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Autore: Layla    05/08/2020    0 recensioni
Questa fiction inizia alla fine dell'ultimo capitolo pubblicato del manga.
Cosa è successo a Nana? Come mai se ne è andata?
Come ha raggiunto Londra.
E Hachi? Hachi cerca di vivere la sua vita senza di lei, imprigionata nella sua vita di casalinga con due figlie, ma innamorata di un altro uomo. Il suo scopo è trovare Nana.
Quando troverà Nana troverà il coraggio di cambiare la sua vita?
Shin, da parte sua, troverà finalmente l'amore in qualcuno di inaspettato...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nana Komatsui, Nana Osaki, Nobuo Terashima, Reira Serizawa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo ventunesimo.

 

Dicembre era arrivato, le luci di Natale avevano ricoperto la città come luci fatate.
C’era un’atmosfera di attesa, le ragazzine cercavano cosa comprare ai
loro ragazzi e i genitori ai figli.
Sembrava che quelle luci si fossero posate anche dentro di me.
-Misato Uehara.

 

Shin era stato misterioso sul nostro appuntamento, non mi aveva dato nessun’indizio, solo di portare il necessario per due giorni. Il che significava che saremmo andati fuori città, ma dove?
Hachi non lo sapeva,  forse non voleva dirmelo.
“Goditi questo appuntamento, Misato. Non tornerà più indietro.”
Mi chiesi se non parlasse anche di sé stessa e dei suoi appuntamenti con Nobu, forse ne avrebbe voluti di più, sarebbe stato logico. Avevo conosciuto Takumi e mi era sembrato un grandissimo stronzo, aveva commentato sarcastico che ero la coppia più giovane e carina di Nana. Hachi mi aveva detto che Takumi e Nana non andavano d’accorto, ma come biasimarla? Chi andrebbe d’accordo con quel tizio?
Iniziai a preparare le valigie, l’unico l’indizio era di portare vestiti pesanti, saremmo andati in montagna?
Magari in un romantico chalet tra la neve?
Mi persi cinque minuti buoni nelle mie fantasie, alcune non esattamente caste, dovevo darmi una controllata.
Iniziai a prendere le cose più pesanti che mi ero portata da casa e a ficcarle in valigia. Alla fine presi un misto di cose pesanti e leggere, senza esagerare, dopotutto non ci saremmo trasferiti là.
Quella notte non riuscii a dormire, continuavo a rigirarmi nel letto chiedendomi dove saremmo andati e se non avessi dimenticato qualcosa.
Mi svegliai alle cinque di mattina con due occhiaie pazzesche, feci colazione e mi truccai. Indossai un paio di jeans stretti tutti pieni di tagli, una maglia nera e un maglione a righe nere e rosse. Ero okay.
Misi i soliti anfibi e la giacca di pelle, poi presi i due trolley e me ne andai sbadigliando.
La città era già attiva a quell’ora, con gente che camminava veloce, chioschi che offrivano una colazione completa per pochi yen.
Presi la metro diretta verso la stazione centrale, Shin mi aspettava vicino alle scale di collegamento.
“Buongiorno!”
Sbadigliai senza grazia.
“Buongiorno anche a te.”
Mi tese qualcosa: era un biglietto del treno e sbiancai quando lessi la destinazione.
“Dimmi che non stai scherzando, Shin.”
“No, sono serio.”
La destinazione era Mori, il villaggio di origine di Nana e degli altri.
“Ho pensato molto a cosa fare al primo appuntamento e questa mi è sembrata la migliore. Tu non ci sei mai stata eppure è lì che stanno le tue radici. Puoi vedere dove è cresciuta tua sorella, porgere omaggio alla tomba di Ren e altre cose. Nobu ci ha offerto una stanza alla pensione Terashima.
“E i suoi non gli hanno detto niente sul fatto che due minorenni dormiranno insieme?”
Ero troppo scioccata e mi uscii la domanda più stupida, quella di cui mi importava di meno.
“Tutto bene, Misato?”
Io lo abbracciai stretto, in lacrime, del tutto incapace di esprimere a parole quello che provavo e lui sembrò capirlo perché mi strinse a sua volta in silenzio.
“Va tutto bene, sono solo felice, tutto qui.”
All’improvviso ebbi l’impressione che qualcuno ci spiasse, ma chi poteva avere interesse a farlo?
I Blast non sarebbero più tornati, ma la carriera di attore di Shin poteva essere compromessa, sebbene io fossi solo due anni più giovane di lui.
Chiacchierando raggiungemmo il binario e prendemmo un caffè da una macchinetta prima di timbrare il biglietto. Era dolce e caldo, stranamente buono, forse tutto mi sembrava migliore in questa giornata.
Salimmo sul treno, spintonandoci come bambini e lasciandoci cadere senza grazia ai nostro posti.
Il treno partì e la sensazione di disagio si acuii invece di diminuire.
Che ci fosse stato davvero qualcuno? Magari quel paparazzo che ci perseguitava a Osaka?
Quello che non capivo del tutto era il perché.
Due ore dopo Shin dormiva e il mio telefono si mise a suonare, di lì a poco avrei capito tutto.
Risposi tranquilla, era Misato, probabilmente voleva solo sapere come stava andando il viaggio.
“Ciao, Misato.”
“Ciao a te, Misato.
Senti, dovete scendere alla prima fermata e tornare indietro.”
Alzai un sopracciglio.
“Perché? Cosa è successo?”
“Qualcuno vi ha fotografati insieme e ci ha mandato delle coppie e ora minaccia di mandarle ai giornali. Vogliono creare uno scandalo perché Shin frequenta delle minorenni.”
“Cazzo, non va bene.”
“Lo so. Tornate indietro, ho chiamato anche Yasu, studieremo una contromossa.”
“Ok, va bene.”
Chiusi la chiamata e guardai il volto sorridente di Shin nel sonno, non sarebbe stato facile dirglielo, ci teneva così tanto! Lo scossi gentilmente, lui si svegliò e si stropicciò gli occhi.
“Siamo già arrivati?”
“No, ma dobbiamo scendere alla prossima stazione, qualunque sia,  e tornare a Tokyo.”
Mi guardò come se fossi impazzita.
“Ma che dici?”
“Mi ha chiamato Misato, mi ha detto che ci hanno fotografato insieme e hanno mandato le foto alla Shikai Corporation minacciandoli di mandarle ai giornali. Vogliono creare uno scandalo per cui tu frequenti delle minorenni."
Lui mi guardò a occhi sbarrati.
“Cazzo!”
Controllammo la prossima fermata e radunate le nostre cose, nervosi e scontenti, per la piega degli eventi. Se avessi trovato quel bastardo l’avrei ucciso, aveva rovinato il mio primo appuntamento con Shin.
E poi era da un pezzo che non lo vedevo così triste, con gli occhi spenti e puntati a terra.
“Mi dispiace, Misato. Per colpa del mio passato…”
Io gli appoggiai un dito sulla bocca.
“Non dirlo perché non è vero. La colpa è di questa persona, non tua e non mia.
Ti prego, credimi.”
Lui annuì e sorrise lievemente, la fermata si stava avvicinando, non ci eravamo allontanati molto da Tokyo.
Scendemmo e andammo a consultare il tabellone della partenza, comprammo i biglietti e aspettammo seduti sulla banchina al freddo.
Fumavano una sigaretta dopo l’altra in silenzio, consultando ognuno la propria lista mentale di nemici, perché solo qualcuno che ce l’aveva con noi avrebbe potuto fare una cosa simile.
La carriera di Shin come attore non era ancora decollata abbastanza da interessare i media e come ex membro dei Blast valeva meno di zero. Tutti volevano Nana, trovarla e riempirla di domande, pretendere spiegazioni che non si meritavano. Qualunque cosa fosse scattato nel cervello di mia sorella aveva il diritto di rimanere lì, non di essere conosciuto da tutto il Giappone.
Com’è che certe volte i sogni diventano i tuoi peggiori incubi?
Qual è l’elemento che se spostato manda tutto a puttane?
Sarebbe bello saperlo in modo da non toccarlo mai e non avere la vita scombussolata.
Finalmente il treno arrivò ed entrammo al caldo delle carrozze, eravamo tutti e due giù di morale, ma il fatto che ci fosse Yasu ad attenderci ci rassicurava. Lui era in grado di risolvere quasi ogni casino.

 

Arrivammo a Tokyo sotto una leggera nevicata.
Misato ci aspettava alla banchina, la seguimmo senza dire nulla e salimmo su un taxi. Di una cosa ero certa, non ci stavamo dirigendo  alla Shikai Corporation.
La macchina si fermò al condominio dell’appartamento 707, io e Shin la guardammo senza capire.
“Yasu ci aspetta di sopra, lì potremo parlare in tranquillità e senza occhi o orecchie indiscreti.”
“Ok, va bene.”
Salimmo le scale e trovammo il batterista seduto al tavolo intento a esaminare le carte.
“Ciao, Yasu.
Lo salutò Shin.
“Cosa ne hai ricavato?”
“A mio parere non c’è la stampa dietro, la cosa è stata gestita in modo troppo grossolano, non è nello stile di Kurada.
E poi non avrebbe senso, i Blast sono usciti dalla scena musicale e non interessano più a nessuno e non sei ancora così famoso come attore.”
“Se non c’è la stampa dietro, chi c’è?”
“Qualcuno che vuole farti del male.”
Dissi a bassa voce, tutti mi guardarono.
“Penso che Misato abbia ragione.”
Il tono calmo di Yasu calmò il rossore delle mie guance.
“Qualcuno vuole ferire o te o Misato.”
Yasu mi passò la lettera e io la lessi.
“Riconosci la grafia?”
“No, e poi l’unico davvero arrabbiato con me è mio fratello. L’unica che sa di questa storia è Chikage e di lei mi fido.”
Sia l’avvocato con l’aspirante manager annuirono.
“Sì, conosciamo Chikage. Non farebbe del male a una mosca.
Shin?”
Gli diedero la lettera e si congelò con la mano tesa verso la lettera, i fogli volarono per terra.
“Shin?”
Eravamo tutti preoccupati, era pallido come un morto.
“Shin, che succede?”
Urlai, prendendo quella  mano rigida.
“Io sono chi ha scritto questa lettera e so perché l’ha fatto.”
Il suo tono era incolore, i capelli ormai quasi bianchi gli coprivano gli occhi.
“Chi è?”
“La stessa persona che ha organizzato lo scandalo della droga e della prostituzione: il mio fratellastro.”
Lo shock ci colpì come una frustata, persino Yasu sembrava scosso.
“Ma perché?”
“Conosci mio padre, Yasu. Non mi hai voluto nella sua vita, ti ha dato la mia custodia legale senza alzare un sopracciglio. Mio fratello è peggio, mi odia perché pensa che io non debba far parte della famiglia Okazaki, che mio padre abbia fatto uno sbaglio riconoscendomi. È da quando siamo piccoli che mi umilia e mi ficca nei guai.”
“Ma perché, Shin?”
Lui mi indicò con il volto.
“Vuole Misato.”
Yasu rimase in silenzio a lungo fumando una sigaretta dopo l’altra, nessuno diceva nulla.
“Ora che sappiamo il suo vero obbiettivo, lo anticiperemo.”
“Come precisamente?”
“Lasceremo perdere le lettere e ci concentreremo su Misato.
Shin, è possibile che lui si presenti dove lavora lei?”
“Sì, specialmente se il negozio è affollato o vuoto, in modo da non dare nell’occhio.”
“Credo che ti farà una proposta: una scopata con lui e le accuse saranno ritirate.”
Io annuii.
“Cosa devo fare?”
“Fai in modo che ti approcci in un punto ripreso dalle telecamere, digli che vuoi prendere tempo, lui se ne andrà.
Appena puoi fa vedere le immagini al tuo capo e digli che questo tipo ti molesta.
Se conosco il tizio che gestisce il block buster è un tizio abbastanza corretto da chiamare la polizia non appena lo vedrà arrivare.
I poliziotti vedranno le registrazioni e lo porteranno in centrale.
Misato…”
Yasu mi guardò oltre gli occhiali.
“Puoi farne una copia?
“Penso di sì.”
“Ottimo, portacela e saremo noi a ricattarlo. Se non la smette tu o Shin lo denuncerete. Voi sarete liberi e lui con le mani legate.”
“Sembra un ottimo piano, ma siete sicuri che funzionerà?”
“Se conosco abbastanza mio fratello funzionerà.”
“Okay.”
“La riunione è finita, allora?”
“Sì.”
Ci alzammo.
Misato allungò un pugno, Yasu la seguì e poi tocco a me e a Shin.
“Ce la faremo.”
Li alzammo e poi ce ne andammo, Yasu e Shin si allontanarono insieme, Misato chiamò un taxi e mi accompagnò a casa. Fuori dalla macchina mi batté una mano sulla spalla.
“Non preoccuparti, ce la farai ad avere una storia con Shin senza troppe complicazioni, sistemiamo il bastardo e andrà tutto a posto.
“Sì, grazie.”
Lei prese un altro taxi, io invece salii al mio appartamento abbastanza scoraggiata per come si era svolta a giornata. Per colpa di un ragazzo stupido e viziato il mio primo appuntamento era andato a fanculo e io ci tenevo così tanto!
Entrai in casa e mi ficcai sotto la doccia, poi a letto, Shin mi scrisse il solito messaggio della buonanotte, ma avevo la sensazione che anche lui fosse abbastanza depresso.
Come dargli torto? Trovi una ragazza non problematica e subito vieni rimesso al suo posto da quello stronzo di suo fratello. Non lo avevo ancora visto, ma già l’odiavo, quel pezzo di merda.
Mi misi a letto, i miei sogni furono popolati da una figura con una maschera bianca che tentava di uccidere Shin e io non riuscivo a fermarla.
Avevo paura, inutile negarlo.
Se qualcosa non fosse andato secondo il piano di Yasu cosa avremmo fatto?
“Yasu è una ragazzo molto intelligente. Può essere un ottimo avvocato e un ottimo teppista, nonché un ottimo batterista. Conosce le persone e sa quello che fa, io mi devo solo fidare.”
E quello era il punto, dopo il casino con mamma e con Nana non riuscivo a fidarmi delle persone come facevo prima. Ero diversa. Ero cresciuta.
Meno sorrisi e battute e più sguardi circospetti attorno a me, nemmeno temessi di vedere un paparazzo uscire da un tombino da un momento all’altro.
Feci colazione e andai al video noleggio, il mio capo fu sorpreso, ma felice, di vedermi, nessuno voleva mai fare il turno di notte.
E così quella notte sarei andata al lavoro, passai la giornata a pulire la casa, studiare per i test prima delle vacanze e a memorizzare il viso del bastardo. Volevo essere sicura di trovarmi in una zona coperta dalle telecamere quando fosse arrivato. Se ciò che diceva Yasu, conoscere il suo piano era un vantaggio incredibile, giocare a scacchi sapendo in anticipo le mosse dell’avversario. Mi ricordai che i Blast amavano giocare a mah jong, questo aiutava a sviluppare il cervello. Mi sarei fatta insegnare da Shin, non volevo rimanere indietro. Non volevo che fossero gli altri a decidere della mia vita, volevo essere io.
Dopo un ultima occhiata alla foto del nemico uscii avvolta nella sciarpa, fuori aveva ripreso a nevicare, il che significava che al negozio sarebbe stata una serata morta. Probabilmente si farebbe fatto vivo.
Avevo imparato a mie spese che i maniaci amavano le serate morte.
Scesi nella stazione della metro e presi la prima corsa che mi portasse al lavoro, stranamente era vuota. Ero in anticipo così mi concessi di mangiare qualcosa a un chioschetto lì vicino. Faceva freddo, non mi andava di aspettare là furi, nel chiosco c’era sempre caldo.
Mangiai del ramen e degli spiedini di pollo, gli altri avventori erano un gruppo di manager che festeggiavano la promozione di uno di loro. Erano allegri e rumorosi, non so come mi ritrovai a pensare che in quel momento avrei dovuto essere in una pensione in stile tradizionale con il mio ragazzo.
Atmosfera tranquilla, guardare la neve che cade avvolti in caldi yukata.
Ecco dove avrei dovuto essere.
Finiti anche gli spiedini uscii e mi diressi verso il videonoleggio, scambiai quattro chiacchiere con il collega che mi sostituiva e con il capo e poi mi cambiai, indossando la divisa del negozio.
Iniziai ad aspettare che arrivasse qualcuno, dopo un po’ abbandonai la postazione dietro al bancone e controllai i posti coperti dalle telecamere fingendo di gironzolare.
Uscii a fumare una sigaretta e tornai velocemente dentro a causa del freddo pungente.
Sarebbe mai arrivato?
Le ore passavano e del fratello di Shin non c’era traccia, che avesse capito qualcosa?
E poi, a un quarto d’ora dalla chiusura, lo vidi. Camminava per strada con il suo stesso passo indolente, solo che la sua espressione era quella di un tipo sicuro di sé.
Io mi misi in un punto coperto dalle telecamere e finsi di sistemare alcuni cassette, all’improvviso qualcuno mi prese da dietro, una mano su una tetta e una sulla bocca.
“Non urlare, dolcezza. Anche se mi piacerebbe che tu lo facessi, sarebbe eccitante.”
“Co-cosa vuoi?”
Mi finsi spaventata, ma ero solo disgustata.                                                                                                                                                                                             “Non so se il tuo ragazzo te l’ha detto, ma ci sono delle foto di voi due insieme che girano.
Sarebbe un casino se diventassero pubbliche, non credi?”
“E-e io cosa posso fare?”
“Lasciati scopare e brucerò i negativi.”
“Davvero?”
“Certo. Passerò un’altra volta per la risposta.”
La mano sul seno si spostò sotto la mia maglietta, con una spinta violenta fece saltare i gancetti e si prese il reggiseno, mi fece male. Lui invece lo annusò estasiato e sparì.
Mi chiusi nel negozio e poi corsi in bagno a vomitare, non mi aveva fatto niente, eppure mi sentivo violata, come aveva osato?
Controllai i filmati delle videocamere, tutto era stato ripreso, io feci in modo di farne una copia e di metterlo da parte per farlo vedere al mio capo. Lui poteva essere uno sfruttatore e uno stronzo, ma odiava i maniaci e si preoccupava sempre per me visto che il turno di notte era sempre mio.
Finalmente arrivò il momento di chiudere il negozio, presi l’incasso e i nastri della sorveglianza, abbassai la serranda e chiusi.
Andai a casa del mio capo, che distava cinquecento metri, e suonai il campanello. Lui uscì come ogni sera, io gli consegnai l’incasso e le chiavi.
“Vorrei discutere qualcosa con lei domani mattina, se possibile.”
“Cosa è successo, Misato?”
“Niente, è solo passata una persona fastidiosa al negozio.”
“Un maniaco?”
“Qualcosa del genere.”
“Va bene, ne parleremo domani.
Va’ a casa, sono preoccupato per te.”
“Grazie. Buonanotte, allora.”
“Buonanotte a lei.”
Chiamai Shin e gli chiesi di venirmi a prendere.
“Sì, arrivo. Sono nei paraggi, tu vai al chioschetto.”
“Va bene.”
Il chioschetto stava chiudendo.
“Posso aspettare qui il mio ragazzo, per favore?”
“Sì, certo. Gira brutta gente.”
Shin arrivò un quarto d’ora dopo e mi abbracciò.
“Tutto bene?”
“È passato… e si è portato via il mio reggiseno.”
Shin strinse i pugni.
“Lo ammazzo.”
“No, segui il piano di Yasu. È più sicuro, adesso portami a casa, per favore.
Non ce la faccio più a stare qui.”
Lui annuì e mi prese per mano, lentamente ci dirigemmo verso la metro, questa lunga giornata stava per finire finalmente.
Dopo avergli annunciato le malefatte del fratello, nessuno dei due disse più niente durante la corsa affollata di studenti che come me lavoravano fino a tardi per mantenersi gli studi.
Scendemmo alla mia fermata e quando arrivammo in superficie fu un sollievo sentire il freddo e la neve cadere dopo il viaggio su una carrozza sovraffollata.
“Ti fermeresti a dormire da me?”
“Sei sicura della proposta?”
Mi resi conto del secondo fine che conteneva e arrossii violentemente.
“Non volevo dire che voglio fare, ecco, sesso con te.
Non voglio stare da sola stanotte, ecco tutto.
Sono rimasta scossa e mi fa sentire più sicura sapere che c’è un’altra persona in casa.”
Lui rise.
“Tranquilla, lo sapevo che non era un invito a far sesso.”
Entrammo nel condominio e salimmo le scale fino al appartamento, lo aprii stanca e demotivata.
“Io vado a fare una doccia, tu fa come se fossi a casa tua. Di là c’è la cucina, ma non c’è birra perché sono ancora minorenne.”
“Ok.”
Presi i vestiti che usavo in casa e mi fiondai in bagno. La doccia fu lunga e bollente, volevo togliermi di dosso ogni traccia, anche minima,  delle mani che mi avevano strappato il reggiseno con una violenza che non mi meritavo.
Quando uscii Shin era fuori sul terrazzino, lo raggiunsi e mi accesi una sigaretta.
“Sei sicura di stare bene, Misato?”
“Adesso sì, mi sono tolta tutte le tracce di quel porco.”
“Mi dispiace, non volevo che finissi in questo casino per colpa mia.”
“Non è colpa tua, è colpa di tuo fratello.
È lui lo stronzo, non tu, non metterti strane idee in testa.
Abbracciami, piuttosto, fa freddo.”
Lui mi abbracciò da dietro.
“Mi piace la neve, mi ricorda il mio paese natale, la Svezia.”
“Deve essere un bel posto, ti ha dato alla luce. Anche a me piace la neve.”
“Beh, prima dei Blast la Svezia mi faceva sentire a casa. Poi sono arrivati i ragazzi e infine tu, adesso ho una casa anche in Giappone.”
Sorrisi e mi strinse di più.
“Sono felice.”
Rimanemmo ancora un po’ in contemplazione poi entrammo, adesso eravamo a disagio.
Raccolsi tutto il mio coraggio per dire quello che avevo in mente.
“Senti, il divano è scomodo. Dormi con me.”
Lui mi guardò stupito.
“Ok.”
Andammo in camera mia e cominciammo a spogliarci, io ero rossa come un pomodoro e anche lui sembrava più rosa del solito.
Ci mettemmo a letto e lui mi attirò a sé, notando che tremavo.
Il tremore finì, non seppi mai se era per freddo o paura, ma smise.
Shin emanava tepore, di quello simile alle terme fatto a posta per rilassare.
Mi addormentai subito senza pensare a quello che era successo.
Fu come se qualcuno avesse buttato una coperta nera su di me ed ero grata a quella persona immaginaria.
Avevo davvero bisogno di riposo.

   
 
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