscino.
 
 
 
 
 
**
 
 
 
 
Dopo aver letto la lettera erotica di Louis, Harry si sentiva agitato e nervoso mentre il maggiore si avvicinava al gazebo. Harry poteva vederlo attraverso la finestrella, vestito con pantaloni casual e camicia bianca, i capelli tirati all’insù e qualche ciocca che cadeva libera intorno al viso, era inspiegabilmente bello. Ovviamente era perfetto in tutto e per tutto, non un centimetro fuori posto. Per un momento, Harry si chiese se Louis si sentisse nervoso come lui.
Harry si sistemò il capellino sulla testa e salutò l’altro ragazzo. Tuttavia, non appena il maggiore si sedette al suo fianco rimosse immediatamente il cappello senza il suo permesso e gli fece scorrere una mano tra i riccioli morbidi.
“Adoro i tuoi capelli in questo modo.” Sussurrò Louis, toccandogli le ciocche folte. Harry rabbrividì vistosamente sotto le dita dell’altro, che scivolarono lungo la sua mascella. “E adoro anche il tuo viso… sei l’uomo più bello che abbia mai incontrato. Riuscivo a malapena a crederci quando ti ho visto per la prima volta.”
Harry si morse un labbro, non sapeva come rispondere.
La mano di Louis scivolò sul suo petto, il palmo fermo sui pettorali. “Lo sai, vero?” domandò di nuovo, stranamente serio mentre i loro occhi si incrociavano. “Harry, sai quanto sei perfetto?”
Scosse leggermente la testa, ritrovandosi incapace di elaborare una risposta. Non si era mai sentito così inutile di fronte alle parole di qualcuno. Tuttavia non era inutile, lui contava. In qualche modo, quando Louis lo guardava dicendogli quelle parole, gli dava una grande importanza. Stava ancora pensando a come fossero arrivati a questo punto, decidendo di non tenere in considerazione la parte di lui che prosperava sotto il tocco dell’altro. L’unico problema era che Louis avrebbe potuto capire, o credere, che significasse qualcosa di più tutto quello che stava accadendo.
“Sei senza parole per il modo eccezionale di dirti le cose…?” lo stuzzicò Louis, a pochi centimetri dalle sue labbra.
“Ti piacerebbe?” riuscì a chiedere, fissando le sopracciglia del maggiore aggrottarsi.
“Visto che a te non piacerebbe…dovrei mentire e dire di no. Ma posso sognare per un po’?”
“Non vado fiero della tua infelicità.” Protestò Harry, premendo un dito sulla guancia di Louis
“Bene.” mormorò l’altro in risposta, lo sguardo abbassato per fissare la bocca del riccio. “A volte vorrei che mi rispondessi, non capisco mai cosa provi per me.”
“Mistero, no?”
Gli occhi di Louis sembrava tristi e spenti. “Io ti dico ogni cosa e poi devo faticare per avere delle risposte da te.”
“Questo era settimane fa, ora sono molto più aperto.” Protestò Harry, anche se entrambi sapevano che non era vero fino in fondo.
Il naso del maggiore diede una spinta contro il suo, avanzando ulteriormente nel suo spazio vitale fino a quando Harry non si ritrovò con la schiena appoggiata contro il muro.
“Lo so, lo so… ma voglio…” iniziò Louis, bloccandosi per un momento con la bocca contro la sua. “Voglio che tu mi dica cosa vuoi.”
“Quello che voglio?”
La bocca di Louis toccò la sua e il cuore di Harry perse un battito. La mano dell’uomo gli strinse l’anca mentre annuiva lentamente, gli occhi chiusi. “Si, dimmi quello che vuoi.”
La realtà lo travolse, rendendolo nervoso. “Io…” non aveva idea di cosa rispondere. Non sapeva quello che voleva, o quello che Louis voleva che dicesse. Invece di parlare, sollevò il mento facendo scivolare la bocca su quella dell’altro ragazzo. La presa di Louis si intensificò sui suoi fianchi e si avvicinò al suo corpo, chiudendo la distanza tra loro.
Louis aveva le labbra calde, sottili ma morbide che avvolgevano completamente quelle di Harry con movimenti lenti e sensuali. Con la lingua gli spalancò la bocca dopo qualche minuto, Harry sentì dei brividi sulla pelle e lungo la schiena. Tutto il suo corpo era in fiamme, i muscoli sciolti, la mano instabile contro la mascella del maggiore. Sentì i capelli di Louis sulla fronte e i loro nasi si sfiorarono, la pancia di Harry formicolava con qualcuno che somigliava a desiderio, mentre i denti di Louis gli mordevano il labbro inferiore, tirandolo leggermente.
“Ti è piaciuta la mia lettera?” chiese l’uomo, pur conoscendo già la risposta.
Ad Harry piaceva tutto quello, si sentiva bene, ma ogni volta che il suo cervello aveva un momento di razionalità, si ricordava che tutto quello era sbagliato e proibito.
“Molto interessante.” Rispose Harry, sussurrando la parola mentre la bocca del maggiore gli tracciava la mascella. Si aggrappò alle bretelle dell’altro, il davanzale della finestrella gli stava tagliando la schiena, ma era facile non pensarci a favore del modo in cui le labbra di Louis scorrevano sulla sua pelle.
“Interessante e basta?” i denti di Louis sfregarono contro il suo collo.
“Molto sporca.” Balbettò Harry.
“Non ho potuto farne a meno.” Louis premette un bacio sulla curva della spalla del riccio, ansimando. La mano gli cadde dalla vita alla coscia, avvicinandosi pericolosamente al bordo interno.
“Louis, aspetta.”
Louis sollevò la testa, gli occhi incuriositi ma gentili mentre osservavano la bocca gonfia di Harry. Le labbra del maggiore si riattaccarono alle sue quando non continuò a parlare, sentì la mano di Louis sul fianco, lo sentì ansimare in segno di apprezzamento nella sua bocca, per poi affondare le dita sul suo sedere. Harry sobbalzò sul posto, sbiancando completamente.
Provò a tirarsi via da quell’abbraccio mentre Louis lo seguiva, cercando di tenere le mani ancorate al suo corpo.
“Louis…” sussurrò, il cuore che batteva forte. “Non l’ho mai fatto.” Confessò infine, sbattendo le palpebre rapidamente e sentendosi senza fiato. “Mai.”
“No?” Louis aggrottò le sopracciglia, senza spostarsi di un centimetro.
Harry scosse nervosamente la testa, Louis lasciò la mano sulla parte inferiore del suo corpo, accarezzandogli dolcemente un fianco sopra la stoffa della camicia. “Pensavo che l’avessi fatto. Pensavo che ti fossi rifiutato di dirmelo perché non eri riuscito ad aspettare.”
Harry scosse di nuovo la testa con determinazione. Gli occhi di Louis erano ancora chiusi, le labbra che solleticavano il suo mento.
“Per me è importante aspettare. So che voglio aspettare ma… questo è… lo voglio, ma –“
“E’ troppo?” Louis annuì contro il suo petto, abbracciandolo amorevolmente.
Harry stava praticamente addosso tutto il suo peso sul corpo dell’altro, rabbrividendo sotto le sue carezze.
“Non preoccuparti.” borbottò infine Louis, abbastanza forte da farsi sentire per poi sfiorargli l’orecchio con le labbra. “Lo renderò speciale.” Sussurrò, ed era una promessa.
Quelle parole lasciarono Harry confuso, risuonavano ripetutamente nella sua testa, non accennavano ad andarsene. Dal loro appuntamento, c’era stato un grosso cambiamento nella loro relazione. Non era passato molto tempo, ma ora era come se Louis pensasse di aver vinto. Di aver finalmente conquistato Harry. E forse lo aveva fatto, Harry lo trovava incredibilmente attraente, sia fisicamente che non. Ma era solo lussuria, giusto? Come aveva detto il reverendo, la lussuria si confondeva facilmente con l’amore. Harry non era innamorato, giusto? Louis aveva chiaramente confuso l’uno con l’altro.
Cosa pensava? Che tutto quello per cui avevano discusso in passato fosse sparito? Che l’ostilità di Harry verso il matrimonio fosse evaporata perché si erano avvicinati? Louis non era male, ma non riusciva ad immaginare una vita con lui, l’idea gli causava ancora pugnalate nello stomaco. Non voleva sposarsi, non adesso. Doveva ancora finire l’università e al momento non aveva bisogno di altro. E Louis era lì… costantemente con lui. Le sue labbra, le sue mani, i suoi occhi blu che esprimevano fin troppo emozioni.
Lo renderò speciale.
Esasperante, ingenuo, scandalosamente romantico e incredibilmente adorabile.
Il suo cervello aveva automaticamente immaginato come sarebbe stata la prima volta con Louis. Era certo che Louis non avesse aspettato e che avesse già fatto l’amore con qualcuno. Forse era per questo che non gli importava che Harry lo facesse. Si domandò se i signori Tomlinson lo sapessero, o se si aspettavano che loro figlio, a ventisei anni, non avesse avuto nessuna esperienza sessuale. Quasi nessuno lo fa, di questi tempi. Forse Harry non aveva mai incontrato un uomo che trasformasse la sua bocca in un pasticcio e gli facesse venire le gambe molli, ecco perché non l’aveva mai fatto.
Il pensiero di fare l’amore con Louis lo rendeva nervoso e irrequieto, ma non lo spaventava come avrebbe fatto un mese prima. Sapeva che Louis stava provando con tutti le sue forza a convincerlo a sposarsi, ed ogni volta che esprimeva i suoi veri sentimenti, Harry si sentiva torcere lo stomaco.
Louis tornò a villa Styles pochi giorni dopo per cena. Sembrava che i genitori di Harry fossero venuti a patto con la situazione, contenti che il loro figlio non avesse fatto storia riguardo la conversazione con il reverendo. Non che avessero parlato in alcun modo, Harry non aveva nessuna intenzione di interagire con la sua famiglia.
Louis arrivò poco prima delle sette, sorridendogli da sopra la spalla della cameriera mentre attraversava l’ingresso. “Sono qui per vedere il mio tesoro. Non riesco a stargli troppo lontano.”
Arrossendo vistosamente, Harry lottò contro l’impulso di dire a Louis di stare zitto, di dirgli che tra loro non c’era assolutamente nulla. Era sicuro che Louis non lo avrebbe voluto sposare se lui era contrario, e non avrebbe fatto problemi se lui alla fine avesse detto di no. Tuttavia, il maggiore provava dei sentimenti sinceri nei suoi confronti. Non era un’infatuazione superficiale. Il pensiero di fare del male a Louis era insopportabile, non voleva causargli più dolore del necessario, ma continuava a pensare che Louis dovesse capire come stavano realmente le cose. Sperava che l’uomo capisse pian piano che stare con lui non era un buon affare. Il pensiero di poter spezzare il cuore dell’altro ragazzo era impensabile.
Quando la cameriera si ritirò in cucina, Louis lo salutò dandogli un lieve bacio sul mento. Si unirono al resta della famiglia in giardino, dove Gerard sembrava impegnato in un lungo racconto della partita di polo a cui aveva partecipato nel pomeriggio. Vedendoli arrivare, Gerard sogghignò e li attirò nella conversazione. La famiglia di Harry stava cercando di nuovo di imbrogliare Louis.
Harry, che non aveva mai fatto un vero e proprio sport, iniziò a mormorare dei commenti sarcastici sottovoce, osservando la bocca del maggiore contrarsi e sorridere di fronte alle sue parole. Dieci minuti dopo, il gomito di Louis gli urtò il braccio in modo scherzoso, dicendogli di smetterla. Era un piccolo rimprovero ma Harry, sempre testardo, premette il ginocchio contro la gamba dell’uomo, usando tutta la sua forza per farlo cadere dalla sedia. In cambio, la mano di Louis si allungò sulla sua schiena, avvolgendolo e premendo le dita sul suo fianco, facendolo schizzare in modo evidente. Immediatamente, Harry affondò il tallone nel piede dell’altro.
Forse era un modo per esprimere il suo fastidio alle parole di Louis dell’altro giorno. Questa volta però non sentiva rabbia dento di sé. Il giorno dell’appuntamento era stato furioso con Louis perché pensava di conoscerlo per davvero. Questa volta ciò che lo turbò fu il fatto che il maggiore sembrava sempre un passo avanti a lui, c’era un grosso rischio che Harry finisse per ferirlo sul serio. Un’altra piccola parte di Harry, voleva invece che tutta l’attenzione dell’uomo fosse rivolta a lui.
“Ow.” Si lamentò Louis, lanciandogli uno sguardo infastidito.
“Harry,” li interruppe il signor Styles. “Qual è il problema?”
“Niente, sono scivolato.”
Louis lo guardò con occhi divertiti. Harry gli lanciò una piccola smorfia e Louis gli afferrò affettuosamente la mano, posando un bacio sopra le nocche. “Sei annoiato, tesoro?”
“Mi piacerebbe mangiare qualcosa.” rispose Harry, aggrottando le sopracciglia e fissando la tavola.
“Tua madre sarà pronta a breve. Non so quale sia il tuo problema oggi, figliolo.”
Harry abbassò la testa e districò la mano da quella del maggiore, bloccandole poi dietro la schiena. Decise di non guardare il gruppo di uomini, sentendo la schiacciante necessità di scappare a gambe levate da quel posto. Notò che Louis lo stava valutando silenziosamente, tutt’altro che ignaro dei suoi pensieri.
La cena iniziò dieci minuti dopo, Louis si sedette accanto ad Harry quando Gemma non rivendicò il suo solito posto. La sorella, vestita con un abito rosa fino al ginocchio e un copricapo sbiadito abbinato, era attaccata al fianco del marito. Entrambi erano molto loquaci e condividevano tocchi e sguardi. Harry si rifiutò di fissarlo per più di due secondi consecutivi.
Sua madre conversò tranquillamente su un incontro che aveva avuto con la signora Dorsey, una donna di Londra, a cui era presente anche la signora Tomlinson. Harry non ascoltava, facendo finta di non sentire sua madre chiedergli di passarle il sale. Louis ascoltava educatamente, come al solito, annuiva e sorrideva nei momenti giusti. Un paio di occhiali da sole erano nascosti nella tasca della camicia e, ogni volta che inspirava, l’oggetto si muoveva sul petto. Distratto, Harry ne seguì il movimento, sentendo le dita solleticargli per la voglia di rimettere a posto quegli occhiali.
Tuttavia, la parte testarda di lui che era rimasta in silenzio, si rifiutò ancora una volta di creare ulteriore intimità tra loro. Rimase seduto sulla sua sedia, accanto alla sua famiglia – uomini e donne vestiti con abiti costosi, gioielli lussuosi e capelli in ordine. Ad un certo punto si toccò la tempia, dove un ricciolo era sfuggito al gel. Si chiese se fosse un grandissimo ipocrita; vestito elegante e seduto a cena accanto ad un uomo che tutti consideravano il suo fidanzato.
Il tintinnio dei bicchieri lo riportò al presente. Vide Louis che lo osservava attentamente, non sapendo da quanto tempo lo stesse facendo, ma si trattenne dal lanciargli un’occhiata. Posò gli occhi su Gerard che stava facendo tintinnare il bicchiere del vino con un cucchiaino da dessert d’argento, preparandosi per alzarsi in piedi. Harry fissò passivamente l’uomo mentre posava una mano sulla spalla dei Gemma, sorridendo serenamente.
“Richard, Lilian.” Alzò il bicchiere verso la direzione dei suoceri, la sua voce era calma e seria, ma c’era una scintilla nei suoi occhi. “Il giorno in cui mi è stato concesso il permesso di sposare questa incredibile donna, non avrei mai pensato che mi sarei sentito leggero, felice e pieno di ottimismo. Sarebbe potuto succedere di tutto, ma non c’era nulla che avesse la capacità di trascinarsi giù, in quel momento.” Gerard guardò con occhi adoranti la moglie. “Poi è arrivato il giorno in cui ha detto si.”
Le labbra di Gemma si mossero in un sorriso, gli occhi castano che luccicavano.
“Ha detto si e quelle sensazioni sono triplicate. Poi ci siamo sposati e da allora ogni giorno è stato il migliore della mia vita. Ma chèrie, ti amo ogni giorno di più.” le sollevò la mano per baciarla leggermente. “Quello che non sapevo allora era che il giorno più bello della mia vita doveva ancora arrivare.”
Si fermò brevemente e i signori Styles ammutolirono. Harry non riusciva a respirare.
“Lilian, Richard, Harry, Louis.” disse Gerard, includendo Louis all’interno della loro famiglia. “Di gran lunga il giorno più bello della mia vita è stato quando ho scoperto che diventerò padre.”
Era quasi come perdersi nel vuoto, le emozioni e i pensieri invasero completamente la sua mente. Sentiva soltanto il respiro di Louis al suo fianco, era l’unica cosa che il suo cervello sembrava in grado di registrare. I suoi occhi si spostarono di scatto verso quelli blu del maggiore, che si incatenarono ai suoi con un timore reverenziale per quella rivelazione. Harry distolse velocemente lo sguardo, aveva troppa paura della sua espressione e delle sue emozioni, in quel momento.
Imbarazzato e senza fiato, guardò la scena svolgersi davanti ai suoi occhi: la gioia di sua madre, l’apparente silenzio di suo padre e i baci che si scambiavano Gemma e Gerard.
“Quando l’hai scoperto?” sussurrò la signora Styles, le lacrime che gli rigavano le guance, mentre si copriva la bocca con il dorso della mano. Aveva il cappellino inclinato e il trucco sbavato.
“Alcune settimane fa, quando siamo andati a Brighton.” Disse Gemma, sorridendo. Gli occhi le brillavano mentre stringeva la mano della madre in cima al tavolo. “Abbiamo aspettato il momento giusto. Stasera era il momento perfetto per dirvelo. Siamo così tanto felici.”
Gerard guardò la moglie con un’espressione dolcissima sul volto, una cosa che Harry non aveva mai visto prima di allora, e quando sobbalzò sul posto quando la mano di Louis si avvolse attorno al suo ginocchio, sfregando il pollice sul tessuto dei pantaloni. Harry non voleva voltarsi per timore di quello che avrebbe trovato scritto sul viso dell’altro.
“Champagne!” gridò all’improvviso il signor Styles, alzandosi bruscamente dal tavolo.
“Oh, papà!” disse Gemma, un sorriso permanente sulle labbra.
Il signor Styles marciò verso la porta, chiamando la domestica. “Petunia!”
“Si ma andiamo dentro Richard. Sta venendo freddo.” Gli occhi sorridendo di sua madre tornarono sul tavolo, Harry non sapeva se l’avesse mai vista più felice di quel momento. Era certo che quella donna non avesse mai guardato lui in quel modo in tutta la sua vita. Maledizione.
“Andiamo dentro a bere qualcosa!” esclamò la signora Styles alzandosi e avvicinandosi a Gemma per abbracciarla.
Harry non riuscì a muoversi mentre i tre si dirigevano all’interno della villa, i tacchi della madre che battevano sul pavimento del patio. Digrignando i denti, provò a deglutire il nodo che gli si era formato in gola.
“Piccolo?” la voce di Louis era lontana, ma la preoccupazione era evidente nel tono dell’altro ragazzo.
Harry sussultò, allontanandosi dal maggiore. Sentiva il proprio corpo pizzicare.
“Ehi, stai bene? E’ una notizia fantastica, non credi?” domandò Louis.
Non riusciva a parlare, la gola dolorante, i muscoli non collaboravano quando tentò disperatamente di aprire bocca. Il palmo di Louis cercò il suo, posandosi infine sulla sua spalla, accarezzandogli con il pollice la mascella. Il palmo del maggiore era calmo e confortante sulla sua pelle, mentre il cuore gli batteva furiosamente.
“Vuoi andare dentro, tesoro?”
Louis lo condusse amorevolmente verso il soggiorno, all’insaputa dell’uragano che stava scoppiando dentro di lui. Entrarono insieme nella stanza, Louis scelse di sedersi sul divano sul opposto a dove si trovavano Gemma e Gerard, mentre il signor Styles versava champagne in grossi bicchieri. La signora Styles era seduta comodamente sulla poltrona alla sinistra di Louis, uno sguardo sognante sul volto, senza accorgersi che la mano di Louis riposava in piena vista sopra la coscia del figlio, pericolosamente vicina all’inguine.
La conversazione fu leggera ed euforica, era come se esistessero soltanto Gemma e Gerard. Il signor Styles stava fumando beatamente un sigaro, sua moglie discuteva animatamente dell’argomento in questione. Di quante settimane era? Avevano già pensato ad un nome? Stavano progettando di trasferirsi in una casa più grande ora che i bambini erano nel loro futuro imminente?
“Dovrebbero considerare qualcosa più vicino a noi.” Sospirò la signora Styles, il braccialetto di perle che sbatteva contro il bicchiere di cristallo. “Immagina andare avanti e indietro più volte durante la settimana.”
“Personalmente, penso che dovrebbero tornare in Inghilterra.” Ridacchiò il signor Styles, tuttavia sapeva che non era un’opzione possibile a causa del lavoro di Gerard.
Gli occhi della madre di Harry si spostarono nel punto in cui si trovava Louis sul divano. “Sai dove sarebbe perfetto crescere dei bambini?” sospirò la donna, lo sguardo attento mentre li scrutava.
Louis sollevò un sopracciglia con fare incoraggiante.
“Penso che Bellmore sarebbe un posto semplicemente perfetto.”
Il cuore di Harry si fermò. Tutto procedeva, ma Harry non riusciva più a seguire la conversazione. La mano di Louis gli strinse la coscia, il palmo lo accarezzò in modo inappropriato. Harry tossì nervosamente, alzando lo sguardo e vedendo il maggiore mentre si mordeva un labbro, presumibilmente per non sorridere.
“Lo sarebbe davvero.” Rispose subito dopo Louis, strofinando di nuovo la mano contro Harry.
La signora Styles sembrava approvare, Louis si appoggiò contro lo schienale del divano, lo scotch stretto in una mano mentre faceva una leggera rotazione del polso. Harry guardò quel liquido scuro girare e ruotare, il movimento somigliava all’uragano che stava crescendo dentro di lui, guadagnando velocità e slancio. Rimase a guardare finchè non gli girò la testa, finchè gli occhi non gli si inumidirono e non riuscì più a respirare.
Tutto ciò che teneva dentro da troppo tempo si stava ribellando per uscire, si rifiutava di vivere un altro secondo in questo modo, in questa insopportabile vita che sembrava una gabbia. Dove non aveva nessuna scelta e dove non era mai abbastanza grande per prendere le proprie decisioni. Dove sua madre non lo aveva mai guardato con amore ed orgoglio.
Si alzò dal suo posto, la mano di Louis scivolò lontano dalla sua coscia. Non poteva guardare indietro mentre si allontanava, mentre usciva senza dire una parola dalla porta del patio, con movimenti rigidi. Sentiva la gola chiusa, il cuore pesante e gli occhi pieni di lacrime. Continuò a camminare, dirigendosi attraverso l’oscurità del giardino. Non riusciva nemmeno a vedere i suoi piedi sull’erba, poteva sentire in lontananza le onda riversarsi sulla riva.
Avanzò fino a quando il gazebo non apparve alla sua vista. All’interno accese una lampada che gli permise di vedere i contorni degli oggetti che lo circondavano, desiderando un posto caldo e confortevole dove nascondersi. Era l’unico posto in cui si sentiva completamente in pace. Cadde sul pavimento, avvolgendosi le braccia attorno alle gambe, mentre faticava a respirare correttamente. Le spalle gli tremavano e non riusciva a trattenere più le lacrime,
“Caro, stai bene?”
Harry alzò lo sguardo e vide Louis sulla soglia, che lo guardava preoccupato. Aveva i capelli spettinati e il ciuffo che gli ricadeva morbido sulla fronte. Era stato così premuroso da seguirlo nell’oscurità fino al gazebo, Harry sentì mancargli il respiro e scoppiò in lacrime. Louis rimase a bocca aperta, si sedette sul pavimento accanto di fronte a lui, sporgendosi per toccarlo. Harry sentì le lacrime lungo le  guance, sbattè le palpebre svariate volte, le ciglia bagnate, e vide le mani del maggiore afferrargli i polsi e accarezzarlo dolcemente.
Harry ondeggiava lentamente mentre piangeva, Louis si avvicinò fino ad avvicinare il viso dinanzi al suo, le mani che scorrevano tranquillamente sulle sue braccia. Erano così vicini che le gambe di Harry si trovavano in mezzo ai loro corpi, Louis districò con le cura le sue braccia, sollevando la sua gamba destra per mettersela sulla coscia, avvicinandosi ulteriormente.
A stretto contatto, a pochi centimetri l’uno dall’altro, Louis toccò le lacrime sul volto del riccio. “Non stai bene…” sussurrò, abbassando gli angoli della bocca in un broncio. I pollici di Louis accarezzarono con cura i suoi zigomi, mentre il respiro di Harry cominciava a calmarsi. Louis sospirò a sua volta e gli premette un piccolo bacio sul naso, per poi passare alla guancia sinistra. Continuò in questo modo, piccoli baci che avevano l’obiettivo di togliere le lacrime che aveva versato.
Harry finì soltanto per piangere più forte, tremando tra le braccia dell’uomo. Louis lo attirò a sé, cullandolo contro la sua spalla, ancora una volta senza motivo. Louis non doveva fare tutto questo. Non doveva essere l’unica persona che l’avesse mai fatto sentire così bene. Harry non poteva gestire tutto quello.
“Harry, cosa c’è che non va?” domandò Louis toccandogli i ricci.
“Tutto.”
“Dimmi, sai che puoi parlarmi di qualsiasi cosa. Haz… per favore.”
Le mani di Louis gli coprirono il viso ed Harry alzò lo sguardo, tossendo leggermente quando incontrò quegli occhioni blu lucidi che riuscivano a guardarlo nel profondo. Che Louis potesse piangere solo perché Harry lo stava facendo era travolgente, era troppo. Provava quella sensazione orribile da settimane e odiava tutta questa situazione. Non poteva più sopportarla.
Guardò di nuovo Louis negli occhi e l’altro uomo ricambiò, alcune rughe sulla fronte, i capelli spettinati e le braccia che lo stringevano in una morsa indistruttibile. Harry dubitava che Louis lo avrebbe mai lasciato andare, per timore che non gli raccontasse la verità.
Le labbra di Louis toccarono le sue. Harry aprì gli occhi di scatto e strofinò il naso contro quello dell’altro. La bocca del maggiore aveva lo stesso sapore di sempre, sapeva di caffè, di qualcosa di dolce. In quel momento non c’era altro che lui, solo lui e il suo profumo, la bocca su quella di Harry. Quella sera stava provando un mare di emozioni potenti e nuove. Louis era incerto, attento a non fare qualcosa di inappropriato, ansimando in leggero apprezzamento mentre Harry continuava a baciarlo, le lacrime che cadevano ancora sulle sue guance.
Era un bacio meraviglioso. Tutto in quel ragazzo era meraviglioso. Qualunque cosa.
“Lou…” ansimò Harry, con il cuore spezzato.
Louis era gentile, era premuroso, lo aveva capito e condiviso i suoi interessi. Louis riusciva a farlo bruciare con sensazioni infuocate che non aveva mai provato in vita sua. Louis gli strappava la pelle, lo faceva a brandelli. Louis era la cosa migliore che gli fosse mai capitata, ma il modo in cui si erano conosciuti e tutte le bugie che avevano detto, rappresentavano tutto ciò che lui aveva sempre disprezzato.
Le labbra di Louis – perfette e morbide – lo baciarono più intensamente, le loro gambe erano aggrovigliate sul pavimento. Harry rabbrividì, il maggiore si avvicinò collassando sul suo corpo. Si sentiva esausto, le lacrime aumentarono di intensità mentre appoggiava il volto contro la spalla dell’altro uomo. Con gli occhi chiusi, sentì le braccia di Louis attorno alla sua vita afferrarlo per l’ultima volta.
“Mi dispiace.” Il respiro di Harry era rotto, il tono rude. “Non posso farlo, non posso.” Scosse vigorosamente la testa. “Non… voglio questo.”
Il corpo di Louis si mosse vicino al suo, poteva sentirlo combattere per trattenere il respiro. Harry singhiozzò ancora più forte, sentendo qualcosa dentro di lui rompersi.
“Non vuoi cosa?” domandò Louis, già sapendo la sua risposta. Certo che lo sapeva, il silenzio e la tensione erano palpabili.
“Noi…”
L’atmosfera nel gazebo divenne improvvisamente fredda, le mani di Louis cessarono di muoversi sulla sua schiena. Era stranamente silenzioso ed Harry sentì come una cascata ghiacciata raffreddarlo completamente, fino alla punta dei piedi. Tenendo la guancia appoggiata sulla spalla di Louis, non riusciva a vedere altro che la mascella e il mento.
Louis non chiese cosa fosse successo, non chiese cosa fosse cambiato tra loro. Non si mosse per qualche istante. La piccola lampada sulla finestrella forniva una luce così fioca che Harry riuscì a malapena a decifrare la figura del maggiore. Fuori era più buio del solito. Incapace di muoversi, Harry sospirò profondamente sulla pelle di Louis, dove la barba sul collo aveva appena iniziato a ricrescere.
Louis rabbrividì, la voce cupa e seria. “Perché è quello che vogliono i tuoi genitori, o per quello che sono?”
Harry aggrottò le sopracciglia e singhiozzò di nuovo, alzò la mano per coprirsi il volto, cercando per istinto il corpo di Louis in cambio di aiuto e conforto, ma Louis si allontanò. Non lo abbracciò, non tentò di consolarlo in alcun modo, Harry si rese conto che Louis non lo avrebbe confortato mentre lui gli spezzava il cuore. Harry doveva cavarsela da sola, era giusto così.
Doveva finire quella messinscena, doveva farlo senza peli sulla lingua. “Entrambe le cose.” Stava mentendo e si odiava.
Quel silenzio assordante era peggio delle parole, era peggio di qualsiasi cosa Harry avesse mai sperimentato.
“Spostati.” Disse Louis, la voce così fredda che Harry sussultò internamente, un’irrazionale sensazione di abbandono che prendeva piede dentro di lui. Era una sensazione nuova e forte, non si era mai sentito così tanto egoista in tutta la sua vita.
Rigidamente, Louis si alzò in piedi con rapidità. Non voleva Harry vicino e il minimo che potesse fare era risparmiarlo da qualunque contatto fisico. Gli sfuggì un altro singhiozzo, ma Louis rimase dov’era, immobile al suo posto. Harry provò a nascondersi in se stesso, gli occhi rossi che continuavano a far sgorgare lacrime come se non ci fosse una fine. Era sicuro che non si sarebbe mai più ripreso.
Gli occhi di Louis si sollevarono dal pavimento e sembrava così sconvolto che Harry perse il respiro, come se qualcuno gli avesse dato un pugno nello stomaco. Gli occhi di Louis erano più blu che mai, brillavano nel buio del gazebo. La camicia era arruffata e bagnata, non portava la giacca, le bretelle erano fuori posto. I pantaloni grigi eleganti erano sgualciti ed erano visibili le calze al di sotto e le scarpe lucide. Harry non aveva mai visto qualcuno più bello di quell’uomo, avrebbe voluto dipingerlo e porlo accanto alla Gioconda. Tutti l’avrebbero dimenticata con Louis al suo fianco.
Harry si spostò da dove era seduto e la sua mano urtò qualcosa sul pavimento. Gli occhi del maggiore seguirono il movimento, il corpo ancora immobile e illeggibile. Abbassò lo sguardo e trovò un libro nero sotto la panca, la copertina era logora, le pagine ingiallite, le lettere cremisi graffiavano lo sfondo scuro. Harry lo raccolse, con i pollici ne accarezzò la superficie, prima di allungarlo all’uomo di fronte a sé. Sapeva che sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, ma non poteva tenerlo.
“Ecco, tieni.” Sussurrò Harry, sentendo un nodo in gola, mentre Louis alzava lo sguardo di scatto per incontrare il suo. La pelle di Harry pungeva, gli occhi di Louis bruciavano.
“No, non farmi questo, ti prego.” Lo supplicò Louis.
“Ma è tuo.” Sussurrò Harry mentre il maggiore sbatteva le palpebre e scuoteva la testa. “E’ sempre stato tuo.”
Distrutto, Louis si mosse lentamente, le labbra serrate. Aveva gli occhi lucidi di lacrime mentre lo inchiodava con quello sguardo blu. “Non c’è una ragione per tutto questo.”
Era spaventoso vedere Louis ferito, arrabbiato e angosciato. Harry sentiva il cuore iniziare a rompersi, e avvertì lo strappo finale quando Louis si passò una mano sugli occhi.
“Alla fine vuoi sposarti anche tu e avere dei figli.” Disse il maggiore con voce fragile. “Vuoi tutto questo, anche se non in questo momento. Ti aspetterei, Cristo. Aspetterei per sempre, ma mi hai appena mentito – ti conosco piuttosto bene ormai – e io…” disse tutto ciò come non riuscisse a capire la realtà delle cose, come se ci fosse un gigantesco punto di domanda in bilico sopra le loro teste. Louis inspirò prima di tornare a parlare.
“Non puoi accettare queste cose a causa del tuo incredibile orgoglio!”
Harry si strinse tra le braccia, sentendosi improvvisamente a disagio. Il maggiore sospirò profondamente e gemette, non ne era sicuro ma sembrava esausto e frustrato allo stesso tempo.
“Devi prendere una decisione, Harry!” esclamò Louis, facendolo sobbalzare. “Sei così incredibilmente ovvio – i tuoi problemi familiari sono così trasparenti.”
Louis scosse la testa, incredulo.
“Non riesci a sopportare tua madre, né tuo padre, e difficilmente riesce a parlare di fronte a loro quando sei arrabbiato. E loro hanno un disperato bisogno di controllarti, quindi tu diventi rigido e assente. Riesci a malapena a ridere di fronte alla tua famiglia, e dubito che tu sappia chi sei in loro presenza.” Si passò una mano tra i capelli arruffandoli ancora di più. “E io noto tutto questo! Vedo la differenza in te quando parli di musica e delle cose che ti piacciono. Quando discuti di Monet sei una persona completamente diversa! Harry, capisco che peso sia stato imposto sulle tue spalle da tutta la vita, se mio fratello non fosse morto, dubito che la mia vita sarebbe stata diversa dalla tua, ma…”
Harry deglutì a vuoto, sbattendo le palpebre per fermare le lacrime.
“Ma, Cristo, Harry! Non sai nemmeno se ti piace l’università che stai frequentando. Tutto quello che sai è che ti tiene lontano dai tuoi genitori, e questo ti va bene. Sei così stanco di essere controllato che non riesci nemmeno a concentrarti su te stesso. Su chi sei veramente o cosa vuoi davvero. Non ti rendi nemmeno conto che i cinque anni a Yorkinshare ti apriranno la via alla trappola del signor Styles.”
Harry sentì la pelle formicolare e vide il volto di Louis tinto di disperazione.
“Non capisci che un matrimonio non sarebbe un’altra catena al collo? Ti farebbe liberare finalmente di loro. Potresti fare sul serio quello che vuoi! Ma hai così paura di fare cose che fanno tutti gli altri, come se ti rendesse superficiale e banale. Guarda in faccia la realtà, Harry: se otterrai quella laurea finirai soltanto per lavorare con tuo padre! In questo preciso momento non riesci nemmeno a capire quanto stai sbagliando con il tuo comportamento.” Louis ammorbidì un po’ la voce, senza fiato, gli occhi pieni di lacrime mentre fissava Harry.
“Faresti meglio a mettere a posto la tua vita, per il tuo bene. Spero davvero che tu lo faccia perché ti amo così tanto… ricorda solo che quando ci sarai riuscito, non sarò ancora qui ad aspettarti perché ormai hai rovinato tutto. Perché hai lasciato andare qualcosa che so che ti piace, e solo perché non riesci a risolvere i problemi con i tuoi genitori!” Louis scosse la testa, incredulo, e rimase immobile per qualche minuto. Le spalle abbassate mentre il dolore lo avvolgeva completamente. Si asciugò gli occhi, le ginocchia gli tremavano, quindi si diresse verso la porta ed esitò un istante ma non si guardò indietro, quasi come se non avesse la forza di farlo.
Harry inspirò forte, si sentiva sconvolto e solo. Rimase a fissare le sue ginocchia, non riusciva a guardare Louis, udiva soltanto le parole che gli aveva detto riecheggiare nella sua testa. Era una pillola dura da ingoiare. Ogni parola del maggiore era come un rasoio appuntito sulla sua pelle. Ogni sillaba creava una ferita impossibile da rimarginare.
Ricominciò a piangere quando Louis uscì dal gazebo, e dalla sua vita.
Io non sarò qui.
Il petto di Harry si spezzò in due, sentì lo stomaco sottosopra, il suo cuore era in frantumi per la prima volta nella sua vita. Era stato un disastro nelle ultime settimane, fatto di pensieri incompiuti, poche parole, appunti e piccole annotazioni, ma Louis aveva letto tra le righe. Aveva decifrato i suoi problemi e le sue frasi, aveva strappato le pagine che non avevano senso, le aveva riorganizzate fino a farle diventare un’edizione finita e finalmente leggibile.
Ogni espressione che era esplosa sul volto di Louis gli invase la mente. Le lacrime del maggiore erano come sale sulle sue ferite aperte, perché anche se lo aveva fatto a pezzi, Louis era sempre stato sincero. Harry non riusciva a muoversi. Aveva detto che non lo voleva, aveva detto a voce alta che lo stesso Louis faceva parte dei suoi problemi. Non aveva mai detto una bugia così grossa in tutta la sua vita.
Calde lacrime scivolarono dai suoi occhi sulle guance, modellando percorsi sulla sua pelle arrossata, cadendo dal naso e raccogliendo sulle labbra e sui vestiti. C’era una nuvola pesante e invisibile intorno a lui, nebbiosa e pietrificante. Sentiva le ossa rigide, il corpo pesante. Non sapeva quanto tempo era rimasto nello stesso punto, fissando l’oscurità, ripetendosi tra sé e sé le parole di Louis, ancora e ancora e ancora e ancora e ancora.
Un singhiozzo lo scosse, circa un’ora dopo l’uscita del maggiore. Faceva male persino respirare. Non poteva –
“Harry stai bene?” esclamò sua sorella toccandogli la spalla. Non l’aveva nemmeno sentita entrare nel gazebo. “Louis se ne è andato, Gerard ha detto che stava piangendo, che succede?”
“Se ne è andato…” gridò Harry, lottando selvaggiamente contro il suo corpo per non lasciarsi andare di nuovo. Non riusciva a gestire contemporaneamente il petto pesante e il cuore che batteva forte. Allungò la mano tremante verso il libro, afferrandolo e stringendolo dolorosamente contro il petto. Lottava per incamerare ossigeno, il suo corpo non rispondeva ai suoi comandi. Chiuse gli occhi, ma non riuscì a smettere di vedere le immagini di quello che era successo poco prima.
Sua sorella stava parlando ma lui non la sentiva. Tutto ciò che riuscì a vedere fu la faccia del maggiore, nelle sue orecchie non c’era altro che la voce acuta dell’altro, diretta e schiacciante. Aveva riassunto la sua vita così facilmente, come se l’avesse capito fin dal primo momento. Forse Harry era stato un libro aperto sin dall’inizio. Forse ogni maledetta persona sulla faccia del terra capiva i suoi problemi nel momento stesso in cui lo guardava. Che clichè.
Fanculo, pensò Harry. Fanculo ai suoi genitori per averlo rovinato, per aver ucciso la sua vitalità. Non si era nemmeno reso conto quanto avesse limitato il suo vero io in loro presenza fino a quando Louis non glielo aveva urlato in faccia. Non si era nemmeno resto conto che lo stava facendo ancora adesso. Che non riusciva a sorridere sinceramente a qualcosa di banale mentre era seduto ad un tavolo da pranzo insieme alla sua famiglia. Che non avevo sorriso nemmeno quando sua sorella aveva annunciato la gravidanza. Sarebbe diventato zio, e non aveva avuto nemmeno la forza di essere felice. Non si era congratulato con lei, non aveva detto una sola parola.
Non sarò qui.
No, non ci sarebbe stato per lui. L’unica persona che lo avesse mai compreso del tutto, che non aveva mai opposto resistenza al suo comportamento, entrando dentro di lui lentamente fino a quando Harry non lo aveva rifiutato. Harry si aggrappò al suo libro mentre Gemma sedeva al suo fianco, accarezzandogli i capelli e la schiena. Non poteva lasciar andare quel romanzo. Louis non l’aveva voluto e lui non poteva lasciarlo su quel pavimento buio e freddo. Lucille non aveva mai meritato le sue critiche e Louis non avrebbe dovuto scambiarla con la felicità di uno stupido ragazzo. Meritava di meglio, Lucille, e quello stupido ragazzo non meritava niente di più e niente di meno di quello che aveva ottenuto quella sera.
“Non avevo chiesto tutto questo!” gemette Harry qualche ora dopo, nella sua camera da letto, quando l’orologio aveva segnato da poco la mezzanotte. Non aveva chiesto di avere il cuore spezzato o di trovarsi in una situazione così distorta. Non aveva chiesto di conoscere Louis. Il suo sorriso, i suoi occhi azzurri, i capelli color caramello che parevano seta tra le dita. Non aveva chiesto di essere corteggiato o di sposarsi. Non aveva chiesto nulla.
Non riusciva a smettere di piangere. Nemmeno quando la sua pelle era ormai rossa , il respirò tornò alla normalità. Lo shock della partenza di Louis si era trasformato in dolore, e poi in rabbia, che gli stringeva lo stomaco e le costole, lasciandolo letteralmente senza fiato.
Louis era entrato nella sua vita abbastanza facilmente, gli aveva chiesto di essere suo e aveva intrecciato le dita attorno alle corde del suo cuore. Non avevano programmato di finire in questo modo, anzi tutto il contrario, eppure Harry era riuscito ad avvicinarsi a quell’uomo, ogni secondo in cui Louis gli aveva urlato contro tutto il suo disappunto avrebbe voluto morire. Ora gli rimanevano soltanto le emozioni e aveva paura di distruggerle, così come aveva fatto con quelle del maggiore, come se fossero un vaso pregiato. Alla fine quel vaso si era frantumato ed Harry non si era reso conto che contenesse dei fiori che stavano crescendo lentamente, qualcosa di potente che li aveva uniti e attratti come due calamite. Espellere le corde che aveva creato Louis nel suo cuore era più doloroso di quanto avesse immaginato.
Il vaso rotto e il suo contenuto era sparso sul pavimento del gazebo, vicino a dove si erano incontrati per la prima volta. Petali insanguinati, steli spezzati, spine schiacciate, tutto si dissolveva in una nebbia torrida e senza vita.
Col passare dei giorni Harry si sentiva spento, morto, un guscio vuoto. All’improvviso, l’assenza di Louis cominciò a sentirsi dovunque. In momenti e in luoghi che non si era nemmeno aspettato. Gemma sarebbe presto partita con Gerard, i suoi genitori erano già fuori casa, lui aveva la proprietà tutta per se. Anche dopo un paio di giorni, non era ancora in grado di dormire per tutta la notte. Da solo in quella grossa villa, si rese conto di sentirsi solo dopo molto tempo. Louis lo teneva perennemente occupato.
Quando si trovava nel gazebo si sentiva un po’ meglio, passava ore e ore a leggere, prima di sentirsi di nuovo vuoto e perso. Quando il suo orologio da polso segnava mezzogiorno, gli ci voleva un momento per rendersi conto che Louis non si sarebbe unito per pranzo, che non sarebbe stato seduto al suo fianco, che non avrebbero unito le loro mani sotto il tavolo.
Inoltre, non era arrivata nessuna nuova lettera. La splendida carta utilizzata da Louis, la sua scrittura ordinata e le parole ricercate: niente di tutto quello arrivò nella cassetta delle lettere degli Styles, ed Harry si ritrovò a rileggere tutte le vecchie lettere con disperazione e angoscia. Ne avevano ricevute a dozzine, alcune delle quali dedicate esclusivamente alla letteratura, alcune che descrivevano il modo in cui si sentiva Louis quando vedeva Harry sorridere. Louis era stato così incredibilmente onesto con lui.
Una lettera parlava chiaramente di Mary Shelley, anche se avevano avuto una discussione sul modo di scrivere della donna il giorno in cui Louis aveva scoperto che Harry si era interessato ai romanzi horror. Il discorso tenuto da Louis era stato perpetuo e insaziabile, e anche dopo aver parlato per ore, aveva ancora dei punti da sottolineare, annotandoli in una lettera su cui Harry non avrebbe potuto ribattere, perché sapeva che non gli avrebbe risposto.
Harry si sentì una persona orribile, ricordando il modo in cui spesso aveva trattato Louis. All’inizio era giustificato, dato che non si conoscevano affatto, tuttavia verso la fine si era solamente comportato in modo inadeguato. Louis gli aveva chiesto svariate volte perché non volesse rispondergli, Harry aveva evitato la domanda. Se gli avesse scritto, Louis avrebbe pensato che la loro relazione fosse più solida di quello che avrebbe dovuto essere in realtà.
Tuttavia, Louis non era più li con lui. Mentre Harry rileggeva le lettere e le dichiarazioni d’amore, ricordò come Louis gli avesse detto che si era innamorato di lui proprio quella volta, al mare. Lacrime calde tornarono a cadere sulle sue guance, non si era mai fermate in quei giorni.
Trovò la lettera più straziante di tutte. Temo che tu mi abbia davvero perso, adesso. Cordiali saluti, Louis William Tomlinson. Harry la premette contro il petto e pianse finchè non fu fisicamente esausto.
A cena, quella sera, Harry scese con cautela le scale, i capelli lasciati liberi, gli occhi cerchiati di rosso. Non aveva lasciato la camera per tutto il giorno, lo stomaco borbottava dalla fame.
Gemma lo guardò preoccupata mentre attraversava la porta, la mano cullata sul ventre leggermente arrotondato.
“Harry.” sospirò la sorella, prendendogli la mano mentre lui si accasciava sulla sedia. Il tavolo era stato preparato soltanto per tre persone, quella. “Papà e Gerard devono cenare con un loro amico, stasera.” Spiegò Gemma, forse perché aveva notato il suo sguardo sul tavolo.
Harry non rispose, chiudendo lentamente le palpebre. Si sentiva così stanco, i pensieri non lo lasciavano mai riposare, nemmeno durante la notte. Ogni giorno diventava sempre più difficile andare avanti.
“Harry!” non aprì gli occhi, sapendo che sua madre lo stava fissando scioccata dall’altra parte del tavolo. La sentì sedersi al solito posto, ordinando alla cameriera di servirli. “Cosa diavolo ti sta succedendo? Sei appena uscito dal letto? Guarda i tuoi capelli.”
Harry alzò gli occhi quando sentì Petunia alla sua sinistra mentre gli riempieva il piatto e gli versava un bicchiere di vino rosso. Filetto, salsa, gratin di patate. Non era poi così affamato, alla fine.
Mangiarono in silenzio, Harry masticava lentamente ogni boccone. Gemma gli inviava ogni tanto dei sorrisi confortanti, premendogli ogni tanto la gamba contro il polpaccio per fargli capire che lei era lì, nel caso avesse avuto bisogno di qualsiasi cosa. Tuttavia, Harry non disse nulla, inghiottì il cibo e provò a non pensare a nulla.
“Ne ho abbastanza.” La voce della signora Styles tagliò l’aria. “Questo è inaccettabile.”
“Mamma…” disse Gemma tranquillamente, allungando una mano per toccare il polso della madre.
“Harry, tutto questo non va affatto bene.” continuò la donna, scuotendo la testa e incrociando le braccia al petto. “Sei un disastro completo da un’intera settimana, non so cosa c’è che non va in te, ma è meglio che tu la smetta. Fai una doccia, esci di casa e vai a trovare Louis. Non l’hai visto affatto ultimamente, non pensi che possa essere preoccupato?”
Harry sentì una fitta alla testa, abbassò lo sguardo e fissò il piatto vuoto, impassibile e silenzioso. Louis non c’era più.
“Mamma io…” sussurrò Gemma. “Non credo che si vedano più.”
Harry non sapeva che sentirlo ad alta voce gli avrebbe fatto provare quel forte senso di nausea.
“Scusami?” esclamò sua madre.
Harry sentiva lo stomaco ingarbugliato, la testa pesante.
Gemma si agitò nervosamente sulla sedia, guardando ansiosamente tra la madre e il fratello.  La caviglia della sorella si aggrappò alla sua sotto al tavolo, ma non parlò al posto suo. La postura della signora Styles era rigida e seria, gli occhi socchiusi e piccole rughe sulla fronte.
“Che cosa hai fatto, Harry?” domandò sua madre, ogni parola che pungeva sulla sua pelle.
“Mamma!” implorò Gemma. “Non chiedergli nulla, è sconvolto! A volte le relazioni non funzionano.”
“Non in questa famiglia!” rispose sua madre, autorevole. Ma non c’era nulla che potesse fare a riguardo. Louis e Harry non stavano più insieme. Louis aveva detto che non sarebbe tornato indietro.
Harry sentì il cuore battere sempre più forte, un senso di nausea nello stomaco. Sua madre era pallida, appariva quasi malaticcia, una mano stretta sul cuore.
“Devo chiamare Johannah immediatamente, bisogna fare qualcosa.”
Harry ridacchiò nonostante tutto, un suono privo di qualsiasi divertimento. Qualcosa che rasentava l’isterico. “Per dirle cosa? Che suo figlio dovrebbe darmi un’altra possibilità? E’ un uomo adulto, per l’amor di Dio.”
Gli occhi grigi della madre lampeggiarono furiosi. “Sai benissimo qual era l’accordo. Se il matrimonio non avviene, niente università.”
Harry ridacchiò ancora una volta, ma questa volta il suono fu interrotto da un singhiozzo. Sentì gli occhi inumidirsi, le ciglia che combattevano contro le lacrime. “Mi odi così tanto?” sussurrò, la voce spezzata.
Al suo fianco, Gemma alzò lo sguardo, aggrottando le sopracciglia . Sua madre sembrava completamente stordita, il labbro inferiore le tremò ma non disse nulla.
“In realtà non vuoi che io lasci l’università, vero? Lo stai facendo solo per dispetto.”
I suoi genitori erano così orgogliosi che minacciavano di sacrificare qualcosa che loro stessi volevano, solo perché Harry disobbediva ai loro ordini. Li disprezzava per questo, eppure…
Louis aveva detto che Harry stava gettando via la sua vita, solo perché non riusciva a vedere oltre i suoi problemi. Evidentemente, sua madre aveva lo stesso problema. I suoi genitori lo avevano mandato in un’università che non voleva frequentare, ed Harry respingeva Louis soltanto perché era qualcosa che loro desideravano.
Problemi di comunicazione, sembrava che Harry non riuscisse a gestirli particolarmente bene. Non riusciva a vedere oltre, così aveva detto Louis. Tutto avrebbe dovuto essere gestito separatamente, ma non era così che si era svolto. Tutto si era aggrovigliato in nodi impossibili, l’ansia di Harry si è manifestata nel momento meno opportuno e l’ha diretta verso la persona sbagliata. Era scattato quella sera, quando sua madre aveva menzionato i bambini. Si era sentito in gabbia, gravemente sopraffatto, e la voglia di ribellarsi gli aveva invaso la mente. Aveva scelto di isolare Louis per respirare un po’ più facilmente, ma in realtà si era privato di un’altra cosa che lo faceva sentire vivo. Sua sorella, la letteratura, l’arte, la musica… e Louis. Era una delle poche cose che lo faceva sentire bene, se stesso.
Si sentiva ancora tremendamente confuso, non smetteva di pensare. Cosa voleva realmente? Quali erano i suoi desideri? Per così tanto tempo si era detto che un matrimonio era l’ultima cosa sulla faccia della terra che avrebbe voluto fare, perché sapeva che non sarebbe stato lui a scegliere suo marito. L’uomo senza volto dei suoi sogni non sarebbe stato in piedi sull’altare, ci sarebbe stato l’uomo voluto dai suoi genitori.
Ma cosa succederebbe se il pretendente ideale dei suoi genitori non fosse così male? E se quel ragazzo fosse l’uomo dei suoi sogni?
Sua madre, ancora sbalordita, faticava a trovare qualcosa da dire. Harry si ritrovò di nuovo a piangere, le spalle che sussultavano in modo irregolare, i polmoni pesanti. Non piangeva mai di fronte a sua madre, non si era mai sentito così vulnerabile davanti a lei. La mano di Gemma si chiuse attorno al suo polso, stringendo forte, come se volesse prendersi un po’ del suo dolore. Per quanto incredibile, dubitava che la sorella potesse comprendere fino in fondo i suoi problemi. Era come se fossero cresciuti con due madri diverse.
“Non voglio farti star male, figliolo. Sto cercando di farti ragionare.”
Harry scosse la testa. “Ma se non riesco a sposare Louis e tu mi togli l’università, allora cosa succederebbe? Potrei fare le valigie e trovare un lavoro al molo.”
La signora Styles rimase in silenzio, forse turbata per aver colto finalmente il buco nel suo piano. Forse i suoi genitori avevano sempre saputo quanto li odiava e avevano usato tutto questo contro di lui, sin dall’inizio. Senza soldi e senza scuola non avrebbe potuto fare nulla, sarebbe stato costretto a fare affidamento sulla sua famiglia per sopravvivere. Solo che il loro obiettivo, Louis, lo aveva aiutato a capire che avrebbe potuto cambiare le carte in tavola. Ad esempio, un nuovo inizio senza la loro ricchezza avrebbe potuto essere l’ideale per lui.
Anche mentre contemplava l’idea di andarsene per sempre, non riusciva a fare chiarezza nella sua testa. Ne avevano già parlato una volta, sul portico della dimora Tomlinson. Louis aveva chiesto perché volesse frequentare Yorkinshare, e lui non era riuscito a dargli una risposta adeguata, dicendo semplicemente che era quello che doveva fare.
Era stato così impegnato a non fare ciò che i suoi genitori volevano, da non aver capito ciò che voleva realmente? Chiaramente era andata così. Per un momento aveva pensato se le lezioni  e i corsi gli piacessero oppure no,  o semplicemente se era l’ambiente a farlo sentire stretto e sbagliato. La scuola di legge non era difficile, ma gli piaceva davvero? In quel momento, non ne era sicuro.
Fissò sua madre, gli occhi grigi della donna che lo guardavano attentamente. Harry riusciva a vederlo lo sfarfallio inquieto nei suoi occhi, la comprensione reciproca che iniziava ad insinuarsi tra loro. Poteva fare ciò che desiderava davvero e andarsene di casa, in quel caso lei avrebbe perso. Oppure lei poteva tagliare i suoi fondi e l’università, in quel caso a lui non sarebbe rimasto nulla. Ogni cosa avrebbe portato all’emancipazione di Harry, solo che non aveva idea se fosse una cosa negativa o positiva.
La terza opzione sarebbe stata quella di lasciarlo andare e non considerarlo più come figlio.
Sua madre si alzò in piedi, ritirandosi dal soggiorno. Non era ancora finita, Harry lo sapeva, ma oggi sua madre si era piegata. Era una piccola vittoria, eppure Harry non si sentiva un vincitore. Come poteva vincere quando la guerra che combatteva era contro sua madre?
La mano di Gemma si strinse attorno al suo polso. “Non sapevo che non ti piacesse.”
Harry scrollò le spalle, annuendo leggermente. “Va bene così…”
Riusciva a sentire la confusione nella voce della sorella. “Ma proprio non capisco… cosa è successo con Louis?”
Harry deglutì il nodo che sentiva in fondo alla gola. “L’ho mandato via a causa di mamma e papà, lui sapeva tutto.”
Gemma parlò con tono basso e sincero. “Lo ami, vero?”
Si.
“Importa? Ha detto che non sarebbe più stato qui quando avrei capito cosa voglio davvero.”
“Perché l’hai mandato via quando voleva solo aiutarti!” disse Gemma con determinazione. “Quindi, smettila di fare la vittima. Lascia perdere mamma e papà e quello che dicono, penso che tu abbia capito cosa vuoi davvero.”
Forse aveva ragione lei. Forse un ragazzo era tutto ciò che desiderava, anche se aveva già incasinato la situazione. Si domandò se Louis potesse perdonarlo, o se fosse troppo tardi.
 
 
 
 
 
 
**
 
 
 
 
Quella sera aveva piovuto per la prima volta in tutta l’estate. Harry si era ritirato dalla villa e si era seduto sulla solita panca nel gazebo quando le prime gocce colpirono il tetto e bagnarono le finestre.
La fronte appoggiata sulla superficie fresca della finestrella, le ciglia che sbatteva pigramente mentre guardava lo scenario meraviglioso all’esterno, il cielo era grigio, non sembrava nemmeno estate.
La sabbia sulla spiaggia era diventata più scura a causa della pioggia, l’oceano era mosso e l’aria aveva provocato delle grosse onde. Harry non era sicuro del perché, ma quel temporale sembrò chiamarlo. Non sentiva la sensazione della pioggia fredda sul viso da troppo tempo, né il vento tra i capelli. Mentre appoggiava il libro sul davanzale ed usciva dal gazebo, sentì l’acqua battente contro il suo corpo, il cielo in tempesta sopra di lui. Sperava persino di sentire qualche tuono.
Raggiunse la spiaggia tenendosi abbastanza lontano da non permettere alle onde di raggiungerlo, tranne per alcune goccioline che arrivavano fino a lui a causa del vento forte. Le sue scarpe diventarono  fradicie e fangose a causa della sabbia, sentiva i piedi pesanti mentre procedeva lungo il litorale. La pioggia gli cadeva sulle guance fino a renderle rosse, eppure lui si sentiva bene sotto quella tempesta, come se fosse una sorta di punizione. Per un momento, pensò di meritare tutto quello.
Forse era troppo duro con se stesso, o forse no. Dalla cena non era stato in grado di pensare molto a Louis, nel frattempo le parole che l’uomo aveva pronunciato echeggiavano ancora nella sua testa. La maggior parte delle persone del suo ambiente, si sarebbe piegata agli ordini dei genitori in cerca della loro approvazione, ma l’istinto di Harry si stava ribellando per avere il risultato opposto. Doveva ancora decidere cosa fare della sua vita. Ad ogni modo, Louis aveva ragione, il matrimonio avrebbe potuto renderlo libero, se fosse stato disposto  a guardare oltre il fatto che era desiderio dei suoi genitori che si sposasse. Era un uomo adulto e maturo, non avrebbe dovuto vedere il matrimonio come un problema, ma la situazione era quella che era.
Se voleva stare con Louis, lo avrebbe fatto di sua spontanea volontà. Ed era quello che aveva fatto nelle ultime settimane.
Mentre si avventurava sempre più lontano dalla proprietà degli Styles, attraversando la linea di confine della loro terra, cominciò a sentire freddo mentre il temporale continuava e i pensieri iniziarono a diventare più chiari nella sua mente.
All’improvviso, capì che non si trattava di ciò che la sua famiglia desiderava o no. Ciò che contava era Louis, e cosa avrebbe dovuto fare per trattenerlo. Louis era stato fin dall’inizio molto chiaro su ciò che intendeva essere nel suo futuro, ed Harry sapeva che avrebbe dovuto accettare tutto ciò se avesse voluto far funzionare le cose tra loro. Louis però, era una persona premurosa, che senza dubbio sapeva cosa ci voleva per costruire qualcosa, ed era decisamente disposta a scendere a compromessi.
Ti aspetterei per sempre.
Harry si ritrovò a miglia di distanza da casa. Il cielo non offriva altro che nuvole nere e sentiva i capelli bagnati sulla fronte, le orecchie fredde e la pelle piena di brividi. La sera si stava trasformando in notte e la spiaggia cominciò ad apparirgli ostile piuttosto che confortante. Rabbrividendo sotto i vestiti bagnati, si voltò per tornare indietro. Era andato più lontano del previsto e gli ci volle quasi un’ora per ritornare alla villa. Sentiva il corpo congelato e i muscoli intorpiditi, il vento iniziò ad infierire contro la sua pelle.
Miserabile, bagnato e freddo, tornò alla proprietà. Il gazebo era ancora illuminato da una lampadina sul davanzale, la luce gialla gli appariva come un faro nella notte. Desiderava una doccia calda, ma non riusciva a lasciare il gazebo. Aveva proprio bisogno di una passeggiata sotto un temporale, la sua mente si era rinfrescata, nell’ultima ora erano cambiate tantissime cose. Ora sapeva quello che voleva, e all’improvviso gli sembrò facile riuscire a mettere ordine nella sua vita.
 

 
 

 
   
 
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