Dicembre era arrivato, le luci
di Natale avevano
ricoperto la città come luci fatate.
C’era
un’atmosfera di attesa, le ragazzine cercavano cosa
comprare ai
loro ragazzi e i
genitori ai figli.
Sembrava che quelle luci
si fossero posate anche dentro
di me.
-Misato Uehara.
Shin era stato misterioso sul
nostro appuntamento, non mi
aveva dato nessun’indizio, solo di portare il necessario per
due giorni. Il che
significava che saremmo andati fuori città, ma dove?
Hachi non lo sapeva,
forse non voleva dirmelo.
“Goditi questo appuntamento, Misato. Non tornerà
più
indietro.”
Mi chiesi se non parlasse anche di sé stessa e dei suoi
appuntamenti con Nobu, forse ne avrebbe voluti di più,
sarebbe stato logico.
Avevo conosciuto Takumi e mi era sembrato un grandissimo stronzo, aveva
commentato sarcastico che ero la coppia più giovane e carina
di Nana. Hachi mi
aveva detto che Takumi e Nana non andavano d’accorto, ma come
biasimarla? Chi
andrebbe d’accordo con quel tizio?
Iniziai a preparare le valigie, l’unico l’indizio
era di
portare vestiti pesanti, saremmo andati in montagna?
Magari in un romantico chalet tra la neve?
Mi persi cinque minuti buoni nelle mie fantasie, alcune
non esattamente caste, dovevo darmi una controllata.
Iniziai a prendere le cose più pesanti che mi ero portata
da casa e a ficcarle in valigia. Alla fine presi un misto di cose
pesanti e
leggere, senza esagerare, dopotutto non ci saremmo trasferiti
là.
Quella notte non riuscii a dormire, continuavo a
rigirarmi nel letto chiedendomi dove saremmo andati e se non avessi
dimenticato
qualcosa.
Mi svegliai alle cinque di mattina con due occhiaie
pazzesche, feci colazione e mi truccai. Indossai un paio di jeans
stretti tutti
pieni di tagli, una maglia nera e un maglione a righe nere e rosse. Ero
okay.
Misi i soliti anfibi e la giacca di pelle, poi presi i
due trolley e me ne andai sbadigliando.
La città era già attiva a quell’ora,
con gente che
camminava veloce, chioschi che offrivano una colazione completa per
pochi yen.
Presi la metro diretta verso la stazione centrale, Shin
mi aspettava vicino alle scale di collegamento.
“Buongiorno!”
Sbadigliai senza grazia.
“Buongiorno anche a te.”
Mi tese qualcosa: era un biglietto del treno e sbiancai quando lessi la
destinazione.
“Dimmi che non stai scherzando, Shin.”
“No, sono serio.”
La destinazione era Mori, il villaggio di origine di Nana e degli altri.
“Ho pensato molto a cosa fare al primo appuntamento e
questa mi è sembrata la migliore. Tu non ci sei mai stata
eppure è lì che
stanno le tue radici. Puoi vedere dove è cresciuta tua
sorella, porgere omaggio
alla tomba di Ren e altre cose. Nobu ci ha offerto una stanza alla
pensione
Terashima.
“E i suoi non gli hanno detto niente sul fatto che due
minorenni dormiranno insieme?”
Ero troppo scioccata e mi uscii la domanda più stupida,
quella di cui mi
importava di meno.
“Tutto bene, Misato?”
Io lo abbracciai stretto, in lacrime, del tutto incapace di esprimere a
parole
quello che provavo e lui sembrò capirlo perché mi
strinse a sua volta in
silenzio.
“Va tutto bene, sono solo felice, tutto qui.”
All’improvviso ebbi l’impressione che qualcuno ci
spiasse, ma chi poteva avere interesse a farlo?
I Blast non sarebbero più tornati, ma la carriera di
attore di Shin poteva essere compromessa, sebbene io fossi solo due
anni più
giovane di lui.
Chiacchierando raggiungemmo il binario e prendemmo un
caffè da una macchinetta prima di timbrare il biglietto. Era
dolce e caldo,
stranamente buono, forse tutto mi sembrava migliore in questa giornata.
Salimmo sul treno, spintonandoci come bambini e
lasciandoci cadere senza grazia ai nostro posti.
Il treno partì e la sensazione di disagio si acuii invece
di diminuire.
Che ci fosse stato davvero qualcuno? Magari quel
paparazzo che ci perseguitava a Osaka?
Quello che non capivo del tutto era il perché.
Due ore dopo Shin dormiva e il mio telefono si mise a
suonare, di lì a poco avrei capito tutto.
Risposi tranquilla, era Misato, probabilmente voleva solo
sapere come stava andando il viaggio.
“Ciao, Misato.”
“Ciao a te, Misato.
Senti, dovete scendere alla prima fermata e tornare
indietro.”
Alzai un sopracciglio.
“Perché? Cosa è successo?”
“Qualcuno vi ha fotografati insieme e ci ha mandato delle
coppie e ora minaccia
di mandarle ai giornali. Vogliono creare uno scandalo perché
Shin frequenta
delle minorenni.”
“Cazzo, non va bene.”
“Lo so. Tornate indietro, ho chiamato anche Yasu, studieremo
una contromossa.”
“Ok, va bene.”
Chiusi la chiamata e guardai il volto sorridente di Shin
nel sonno, non sarebbe stato facile dirglielo, ci teneva
così tanto! Lo scossi
gentilmente, lui si svegliò e si stropicciò gli
occhi.
“Siamo già arrivati?”
“No, ma dobbiamo scendere alla prossima stazione, qualunque
sia, e tornare a
Tokyo.”
Mi guardò come se fossi impazzita.
“Ma che dici?”
“Mi ha chiamato Misato, mi ha detto che ci hanno fotografato
insieme e hanno
mandato le foto alla Shikai Corporation minacciandoli di mandarle ai
giornali.
Vogliono creare uno scandalo per cui tu frequenti delle minorenni."
Lui mi guardò a occhi sbarrati.
“Cazzo!”
Controllammo la prossima fermata e radunate le nostre
cose, nervosi e scontenti, per la piega degli eventi. Se avessi trovato
quel bastardo
l’avrei ucciso, aveva rovinato il mio primo appuntamento con
Shin.
E poi era da un pezzo che non lo vedevo così triste, con
gli occhi spenti e puntati a terra.
“Mi dispiace, Misato. Per colpa del mio
passato…”
Io gli appoggiai un dito sulla bocca.
“Non dirlo perché non è vero. La colpa
è di questa
persona, non tua e non mia.
Ti prego, credimi.”
Lui annuì e sorrise lievemente, la fermata si stava
avvicinando, non ci eravamo
allontanati molto da Tokyo.
Scendemmo e andammo a consultare il tabellone della
partenza, comprammo i biglietti e aspettammo seduti sulla banchina al
freddo.
Fumavano una sigaretta dopo l’altra in silenzio,
consultando ognuno la propria lista mentale di nemici,
perché solo qualcuno che
ce l’aveva con noi avrebbe potuto fare una
cosa simile.
La carriera di Shin come attore non era ancora decollata
abbastanza da interessare i media e come ex membro dei Blast valeva
meno di
zero. Tutti volevano Nana, trovarla e riempirla di domande, pretendere
spiegazioni che non si meritavano. Qualunque cosa fosse scattato nel
cervello
di mia sorella aveva il diritto di rimanere lì, non di
essere conosciuto da
tutto il Giappone.
Com’è che certe volte i sogni diventano i tuoi
peggiori
incubi?
Qual è l’elemento che se spostato manda tutto a
puttane?
Sarebbe bello saperlo in modo da non toccarlo mai e non
avere la vita scombussolata.
Finalmente il treno arrivò ed entrammo al caldo delle
carrozze, eravamo tutti e due giù di morale, ma il fatto che
ci fosse Yasu ad
attenderci ci rassicurava. Lui era in grado di risolvere quasi ogni
casino.
Arrivammo a Tokyo sotto una
leggera nevicata.
Misato ci aspettava alla banchina, la seguimmo senza dire
nulla e salimmo su un taxi. Di una cosa ero certa, non ci stavamo
dirigendo alla
Shikai Corporation.
La macchina si fermò al condominio
dell’appartamento 707,
io e Shin la guardammo senza capire.
“Yasu ci aspetta di sopra, lì potremo parlare in
tranquillità e senza occhi o orecchie indiscreti.”
“Ok, va bene.”
Salimmo le scale e trovammo il batterista seduto al
tavolo intento a esaminare le carte.
“Ciao, Yasu.
Lo salutò Shin.
“Cosa ne hai ricavato?”
“A mio parere non c’è la stampa dietro,
la cosa è stata gestita in modo troppo
grossolano, non è nello stile di Kurada.
E poi non avrebbe senso, i Blast sono usciti dalla scena
musicale e non interessano più a nessuno e non sei ancora
così famoso come
attore.”
“Se non c’è la stampa dietro, chi
c’è?”
“Qualcuno che vuole farti del male.”
Dissi a bassa voce, tutti mi guardarono.
“Penso che Misato abbia ragione.”
Il tono calmo di Yasu calmò il rossore delle mie guance.
“Qualcuno vuole ferire o te o Misato.”
Yasu mi passò la lettera e io la lessi.
“Riconosci la grafia?”
“No, e poi l’unico davvero arrabbiato con me
è mio fratello. L’unica che sa di
questa storia è Chikage e di lei mi fido.”
Sia l’avvocato con l’aspirante manager annuirono.
“Sì, conosciamo Chikage. Non farebbe del male a
una
mosca.
Shin?”
Gli diedero la lettera e si congelò con la mano tesa verso
la lettera, i fogli
volarono per terra.
“Shin?”
Eravamo tutti preoccupati, era pallido come un morto.
“Shin, che succede?”
Urlai, prendendo quella mano
rigida.
“Io sono chi ha scritto questa lettera e so perché
l’ha
fatto.”
Il suo tono era incolore, i capelli ormai quasi bianchi
gli coprivano gli occhi.
“Chi è?”
“La stessa persona che ha organizzato lo scandalo della droga
e della
prostituzione: il mio fratellastro.”
Lo shock ci colpì come una frustata, persino Yasu sembrava
scosso.
“Ma perché?”
“Conosci mio padre, Yasu. Non mi hai voluto nella sua
vita, ti ha dato la mia custodia legale senza alzare un sopracciglio.
Mio
fratello è peggio, mi odia perché pensa che io
non debba far parte della
famiglia Okazaki, che mio padre abbia fatto uno sbaglio riconoscendomi.
È da
quando siamo piccoli che mi umilia e mi ficca nei guai.”
“Ma perché, Shin?”
Lui mi indicò con il volto.
“Vuole Misato.”
Yasu rimase in silenzio a lungo fumando una sigaretta dopo
l’altra, nessuno
diceva nulla.
“Ora che sappiamo il suo vero obbiettivo, lo
anticiperemo.”
“Come precisamente?”
“Lasceremo perdere le lettere e ci concentreremo su Misato.
Shin, è possibile che lui si presenti dove lavora
lei?”
“Sì, specialmente se il negozio è
affollato o vuoto, in modo da non dare
nell’occhio.”
“Credo che ti farà una proposta: una scopata con
lui e le accuse saranno ritirate.”
Io annuii.
“Cosa devo fare?”
“Fai in modo che ti approcci in un punto ripreso dalle
telecamere, digli che vuoi prendere tempo, lui se ne andrà.
Appena puoi fa vedere le immagini al tuo capo e digli che
questo tipo ti molesta.
Se conosco il tizio che gestisce il block buster è un
tizio abbastanza corretto da chiamare la polizia non appena lo
vedrà arrivare.
I poliziotti vedranno le registrazioni e lo porteranno in
centrale.
Misato…”
Yasu mi guardò oltre gli occhiali.
“Puoi farne una copia?
“Penso di sì.”
“Ottimo, portacela e saremo noi a ricattarlo. Se non la
smette tu o Shin lo
denuncerete. Voi sarete liberi e lui con le mani legate.”
“Sembra un ottimo piano, ma siete sicuri che
funzionerà?”
“Se conosco abbastanza mio fratello
funzionerà.”
“Okay.”
“La riunione è finita, allora?”
“Sì.”
Ci alzammo.
Misato allungò un pugno, Yasu la seguì e poi
tocco a me e
a Shin.
“Ce la faremo.”
Li alzammo e poi ce ne andammo, Yasu e Shin si allontanarono insieme,
Misato
chiamò un taxi e mi accompagnò a casa. Fuori
dalla macchina mi batté una mano
sulla spalla.
“Non preoccuparti, ce la farai ad avere una storia con
Shin senza troppe complicazioni, sistemiamo il bastardo e
andrà tutto a posto.
“Sì, grazie.”
Lei prese un altro taxi, io invece salii al mio appartamento abbastanza
scoraggiata per come si era svolta a giornata. Per colpa di un ragazzo
stupido
e viziato il mio primo appuntamento era andato a fanculo e io ci tenevo
così
tanto!
Entrai in casa e mi ficcai sotto la doccia, poi a letto,
Shin mi scrisse il solito messaggio della buonanotte, ma avevo la
sensazione
che anche lui fosse abbastanza depresso.
Come dargli torto? Trovi una ragazza non problematica e
subito vieni rimesso al suo posto da quello stronzo di suo fratello.
Non lo
avevo ancora visto, ma già l’odiavo, quel pezzo di
merda.
Mi misi a letto, i miei sogni furono popolati da una
figura con una maschera bianca che tentava di uccidere Shin e io non
riuscivo a
fermarla.
Avevo paura, inutile negarlo.
Se qualcosa non fosse andato secondo il piano di Yasu cosa
avremmo fatto?
“Yasu è una ragazzo molto intelligente.
Può essere un
ottimo avvocato e un ottimo teppista, nonché un ottimo
batterista. Conosce le
persone e sa quello che fa, io mi devo solo fidare.”
E quello era il punto, dopo il casino con mamma e con
Nana non riuscivo a fidarmi delle persone come facevo prima. Ero
diversa. Ero
cresciuta.
Meno sorrisi e battute e più sguardi circospetti attorno
a me, nemmeno temessi di vedere un paparazzo uscire da un tombino da un
momento
all’altro.
Feci colazione e andai al video noleggio, il mio capo fu
sorpreso, ma felice, di vedermi, nessuno voleva mai fare il turno di
notte.
E così quella notte sarei andata al lavoro, passai la
giornata a pulire la casa, studiare per i test prima delle vacanze e a
memorizzare il viso del bastardo. Volevo essere sicura di trovarmi in
una zona
coperta dalle telecamere quando fosse arrivato. Se ciò che
diceva Yasu,
conoscere il suo piano era un vantaggio incredibile, giocare a scacchi
sapendo
in anticipo le mosse dell’avversario. Mi ricordai che i Blast
amavano giocare a
mah jong, questo aiutava a sviluppare il cervello. Mi sarei fatta
insegnare da
Shin, non volevo rimanere indietro. Non volevo che fossero gli altri a
decidere
della mia vita, volevo essere io.
Dopo un ultima occhiata alla foto del nemico uscii
avvolta nella sciarpa, fuori aveva ripreso a nevicare, il che
significava che
al negozio sarebbe stata una serata morta. Probabilmente si farebbe
fatto vivo.
Avevo imparato a mie spese che i maniaci amavano le serate morte.
Scesi nella stazione della metro e presi la prima corsa
che mi portasse al lavoro, stranamente era vuota. Ero in anticipo
così mi
concessi di mangiare qualcosa a un chioschetto lì vicino.
Faceva freddo, non mi
andava di aspettare là furi, nel chiosco c’era
sempre caldo.
Mangiai del ramen e degli spiedini di pollo, gli altri
avventori erano un gruppo di manager che festeggiavano la promozione di
uno di
loro. Erano allegri e rumorosi, non so come mi ritrovai a pensare che
in quel
momento avrei dovuto essere in una pensione in stile tradizionale con
il mio
ragazzo.
Atmosfera tranquilla, guardare la neve che cade avvolti
in caldi yukata.
Ecco dove avrei dovuto essere.
Finiti anche gli spiedini uscii e mi diressi verso il
videonoleggio, scambiai quattro chiacchiere con il collega che mi
sostituiva e
con il capo e poi mi cambiai, indossando la divisa del negozio.
Iniziai ad aspettare che arrivasse qualcuno, dopo un po’
abbandonai la postazione dietro al bancone e controllai i posti coperti
dalle
telecamere fingendo di gironzolare.
Uscii a fumare una sigaretta e tornai velocemente dentro
a causa del freddo pungente.
Sarebbe mai arrivato?
Le ore passavano e del fratello di Shin non c’era
traccia, che avesse capito qualcosa?
E poi, a un quarto d’ora dalla chiusura, lo vidi. Camminava
per strada con il suo stesso passo indolente, solo che la sua
espressione era
quella di un tipo sicuro di sé.
Io mi misi in un punto coperto dalle telecamere e finsi
di sistemare alcuni cassette, all’improvviso qualcuno mi
prese da dietro, una
mano su una tetta e una sulla bocca.
“Non urlare, dolcezza. Anche se mi piacerebbe che tu lo
facessi, sarebbe eccitante.”
“Co-cosa vuoi?”
Mi finsi spaventata, ma ero solo disgustata.
Sarebbe un casino se diventassero pubbliche, non credi?”
“E-e io cosa posso fare?”
“Lasciati scopare e brucerò i negativi.”
“Davvero?”
“Certo. Passerò un’altra volta per la
risposta.”
La mano sul seno si spostò sotto la mia maglietta, con una
spinta violenta fece
saltare i gancetti e si prese il reggiseno, mi fece male. Lui invece lo
annusò
estasiato e sparì.
Mi chiusi nel negozio e poi corsi in bagno a vomitare,
non mi aveva fatto niente, eppure mi sentivo violata, come aveva osato?
Controllai i filmati delle videocamere, tutto era stato
ripreso, io feci in modo di farne una copia e di metterlo da parte per
farlo vedere al mio capo. Lui
poteva essere uno sfruttatore e uno stronzo, ma odiava i maniaci e si
preoccupava
sempre per me visto che il turno di notte era sempre mio.
Finalmente arrivò il momento di chiudere il negozio,
presi l’incasso e i nastri della sorveglianza, abbassai la
serranda e chiusi.
Andai a casa del mio capo, che distava cinquecento metri,
e suonai il campanello. Lui uscì come ogni sera, io gli
consegnai l’incasso e
le chiavi.
“Vorrei discutere qualcosa con lei domani mattina, se
possibile.”
“Cosa è successo, Misato?”
“Niente, è solo passata una persona fastidiosa al
negozio.”
“Un maniaco?”
“Qualcosa del genere.”
“Va bene, ne parleremo domani.
Va’ a casa, sono preoccupato per te.”
“Grazie. Buonanotte, allora.”
“Buonanotte a lei.”
Chiamai Shin e gli chiesi di venirmi a prendere.
“Sì, arrivo. Sono nei paraggi, tu vai al
chioschetto.”
“Va bene.”
Il chioschetto stava chiudendo.
“Posso aspettare qui il mio ragazzo, per favore?”
“Sì, certo. Gira brutta gente.”
Shin arrivò un quarto d’ora dopo e mi
abbracciò.
“Tutto bene?”
“È passato… e si è portato
via il mio reggiseno.”
Shin strinse i pugni.
“Lo ammazzo.”
“No, segui il piano di Yasu. È più
sicuro, adesso portami a casa, per favore.
Non ce la faccio più a stare qui.”
Lui annuì e mi prese per mano, lentamente ci dirigemmo verso
la metro, questa
lunga giornata stava per finire finalmente.
Dopo avergli annunciato le malefatte del fratello,
nessuno dei due disse più niente durante la corsa affollata
di studenti che
come me lavoravano fino a tardi per mantenersi gli studi.
Scendemmo alla mia fermata e quando arrivammo in
superficie fu un sollievo sentire il freddo e la neve cadere dopo il
viaggio su
una carrozza sovraffollata.
“Ti fermeresti a dormire da me?”
“Sei sicura della proposta?”
Mi resi conto del secondo fine che conteneva e arrossii violentemente.
“Non volevo dire che voglio fare, ecco, sesso con te.
Non voglio stare da sola stanotte, ecco tutto.
Sono rimasta scossa e mi fa sentire più sicura sapere che
c’è un’altra persona in casa.”
Lui rise.
“Tranquilla, lo sapevo che non era un invito a far
sesso.”
Entrammo nel condominio e salimmo le scale fino al
appartamento, lo aprii stanca e demotivata.
“Io vado a fare una doccia, tu fa come se fossi a casa
tua. Di là c’è la cucina, ma non
c’è birra perché sono ancora
minorenne.”
“Ok.”
Presi i vestiti che usavo in casa e mi fiondai in bagno. La doccia fu
lunga e
bollente, volevo togliermi di dosso ogni traccia, anche minima, delle mani che mi avevano
strappato il
reggiseno con una violenza che non mi meritavo.
Quando uscii Shin era fuori sul terrazzino, lo raggiunsi
e mi accesi una sigaretta.
“Sei sicura di stare bene, Misato?”
“Adesso sì, mi sono tolta tutte le tracce di quel
porco.”
“Mi dispiace, non volevo che finissi in questo casino per
colpa mia.”
“Non è colpa tua, è colpa di tuo
fratello.
È lui lo stronzo, non tu, non metterti strane idee in
testa.
Abbracciami, piuttosto, fa freddo.”
Lui mi abbracciò da dietro.
“Mi piace la neve, mi ricorda il mio paese natale, la
Svezia.”
“Deve essere un bel posto, ti ha dato alla luce. Anche a me
piace la neve.”
“Beh, prima dei Blast la Svezia mi faceva sentire a casa. Poi
sono arrivati i
ragazzi e infine tu, adesso ho una casa anche in Giappone.”
Sorrisi e mi strinse di più.
“Sono felice.”
Rimanemmo ancora un po’ in contemplazione poi entrammo,
adesso eravamo a disagio.
Raccolsi tutto il mio coraggio per dire quello che avevo
in mente.
“Senti, il divano è scomodo. Dormi con
me.”
Lui mi guardò stupito.
“Ok.”
Andammo in camera mia e cominciammo a spogliarci, io ero rossa come un
pomodoro
e anche lui sembrava più rosa del solito.
Ci mettemmo a letto e lui mi attirò a sé, notando
che
tremavo.
Il tremore finì, non seppi mai se era per freddo o paura,
ma smise.
Shin emanava tepore, di quello simile alle terme fatto a
posta per rilassare.
Mi addormentai subito senza pensare a quello che era
successo.
Fu come se qualcuno avesse buttato una coperta nera su di
me ed ero grata a quella persona immaginaria.
Avevo davvero bisogno di riposo.