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Autore: Michele Milia    16/07/2020    0 recensioni
Frederica avvocato in carriera vive la sua vita tra alcool e documenti, il troppo lavoro le sta costando il tempo per stare con suo figlio Alexander che oramai non vede quasi più. I freni dell'auto tagliati e l'esplosione di quest'ultima sono nulla in confronto a quello a cui Frederica sta andando in contro. La donna è finita nel mirino di qualcuno, ma con tutte le persone che ha fatto finire dentro la lista dei sospettati è troppo lunga.
Genere: Avventura, Azione, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Alexander!!»

Devo correre a controllare che stia bene, devo sbrigarmi. 

Mi alzo dal letto, apro il cassetto del comodino e prendo la pistola, scendo all'ingresso. Davanti la porta, c'è l'attaccapanni dove la mia borsa è appesa, infilo l'arma all'interno di essa e, dopo essermi messa le scarpe, esco di corsa da casa.

Salgo in macchina, non c'è tempo da perdere. Accendo le luci e senza essermi messa la cintura parto, per un attimo mi sento osservata, fisso la casa del mio vicino... strano pensavo ci fosse qualcuno alla finestra. 

«No! Frederica, non perdere tempo!»

Spingo il piede sull'acceleratore, per strada non c'è nessuno, non dovrei correre alcun rischio. 

È tardi, per fortuna il pub di mio figlio ancora non è chiuso. Arrivo al pub, parcheggio al volo, scendo dall'auto e corro verso l'ingresso. Una volta dentro noto che c'è molta folla, sono stata talmente impegnata che non mi sono mai preoccupata di venire a vedere com'era il posto di lavoro di mio figlio, non lo vedevo dall'inaugurazione.

Cerco di infilarmi in mezzo alla folla per arrivare al bancone. Il telefono inizia a vibrare, sconosciuto. Rispondo.

«Pronto?».

Sento la stessa musica del pub, lui o lei è qui!

«So che sei al pub di mio figlio... se provi solo a toccarlo io giuro che...».

Cade la linea. Mi incammino con passo più veloce verso il bancone, do, per sbaglio, un colpo di spalla ad un uomo.

«Le chiedo scusa».

L'uomo mi sorride.

«Non si preoccupi».

Arrivo al bancone, Alexander sta parlando con una ragazza, le sta sorridendo nel frattempo sta pulendo un bicchiere, lo mette sul bancone e lo riempie con della vodka liscia. Tutto ad un tratto si accorge di me.

«Mamma?! Cosa ci fai qui?».

«Nulla... mi ero solo accorta che era da tanto tempo che non venivo a vedere il tuo pub. È sempre così pieno?».

«Anzi oggi, rispetto al fine settimana, è vuoto».

Non posso dirgli quello che sta succedendo, si preoccuperebbe... accenno un sorriso per mostrar lui quanto io sia fiera.

«Posso offrirti qualcosa da bere mamma?».

"Grazie Alexander, puoi versami un bicchiere di Whisky per favore?».

«Arriva subito».

Mi siedo al bancone continuando a guardarmi intorno mentre Alexander si allontana per andare a prendere la bottiglia di Whisky, mi accorgo che quando passa dietro a Sophia la spintona sorridendole. Quando torna, lo guardo maliziosamente. Afferro il mio bicchiere di Whisky ed inizio a sorseggiarlo.

«Ti piace proprio quella ragazza».

«Ma di che stai parlando mamma?».

Alexander arrossisce.

«Sei diventato rosso come un pomodoro, ti sto forse mettendo in imbarazzo? Forse dovrei presentarmici».

«Bevi il tuo bicchiere di Whisky dai».

«Si caro, cambia discorso».

Ci guardiamo sorridendo, poi nel suo volto si intravede uno sguardo preoccupato. Ecco che arriva la ramanzina.

«Mamma...».

«Si Alex?».

«Non pensi di star lavorando troppo? Ti vedo stanca, sono parecchi giorni che non dormi...».

«Penso di lavorare il giusto, piuttosto, sei tu quello che lavora di più fra i due. Torni sempre stanco a casa e non dormi abbastanza».

«Io sono ancora giovane, posso permetterlo».

«Stai per caso insinuando che la tua cara mamma sia una vecchia? Potresti stupirti di quello che sarei in grado di combinare in questo pub stasera».

Scoppiamo entrambi in una grassa risata. Poi il suo stato d'animo torna nuovamente preoccupato, non riesce proprio a non pensare a me.

«Mamma...».

«Che c'è Alex?».

«Sono realmente preoccupato per la tua salute, come ti ho già detto in quest'ultimo periodo stai passando le notti insonni e, come se non bastasse, stai bevendo più Whisky che acqua».

Se è riuscito a notarlo lui che mi vede solo cinque minuti al giorno, direi che ha proprio ragione.

«Si Alex... hai ragione però...».

«No mamma, non voglio sentire alcun "però". Domani hai il giorno libero, non leggere più alcun fascicolo. È libero. Goditelo».

«Sarebbe bello se potessimo godercelo insieme».

«Farò in modo di farlo accadere il più presto possibile».

Mi sorride e poi mi chiede di tornare a casa, dice che tutta quella confusione non fa più per me.

«Ci vediamo GIOVANOTTO».

«Ciao mamma».

Alexander mi sorride, poi riprende a servire i clienti, dando una mano a Sophia. Una volta notata la bellezza e la simpatia di Sophia, sorrido ed esco quasi dimenticandomi lo scopo principale della mia visita al pub. 

Salgo in macchina ed inizio a pensare che le telefonate siano da parte di qualcuno che vuole solamente spaventarmi, niente di serio.

Inserisco la prima e parto, direzione letto. Una volta arrivata parcheggio nel vialetto, mi accorgo che la luce del Signor Williams è accesa, chissà cosa ci farà ancora sveglio. 

Una volta entrata a casa, chiudo la porta alle mie spalle. Mi tolgo la borsa di dosso, prelevo la pistola da essa ed una volta toltami le scarpe salgo sopra per andare nella mia camera da letto. 

Poso la pistola sul comodino e mi butto sul letto. Sono stanca, penso che mi addormenterò subito.

Apro gli occhi, mi ritrovo in spiaggia, al mio fianco James, il padre di Alexander. Mi guarda negli occhi.

«Se fosse una femminuccia vorrei chiamarla Alison».

«Io non penso sia una femminuccia James, la pancia è grossa. È sicuramente un maschietto».

«Se dovesse essere un maschietto allora vorrei chiamarlo come mio padre, Alexander».

«E' un bel nome James, e penso piaccia anche a lui».

Tutto ad un tratto James si alza e mi sprona ad entrare in acqua, ma io non voglio, voglio prendermi il sole. James entra in acqua e sparisce. 

Mi ritrovo con Alexander in braccio, sta succhiando il latte dal mio seno, James è ancora al mio fianco, sta guardando la televisione. 

«Quando sarà grande vorrei insegnargli a giocare a baseball».

«Si James, secondo me saresti un bravo insegnante».

Lo guardo mentre è intento a spiegarmi come lanciare una palla e come si dovrebbe tenere la mazza, poi si gira verso di noi e ci guarda sorridendo.

«Siete due angeli».

Sorrido e nel frattempo lui va verso la cucina per prendersi una birra, non appena arriva davanti al frigo, però, sparisce nuovamente.

Alexander è grande, sta giocando a baseball con il papà, sono veramente bellissimi e decido di scattargli una foto.

All'improvviso James si avvicina a me e mi bacia.

«Io devo andare, mi dispiace abbandonarvi... ma non sono più in grado di mantenervi...mi... mi hanno licenziato».

«Non preoccuparti James, io sto finendo gli studi ed a breve comincerò a guadagnare abbastanza per mantenerci tutti e tre».

«Non posso permettere ciò Frederica, non voglio esserti di peso».

James si allontana, sparisce nuovamente. Vorrei corrergli dietro ma non ci riesco, non riesco a muovermi. 

Un rumore, un qualcosa che si rompe. Mi sveglio di colpo, il rumore non era nel sogno, qualcosa in casa mia si è rotto. Afferro la pistola e mi alzo di scatto dal letto. 

Ho paura e cammino lentamente. Scendo le scale guardandomi intorno senza mai lasciare un angolo scoperto. Tengo la pistola puntata davanti a me, arrivo nel mio studio e trovo una finestra rotta, non abbastanza da far passare qualcuno ma abbastanza per far passare qualcosa.

Mi guardo intorno, trovo un mattone per terra, c'è qualcosa legato attorno ad esso. Mi chino lentamente per prenderlo continuando a puntare la pistola davanti a me. C'è un bigliettino, lo apro e lo leggo.

«Inizia ad aver paura!».

La porta si apre di botto e punto la pistola spaventata, entra Alexander che vedendosi la pistola puntata alza le mani.

«Mamma! che sta succedendo?!».

Alexander ha paura, abbasso la pistola e cado sulle ginocchia iniziando a piangere. 

Chiude la porta e si precipita verso di me. Si china pure lui sulle ginocchia e mi abbraccia.

«Cosa sta succedendo mamma?».

«Ho paura Alex».

«Paura di cosa?».

Mostro lui il bigliettino e gli racconto tutto, anche il vero motivo per cui mi sono precipitata al pub. 

Lui mi abbraccia, mi asciuga le lacrime e mi toglie la pistola dalle mani. 

«Tranquilla mamma, torna a dormire, ci sono io qui. Domani non mi muovo da casa, chiedo a Sophia di fare da sola garantendole un aumento per quella giornata, lei capirà».

«Non voglio recarti fastidio».

«Mamma, non dire stupidaggini! Non posso permettere che ti venga fatto del male. Torna a dormire e domani denunciamo l'accaduto alla polizia. Poi passiamo una giornata insieme in modo da farti tranquillizzare. Non ti lascio sola».

«No! La polizia no... potrebbe prendersela con te!»

Alexander mi accompagna in stanza, si avvicina alla finestra e si controlla intorno per vedere se ci sia qualcuno. Poi chiude la porta e lo sento scendere nuovamente giù. Vuole rassicurarmi ma io ho paura, paura che tutto possa riversarsi su di lui. Chiudo gli occhi ed anche se spaventata riesco ad addormentarmi.

Siamo io ed Alexander, mano nella mano. Lui cammina a testa alta e mi guarda sorridendo. Camminiamo in giro per la città e guardiamo le vetrine dei negozi. Mi fa sentire al sicuro, sarà un grande uomo ed un ottimo marito, ne sono certa. 

Entriamo in un negozio, tutto ad un tratto uno sparo e delle urla. Alexander molla lentamente la presa della mia mano, lo guardo e noto che ha lo sguardo sofferente, è stato colpito mi guarda con gli occhi colmi di lacrime, poi cade a terra. 

Mi sveglio all'improvviso, per fortuna era solo un incubo, tutto in casa è silenzioso. 

Mi alzo e vado a controllare la camera di Alexander, lui non è lì. Scendo le scale velocemente e lo trovo sul divano del soggiorno coricato con la pistola in mano, si è addormentato mentre cercava di fare la guardia. 

Gli sfilo la pistola dalle mani e lo copro, vado nel mio ufficio, mi riempio un bicchiere di Whisky e mi siedo dietro la scrivania poggiando la pisola su di essa. Prendo il bigliettino che avevano legato al mattone e lo rileggo, continuo a non crederci. 

Qualcuno sta cercando di spaventarmi, o peggio, uccidermi!

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