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Autore: Mirae    13/07/2020    1 recensioni
«È vero... è tutto vero», erano state le sue parole prima di andarsene e lasciarlo in quel luogo da solo, ma solo quando si era specchiato e si era visto nel frammento del vetro aveva compreso: era tornato il mostro di sempre.
Non l’aveva trovata nell’attico e quando era giunto in centrale, lei non c’era e lui aveva perso tempo a cercare di recuperare le piume insanguinate che la signorina Lopez aveva raccolto sul luogo della sparatoria, dove lui aveva ucciso Caino e provocato la morte dei suoi complici. E poi... poi aveva perso altro tempo prezioso andando a piagnucolare da Linda, sperando in qualche suo utile consiglio: dopotutto, non era solo la sua terapista, ma era anche amica di Chloe.
Era stata tutta colpa della sua indecisione se lei era fuggita a Roma, dove aveva incontrato quel ciarlatano di padre Kinley. Era stata tutta colpa sua se Charlie era stato rapito da un’orda di demoni disobbedienti e ora Amenadiel e Linda l’avrebbero odiato per l’eternità. Sì, era tutta colpa sua e per questo meritava di sedere su quel trono.
-EPILOGO ALTERNATIVO-
Genere: Sovrannaturale, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avarizia

 

Ai piedi della collina si estendeva la città di Los Angeles, le cui luci non arrivavano a coprire la Via Lattea. Quando, nove anni prima1, aveva deciso di lasciare definitivamente l’Inferno per stabilirsi in quella città, quella villa era stata il suo primo acquisto, mentre avviava le trattative per l’affitto del Lux e dell’attico: amava osservare la città degli umani da quell’altezza e allo stesso tempo lo esaltava l’idea di fare un dispetto a suo padre, ma soprattutto a certi suoi fratelli. In quel momento, però, mentre si portava alle labbra il bicchiere di whiskey, i suoi occhi non registravano nulla della natura che lo attorniava. Sussultò, anzi, quando Chloe lo raggiunse da dietro e gli incrociò le braccia attorno alla vita, appoggiando la guancia destra sulla sua schiena.

«Si è riaddormentata?» Le chiese, ricevendo come risposta – affermativa – solo un lieve strusciamento contro la propria schiena. Bevve ancora un sorso di whiskey, continuando a fissare davanti a sé.

Restarono in quella posizione, avvolti in un silenzio pressoché totale, rotto di tanto in tanto solo dal frinire dei grilli, per diversi minuti.

«Dobbiamo parlare», pronunciarono nello stesso istante.

«Prima tu», le concesse Lucifer, sciogliendosi dal suo abbraccio e girandosi a guardarla, allungando il braccio sinistro, col palmo rivolto verso l’alto.

Chloe inspirò a fondo, poi prese coraggio e andò dritta al punto, senza tergiversare: ormai conosceva bene il suo compagno e sapeva che se avrebbe preso alla larga il discorso, lui avrebbe girato la frittata a proprio vantaggio, non per niente era il Diavolo! «Questa convivenza è dannosa per entrambi: domani io e Trixie torneremo nel mio vecchio appartamento», disse il più veloce possibile.

Lucifer boccheggiò, aprendo e chiudendo la bocca due otre volte, senza riuscire a emettere alcun suono: Chloe l’aveva sempre stupito, sin da quando gli aveva dato il due di picche la prima volta, ma adesso sembrava che finalmente le cose tra loro due stavano andando bene; non c’era alcun motivo per cui volesse abbandonare lui e Alma Lucinda, soprattutto perché la bambina stava dimostrando più attaccamento a lei che non a lui.

Da parte sua, Chloe lo guardava in attesa di una reazione: non era da lui rimanere spiazzato di fronte a una simile rivelazione. Era sempre stato pronto a reagire con una delle sue battutine irritanti. Piegò la testa di lato, strizzando un po’ gli occhi.

«Non puoi», sentenziò alla fine il Diavolo.

Chloe si rimase dritta e incrociò le braccia: «Perché no? Sentiamo».

«Perché Alma Lucinda ha bisogno di te», si sporse in avanti, nel tentativo di metterla con le spalle al muro di fronte a questa evidenza. Non era tutta la verità: a quella, ci sarebbe arrivato tra poco.

«No, ti sbagli. Alma Lucinda ha bisogno di te, di sentire suo zio dalla sua parte. E tu, durante una sua crisi che cosa fai? Te ne vai, lasciandola sola a piangere tra le braccia di una sconosciuta», lo rimproverò.

«Non sei una sconosciuta per lei, Letenati», cercò di calmarla.

«E invece sì, sono solo una sconosciuta, un surrogato della figura materna».

«Questo non è vero, Letenati, e non è giusto che tu ti smunuisca in questo modo», controbatté Lucifer.

«Non mi sto sminuendo, Lucifer. Sto guardando in faccia la realtà. Perfino tu, ti sei appoggiato a me e questo non va affatto bene. Abbiamo tutti e due un lavoro molto impegnativo. Ok, forse il tuo è un po’ più impegnativo del mio...»

A quel punto del discorso, Lucifer si lasciò scappare una mezza risata sarcastica e bevve un sorso di liquore, voltandosi un attimo a guardare verso la città in lontananza.

«...Ma quando torno a casa, vorrei potermi rilassare anch’io, e invece mi trovo a dover accudire ben tre bambini, di cui uno veramente molto, molto, molto infantile», concluse, calcando ogni volta sull’avverbio.

«Tre bambini? No, no, Letenati, qua ci sono solo due bambine, ma stanno crescendo abbastanza in fretta, grazie a mio Padre. Non vedo nessun terzo bambino». Bevve di nuovo.

«Davvero? Perché ci sto parlando assieme proprio in questo momento. Anzi, sto tentando di parlarci, perché lui non sta facendo altro che fare capricci».

Lucifer girò su sé stesso, cercando questo misterioso bambino, esasperando ancora di più la donna.

Alla fine, parve capire l’antifona: «D’accordo», le concesse, «è evidente che mi consideri un bambino capriccioso e credimi quando ti dico che sei fortunata ad essere stata scelta da me come mia compagna: non sono molti gli umani che possono vantarsi di offendere il Re dell’Inferno. In effetti, nessuno». Piegò la testa di lato, le labbra strette nella sua solita smorfia sarcastica, aspettando che adesso fosse Chole a cogliere l’ammonimento.

Chloe lo guardò interdetta: era la prima volta che le si rivolgeva in maniera così dura; insomma, le aveva sempre detto di essere il Diavolo, ma mai aveva osato minacciarla.

«Non ti preoccupare, però», riprese a parlare, approfittando del silenzio della donna, «sarò io ad andarmene. Il tuo appartamento a Venice è stato venduto, quindi puoi continuare a vivere qua».

«Molto gentile da parte tua». Il tono che Chloe usò tradì la sua ira repressa, evidenziata anche dal guizzo della mascella.

Lucifer non riuscì a trattenersi dall’ennesima frecciata, nella stupida convinzione di rendere l’addio più semplice: «Dovresti essere felice: un bambino in meno da accudire».

Chloe strinse l’aria nei pugni, mentre chiudeva gli occhi e le scappava un grugnito: «Sei insopportabile quando usi le mie parole contro me stessa».

«Beh, credevi forse di averne l’esclusiva?» Lucifer continuava a darle le spalle, ma Chloe pensò che con quella frase lui cercasse di stemperare l’atmosfera, quindi decise anche lei non già di sotterrare, ma almeno di abbassare l’ascia di guerra: «Non volevo cacciarti da casa tua», cominciò, abbracciandogli la schiena, ma Lucifer la bloccò di nuovo: «Non sei tu che mi sta cacciando, Letenati: la colpa è di Erona».

«Chi?» Chloe sciolse l’abbraccio e con dolcezza costrinse Lucifer a girarsi verso di lei.

«Un demone. Voi li chiamate centauri», spiegò. «È evidente che Kristiel non riesce a contenerla ed è mio compito tornare laggiù», le rivelò infine.

Dalla gola di Chloe uscì un sospiro.

Lucifer restò a guardarla in attesa di una reazione più violenta per alcuni secondi, prima che la donna riuscisse a comporre un pensiero articolato che fosse quanto più razionale possibile, anche se la tentazione di stringere il collo del compagno era ogni momento più forte: «Vuoi tornare all’Inferno? E lasciare me e Trixie, ma soprattutto Alma Lucinda, da sole? E la promessa che hai fatto a tua sorella?»

«Non capisci Letenati?» Gli occhi gli si riempirono di lacrime. «Erona si è palesata ad Alma e questo significa solo una cosa: i demoni sono pronti a un’altra rivolta contro di me. Non posso permettere che tornino sulla Terra e rapiscano Alma: ho promesso a Kristiel che l’avrei protetta contro tutto e tutti e se questo significa lasciarla qui, beh, sono disposto a farlo. Del resto, qua ci sono sempre Amenadiel e Linda», cercò di indorare la pillola, ma le labbra non volevano saperne di piegarsi in un sorriso.

«Non puoi mandare qualcuno dei tuoi fratelli? Michael, Gabriel, Rafael, per esempio?» Azzardò la donna, citando alcuni nomi a caso e mordicchiandosi il labbro inferiore.

Un gesto che provocò una reazione nelle parti basse del Diavolo e che costrinse Lucifer a mettersi una mano in tasca e a deglutire: «Che cosa?» Cercò di ridere, in modo da allentare anche la tensione sul cavallo dei pantaloni: Chloe aveva un grandissimo potere su di lui e neanche se ne accorgeva. «Quelli si staranno strappando le piume vedendomi tornato sulla Terra».

«Oh, giusto. In Paradiso ti sei fatto qualche nemico. Ma nessuno dei tuoi fratelli è in debito con te?» Chloe piegò la testa di lato, ma il pensiero dei suoi fratelli aveva spento i bollenti spiriti di Lucifer, il quale, concentrandosi, riuscì a pensare a sua sorella Azrael: «Ora che ci penso, ho una sorella che sarebbe disposta ad aiutarmi».

«Visto?» Chloe non se ne accorse, ma il modo in cui la bocca le si allargò, così come gli occhi le risplendettero, scaldarono il cuore a Lucifer molto più di quando, pochi mesi prima nell’attico era riuscita a fargli riprendere l’ambita forma umana. «Chiamala: che cosa aspetti?» La donna si laciò prendere dall’euforia, ma mentre Lucifer giungeva le mani per stabilire un contatto telepatico con la sorella, Trixie richiamò la loro attenzione, costingendo i due adulti a voltarsi verso di lei: «Mammina? Non trovo Alma Lucinda».

 

§ § § § § § § § § §

 

«Adesso calmati, Lucifer!» Amenadiel si impose sul fratello con tutte le sue forze.

«Come faccio a calmarmi? Alma Lucinda è da qualche parte là fuori, di notte, con Rockwell e il suo amichetto ancora in libertà, grazie alla vostra organizzazione corrotta», si girò verso Daniel, precipitatosi alla villa quando Chloe lo aveva avvertito.

«Magari si è nascosta da qualche parte», azzardò quest’ultimo, ignorando l’accusa di Lucifer.

«Come Trixie quando Chloe e Penelope stavano litigando per farla o meno recitare?» Frecciò ancora il Diavolo.

«Giusto!» Dan agitò il dito indice verso Lucifer.

«Scusa, puoi abbassare quel dito? È inquietante. Comunque, sì, so che ho ragione».

«No, non mi riferivo a quello», lo contraddisse Dan, smettendo di agitare il dito. «Trixie si è allontanata durante un litigio, è probabile che Alma abbia fatto lo stesso: perché stavi litigando con Chloe?»

La domanda suonò a Lucifer come un’accusa poco velata, tanto più che sia Dan che Amenadiel lo stavano fissando in attesa, gambe leggermente divaricate e braccia conserte.

«Fantastico!» Sbottò Lucifer, allargando le braccia e lasciandole ricadere lungo i fianchi. «Fate pure il processo a me, mentre Alma Lucinda è chissà dove».

«Lucifer», lo richiamò il fratello, «è importante: forse vi ha sentito litigare e si è spaventata. Non dimenticarti che proviene da una situazione violenta».

Bene. Era arrivato alla resa dei conti. Dopotutto, in quel modo poteva convincere lui ad andare all’Inferno, anziché distrarre Azrael dal suo compito: «Volevamo entrambi una pausa di riflessione».

«Volevate lasciarvi?» «Volevi tornare all’Inferno?» Dan e Amenadiel parlarono insieme.

«No e sì», rispose Lucifer, sempre più impaziente.

«Che significa?» Questa volta parlò solo Amenadiel, le braccia di nuovo incrociate sul petto.

«Non possiamo rimandare le spiegazioni a dopo?» Sbottò Lucifer di rimando.

«Va bene, ma non può essere andata lontana: dietro casa c’è un precipizio e voi due l’avreste vista se stavate sul patio. Quindi, può essere solo uscita in strada, ma qualche tuo vicino l’avrebbe vista e ti avrebbe già chiamato».

«A quest’ora della notte? E no, se è scesa dalle scale laterali, non avremmo potuto vederla», ribattè Lucifer.

«D’accordo, è inutile fare recriminazioni», intervenne Dan. «Tu e tuo fratello perlustrate il bosco, io controllerò la strada».

Finalmente d’accordo, i tre uscirono e si divisero, ma mentre Lucifer si accingeva a scavalcare la recinzione, Amenadiel, lo trattenne per un braccio: «Davvero volevi tornare all’Inferno? Che ne sarebbe stato di Alma Lucinda?»

Lucifer sbottò per l’ennesima volta, ma prima di rispondere al fratello, si guardò intorno: forse Dan aveva ragione, come avrebbe fatto una bambina a scavalcare quella recinzione? Era alta centosettanta centimetri – praticamente superava Trixie e arrivava alla testa di Alma – e non aveva appigli affinché le ragazze potessero scavalcarla, a meno che... No, non voleva neanche prendere in considerazione quell’idea. Si decise, quindi, a rispondere al fratello, il quale continuava a tenergli il braccio. Sospirò: «Io e Chloe abbiamo litigato dopo aver calmato Alma Lucinda: in era svegliata urlando, in preda a un incubo, anche se non credo si trattasse di un vero incubo. Piuttosto, sono sicuro che fosse un messaggio di Erona».

«Erona?» Amenadiel lo guardò sochiudendo gli occhi e piegando la testa di lato.

«Sì, hai presente quella bellissima demone con due bocce grandi così e un culo niente male, da cui però spunta una lunga coda di cavallo?» Lucifer quasi derise il fratello maggiore.

«So perfettamente chi è Erona, non c’è bisogno che mi descrivi attributi a cui non ho mai prestato attenzione. Mi domando perché Erona avrebbe dovuto entrare nei sogni di nostra nipote: non avevi detto che l’Inferno era attualmente sorvegliato?»

«Già, ma Alma Lucinda ha sognato che da un albero alle spalle di sua madre si dirmavano delle liane che stritolavano Kristiel e me, mentre Erona, spalleggiata da Runia2 e da Basilisco, stava per scoccare una freccia contro nostra sorella: come te lo spieghi se non un messaggio di Erona diretto a me?»

«E se invece fosse un avvertimento di Kristiel?» Amenadiel si grattò il mento.

Lucifer emise un risolino.

«Può darsi che i demoni stiano progettando un’altra rivolta e che se torni laggiù potrebbero tenderti un’imboscata».

Lucifer sgranò gli occhi: in effetti non era un’eventualità da scartare. Seppur ancora terrorizzata, Alma Lucinda aveva detto che sua madre stava brandendo una spada fiammeggiante con la quale stava cercando di tagliare le liane. «Oh, caz...», imprecò.

«Appunto», equivocò Amenadiel.

«No, non hai capito: Alma Lucinda ha parlato anche di una spada fiammeggiante e di un drago».

«Quanti draghi ci sono all’inferno?» Si informò Amenadiel.

«Capaci di forgiare spade fiammeggianti? Nessuno credo», spiegò con un filo di voce il più giovane.

«Credi che sia tornata?» Amenadiel non sapeva se preoccuparsi o essere felice.

«C’è solo un modo per scoprirlo: andare laggiù e dal momento che eri tanto disperato dal non averla potuta salutare, puoi andare tu. Buon viaggio». Lucifer gli diede una pacca sulle spalle, lasciandolo solo sul bordo della piscina, interdetto e con la bocca spalancata e le braccia penzoloni, e si allontanò, dirigendosi verso l’interno della villa: c’era un posto dove la nipote aveva potuto nascondersi e al quale nessuno di loro aveva pensato.

 

§ § § § § § § § § §

 

«È incredibile! Ha dato la colpa a me, quando è ovvio che è tutta tua», sbottò Lucifer appena raggiunse Dan all’ingresso del Runyon Park.

«Che cosa sarebbe mia?» Ribattè Dan, chiudendo il taccuino.

«Il fatto che nel cuore della notte hai svegliato i miei vicini», lo redarguì ancora Lucifer.

Dan sospirò, voltandosi di lato e battendo una mano sulla gamba, poi decise che quel rospo era indigesto: «Io non avrei avuto bisogno di svegliare i tuoi vicini, se tu avessi controllato meglio!»

«IO avevo controllato bene, altrimenti Chloe non avrebbe insistito per chiamarti», gli rinfacciò il Diavolo.

«Oh sì», Dan mosse la testa su e giù, «talmente bene che non hai pensato al tetto», lo derise.

«Il problema non sarebbe esistito se qualcuno non mi avesse convinto che vivere sopra un locale notturno non era il massimo per due bambine», insistette Lucifer, ma, per evitare l’imminente reazione del compagno, si affrettò a cambiare subito argomento: «Allora, chi ha deciso di andare a trovare mia sorella? O mio Padre, ma ne dubito, conoscendo i vizi degli abitanti di questa città», domandò, incamminandosi verso un sentiero e dando le spalle al partner.

Un giorno o l’altro giuro che lo strangolo, borbottò tra sé e sé Dan, stringendo i pugni, ma si limitò ad aggiornare il compagno: «Garrett Carter».

Il nome pronunciato suonò come una fucilata per Lucifer che si bloccò all’istante.

«Quel Garrett Carter», specificò ancora Dan.

«Buongiorno ragazzi», esordì Ella. «Il karma: dai quello che ricevi», sentenziò, fotografando la vittima da diverse angolature e frapponendosi fra essa e Lucifer.

«Oh, come il 69», ridacchiò quest’ultimo, facendo sollevare per l’ennesima volta gli occhi al cielo a Dan.

«Ci puoi dire qualcosa su come è morto?» Le domandò l’investigatore.

«A giudicare da quel piccolo rivolo di sangue rosa ai lati della bocca, direi che qualcuno gli ha provocato un’emorragia polmonare, ma non presenta ferite da armi contundenti se non questo ematoma toracico: indi per cui, direi che non è morto qui».

«Perché spostarlo?» Lucifer scosse la testa, non capendo il motivo di quel gesto.

«Non è lontano dalla tua villa», gli suggerì Dan.

Se in un primo momento questa constatazione l’aveva lasciato senza parole, Lucifer si riprese comunque in fretta: «Questo significa che dobbiamo di nuovo trasferirci al mio attico sopra il Lux».

«Non se ne parla proprio», lo contraddisse Dan. «Mia figlia non verrà a vivere in un posto dove chiunque può entrare. Ti sei dimenticato di quella volta che sono entrati dei killer e lei per poco non veniva ammazzata?»

«Come faccio a dimenticarlo se me lo ricordi ogni momento?» Recriminò Lucifer.

«Ok, ragazzi, stop! Qui c’è un morto che grida giustizia» Si intromise Ella.

«Oh! Mi ricordi la Letenati», scherzò Lucifer. «Ma no, mi dispiace», aggiunse, col tono indurito, quasi roco, «la sua morte non grida giustizia».

«Sì, capisco la tua sete di vendetta, ma... ora è morto: non provi un po’ di pietà?» Gli domandò Ella, guardandolo in attesa di una risposta.

«Sono IL Diavolo, signorina Lopez. Che cosa credi possa succedere se mi lasciassi impietosire da ogni lacrimuccia versata dalle anime dannate?» La rimproverò.

«Sììì, lo capisco, ma magari è stato ucciso perché si è pentito di aver aiutato Rockwell», suggerì.

«Penso piuttosto che sia stato ucciso perché non si era accontentato della parte pattuita».

«E da che cosa l’avresti dedotto?» Lo schernì Dan.

«All’Inferno, gli avari – quelli che ci finiscono senza un senso di colpa specifico, intendo – vengono puniti costringendoli a girare in tondo con un masso legato sul petto. È divertente vedere quando si urtano l’un con l’altro, soprattutto perché gli altri sono i prodighi».

«Quindi pensi che qualcuno gli abbia schiacciato il petto con un masso? L’ematoma, però, ricorda più il pneumatico di un camion».

«Non sono presenti segni di pneumatici sul terreno», la contraddisse Dan.

«Questo dimostra che non è morto qui, ma è stato portato qui post mortem», gli tenne testa Ella.

«Che senso ha spostare un cadavere dopo un investimento?» Si domandò Lucifer.

«Questo è un posto abbastanza isolato», ipotizzò Dan, «perfetto per guadagnare qualche ora di vantaggio».

«Ma non ha senso», obiettò Lucifer, «investi una persona e scappi. Non la carichi in macchina per portarla in un parco»

«A meno che non si trovi sulla strada di una possibile fuga», considerò ancora Dan.

 

§ § § § § § § § § §

 

Il tempo, là, sembrava non passare mai: quanti giorni, settimane, o anni, erano trascorsi da quando l’uomo per il quale aveva rinunciato alle proprie ali l’aveva uccisa? Lo ignorava, e forse non le interessava neanche più di tanto, se non fosse stato per sua figlia: aveva ancora dieci anni, o era diventata un’adolescente? Soprattutto, Lucifer si stava comportando come un buon genitore? Sarebbe stato in grado di prenderla per mano e accompagnarla nella crescita? Una lacrima scese sulla guancia della Reggente dell’Inferno proprio nel momento in cui un’anima stava precipitando. Kristiel abbassò lo sguardo: quelle fattezze non le erano del tutto sconosciute, anche se faticava a mettere a fuoco le circostanze che avevano condotto le loro esistenze terrene a incrociarsi.

«E tu chi sei?» gli domandò con un tono quasi musicale.

«Garrett Carter», bofonchiò l’uomo, guardandosi attorno. C’era qualcosa di innaturale in quel luogo: nessuna luce riusciva ad oltrepassare dalle nubi squassate dai lampi e da cui pioveva cenere, nient’altro che finissima e fastidiosissima cenere che penetrava sotto i vestiti e negli orifizi, rendendo la vista appannata e la respirazione difficoltosa. Tuttavia, la donna che lo sovrastava pareva non esserne contaminata. Carter strinse gli occhi, cercando di guardarla meglio, piegando il capo prima a destra e poi a sinistra: le labbra erano di un rosso così vivo che sembrava fosse sangue liquido, mentre le due fila di denti candidi erano socchiuse. Spostò lo sguardo sul resto del viso, senza ancora riconoscerla, finché non commise l’errore di fissarle gli occhi. Da verdi qual erano inizialmente, divennero ben presto del colore del fango. Anzi: erano fango, e quel fango tracimava dagli occhi e lui vi annegava. Ogni volta che cercava di riemergere, mille piccole mani lo rispingevano sotto la superficie del fango, mentre la donna che lacrimava fango cantava “Twinkle, twinkle little star”.

Avrebbe voluto smettere, Kristiel, di torturare in quel modo quell’umano, ma quando i loro sguardi si erano incrociati, lei aveva visto la sua colpa, uno di quelli a cui suo marito vendeva bambini innocenti, forse perfino la loro – la sua – Alma Lucinda e il desiderio di vendetta che riempì il suo essere fu così forte che condannò lei stessa a rivivere in eterno la punizione.

«Mia Signora», nitrì Erona, senza che Kristiel l’udisse. «Mia Signora», insistette il centauro, alzando la voce: nemmeno stavolta l’angelo rispose.

Kristiel era l’Angelo reggente e lei un semplice demone inferiore: non le era permesso avvicinarla e toccarla, così fece l’unica cosa che sapeva fare: impugnò l’arco e incoccò una freccia, scagliandola verso l’alto.

Oltre la prima coltre di nubi, un ragno stava tessendo una tela: quando i dannati, spinti dal terrore di finire tra le fauci del serpente, vi sarebbero rimasti impigliati, Runia si sarebbe affrettata a ricoprirli con le sue secrezioni. All’improvviso, a pochi passi dalla sua opera la freccia di piombo di Erona spuntò da una nube, lasciandola perplessa per un momento, ma la sua curiosità si spense quasi subito perché un colpo di coda involontario di Basilisco la deviò, mentre un dannato richiamò la sua attenzione.

 

§ § § § § § § § § §

 

L’urlo spaventato di Alma Lucinda aveva svegliato sia Trixie che Lucifer e Chloe, i quali si erano precipitati nella camera delle due bambine. Anziché abbracciare lo zio, però, Alma si era stretta a Chloe e a lei, singhiozzando, aveva raccontato l’incubo.

Quando si era confrontato col fratello, entrambi avevano pensato a un ritorno della madre e a una difficoltà di Kristiel, ma ora, guardando la foto che Ella aveva schiaffato sulla scrivania di Daniel, Lucifer si chiese se, per caso, lui e amenadiel non avessero frainteso l’incubo.

«Non capisco, Ella», stava dicendo il poliziotto.

«Garrett Carter non è stato investito o schiacciato, ma... stritolato, probabilmente da un pitone, o un’anaconda».

«Cosa? Non ci sono pitoni o anaconde in California», obiettò Daniel.

«Hai dimenticato gli zoo. E i cittadini privati», constatò la donna.

«Cos’è, un cliente si è arrabbiato per della merce avariata?» Ironizzò Lucifer, suscitando riprovazione negli altri due, il che lo spinse ad aggiungere: «Per i pedofili – e a questo punto siamo tutti d’accordo che Rockwelle e Carter facevano affari con quella gente – i bambini sono solo dei prodotti, della merce».

Ella soppesò la spiegazione, muovendo la testa: «Sì, potrebbe essere così».

«È evidente che è così, signorina Lopez», si impermalì il Diavolo.

«Se le cose stanno così, non è Rockwell l’assassino che stiamo cercando». Chloe era arrivata all’improvviso alle loro spalle, facendo trasalire i tre.

«Letenati», le sorrise Lucifer.

«Inoltre», continuò, «questo significa che la figlia di Rebecca non è più con Rockwell, ma potrebbe essere già stata “venduta”».

«O forse è riuscita a scappare, magari subito dopo il pagamento», ipotizzò Lucifer.

«Giusto», si intromise Dan, «mando alcune volanti al suo vecchio indirizzo: magari sta tornando a casa».

«Se siamo fortunati, anche Rockwell ci andrà», sperò Ella.

In quel momento, squillò il cellulare di Daniel: «Buongiorno, parlo col detective Espinoza? Sono Jane Valdez: mi aveva detto di contattarla se avevo delle novità. Ecco, è tornata la figlia di Rebecca Lapp, da sola».


1  Nella puntata 3*11, viene chiaramente indicato il 2011 come anno in cui Lucifer decide di tornare a Los Angeles (l’ultima volta pare sia stata negli anni Sttanta, a giudicare da come si veste in una delle prime scene) e questa mia fanfiction è ambientata tra la primavera e l’estate del 2020.

2  Omaggio personale a Tolkien. Cercando il nome di un ragno, sono incappata in Ungoliant, uno spirito malvagio che abitò nell'Avathar durante la Prima Era. La sua forma caratteristica era quella di un ragno femmina gigante, avvolta dall'oscurità delle tele che essa stessa tesseva. In origine era una Maia, ovvero un Ainu (entità paragonabile agli angeli) di grado inferiore. (N.b.: Maiar e Ainur al plurale)

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Di nuovo, non ho davvero scusanti per il ritardo col quale pubblico questo capitolo. Per questo motivo, ringrazio tutti quelli che hanno aspettato con una pazienza davvero infinita, tanto quelli che leggono lasciando un segno del loro passaggio, quanto coloro che preferiscono leggere in silenzio. Grazie soprattutto a chi ha insirito la storia tra seguite/preferite/ricordate.



   
 
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