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Autore: Shireith    28/07/2020    4 recensioni
Sherry, figlia dell’angelo infernale e scienziata prodigio che per svariati mesi aveva rifuggito la mano dell’Organizzazione, poteva incutere timore a tutti tranne che a lui. Forse era perché aveva conosciuto Elena, o forse perché l’aveva vista da infante, quando Akemi gliel’aveva presentata sotto forma di un fagotto avvolto in una coperta di lino; non ne era sicuro, tuttavia per lui Sherry era Shiho, un essere umano che come tutti non era immune ai sentimenti.
Ambientata poco dopo un ipotetico faccia a faccia con l’Organizzazione.
{Rei Furuya/Shiho Miyano; side!Shinichi/Ran}
Storia partecipante a "Un amore di Challenge" indetto da AleDic sul forum di EFP.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Ran Mori, Rei Furuya, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo, Shiho Miyano/Ai Haibara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nickname sul forum e su EFP: Shireith
Personaggi e pairing: Rei Furuya, Shiho Miyano, Rei/Shiho (Shinichi/Ran sullo sfondo)
Prompt: #10. «Il modo in cui ti guardava. Allora ho capito. Lei non ti aveva mai usato. Lei ti amava e questo amore la stava uccidendo.»
Numero parole: 725


Soltanto uno sguardo


 «Shinichi?»
 Respirava a fatica, Ran, ancora ansante per la corsa. Le sue labbra tremarono nel pronunciare quelle tre sillabe che le sfuggirono veloci, tra una pallida speranza e un atroce timore non ancora concretizzatosi. Quell’unica parola sembrò quasi morire con Shinichi e con lei, perché il ragazzo non rispose. Non si mosse. Non fece nulla. Fu solo un’istante, che stando alla percezione di Ran – e non solo – parve tuttavia durare un’incalcolabile eternità.
 Shinichi si alzò. Lo fece a fatica, sopprimendo un gemito quando una fitta lo colpì al fianco, lì dove la ferita ancora aperta gli impregnava la camicia in un’irregolare macchia scarlatta. Gli occhi azzurrissimi saettarono su Ran e Shinichi le rivolse un sorriso che sapeva di scuse per il passato e promesse per il futuro.
 Ran pronunciò un’altra volta il suo nome, la voce vibrante di una gioia repressa troppo a lungo. Gli buttò le braccia al collo e Shinichi quasi non cadde. «Mi fai male, Ran, piano!» l’ammonì, ma non riuscì a inalberare nessuna espressione fintamente scocciata, troppo felice per tener fede alla loro lunga tradizione di battibecchi adolescenziali che sembravano appartenere a una vita passata.
 Entrambi risero.
 
 Shiho aveva perso più di un battito, quando l’aveva visto accasciarsi a terra e rimanervi per diversi minuti. Ora sorrideva, ma il suo era un sorriso rivolto a se stessa, che nessuno si curò di ricambiare. Il vento se lo portò via, non appena Shiho razionalizzò il pensiero che lei non c’entrava niente, lì: avrebbe potuto andarsene e nulla sarebbe cambiato.
 Prima ancora che Ran si lanciasse tra le braccia di Shinichi, aveva capito che la ragazza l’avrebbe perdonato. Sapeva che tutto si sarebbe sistemato, tra loro due. Non che non ne fosse felice, anzi; però faceva male, tanto.
 S’impose di non pensarci. Decise, invece, di concentrare le sue attenzioni sull’impiccione seduto a pochi metri più a destra. «Sei ferito», constatò, fissandolo dall’alto verso il basso a braccia conserte.
 Rei non si curò del suo tono che non suonava particolarmente dispiaciuto. Se sollevò le ciglia chiare, infatti, fu perché era stupito che lei gli stesse deliberatamente rivolgendo la parola. Protese il braccio sinistro, mettendo in evidenza il taglio netto che lo attraversava dal polso al gomito e che lui aveva cercato di medicare come meglio aveva potuto. «Dici? Non avevo notato.»
 «Vieni, seguimi.»
 Lo stupore sul volto di Rei divenne, se possibile, ancora più evidente. Era presente anche una buona dose di sarcasmo, fattore che non facilitò il compito a Shiho.
 Lei sospirò, portando pazienza. «Vuoi o no essere medicato?» Quando Rei era sul punto di cogliere la palla al balzo – quella faccia da sbruffone parlava fin troppo chiaro – Shiho soggiunse: «Non farti strane idee, lo faccio perché sono un medico. Se non ti sta bene, puoi anche buttarci sopra un po’ di liquore come disinfettante e vedere cosa ti succede.»
 «Un medico molto gentile, noto.»
 Prima che Shiho si spazientisse del tutto, però, Rei si alzò. Lei si volse in uno scatto celere e iniziò a fargli strada, non prima però di scoccare un’ultima occhiata a Ran e Shinichi.
 A Rei bastò quella per capire.
 Sherry, figlia dell’angelo infernale e scienziata prodigio che per svariati mesi aveva rifuggito la mano dell’Organizzazione, poteva incutere timore a tutti tranne che a lui. Forse era perché aveva conosciuto Elena, o forse perché l’aveva vista da infante, quando Akemi gliel’aveva presentata sotto forma di un fagotto avvolto in una coperta di lino; non ne era sicuro, tuttavia per lui Sherry era Shiho, un essere umano che come tutti non era immune ai sentimenti.
 Si era innamorata di Shinichi Kudo, era evidente. Solo ora Rei si rendeva conto quanto fosse stato ingenuo e avventato nell’ipotizzare, quando ancora era sulle sue tracce, che Shiho si fosse avvicinata a lui unicamente per salvaguardare la sua sicurezza. Tutto l’opposto: era certo, ora che ne aveva le prove, che avrebbe preferito esser leia perire, piuttosto che vivere una vita intera con la consapevolezza di aver condannato Shinichi a morte certa.
 Non l’aveva usato, Shiho, né l’avrebbe mai fatto. L’Organizzazione non c’era più, lei era finalmente al sicuro. Ma se anche quegli uomini non l’avevano uccisa, Rei aveva compreso in quel fugace instante che il suo amore non ricambiato la stava lentamente consumando dall’interno.
 Fu la prima volta che realizzò che a Shiho non rimaneva nulla – e sapeva esattamente che cosa si provava. 
   
 
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