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Autore: Hi Ban    08/08/2020    1 recensioni
“Perché non ti siedi?” domandò allora Mikoto quando lo vide assumere un colorito piuttosto malsano, indicando poi la sedia poco distante con il coltello. “Vuoi che ti prenda un bicchiere d’acqua?” propose ancora, puntando il rubinetto con la lama acuminata. “Preferisci un tè, forse?” si informò, prima di spostare l’utensile acuminato in direzione della teiera.
Il tutto incurante del tic che era comparso sulla fronte dell’uomo e all’angolo della bocca, dove c’erano quelle pieghe che Shisui, sempre pensando di non farsi sentire, additava e chiamava branchie – “Lo zio Fugaku ha le branchie, come quelle delle carpe, lo giuro! Ma le carpe sono meno spaventose e non minacciano di mandarmi in missione su per i monti armato solo di bacchette se non faccio il bagno, no.” Lui ne era convinto, anche perché Itachi non smentiva mai e quello doveva pur dire qualcosa.
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fugaku Uchiha, Mikoto Uchiha
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Elogio al pomodoro – Le origini
 
 
 
 
Fugaku Uchiha aprì gli occhi di scattò.
Era notte fonda e la stanza era completamente immersa nel buio, non c’era neanche la luce della luna che filtrava dalla finestra perché, apparentemente, fuori era nuvoloso. Per qualche attimo, l’unica cosa che poteva sentire nella stanza era il suo stesso respiro, controllato e calmo, ma un attimo dopo lo sentì di nuovo.
Tac-tac-tac. Tac. Tac-tac.
Veniva dal piano di sotto, convenne quando riuscì a spazzare via anche l’ultima traccia di sonno che, disperatamente, aveva tentato di rimanere aggrappata al suo cervello. Però lui era un ninja, era addestrato ad essere sempre all’erta perché, come gli avevano detto al suo secondo giorno all’accademia ninja, il nemico non era solito rispettare il ciclo sonno-veglia altrui. Ergo, non appena il suo cervello aveva captato qualche anomalia nelle vicinanze, lui si era svegliato di colpo. E ora aveva gli occhi aperti e stava fissando il soffitto della camera, in attesa. Poi quel rumore giunse di nuovo alle sue orecchie.
Tac-tac-tac.
Proveniva dal lato destro della casa.
L’uomo si voltò di scattò verso l’altro lato del letto, ma non trovò quel che cercava: Mikoto non era rannicchiata in posizione fetale di fianco a lui, come sempre, con una mano sul pancione che cresceva a vista d’occhio, con la bocca semiaperta, il respiro pesante che non si trasformava mai in un vero e proprio russare e con i capelli scuri sparpagliati dappertutto, anche su di lui – soprattutto su di lui.
Prima ancora che il suo cervello potesse fornirgli una qualsivoglia lettura riassuntiva di quegli elementi, l’Uchiha non ci pensò due volte e si liberò dalle coperte del futon. A piedi scalzi, senza accendere la luce e attuando una serie di movimenti calcolati ed efficaci, si diresse fuori dalla stanza e nel corridoio. Ora il rumore era più forte, ma continuava a non capire cosa fosse.
Il primo posto in cui si diresse fu la camera di Itachi. Aprì la porta quel tanto che bastava per poter scorgere all’interno la sagoma del figlio sotto alle coperte. Lui era al sicuro, constatò con sollievo, prima di ritornare sui suoi passi.
Tac. Tac-tac. TAC.
Era come se qualcuno stesse… tagliando? Un brivido di freddo incontrollabile gli corse lungo la schiena quando il primo, istintivo pensiero fu che quello sembrava il suono di qualcosa che veniva fatto a pezzi. Come quando andava a fare lui la spesa, la domenica mattina, e passava al banco di Samatsu san per prendere la carne e lui la affettava davanti a lui con tac-tac-TAC-
No.
Non era così che si comportavano i ninja.
Non si facevano prendere dal panico prima ancora di aver assestato la situazione. Doveva riprendere il controllo di se stesso, perciò doveva assolutamente liberarsi dall’immagine di Mikoto, riversa per terra e piena di sangue, che il suo cervello continuava a propinargli. Sua moglie era un’ottima ninja, non era neanche pensabile uno scenario del genere.
Fugaku prese a scendere le scale, un gradino alla volta, mettendo in atto tutte le sue abilità per non produrre alcun rumore. Parte di lui voleva anche smettere di respirare, perché non voleva rovinare nulla.
Tac-tac-tac. Tac. Tac.
Fugaku era sempre stato il tipo di persona che odiava i fronzoli e le perdite di tempo. Odiava la suspence, le pause prolungate, la lentezza, tutte quelle esagerazioni che non servivano a nulla e ritardavano soltanto il raggiungimento dell’obiettivo. Però in quel momento gli sembrava davvero che quella scala fosse infinita e che ad ogni suo passo corrispondesse l’aggiunta di un nuovo scalino di legno da dover superare. Una parte di lui temeva quel che avrebbe trovato quando sarebbe giunto a destinazione, ma l’altra, quella che faceva di lui uno dei migliori ninja del Clan Uchiha, stava urlando che così stava solo perdendo tempo prezioso e le conseguenze sarebbe anche potuto essere tragiche.
Finalmente giunse al piano di sotto. La casa era immersa nel buio, ma da dove si trovava poteva vedere il fascio di luce proveniente dalla porta socchiusa della cucina.
Che ci fosse qualcuno all’interno era ovvio, come gli ricordò il tac-tac-tac che ora era ancora più vicino e inquietante. Era l’unico rumore che rompeva il silenzio nell’abitazione e, mentre avanzava lentamente verso la porta, Fugaku si chiese cosa succedesse tra un tac-tac-tac e l’altro. Man mano che i suoi piedi lo portavano in prossimità della sua metà, l’Uchiha ebbe modo di comprendere cosa avveniva in quelle pause. Se aveva trovato altamente disturbante il rumore iniziale era solo perché non aveva sentito la parte di mezzo.
Il suono viscido di qualcosa che veniva schiacciato e spolpato e che perdeva tutti i suoi liquidi e il suo contenuto lo portò a fermarsi di colpo, ad un passo dalla porta. La mano, già tesa verso la maniglia e ormai a pochi centimetri da quest’ultima, rimase a mezz’aria.
Qualcuno stava sviscerando qualcosa nella sua cucina.
Proprio in quel momento, quando mosse il piede destro un po’ più avanti, sentì qualcosa di liquido e viscido sotto all’alluce. Il suo sguardo allora ricadde sulla macchina scura presente sul tatami illuminato dallo spiraglio di luce. Forse si stava suggestionando troppo, cercava di ripetersi una parte di lui, doveva rifletterci bene, valutare tutti gli elementi, ragionare a mente fredda-
Ma a lui quella sembrava una macchia rossa. E il sangue ero rosso.
E di nuovo quel tac-tac-tac. Tac. TAC. TAC!
Poi quel… quel… rumore viscido di-
Qualcuno stava tentando di uccidere Mikoto!, gli urlò il suo cervello e allora Fugaku perse il lume della ragione. Mai ai posteri avrebbe confermato quella sua totale mancanza di giudizio assolutamente poco adatta ad un ninja del suo rango, ma effettivamente si lasciò prendere dalla foga.
Erano le quattro e mezza circa di notte quando l’Uchiha si lanciò completamente contro la porto della cucina, incurante del fatto che non aveva armi a disposizione e non aveva nemmeno un piano. Tutto quello che voleva era mettere in salvo – o, nel peggiore dei casi, vendicare – sua moglie e la sua futura bambina.
“MIKO-”
-to, avrebbe continuato, se non fosse che le parole gli morirono letteralmente in gola.
Sua moglie era in piedi, dietro al bancone della cucina, con in mano un coltello sporco della stessa sostanza rossa di cui era ricoperta lei non proprio dalla testa ai piedi, ma quasi.
E non era sangue, però, ebbe modo di appurare Fugaku in quella specie di trance in cui era caduto nello stesso momento in cui era entrato con foga nella stanza. No, come gli fece presente il suo cervello dopo aver processato automaticamente l’odore che lo investì un secondo dopo, quella roba rossa non era sangue, ma succo di pomodoro.
Succo di pomodoro che era dappertutto, perché tutta la cucina era piena di… di pomodori, appunto.
Tagliati, interi, schiacciati, a cubetti, lunghi, tondi, piccoli, medio-grandi, rossi, arancioni, verdini, qualcuno in procinto di marcire, altri raggrinziti, altri ancora per nulla maturi.
Quella… bacca puzzolente era dappertutto.
Lui odiava i pomodori. Ma forse odiava ancora di più i precedenti sei minuti e ventitré secondi della sua vita, in cui era diventato una versione di se stesso molto distante dalla sua solita pacatezza, riservatezza e compostezza.
Mikoto gli sorrise con la sua solita dolcezza, ma sventolando il coltello di discrete dimensioni con cui, fino a quel momento, aveva allegramente affettato pomodori. Alle quattro del mattino.
“Fugaku kun! Come mai sei sveglio? Non riesci a dormire?” chiese la donna realmente preoccupata per il benessere notturno del marito. Tutto quello che il cervello dell’uomo riusciva a processare, però, era che Mikoto aveva dei semi di pomodoro tra i capelli. “Hai avuto un incubo?” aggiunse lei, nello stesso tono che usava con Itachi quando lo vedeva leggermente più irrequieto del solito.
Fugaku ripensò allo scenario sanguinolento che la sua mente aveva partorito, in cui la moglie di certo non ce lo aveva in mano, il coltello, e per un attimo fu in procinto di vomitarsi sui piedi. Forse era anche per colpa della puzza di pomodori, che era davvero aggressiva. Come diavolo aveva fatto a non sentirla fino a quel momento? Probabilmente sarebbe rimasta in quella stanza per secoli. Perfino le mele nella ciotola lì di fianco avrebbero avuto un retrogusto di pomodoro.
“Perché non ti siedi?” domandò allora Mikoto quando lo vide assumere un colorito piuttosto malsano, indicando poi la sedia poco distante con il coltello. “Vuoi che ti prenda un bicchiere d’acqua?” propose ancora, puntando il rubinetto con la lama acuminata. “Preferisci un tè, forse?” si informò, prima di spostare l’utensile acuminato in direzione della teiera.
Il tutto incurante del tic che era comparso sulla fronte dell’uomo e all’angolo della bocca, dove c’erano quelle pieghe che Shisui, sempre pensando di non farsi sentire, additava e chiamava branchie – “Lo zio Fugaku ha le branchie, come quelle delle carpe, lo giuro! Ma le carpe sono meno spaventose e non minacciano di mandarmi in missione su per i monti armato solo di bacchette se non faccio il bagno, no.” Lui ne era convinto, anche perché Itachi non smentiva mai e quello doveva pur dire qualcosa.
“Mikoto, puoi- il coltello, smetti di sventolare il coltello” le chiese infine, cercando di mantenere un tono neutro da cui non trapelasse la sua irritazione, agitazione e frustrazione. Stava provando molte emozioni scomode in quel momento ed era una cosa strana per lui, perché di solito era una persona decisamente composta. Ora, invece, una parte di lui era molto desiderosa di prendere quei dannati pomodori per distruggerli uno ad uno, carbonizzarli con la Palla di Fuoco senza lasciare traccia.
“Aaah, giusto, giusto” ribatté la donna con un risolino colpevole, poggiando finalmente l’arma – perché lo era, era un kunai con un manico meno ergonomico – sul bancone, anch’esso coperto di pomodoro, semi e liquami rossi.
I due rimasero a fissarsi per un po’.
Lei piegò di lato la testa, osservando con confusione l’uomo che era letteralmente entrato di corsa dalla porta e che, con quegli occhi un po’ sgranati e il respiro agitato, era sembrato un po’ fuori carattere.
Lui invece tentò di tenere sotto controllo quel dannato tic che stava rovinando la sua maschera di indifferenza. Ogni volta che tentava di ritrovare la calma, si ricordava che poco prima aveva pestato della polpa di pomodoro e, quasi sicuramente, aveva qualche semino tra le dita del piede destro.
“Sei sicuro di stare bene, Fuga-” cominciò lei, ma fu interrotta dall’Uchiha perché quest’ultimo non riuscì a tacere oltre.
“Che cosa stai facendo con tutti questi pomodori? A quest’ora. Di notte” domandò allora con disgusto molto malcelato, indicando con un cenno meccanico della mano tutto quel disastro che al momento albergava nella cucina. La necessità di parlare a tratti derivava dai conati di vomito che a quel punto della faccenda non sapeva neanche più a cosa imputare.
Nello stesso momento, un semino di pomodoro scivolò lungo la guancia di Mikoto e Fugaku ci mise esattamente tre secondi per pentirsi di aver posto quella domanda. Era uno di quegli errori da cui era letteralmente impossibile non imparare, perché mai più nella vita avrebbe avuto il coraggio di fare alla donna una qualsiasi domanda circa quel frutto, verdura o qualsiasi cosa fosse quella creazione del demonio.
Infatti, gli occhi della donna non si illuminarono solo, si infuocarono direttamente. A dire la verità, tutta quell’emozione, così pura, schietta, genuina e vigorosa, un po’ lo spaventò – e a buona ragione, come scoprì di lì a poco. A sua discolpa, il ninja aveva ancora i nervi a fior di pelle a causa della sua fervida e anomala immaginazione.
“Avevo voglia di pomodori!” esordì con una felicità che le contagiò ogni singolo angolo della faccia. Nella foga ritirò anche su il coltello che aveva abbandonato, facendo risaltare il cuore in gola al marito. E poi cominciò a parlare a ruota libera, in quel modo che non era poi da ritenersi così insolito perché chi conosceva bene Mikoto Uchiha sapeva anche che la giovane donna non era poi così pacata e tranquilla come poteva sembrare, con quel suo sorriso dolce e materno. Specie quando era davvero molto felice per qualcosa, lei era solita esternarlo in maniera molto entusiasta.
“Mi sono svegliata ad un certo punto per andare in bagno e mi è venuta una gran voglia di pomodori e chi sono io per negare i desideri di questo adorabile bambin-”
“Sarà una femmina, Mikoto” la interruppe quasi automaticamente, perché era così che procedevano le discussioni concernenti la gravidanza in corso: lui era sicuro che sarebbe stata una femmina, era il suo istinto paterno a parlare e Mikoto gli sorrideva con indulgenza, comunque intenerita da quel lato del marito. Solo e soltanto per quel motivo lasciava perdere, ogni volta, perché era un maschio, lei lo sapeva. Istinto materno, no?
“Beh, comunque sono venuta in cucina per vedere se ce n’erano nel frigorifero, ma ce n’era solo uno. Solo che aveva sia voglia di pomodori fritti che di pomodori crudi e con uno solo non potevo avere entrambe le versioni. Perciò ho deciso di andare al konbini per comprarne altri e sono uscita. Quando sono arrivata al negozio diciamo che potrei… come dire, potrei aver esagerato un po’, ecco, perché in quel momento avevo davvero tanta voglia di pomodori, una cassetta non sarebbe bastata e allora ne ho comprate sei. Di varietà diverse, vedi?”
Detto ciò, Mikoto, che aveva gli occhi quasi inumiditi per l’emozione di fronte a quella che a lei doveva sembrare una miniera d’oro, si mise ad indicare con quel dannato coltello tutti i tipi di pomodoro.
“Ci sono quelli tondi piccoli, quelli più grandi, questi che sono un po’ bitorzoluti, questi altri sono liscissimi! Questi hanno una forma proprio strana, Questi altri hanno un sacco di polpa, questi sono molto acquosi, quelli là hanno la buccia fine e su quel piatto ho messo tutti quelli quasi neri. Non sono marci, sono davvero fatti così, ma mi inquieta il colore e non mi viene voglia di mangiarli, perciò li ho scartati. Magari possiamo darli a Itachi come bersaglio per i kunai? Quelli gialli li ho già mangiati quasi tutti, ce n’erano pochi e sembravano così buoni che non ho resistito, penso che li ricomprerò. Questi, invece, Kigikiri san ha detto che sono ottimi per l’insalata, magari a te possono piacere. Lo so, li detesti, ma tentar non nuoce. Questi che sto tagliando, invece, sono ottimi per la salsa. Non credo possa piacermi la passata di pomodoro, ma ho comunque deciso di provare a farne un po’” a quel punto, si voltò velocemente nel tentativo di indicare con il coltello la ciotola contenente i pomodori brutalmente mutilati e schiacciati e finì per lanciare in faccia a Fugaku un po’ di pomodoro che era rimasto attaccato alla lama.
Ora l’Uchiha era immobile, con mezza fetta di pomodoro in mezzo gli occhi. Lo rimosse con gesti lenti e controllati, una freddezza che contrastava molto con l’agitazione di qualche attimo prima. L’occhio sinistro stava già iniziando a bruciargli perché una goccia di succo doveva esserci finita dentro, ma stoicamente non se ne lamentò.
“Il coltello, Mikoto.”
“Ops.”
Ritornò il silenzio.
“Le sei cassette-”
“Me le sono fatta portare dal figlio di Kigikiri san, non preoccuparti, non farei mai niente che potrebbe far del male a-” la donna si fermò in tempo, mordendosi il labbro, perché Fugaku le sembrava un po’ strano e non voleva irritarlo ulteriormente a quell’ora di notte. “Alla nostra progenie attualmente senza sesso. Sei sicuro di stare bene, Fugaku kun?”
Stava bene? No, assolutamente no, non stava bene. Perché? Perché lui non aveva sentito nulla di tutto quello. Non aveva sentito Mikoto uscire per andare a comprare quei così disgustosi, non aveva sentito il figlio di Kigicoso san portare le cassette, non aveva sentito la puzza di quella roba cotta e nemmeno cruda, non aveva sentito nulla fino a che lei non aveva iniziato a piantare coltellate nel tagliere, che ora sembrava un campo di battaglia. C’erano semini ovunque – i prodi eroi che erano andati in battaglia, ma che nulla avevano potuto contro la lama affilata di Mikoto Uchiha. E poi aveva reagito in maniera sproporzionata, scambiando del succo di pomodoro per sangue. Se l’Hogake avesse saputo quella storia lo avrebbe declassato a genin. Lo avrebbe relegato alle più infime mansioni in giro per il Villaggio. Il suo stesso clan lo avrebbe emarginato.
Fugaku Uchiha non stava bene perché aveva appena calpestato la sua dignità e la vergogna lo stava divorando lentamente. Ma nessuno doveva sapere nulla, perciò esordì con un lapidario: “Benissimo.
Mikoto gli concesse un sorriso un po’ incerto, ma rispettò il volere dell’Uchiha. Sapeva anche che non sarebbe stato saggio portare a galla in futuro quel che aveva visto quella notte.
Perché lei lo aveva visto benissimo, era entrato urlando, con gli occhi sgranati e l’affanno. Le era sembrato… spaventato? Beh, se lo sarebbe portato nella tomba.
“Vuoi una fetta di torta?” gli chiese improvvisamente, prendendolo alla sprovvista nel tentativo di spostare la conversazione su temi meni spinosi.
“Che torta?”
Fugaku ebbe nuovamente tre secondi per pentirsi della domanda, perché un attimo dopo gli occhi della moglie si infuocarono di nuovo.
“Una torta al pomodoro! L’ho appena sfornata, è la prima cosa che ho cucinato. Poi nel frattempo ho anche fatto delle tartine e secondo me sono quelle che mi sono venute meglio. Poi però, beh, c’erano troppi pomodori, perciò sono andata a cercare quel libro di ricette che Tsubiyaki baba mi ha regalato un paio di anni fa e ne ho trovate un sacco. Ho fatto i pomodori ripieni di verdure, altri ripieni con i funghi, alcuni stavo pensando di riempirli con il riso, poi ci sono quelli al forno, ne ho fritti altri, ho anche fatto dei panini. Poi cosa ancora? La passata che sta preparando ora, sì, ma anche una frittata! È tutto in frigo ora. Ci sono anche dei pomodori gratinati, ma non mi sembrano venuti bene, magari ho sbagliato varietà. Ah! Stavo quasi per dimenticarmi! Alcuni ho deciso di seccarli e altri li ho già messi sott’olio. Ho deciso che domani proverò anche a fare la marmellata. Non sembra buona anche a te? Temo che mangeremo pomodori per un po’, Fugaku kun” concluse sorridendo e porgendogli una fetta di torta.
Tutto quello. In due ore circa. E lui non aveva sentito nulla.
Nulla.
La sua povera dignità si era andata ad annegare nel fiume Naka, considerò l’Uchiha mentre addentava con fare gramo la sua fetta di torta – al pomodoro.
Ed era anche buona.


 


[Credo siano 5 anni - se non di più - che non scrivo in questo fandom. Però avevo questa piccola idea in sospeso che mi girava in testa da un sacco di tempo e ho pensato di darle vita. Avrei voluto postarla per il compleanno di Sasuke, ma se c'è una cosa che non è cambiata da quando scrivevo su EFP è la mia incapacità di essere puntuale XD 
Che dire? Se Sasuke è ossessionato dai pomodori, forse anche Mikoto ha avuto i suoi momenti in gravidanza e il povero Fugaku ne ha pagato le conseguenze. Per inciso, io condivido il suo disgusto per i pomodori, perché quei cosi fanno schifo pure a me.
Il titolo è un malcelato riferimento alla shot che avevo pubblicato secoli fa Elogio al pomodoro in cui Sasuke ci dimostra quanto il suo amore per i pomodori sia psicotico smisurato.
Ho inserito OOC tra gli avvertimenti, sia perché non seguo più il manga e non so se Kishimoto da qualche parte ha buttato qualche hint circa la caratterizzazione di Fugaku e Mikoto, sia perché mi piace pararmi il culo così 
ಠ.ಠ.
Grazie a chiunque passerà da queste parti <3]

 
  
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