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Autore: Final_Destiny98    04/08/2020    0 recensioni
Akaashi appoggiò la fronte sulla sua spalla e respirò piano contro di lui. Si trovavano spesso in quelle situazioni e a Koutarou piacevano particolarmente: poteva sentire il suo profumo e tenerlo stretto tra le proprie braccia, sentirlo contro di sé con il suo calore. Sentire il respiro regolare che diventava mano a mano più pesante era rilassante e, quasi automaticamente, in quegli attimi iniziava a lasciare dei baci sul suo viso e tra i suoi capelli.
Intrecciarono le loro gambe senza stringerle troppo, con leggerezza, quasi dovessero naturalmente stare in quel modo. Koutarou chiuse gli occhi mentre le dita sottili dell’altro tracciavano cerchi appena percettibili sulla sua schiena e a bassa voce gli diceva quanto lo amasse. Sorrise e accarezzò con una mano il fianco di Akaashi, scoprendo leggermente la pelle alzando la maglietta nera rubata probabilmente dal suo armadio.
Quando si addormentò non se ne accorse nemmeno.
[BokuAka week day 5: Touch/bed-sharing]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quel periodo al lavoro era stressante e stancante. Non riusciva a rimanere fermo un attimo e quando tornava a casa adorava il caldo dovuto al camino acceso e rilassarsi sul divano, immobile. Spesso rientrava tardi, dopo Keiji, e così passavano del tempo insieme semplicemente sdraiati, si raccontavano le loro giornate e si baciavano con amore. Koutarou accarezzava i capelli mori del più piccolo e lasciava dei baci sul suo capo, cosa che provocava il leggero imbarazzo del compagno seguito da una stretta più forte intorno al suo busto. Non lo vedeva in quel momento – lasciava sempre che il suo viso fosse nascosto -, ma poteva immaginare il rossore leggero colorare la sua pelle candida. Cenavano insieme, poi, e passavano meno di tre ore prima che Koutarou si sentisse così esausto da andare nella loro camera da letto; Akaashi lo seguiva dopo aver spento la televisione, e così tornavano a stendersi vicini come se fossero semplicemente passati lì dal divano e le ore nel mezzo non fossero mai esistite.
  A Koutarou piaceva la loro casa, e soprattutto la loro stanza. I colori erano caldi, gli armadi abbastanza grandi, la scrivania che Keiji usava per lavorare era non troppo grande, ma sempre ordinata: era di legno chiaro e sopra c’erano un portapenne, una cornice con una loro foto e una piccola pianta grassa – le amava, Akaashi, e diceva che davano un qualcosa in più alla stanza. Il computer del più piccolo era lì sopra, perfettamente centrato e parallelo al bordo della scrivania, e di fianco a esso alcuni fogli ben impilati completavano il tutto. Era uno spaccato della loro vita quotidiana, e Koutarou aveva imparato a notare quei piccoli dettagli proprio grazie al moro: aveva imparato in questo modo a cogliere aspetti dell’altro che prima aveva solamente intuito senza davvero prestarvi attenzione.
  Era una tipica giornata di quel periodo, quindi, e ormai si trovavano già seduti sul loro letto. Koutarou sbadigliò e poi si passò una mano tra i capelli mentre osservava Akaashi cambiarsi. Il suo sguardo cadde sul fisico tonico dell’altro, sugli addominali visibili anche se non troppo, e pensò che se non fosse stato così stanco avrebbe davvero avuto un altro tipo di reazione. Scosse il capo pensando che, in fondo, avevano fatto l’amore anche un paio di giorni prima.
  «Stai dormendo in piedi», gli disse il ragazzo con voce gentile e un sorriso sulle labbra.
  Koutarou si ridestò all’improvviso. Quando aveva infilato i pantaloni, spento e luci e tolto gli occhiali? Passò una mano sul viso stanco, sfregando leggermente gli occhi con essa. Doveva essersi addormentato senza rendersene conto. Annuì distrattamente e si tirò indietro sul letto con le braccia, infilandosi velocemente sotto le coperte e appoggiando poi il capo sul cuscino.
  «Domani devo svegliarmi presto», mugugnò a bassa voce. Sentiva già le gambe pesanti, quasi si stesse addormentando arto dopo arto. La luce del cellulare, anche se in parte smorzata da quella accesa della stanza, gli diede comunque fastidio. «Devo andare a correre. Metto la sveglia, va bene?», continuò mentre la impostava. Appoggiò poi l’oggetto sul comodino e tornò a sistemarsi comodamente.
  Akaashi spense la luce grazie all’interruttore vicino al letto dopo essersi sdraiato. Tenne lo sguardo sul soffitto per alcuni secondi – e Bokuto poteva vederlo grazie alla piccola lampada sul comodino ancora rimasta accesa. Con quella luce gli occhi del più giovane sembravano due gemme di acquamarina.
  «Al solito orario?»
  «No, un po’ prima. Devo essere al lavoro prima delle sette, quindi la metto alle cinque», spiegò. Con un sospiro si voltò su un fianco in modo da poterlo guardare meglio. Sorrise e allungò una mano verso di lui cingendogli il busto con un braccio.
  Keiji sorrise. «Va bene. Allora magari mi alzo anche io, ho un po’ di lavoro da fare prima di uscire». Si voltò anche lui su un fianco e riuscirono ad avvicinarsi per stringersi.
  Akaashi appoggiò la fronte sulla sua spalla e respirò piano contro di lui. Si trovavano spesso in quelle situazioni e a Koutarou piacevano particolarmente: poteva sentire il suo profumo e tenerlo stretto tra le proprie braccia, sentirlo contro di sé con il suo calore. Sentire il respiro regolare che diventava mano a mano più pesante era rilassante e, quasi automaticamente, in quegli attimi iniziava a lasciare dei baci sul suo viso e tra i suoi capelli.
  Intrecciarono le loro gambe senza stringerle troppo, con leggerezza, quasi dovessero naturalmente stare in quel modo. Koutarou chiuse gli occhi mentre le dita sottili dell’altro tracciavano cerchi appena percettibili sulla sua schiena e a bassa voce gli diceva quanto lo amasse. Sorrise e accarezzò con una mano il fianco di Akaashi, scoprendo leggermente la pelle alzando la maglietta nera rubata probabilmente dal suo armadio.
  Quando si addormentò non se ne accorse nemmeno.

Si svegliò di soprassalto ore dopo, non appena la il suono familiare anche se assordante della sveglia di insinuò nei suoi sogni fino a diventare fastidioso. Ci mise alcuni secondi ad allungare un braccio verso il comodino, poi cercò di spegnerla a tentoni senza fare troppo rumore. Quando il gallo automatico del cellulare smise finalmente di assordare le sue orecchie, ritornò nella posizione iniziale tenendo però gli occhi socchiusi.
  Notò che lui e Akaashi non si erano mossi di un millimetro. Solo le loro gambe avevano di poco cambiato posizione, ma per il resto tutto era uguale: un suo braccio era ancora sotto il collo del ragazzo, il quale teneva il viso vicino al suo petto. Avvolse con l’altro braccio il suo corpo e sorrise teneramente quando capì che era ancora profondamente addormentato: aveva detto che si sarebbe svegliati insieme a lui, ma a quanto pare era troppo stanco per farlo. Iniziò ad accarezzare lentamente la sua schiena, avvicinò il suo viso a quello dell’altro per lasciarvi alcuni baci. Era sinceramente innamorato di lui, dal profondo del cuore: era un sentimento genuino nato sul campo di pallavolo del liceo, un sentimento che gli scaldava il cuore. A volte il calore di quell’amore era leggero come una carezza, come in quel caso; altre, invece, lo prendeva con più vigore rendendolo quasi febbricitante, e in quei casi l’adrenalina prendeva il sopravvento e si rendeva conto di quanto Akaashi fosse sensuale in maniera naturale, quasi senza volerlo – e tutte le volte, allora, finivano a letto insieme.
  Era contento che l’altro dormisse ancora: Koutarou lo vedeva lavorare spesso anche dopo cena e non voleva che prendesse l’abitudine di farlo anche la mattina presto. Con una mano accarezzò lentamente i suoi capelli, districando le ciocche senza farsi notare per evitare di svegliarlo. Un braccio di Akaashi era attorno a sé, e stringeva la sua maglietta quasi non volesse lasciarlo andare; sorrise a quel pensiero e con un sospiro accennato avvicinò le labbra alla sua fronte fino ad appoggiarle per dargli un lungo bacio.
  Akaashi era per lui il raggio di luce in una stanza buia. Portava sicurezza e speranza, non era possibile smettere di guardarlo o ignorarlo; da solo riusciva a fare la differenza, ad abbattere il nero pece. All’apparenza perfetto, avvicinandosi per guardare meglio, il pulviscolo ne rovinava leggermente l’immagine, o forse lo rendeva soltanto più reale. Koutarou voleva conoscere ogni più piccola parte di quelle imperfezioni, e ogni volta che riusciva nel suo intento si innamorava un po’ di più.
  Akaashi non era perfetto, ma Bokuto credeva che nessuno lo fosse. Tuttavia riusciva a portare felicità nella sua vita, e questo lo rendeva ai suoi occhi la persona più bella e speciale del mondo intero.
  Guardò oltre il suo corpo addormentato, verso la finestra, mentre continuava ad accarezzarlo con leggerezza. Il sole doveva ancora cominciare a sorgere, fuori faceva sicuramente freddo e, soprattutto, non voleva rischiare di svegliare Keiji. Allungò una mano sul comodino e impostò nuovamente la sveglia, questa volta un’ora più tardi, poi appoggiò il cellulare e si accoccolò accanto al ragazzo. Con una mano coprì meglio entrambi e strinse le loro gambe, poi respirò per una volta più pesantemente. Per una volta, si disse, la corsa mattutina poteva saltarla. In fondo stava bene rannicchiato sotto le coperte tenendo tra le braccia di Akaashi.
  Come in risposta il più piccolo strinse appena di più la presa sulla sua maglietta e si avvicinò fino a far aderire totalmente i loro petti. Dopo gli ultimi baci e carezze, Koutarou chiuse gli occhi, sentendosi a casa.

   
 
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