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Autore: Fiore di Giada    18/08/2020    0 recensioni
[Uchuu no Kishi Tekkaman Blade]
Con mano esitante, Richard aprì la porta della camera ardente ed entrò.
Chiuse dietro di sé l’uscio e, per alcuni istanti, rimase immobile, gli occhi chiusi. Finalmente, poteva stare da solo.
Nessuno avrebbe disturbato il contatto tra lui e suo padre.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Con mano esitante, Richard aprì la porta della camera ardente ed entrò.

Chiuse dietro di sé l’uscio e, per alcuni istanti, rimase immobile, gli occhi chiusi. Finalmente, poteva stare da solo.

Nessuno avrebbe disturbato il contatto tra lui e suo padre.

Si irrigidì e le sue dita si strinsero attorno alla maniglia della porta. Era riuscito ad accettare il destino di suo padre.

Come un valoroso soldato, era morto in guerra.

Certo, aveva provato un forte dispiacere, ma i conflitti erano pieni di rischi.

Un brivido percorse, come una scarica elettrica, la schiena del pilota. Conclusa la guerra, aveva creduto di potere riprendere una nuova vita.

Invece, dodici giorni prima, aveva scoperto la verità.

Suo padre non era morto in battaglia, ma era ricoverato in ospedale, imprigionato in un sonno senza risveglio.

E i militari, col loro solito cinismo, gli avevano imposto una scelta crudele.

Staccare la spina. Non staccare la spina.

Non erano presenti altre alternative.

Nessuna tecnologia avrebbe dato al suo amato genitore una coscienza umana.

E lui aveva compiuto una scelta dilaniante.

Incurante del suo cuore frantumato, straziato, annientato, aveva liberato il generale Charles Varlause da quella condizione insensata, indegna della sua indole forte e decisa.

Suo padre, finalmente, era libero.

Ma il suo cuore era stato imprigionato dai lacci del rimorso e della sofferenza.

Ne era sicuro, non sarebbe mai riuscito a liberarsi di un tale tormento.


Aprì gli occhi e si guardò intorno.

L’ambiente era di forma rettangolare e le pareti lunghe erano ricoperte da pannelli di legno di noce.

Il pavimento era ricoperto da un tappeto blu, adorno di fregi dorati, e nella stanza erano collocati vasi di ceramica azzurra, rigogliosi di narcisi, gigli e orchidee, dai quali si spandeva un aroma vanigliato.

Al centro della camera ardente, era collocato un catafalco ligneo, su cui era poggiata una bara aperta.

Dentro, immerso in una nuvola di gigli, narcisi e orchidee policrome, era collocato il corpo di un uomo di statura alta, vestito d’una elegante uniforme blu scuro.

Una corta chioma ramata ornava il suo volto, dai lineamenti decisi, e le labbra, piegate in una smorfia seria, erano coperte dai baffi, poco più scuri dei suoi capelli.

Le sue mani, strette sul petto, reggevano un ciondolo d’oro, terminante in un portafoto del medesimo materiale.

Buffo., pensò il giovane, amareggiato. Suo padre, in quel momento, sembrava addormentato in un sonno profondo.

Pareva prossimo al risveglio.

La sua voce, calma e decisa, risuonava nella stanza e si mescolava allo scalpiccio dei suoi passi.

Sto impazzendo., pensò Richard. Doveva scuotersi o sarebbe precipitato nelle allucinazioni.

Il peso della solitudine opprimeva le sue spalle.

Forse, avrebbe dovuto rivelare qualcosa ai suoi amici…

Scosse la testa. No, non sarebbe stato giusto coinvolgere anche loro.

Tutti erano stati danneggiati dalla guerra e la guarigione di Nick doveva essere festeggiata.

Grazie alle cure dei medici e all’amore di Star, era riuscito a riconquistare il suo equilibrio.

Certo, necessitava di attenzioni, ma riusciva a convivere coi suoi dolorosi ricordi.

Con che coraggio poteva oscurare il suo diritto alla felicità?


Caute, le sue dita sollevarono un poco il ciondolo e aprirono il ritratto.

Dentro, il giovane vide il ritratto del padre, rivestito della sua uniforme blu.

Il braccio destro dell’uomo, con un gesto affettuoso, cingeva le spalle di una giovane donna alta e snella, vestita d’un lungo abito bianco a fiori.

I capelli, biondi, raggiungevano il collo e i suoi fermi occhi azzurri fissavano l’obiettivo.

Con l’altro braccio, il generale teneva in braccio un bambino di circa quattro anni.

Indossava una maglietta bianca, pantaloncini celesti e i suoi capelli castani, assai folti, raggiungevano quasi le sue spalle.

No… No…, pensò il giovane. Non riusciva a credere che suo padre tenesse un ritratto della loro famiglia, quando i tempi erano carichi di promesse di felicità.

Anche lui, malgrado l’apparenza stoica e intoccabile, era capace di soffrire?

Piangeva ancora la morte della donna da lui amata?

Qualsiasi considerazione, in quel momento, si dissolveva davanti ai suoi occhi.

Con un gesto apparentemente calmo, chiuse il monile e lo appoggiò tra le mani del generale. Presto, lui e sua madre si sarebbero riuniti.

Manca poco, papà. Non soffrirai più. – sussurrò. Dopo avere portato a termine il suo compito, aveva fatto preparare per suo padre una tomba semplice, accanto a quella di sua madre.

Il termine della sua vita sarebbe stato accanto a lei, che era stata sottratta troppo giovane al loro affetto, a causa di una crudele malattia.



La porta della camera ardente si aprì con un cigolio.

Richard, colto di sorpresa, sussultò e si girò.

Nel vano della porta, riconobbe il Comandante Nemo.

Comandante… – lo salutò, la voce arrochita. Aveva chiesto di essere lasciato da solo ad affrontare una simile prova.

Solo il loro capo conosceva le motivazioni della sua tristezza.

Perché era venuto?

Così rischiava di suscitare sospetti negli altri.

Nemo, a grandi passi, percorse l’ampia camera ardente e si avvicinò al giovane. Gli faceva male vedere il suo compagno distrutto da quella pena.

Strinse i pugni. I Cavalieri dello Spazio avevano sopportato dure pene e, per poco, non avevano perso Balzac nel duro combattimento contro gli alieni, ma le loro sofferenze sembravano non concludersi mai.

Nick era riuscito a riprendersi dalla guerra, ma la tragedia aveva colpito Richard.

Eppure, lui, con generosità, aveva deciso di tenere per sé la sua disperazione.

Non voleva angosciare gli altri.





Nemo appoggiò le mani sulle spalle del pilota.

Questi avvertì il tocco dell'uomo e si rilassò. Non voleva ammetterlo, ma gli faceva piacere una simile presenza.

Avvertiva meno il peso della solitudine.

Strinse le mani di Nemo e gli riservò uno sguardo colmo di gratitudine.

Grazie. – mormorò, il tono flebile. Quel tocco familiare donava un po' di quiete alla sua anima tormentata.

Quel vuoto, che prima artigliava il suo cuore, si era attenuato.

Nemo accennò ad un breve sorriso.

Dovere. – rispose, il tono apparentemente pacato. In realtà, era preoccupato per il pilota.

Quell'evento, per lui, era stato distruttivo e aveva distrutto le sue certezze.

E il suo affetto per suo padre lo aveva condotto sul ciglio di un abisso.

La vertigine del dolore rischiava di attirarlo in una tenebra infinita.

Un dubbio attraversò la sua mente. Aveva fatto la scelta giusta?

Richard gli aveva chiesto di tenere nascosta a tutti la sua situazione e lui aveva acconsentito, ma, in quel momento, si chiedeva quanto fosse giusta quella scelta.

Lui si consumava in quello strazio e affrontava da solo una pena tanto pesante.

Forse, l'affetto dei suoi compagni avrebbe lenito il suo senso di vuoto.

E se lo scoprono? – domandò ad un tratto il pilota.

Provò a sollevare le labbra in un sorriso, ma rinunciò. Ormai,quell'azione era un'impresa improba per lui.

Non sarebbe mai più riuscito a sorridere.

Non voglio che vedano il mio stato. Ho il cuore a pezzi, ma non sono il solo ad avere sofferto. Non posso coinvolgere anche gli altri. Soprattutto lui. – mormorò.

Nemo non rispose. Nella sua mente, si materializzavano i ricordi del progressivo crollo fisico di Nick.

Tutti avevano temuto di perderlo.

Ma, in quel momento, era il pilota a soffrire.

Ringo, non vedo nessuno della tua famiglia. Come mai? – domandò.

Singhiozzi sollevarono il petto di Richard e le sue mani si strinsero a pugno.

Sono morti nella guerra contro gli alieni... Non è rimasto nessuno della mia famiglia... Sarò solo a dare a mio padre un ultimo saluto... – sussurrò, il tono di voce un poco più calmo.

Nemo sospirò, irritato con se stesso. Per tanto, troppo tempo aveva creduto che fosse Nick l'unica vittima della guerra.

Non avevano voluto vedere i danni gravi patiti dagli altri combattenti.

O meglio, non li avevano valutati allo stesso modo.

Appoggiò una mano sul braccio di Richard e la strinse con più forza.

Ci sarò io con te. – disse, pacato. Gli doveva questo atto di cortesia.

Richard, sentendo questa frase, accennò ad un debole sorriso.

Grazie, comandante. –


   
 
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