CAPITOLO
20
Συνερχομαι
- Sunerkhomai
Quando
Spiro Theodorakis si fermò nello stesso punto in cui aveva
lasciato i suoi
ospiti la notte prima, era ancora buio e – nonostante le
poche ore di sonno e
il thermos di caffè semi-svuotato sulla strada
dall'aeroporto a lì – scese
dall'elegante SUV intenzionato ad aspettarli anche per tutto il giorno.
Pur
lavorando per una delle sussidiarie della Fondazione Graude in Europa
da più di
quindici anni, Spiro non aveva mai incontrato la giovanissima
presidentessa
prima della notte precedente, e con lei il suo accompagnatore; aveva
invece più
volte accompagnato in città per affari e poi alla sua
residenza privata a Capo
Sunio l'altro proprietario dell'aeroporto privato Kido-Solo, quel
Julian Solo
presidente unico della Solo Shipping International e il suo assistente.
Non
era un uomo curioso, Spiro Theodorakis, ma qualche curiosità
l'aveva anche lui,
soprattutto vista la giovane età della tycoon: come poteva
aver raggiunto un
simile ruolo?
E
anche il suo accompagnatore non doveva essere tanto più
grande.
Con
aria pensierosa, l'uomo si guardò intorno mentre il cielo
cominciava lentamente
a schiarirsi: dove diavolo potevano aver passato la notte? Non c'era
nessuna
costruzione lì attorno, men che meno un qualsivoglia centro
abitato o paesino
dimenticato da Dio.
E
perché avevano chiesto di essere lasciati proprio in quel
punto?
Troppe
domande a cui non sapeva dare risposta.
Con
un sospiro, si appoggiò al cofano del mezzo e
tirò fuori dalla tasca una
piccola agendina e una penna, iniziando quindi a segnarsi alcuni
appuntamenti e
cose da fare.
Passò
così un'ora in silenzio, quando sentì dei passi
avvicinarsi e, alzato lo
sguardo, vide una debole luminescenza a breve distanza mentre una buffa
sensazione di calore lo avvolgeva come un tenero abbraccio.
Sorpreso
e incuriosito, egli richiuse il libretto e ripose la penna in tasca,
per poi
puntare lo sguardo verso di essa; fu ancora più sorpreso nel
vedere che quella
che si stava avvicinando altri non era che Saori Kido, accompagnata dal
ragazzo
con cui era arrivata e seguita da un gruppetto di persone –
Spiro ne contò cinque,
di cui una con una maschera sul viso -.
Quando
infine il gruppo lo raggiunse, Saori Kido – con lo stesso
bastone dorato che le
aveva visto in mano poche ore prima - gli rivolse un sorriso gentile e
un
inchino prima di parlargli in greco: "Buongiorno." disse lei.
Spiro
ricambiò il saluto e, abbassando lo sguardo, si
voltò per aprire loro la
portiera: "Prego." rispose.
Lei
fu la prima a salire a bordo, seguita poi da tutti gli altri; l'ultimo
a salire
fu un ragazzo, dai corti capelli castani e dallo sguardo caldo come il
sole e
sereno.
Questi
gli rivolse un sorriso e poi, con voce profonda, un ringraziamento
prima di
unirsi ai suoi compagni.
"Ci
riporti all'aeroporto, per favore." disse Saori non appena Spiro si fu
accomodato al posto di guida: "Per quando potrà essere
pronto il jet per
tornare in Giappone?" chiese poi.
"Il
pilota è in stand-by dal vostro arrivo, posso chiamare in
modo che al nostro
arrivo siate pronti a partire. In nottata dovreste arrivare a
destinazione." rispose l'uomo dopo aver avviato il motore.
"Perfetto.
Abbiamo molta fretta di tornare a casa."
"Non
si preoccupi, signorina, non ci vorrà molto."
§§§
Il mattino della dimissione
di Seiya arrivò
fin troppo presto e il ragazzo si ritrovò seduto sul letto,
in abiti civili per
la prima volta in mesi, ad attendere che Makishima-sensei tornasse con
i
documenti della sua dimissione.
Dimissione.
Quasi
non riusciva a crederci.
Dopo
tutti quei lunghi mesi, avrebbe finamente visto il mondo esterno e
avrebbe
ricominciato a vivere, vivere davvero.
Non
poteva negarlo, era emozionato oltre ogni dire, e se avesse potuto
avrebbe
anche versato qualche lacrima; ma non voleva che – vedendolo
– gli altri si
turbassero o spaventassero.
Ne
avevano passate troppe in quei mesi per fargli anche quello.
Si
limitò perciò a sorridere stanco a Jabu, in piedi
accanto alla porta, che
scambiava due parole con Seika, stretta nel suo solito scialle che
Satsuki-san
le aveva restituito pulito e ricucito dopo la sua scorribanda ad
Arakawa.
I
due sembravano tranquilli e, nel vederli così, anche un po'
della tensione che
permeava i muscoli di Seiya si attenuò un po'.
Improvvisamente,
si udì qualcuno bussare alla porta e, quando questa si
aprì, comparvero sia
Makishima-sensei che Shiryu.
In
mano al fratello maggiore, Seiya vide dei fogli e si sentì
il cuore in gola.
"Buongiorno,
Kido-kun." salutò il medico con un cenno del capo: "Ho
accompagnato
tuo fratello così da scambiare due parole con te prima di
lasciarti finalmente
libero. Pensi di avere voglia di parlare un po' con me prima di andare
a
casa?"
Incerto
su cosa rispondere, il tredicenne si scambiò un'occhiata
ansiosa prima con Seika,
poi con Jabu e infine con Shiryu, i quali annuirono tutti e tre con un
sorriso
rassicurante: "Ti aspettiamo fuori, fratellino." disse la ragazza
prima di prendere per mano gli altri due, "Andiamo a vedere se Ichi-kun
e
gli altri sono riusciti a trovare l'uscita."
Dopodichè,
sparirono nel corridoio.
Nela
stanza improvvisamente soffocante, rimasero soltanto Seiya e il
dottore, il
quale si avvicinò al letto per sedersi sulla poltrona
lì accanto, la stessa che
Shiryu aveva occupato per tante notti di veglia.
Al
ragazzino mancò il respiro per un attimo.
"Stai
tranquillo, figliolo. Non voglio darti brutte notizie di alcun tipo,
solo
parlarti un attimo. Lo faccio sempre con i pazienti che restano insieme
a noi
così a lungo e tu sei stati praticamente un caso unico nella
storia di questa
clinica, al di là del fatto che tu sia figlio di Mitsumasa
Kido."
Seiya
sgranò gli occhi ed ebbe un moto di panico, che lo
portò ad afferrare un lembo
del lenzuolo.
Ancora
non era abituato, non del tutto.
"Sì,
ragazzo mio, so chi siete ma non preoccuparti, non voglio metterti in
difficoltà o in imbarazzo, queste cose sono molto delicate
ed è giusto che tu e
la tua famiglia abbiate tempo per rifletterci su e decidere come meglio
muovervi. No, non sono qui per questo, voglio solo ringraziarti e
augurarti
ogni bene."
"R-Ringraziarmi?"
chiese lui con voce roca.
"Sì,
ringraziarti. Ringraziarti per aver combattuto ed essere sopravvissuto."
Nella
stanza cadde il silenzio.
Makishima
si tolse gli occhiali e, con un lembo del camice, prese a pulirne le
lenti
mentre gli occhi neri erano puntati su Seiya: "Vedi, quando sei
arrivato
qui, disperavo di riuscire a salvarti. Ho contattato neurologi,
neurochirurghi,
cardiochirughi, tutti gli specialisti possibili. La Fondazione, e
soprattutto
Kido-ojou-sama, non ha badato a spese e io per primo non mi sono
certamente
risparmiato; ciononostante, quando sei arrivato le tue condizioni erano
talmente disperate che temevo non riuscissi a riprenderti. E ora, ora
stai per
essere dimesso. Per un medico, non c'è gioia più
grande, figliolo."
Seiya
deglutì con difficoltà ma non disse nulla.
"Ed
è per questo che voglio ringraziarti, Kido Seiya-kun. Per
essere sopravvissuto
e per aver dato un po' di speranza a un vecchio medico che ne ha viste
tante
nella sua vita."
Con
gli occhi pieni di lacrime, l'uomo rimise gli occhiali al proprio posto
e poi
allungò una mano verso il ragazzino: "Qui avrai sempre un
posto nel cuore
di tutti, figliolo, e se avrai bisogno non esiteremo ad aiutarti, ma mi
aspetto
che tu viva felice e sereno da oggi in poi.".
Seiya
strinse forte la mano, poi si gettò tra le braccia dell'uomo
e si aggrappò alle
sue spalle, singhiozzando contro il suo petto; con gentilezza,
Makishima-sensei
ricambiò l'abbraccio del Saint di Pegasus mentre questi
– tra i singhiozzi e i
lamenti – mormorava parole di ringraziamento e una promessa
solenne, quella di
vivere al pieno delle sue forze e di godere di ogni istante futuro che
gli era
stato concesso.
Lo
doveva anche a tutti quelli che non erano più con loro.
E
un pensiero non potè non andare a quei Gold Saint a cui era
riuscito soltanto a
dire un mesto addio davanti al Muro del Pianto.
Avrebbe
vissuto anche per loro.
Lo
promise sullo spirito del padre.
§§§
Era
notte inoltrata quando il jet atterrò in Giappone e Saori,
con i Gold Saint e
Marin, scesero dalla scaletta sferzata dal vento gelido di fine
Dicembre.
Tatsumi
li aspettava sulla pista di atterraggio insieme a due macchine e a un
altro
autista; e mentre la hostess del volo si affrettava a far scaricare lo
scarno
bagaglio dei viaggiatori, Tatsumi salutò Saori con un
inchino:
"Bentornata, ojou-sama.".
Senza
tuttavia curarsi di accogliere Nachi e gli ospiti, l'uomo si
concentrò invece
sul far salire Saori sulla macchina, sorprendendo la ragazza la quale
ebbe appena
il tempo di rivolgere uno sguardo dispiaciuto ai compagni di viaggio al
di là
del finestrino prima che l'automobile partisse sgomando leggermente.
Nachi
riuscì a sorriderle rassicurante prima di accompagnare i
Saint compagni
all'altra macchina in attesa, accanto alla quale l'autista stava ritto
sul
posto.
"Scusate
Tatsumi-san, Nachi-bocchan." l'uomo chinò il capo in segno
di rispetto:
"Kido-ojousama si era raccomandata che veniate trattati al pari suo, ma
Tatsumi-san non riesce ancora ad accettarlo. Non prendetevela troppo,
per
favore."
Per
tutta risposta, Nachi scrollò la testa_ "È sempre
stato così, ma non ho
intenzione di dargli la soddisfazione di arrabbiarmi o rimanerci male.
Andiamo
a casa, per favore. Vorrei vedere Seiya."
Egli
annuì e aprì la portiera per farli salire.
L'auto
di Saori era già sparita.
"Nachi."
Wolf
si voltò e incrociò lo sguardo torvo di Dohko.
Libra
gli poggiò una mano sulla spalla: "Ragazzo, tutto bene?"
Il
quindicenne annuì stanco: "Sì…
È una lunga storia e non cambierà certo
ora."; Libra annì e, dal finestrino, spuntò la
capigliatura ribelle di
Milo, che lo guardò con aria irritata prima di chiedere se
ci fosse qualcosa
che potevano fare.
"Grazie,
ma no. Non penso che acetterà mai il fatto che anche noi
facciamo parte di
questa famiglia e, come ho detto prima, non voglio dargli
soddisfazione.
Andiamo, ora. Gli altri ci aspettano a casa.".
Milo
fece spazio a Nachi perché si accomodasse accanto a lui
mentre Dohko si era
posizionato sul sedile del passeggero accanto all'autista.
Quando
il mezzo partì, nell'abitacolo regnava il silenzio, silenzio
che perdurò per
tutta la durata del viaggio di ritorno e anche quando varcarono il
cancello
della villa.
L'atmosfera,
fino a quel momento pesante per la maleducazione dimostrata da Tatsumi
nei
confronti di Nachi, si alleggerì quando videro Athena
aspettarli nel cortile,
da sola.
Aiolos
fu il primo a scendere e a portarsi al fianco della sua Dea, poi Marin,
Camus,
Dohko, Milo e infine il Saint di Wolf.
"Mi
dispiace, Nachi." disse subito Saori non appena il fratello li
raggiunse:
"Non c'era bisogno di due macchine, potevamo viaggiare tutti insieme
sulla
stessa automobile, o almeno avresti potuto viaggiare con me. Non
capisco
proprio cosa sia preso a Tatsumi." mentre parlava, la ragazza aveva
un'espressione ferita e delusa, "Gli parlerò più
tardi.".
"Non
preoccuparti, Saori," rispose invece Wolf con un cenno del capo: "Non
è importante."
"Invece
sì. Mi ero raccomandata che veniste trattati come vengo
trattata io, anche se i
documenti ufficiali ancora non sono stati completati. È
andato contro un mio
preciso ordine, e contro anche il volere di vostro padre, non
è qualcosa su cui
posso soprassedere.".
"Saori…
Sai com'è fatto…"
"Non
mi importa se, quando eravamo bambini, gli era permesso picchiarvi
perché
nessuno vigilava abbastanza, questo non deve più accadere,
né in mia presenza e
neppure quando non ci sono. Siamo una famiglia e prendersela con voi, o
trattarvi in maniera non consona, è come farlo a me. Fine
del discorso."
Nel
cortile cadde il silenzio e, se Nachi era leggermente imbarazzato,
Dohko e Milo
erano soddisfatti.
Poi,
Saori battè piano in terra con la punta dello scettro, il
quale emanò una
debole luce dorata, prima di sorridere: "Ora andiamo, Ichi ci aspetta
in ingresso."
Dopo
aver preso per mano il fratello, Saori fece strada e, una volta varcato
il
portone principale, si ritrovarono nell'atrio illuminato, dove li
attendeva
effettivamente Hydra; questi, vedendoli, sorrise sollevato prima di
andar loro
incontro: "Finalmente siete qui!" esclamò il ragazzo,
"Akiko-san
ci ha fatto avere il messaggio dopo pranzo così abbiamo
avuto il tempo di
organizzarci. Siamo tutti in biblioteca, anche Seiya.”.
“E
Shiryu non ha protestato?” chiese Nachi.
“Ci
ha provato, in realtà, ma Jabu ha tirato fuori dei manga da
non so dove e
stavano leggendo. Hyoga poi ha convinto Shiryu a fare una partita a
scacchi.”
Intanto
che Hydra spiegava, il gruppo si spostava verso la biblioteca, parlando
a bassa
voce; quando però giunsero dinanzi alla porta, i Gold Saint
praticamente si
paralizzarono e l’atmosfera si fece all’improvviso
pesante e ansiogena.
Ichi
sorrise rassicurante prima di bussare: “Ragazzi, guardate un
po’ chi ho trovato
fuori in cortile.” disse prima di aprire la porta.
Dopo
aver spinto indietro i Gold Saint e Marin di modo che restassero
temporaneamente
invisibili alla vista nel corridoio semi-buio, Nachi e Saori fecero un
passo in
avanti e vennero affiancati da Ban e Geki, i quali sembravano
aspettarli dietro
la porta.
Nella
stanza illuminata da alcuni abat-jour e dal fuoco nel caminetto, i
ragazzi –
perlopiù in pigiama – erano intenti a leggere,
come nel caso di Seiya e Jabu
semisdraiati su un divano, oppure a giocare a scacchi o ancora a
dormire - Shun
sonnecchiava con la testa sulle ginocchia di Ikki, mentre
quest’ultimo
sfogliava vecchi quotidiani che pescava da una pila traballante
posizionata sul
tavolo di fronte al secondo divano che occupava con il fratello -.
Un
altro tavolino era occupato da tazze vuote da cui ancora si sentiva
provenire
un buon odore di cioccolata calda.
Seiya
fu il primo ad alzare la testa e, chiuso il fumetto, lo
agitò con la mano in
segno di saluto: “Quando siete tornati?!” chiese
subito con gli occhi che
brillavano; Saori cercò di non guardare come il pigiama
fosse troppo largo per
il Saint di Pegasus e si sforzò di ricambiarne il sorriso
mentre muoveva un
altro passo nella stanza, “Un’oretta fa,
Seiya.” rispose Nachi mentre si levava
il cappotto per abbandonarlo su una poltrona lì vicino,
“Non è stato difficile
sistemare le cose e siamo potuti ripartire in fretta.”.
“Siete
stanchi?” domandò Jabu.
“Non
eccessivamente, abbiamo dormito un po’ in volo.” fu
la replica di Saori: “E
abbiamo anche una sorpresa per voi.” aggiunse lei; ignorando
le espressioni
sorprese di Hyoga e Seiya, la ragazza batté con la punta
dello scettro sul
tappeto, “Alcuni amici hanno saputo delle vostre condizioni e
hanno insistito
per venirvi a trovare. Sono venuti con noi.”
Svegliatosi
nel frattempo anche Shun, mentre Ikki si era alzato, cinque paia
d’occhi
fissarono Saori con curiosità: “Saori, non siamo
nelle condizioni di accettare ospiti.
Siamo praticamente tutti in pigiama.” fece notare Hyoga con
aria torva.
“Non
credo sia la cosa che più li preoccupi.”
Intervenne Nachi mentre si spostava di
lato per lasciare libera la porta: “In effetti, credo che
alcuni di loro vi
abbiano visti in condizioni peggiori, e in vesti peggiori, peraltro.
Sei anni
di addestramento sono tanti.”
Saori
andò a mettersi accanto a Nachi mentre Geki e Ban facevano
cenno a qualcuno nel
corridoio di entrare.
Athena
temette seriamente che i suoi ragazzi crollassero svenuti per
l’emozione nel
riconoscere i Saint usciti dal buio e, per un attimo, si
pentì della sua idea
per lo shock che aveva dato a Shiryu e Hyoga, i quali non si erano
mossi, con
le pedine a mezz’aria e l’aria smarrita e confusa,
quasi sconvolta.
Ma
la cosa durò pochi istanti poiché, subito dopo,
sia Camus che Dohko avevano
annullato la distanza tra loro e gli allievi, per poi abbracciarli
subito dopo,
ignorando il fatto che fossero ancora seduti e quasi buttandoli a terra
per l’impeto.
“Abbiamo
fatto un lungo viaggio, siate riconoscenti.”
ghignò divertito, e forse
leggermente commosso, Wolf mentre incrociava le braccia.
Ancora
troppo sconvolti per rispondere, o anche solo per parlare, Cygnus e
Dragon
ricambiarono meccanicamente l’abbraccio, qualcosa si sciolse
nel profondo del
loro cuore e, l’istante dopo, si ritrovarono in lacrime a
singhiozzare
rumorosamente contro la spalla dei propri maestri. Un attimo dopo, Milo
si era
unito all’abbraccio di Camus e Hyoga, stringendoli a
sé come se fossero stati
il tesoro più prezioso della sua vita.
Erano
lacrime irrefrenabili le loro, potenti, che bruciavano gli occhi ma
cauterizzavano quelle ferite dell’anima che, senza che se ne
fossero mai accorti,
non avevano smesso di sanguinare neppure per un attimo in quei lunghi
mesi.
E
mentre Marin si sedeva accanto a Seiya e gli cingeva le spalle con il
braccio,
lasciando che il ragazzino affondasse il viso sul suo petto, Jabu si
alzò dal
divano e raggiunse i fratelli in piedi – Ikki e Shun si erano
già spostati per
non disturbare: “Credo di non averli mai visti
così.” disse Hydra a bassa voce,
“Se non si riprendono più, chi lo spiega a
Seika?”
NOTE: Il titolo è in greco e significa "Riunirsi".
Questo
è ufficialmente il penultimo capitolo di questa long.
Il prossimo sarà l’epilogo.