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Autore: MadameZophie    24/08/2020    2 recensioni
[ SengokuEra!AU | Sasunaru | Demoniac!Naruto ]
𝕲ennaio 1600, Giappone.
❝Se non hai più un motivo che ti porti a fidarti di loro, allora abbi fiducia in me, Naruto❞
Gli occhi del demone si posarono sul corvino, lo fissarono come a voler comprendere se potesse davvero affidarsi a quel ragazzo conosciuto da appena qualche settimana, a quell'assassino da cui gli avevano ordinato di mantenersi lontano. Aggrottò le sopracciglia, prima di ribattere, dubbioso: ❝Perché dovrei fidarmi del fatto che anche tu non mi tradirai? Non sei meglio di quelle persone, anche tu vuoi il mio potere❞.
Pochi istanti trascorsero prima che Sasuke, schietto e gelido, concludesse:❝ Perché nessun Uchiha oserebbe interrompere il legame tra la sua famiglia e la volpe a nove code❞.
Genere: Avventura, Sovrannaturale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akatsuki, Itachi, Naruto Uzumaki, Sabaku no Gaara, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Nessun contesto
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❛ 𝑺𝒐 𝒘𝒉𝒂𝒕 𝒊𝒇 𝒚𝒐𝒖 𝒄𝒂𝒏 𝒔𝒆𝒆
𝒕𝒉𝒆 𝒅𝒂𝒓𝒌𝒆𝒔𝒕 𝒔𝒊𝒅𝒆 𝒐𝒇 𝒎𝒆
𝑵𝒐 𝒐𝒏𝒆 𝒘𝒊𝒍𝒍 𝒆𝒗𝒆𝒓 𝒄𝒉𝒂𝒏𝒈𝒆 
𝒕𝒉𝒊𝒔 𝒂𝒏𝒊𝒎𝒂𝒍 𝑰 𝒉𝒂𝒗𝒆 𝒃𝒆𝒄𝒐𝒎𝒆 ❜

[ SengokuEra!AU | Sasunaru | Demoniac!Naruto ]

𝕲ennaio 1600, Giappone.

❝La terra del Sol Levante è scossa ormai da numerosi anni dai violenti scontri fra lo Shogun Tokugawa Ieyasu e i sostenitori dell'ex-shogun Toyotomi Hideyoshi, deceduto ormai due anni prima. Nonostante il grande sostegno alle spalle di Ieyasu, le guide degli avversari sembrano essere tutt'altro che deboli, tanto che lo shogun si ritrova costretto a fare affidamento sulla maggiore risorsa di cui dispone. 
Quest'ultima è costituita dai cinque cosiddetti "Villaggi Nascosti", fondati in gran segreto nella metà del secolo precedente dal grande generale e unificatore Oda Nobunaga e governati da altrettanti Kage, uomini fidatissimi dello shogun. Al loro interno, uomini e donne sin dall'infanzia vengono allenati per divenire intrepidi samurai volti a costituire un vero e proprio esercito segreto al servizio dello Shogun; solo pochi eletti sono a conoscenza dell'esistenza dei villaggi, in stretti rapporti fra di loro ma del tutto autosufficienti. 
Ma un altro segreto si cela al loro interno, qualcosa che non è conosciuto persino dagli stessi abitanti, che supera di gran lunga le tecniche proibite che i samurai apprendono sfruttando energie donate dagli dei o dagli yokai; qualcosa di oscuro e potente che dovrebbe rimanere nascosto e protetto, che rischia di metter sottosopra non solo l'esercito di Hideyoshi, ma l'intero Giappone. 
Qualcosa che in cinquant'anni è sempre rimasto tra le informazioni più riservate di Ieyasu, che ha gelosamente custodito il segreto anche ai suoi stessi generale; tuttavia, se anche lo shogun può impedire che i suoi avversari arrivino a scoprire il tutto, non può fare lo stesso con i nemici del villaggio, con i suoi traditori, guerrieri ben più temibili di quanto un normale esercito possa affrontare, abili conoscitori non solo dell'arte della spada, ma anche di tecniche che superano le normali capacità umane.❞


 

La figura di un vecchio si aggirava con calma tra le vie tranquille di Konohagakure, il villaggio nascosto della regione del Fuoco. Era avvolto in una veste candida e un grande copricapo era poggiato sulla testa per testimoniare il suo prestigio; a dir la verità, non avrebbe neppure avuto bisogno di quel simbolo per essere riconosciuto, Hiruzen Sarutobi, ma il motivo per cui aveva lasciato il suo palazzo quella mattina gli imponeva di mostrarsi nelle sue vesti ufficiali. Nonostante visitasse il tempio quasi ogni giorno, non poteva abbandonare le sue vesti da Hokage nel farlo: era un luogo sacro, a cui avevano accesso lui e pochi soli altri eletti, selezionati con cura quasi maniacale dall’anziano stesso.

Se già l’esistenza del Villaggio della Foglia era un segreto noto solamente allo shogun e ai suoi collaboratori, erano da contarsi sulle dita di una mano coloro che erano a conoscenza di cosa realmente Konoha proteggesse. Cosa proteggessero in generale i Cinque Villaggi, fondati per volontà di Oda Nobunaga per essere la sua risorsa finale in guerra.Con un gesto del capo, lento ma severo, l’anziano Hokage si fece riconoscere dalle due guardie poste all’ingresso del tempio; quelle senza pronunciare una parola, senza che alcuna espressione emergesse dalle maschere animalesche che nascondevano i loro tratti, si limitarono a spostarsi rispettosamente, lasciandolo entrare. 
Oltre il colonnato d’ingresso si dispiegava un grande giardino estremamente florido, un sentiero in ciottolato guidava i visitatori oltre un piccolo ruscello che scorreva pigro in un percorso irregolare e tortuoso, numerose lanterne illuminavano il cammino durante la notte, disposte a coppie ai lati della stradina e si intervallavano a statue di Inugami, le divinità guardiane. 

Era un vero peccato che non fosse aperto al pubblico, che solo in pochi potessero godere di quell’ambiente deliziosamente curato. Allo stesso tempo, Hiruzen ne era certo, se in molti si fossero aggirati in quel luogo, colui che se ne occupava sarebbe stato troppo distratto per poterlo curare con tanta dovizia. Non si diresse tuttavia verso la struttura principale del tempio, aggirandolo per raggiungere invece una costruzione più piccola che si celava alla sua ombra, simile in tutto e per tutto ad una normale casa di dimensioni estremamente modeste. 
Sospirò stancamente, prima di poggiare le vecchie mani sul Fusuma impreziosito da una stampa floreale; la porta senza il minimo rumore scorse lungo i suoi cardini, aprendo la via al vecchio che non esitò oltre ad entrare. Nonostante fosse mattino inoltrato, tutte le lanterne erano spente e la sala era avvolta nel silenzio; nell’aria si percepiva ancora l’odore del cibo consumato della sera precedente e una leggera puzza di stantio lasciava supporre che il padrone di casa avrebbe dovuto dedicare a quel luogo le stesse attenzioni che spettavano al giardino. 

L’oscurità non fu comunque un problema per l’Hokage: conosceva la posizione di ogni singolo pezzo d’arredo di quell’abitazione, avrebbe potuto orientarsi ad occhi chiusi. E fu con sicurezza che si mosse verso una delle due stanze che si affacciavano sull’ingresso: si trattava di una camera da letto piuttosto spoglia, un armadio era attaccato alla parete, una finestra dagli infissi lignei permetteva a poca luce di filtrare, una scrivania consumata dal tempo e dalle tarme si teneva in piedi solamente per grazia di qualche divinità ed un grande futon occupava quasi tutto lo spazio. 
E proprio il Futon era occupato da qualcuno: un ragazzino, forse non più grande di quattordici anni, dagli sbarazzini capelli biondi e dalle guance marcate da una coppia di tre cicatrici parallele, simili a baffi. 

Il ragazzo dormiva, russando appena, avvolto ed intrecciato nelle coperte candide, indosso portava un semplice kimono bianco chiuso in vita da una fascia di stoffa che non sembrava intenzionata a compiere il suo dovere. A testimonianza di ciò, la scollatura della veste superava l’altezza del ventre, svelando l’intreccio di simboli neri che si districavano attorno all’ombelico del ragazzo. 
Quest’ultimo non sembrava aver notato la sua presenza, continuava beatamente a dormire e a poco fu utile il primo richiamo del vecchio, pronunciato con un tono di voce severo, ma calmo. Non che Hiruzen si aspettasse altro, non era di certo la prima volta che si ritrovava a doverlo svegliare, conosceva bene quanto potesse essere pesante il suo sonno. 

Ciò che certamente non sapeva era la ragione per cui per il ragazzo fosse tanto difficile svegliarsi. 
Naruto, tale era il nome del giovane, effettivamente non stava propriamente dormendo, non era coinvolto in chissà quale sogno, ma si trovava propriamente in un’altra dimensione, o almeno così credeva. Si trattava di un luogo nero come la notte, in cui non si distingueva il soffitto dal pavimento, completamente vuoto e quasi claustrofobico. 
Lo conosceva sin da quando era bambino, ogni qual volta si addormentasse finiva per ritrovarsi lì, ad affrontare il buio che da sempre lo terrorizzava. La sua unica fortuna era che non era mai solo: altri come lui frequentemente si incontravano in quel luogo, otto persone in tutto oltre a Naruto stesso, e il ragazzino le considerava ormai parte della sua famiglia. 

Non tutti erano bambini, come lui: il più anziano di loro, il signor Roshi, portava sul viso i segni di una prima ragnatela di rughe, per esempio.
Naruto si confidava sempre con loro, non si risparmiava mai dal manifestare i suoi timori e le sue angosce, poiché sapeva che gli altri lo avrebbero compreso: curiosamente, in maniera simile a lui, anche gli altri vivevano sotto la protezione dei Kage dei loro villaggi, segregati nei templi che risultavano essere angosciose prigioni dorate, privi di risposte sulle ragioni per cui si trovassero lì.
A dir la verità, alle volte Naruto si convinceva del fatto che fosse l’unico a non saper nulla: gli sguardi che ogni volta gli rivolgevano gli altri, le frasi interrotte a metà, gli incitamenti a non pensarci troppo, lo portavano a pensare che volessero solamente risparmiargli un boccone amaro, una verità difficile da ingerire. 

Egoisticamente, il ragazzo non aveva mai voluto distruggere quei loro tentativi, non se la prospettiva successiva equivaleva ad un’esistenza ancor più angosciosa, come lasciavano pensare gli occhi spenti di Gaara. 
Gaara che nonostante il suo modo di fare freddo e duro, era colui con cui aveva legato meglio, il suo unico coetaneo vero e proprio assieme alla vivace Fuu, con cui non condivideva lo stesso rapporto fraterno. Gaara che per primo lo aveva aiutato ad approcciarsi a quel luogo, che nei suoi confronti si comportava in maniera estremamente protettiva, quasi gelosa,e gli lasciava sottopelle la piacevole sensazione di essere voluto.
Lo spiacevole urlo che lo riportò alla veglia giunse nel momento peggiore: per giorni Naruto aveva osservato in sogno i suoi compagni comportarsi in maniera strana, Roshi non si era presentato per una settimana e Killer Bee, sempre così vivace, si era chiuso in un inquietante silenzio, il volto abbronzato in ombra, reso ancor più scuro dal buio circostante. 

E quando finalmente si erano decisi a svelargli qualcosa, il nonnino aveva a sua volta decretato che avesse dormito sin troppo per quella notte. L’unica cosa che Naruto aveva udito era stato un nome, pronunciato con preoccupazione tangibile dalla bocca severa di Yugito Nii.
Pigramente si decise ad aprire gli occhi, percepiva i muscoli ancora pigramente intorpiditi per il sonno e dovette stiracchiarsi più volte prima di sentire le ossa scricchiolare e la tensione del corpo assuefarsi. Di fronte a lui, il viso rugoso e macchiato dall’età avanzata era palesemente arricciato in una smorfia irritata, la pipa stretta tra le labbra sottili emetteva una flebile scia di fumo che ascendeva verso il soffitto ligneo della stanza. 
«Buongiorno, Jiji-san» nonostante si fosse appena svegliato, il tono di voce era squillante, non impastato, e indusse l’uomo a sospirare sconsolato. 

Fu quasi con sorpresa che Naruto realizzò che, ad ogni modo, quella mattina non avrebbe dovuto sopportare l’ennesima strigliata sulle sue eccessive ore di sonno.
Probabilmente la causa di quel raro evento era da addursi all’aria preoccupata che l’anziano Hokage trasmetteva: nonostante già normalmente fosse nei suoi confronti estremamente severo, quel giorno lo sguardo dell’uomo sembrava ancor più buio del solito e il ragazzino non poté che sospettare che anche lui intendesse nascondergli qualcosa. 
O meglio, anche intendesse nascondergli altre cose: Naruto sapeva che, essendo egli l’Hokage, dovesse obbligatoriamente conoscere il motivo per cui il biondo non poteva lasciare il tempio.

Il più piccolo rispose vagamente alle domande altrettanto distratte che Hiruzen gli rivolse durante la colazione, rigorosamente a base di soba, ogni mattina portato direttamente dal chiosco preferito del ragazzino. Quando poi calò il silenzio, quando fu solamente il rumore delle bacchette sul fondo della ciotola a colmare il vuoto creato dalla mancanza delle loro voci, Naruto non riuscì più a trattenersi: «Jiji-san, cos’è un Uchiha?». 
Capì di aver colto nel segno quando l’uomo si adombrò ancor di più, prendendo un soffio dalla sua pipa prima di chiedere, duro: «Dove hai sentito quel nome, Naruto?». 
Si morse la lingua appena prima di rispondere: temeva quale sarebbe stata la reazione dell’Hokage nel venire a conoscenza dei bizzarri accadimenti che avevano luogo nei suoi sogni, temeva di perdere ancor di più la propria libertà. 

Distogliendo lo sguardo, sapendo di essere tutt’altro che un ottimo bugiardo, borbottò quindi in risposta, appena messo in soggezione dagli occhi del più anziano puntati su di lui: «Mentre sistemavo il giardino ho sentito le guardie che ne parlavano… ieri pomeriggio». 
Come a voler dare maggiore credibilità alle sue parole, annuì più volte, lo sguardo che intanto scivolava lateralmente a cercar di carpire le reazioni di Hiruzen. Non sembrava sconvolto, l’espressione indurita aveva lasciato il posto a qualcosa che somigliava alla sconsolatezza, alla malinconia, per cui non vi fu troppa sorpresa quando poi cominciò a parlare, terribilmente serio: «Ascolta bene quello che sto per dirti, Naruto. Uchiha non è una cosa, è il nome di un clan, come se ne sentono ogni giorno. Un clan che in passato era molto, molto potente».

Naruto inclinò il capo, confuso, incalzando immediatamente l’Hokage: «In passato? Ora non lo è più? E’ successo qualcosa?». Uno sguardo bastò a farlo ammutolire e a spingerlo ad accomodarsi sulle ginocchia, così da poter ascoltare meglio il racconto dell’uomo. 
«Erano combattenti eccezionali, maestri nella divina arte del fuoco, tra i migliori guerrieri di cui disponessimo. Purtroppo, dodici anni fa è avvenuta una tragedia: in una sola notte un esponente del loro clan ha compiuto una strage del proprio stesso sangue e ha posto fine all’intera stirpe degli Uchiha» pochi istanti di silenzio occorsero perché l’uomo riprendesse fiato, sollevando una mano per zittire in anticipo le possibili domande di Naruto, sempre sin troppo curioso e agitato. 
«L’assassino è fuggito dal villaggio prima che noi potessimo fare alcunché, lasciando dietro di sé i cadaveri della sua famiglia ed un solo sopravvissuto, suo fratello. Ha abbandonato il suo onore e ha disertato, è divenuto un traditore del nostro villaggio e dello Shogun, poi ha indotto suo fratello a seguirlo».

Trattenere i dubbi per Naruto si fece complesso, non riuscì ad esimersi dal chiedere, in un sol soffio: «Suo fratello ha seguito l’assassino dei suoi genitori?». Hiruzen scosse il capo, facendo ondeggiare i lembi di stoffa che pendevano dal copricapo bianco, sospirò un’ennesima volta, e solo infine chiarì il malinteso: «Sasuke… Suo fratello ha seguito l’ideale di vendetta nei suoi confronti, si è lasciato consumare dall’odio ed ha lasciato il villaggio per poterlo trovare ed uccidere, per accrescere la sua forza oltre i limiti imposti da Konoha. Ha accettato il rischio di aiutare un signore dei demoni pur di raggiungere il suo obiettivo».
Il ragazzino annuì quasi distrattamente, impegnato ad incamerare tutte quelle informazioni, mentre ancora un’incognita volteggiava nei suoi pensieri, pulsante come una ferita aperta, bisognosa di essere risolta: «Se è qualcosa di legato a così tanti anni fa, perché se ne parla adesso?».

Una strana sensazione lo colse alla bocca dello stomaco, una risposta facilmente intuibile in verità quella che attendeva, ma che non osò pronunciare per propria voce. Preferiva che fosse l’Hokage a rompere quel velo di Maya, a mostrare la realtà nuda e cruda: «Perché ci è giunta notizia che gli Uchiha sono tornati. L’assassino del Clan, il maggiore, è stato riconosciuto ai confini del villaggio della Nuvola, mentre coloro che in passato sono stati visti con il minore hanno attaccato due giorni fa una squadra di rientro dal villaggio della Sabbia».
Naruto si trovò a deglutire quando Hiruzen lo fissò dritto negli occhi, prendendogli le spalle fra le dita vecchie e rinsecchite, per poi raccomandarsi, mortalmente serio: «Se mai incontrerai uno dei due Uchiha, Naruto, dovrai scappare. Non parlare con loro, non attendere, lascia il tempio e corri via più lontano che puoi. Riconoscerli non è difficile: gli Uchiha in passato si sono sempre distinti per la loro carnagione pallida e per i loro capelli scuri. Ma ancor più facilmente riconoscerai i loro occhi: rossi come due braci, le più terrificanti che potrai mai incontrare».

Fu solo a quel punto che finalmente l’anziano ammutolì, scrutò le reazioni del suo interlocutore mentre riprendeva fiato e non poté che trattenersi dall’emettere un ennesimo sospiro: come un bambino posto di fronte ad una nuova leggenda, gli occhi di Naruto brillavano di curiosità, prima che di timore, e le labbra del ragazzo si erano involontariamente piegate in un sorriso furbesco. 
Ma non poteva fare molto altro per far cambiare idea al biondo, non dopo le altre dure imposizioni che già gravavano sulle sue spalle: opprimere anche la semplice curiosità di quel bambino (perché tale appariva ai suoi occhi) che già era imprigionato e solo era un gesto troppo crudele anche per un Kage. Fortunatamente la prospettiva che Naruto arrivasse ad incontrare gli Uchiha era quasi inesistente, non con le guardie lungo tutto il perimetro del tempio a proteggerlo. 

 




 


Il sole di mezzogiorno era soffocante, l’aria calda e umida ristagnava come le acque di una palude e per colpa del sudore le vesti si attaccavano fastidiosamente alla pelle. Neppure l’ombra dei grandi alberi della foresta di confine riusciva ad offrire sufficiente refrigerio ai giovani che in religioso silenzio si muovevano fra i sentieri meno frequentati. 
Tre uomini ed una donna, abbastanza giovani da poter essere scambiati per novelli samurai di ritorno da una missione; eppure le viscose macchie rossastre che imbrattavano le vesti dell’intero gruppo e le espressioni vacue e serie causavano brividi di inquietudine in chiunque li incontrasse. 

«Dovremmo fermarci, rischiamo di svenire per un colpo di calore, o per un calo di zuccheri se continuiamo così» era stata la ragazza a parlare, mentre portava oltre il collo sudato alcune ciocche dei lunghi capelli rossi come il fuoco. Al suo fianco, un ragazzo dai capelli lattei le diede man forte, asserendo a quanto il suo stomaco si stesse lamentando per il lungo periodo trascorso senza mangiare. 
Eppure il quartetto non si interruppe sino a quando non fu il ragazzo in testa al gruppo a fermarsi, concedendo in silenzio qualche momento di pausa, solo per essere seguito nei movimenti dall’ultimo giovane, più muscoloso e massiccio dei suoi compagni. 
Appena pochi minuti più tardi, i quattro erano seduti all’ombra delle ampie fronde arboree, ciascuno tratteneva fra le mani una porzione di tofu insaporita da della soia, delle borracce di legno contenevano acqua fresca. Ad eccezione degli sporadici battibecchi fra la ragazza e il giovane dai capelli bianchi, consumavano il loro pasto avvolti nel silenzio, sino a quando non fu il ragazzo muscoloso a domandare, con il suo abituale tono di voce calmo e misurato: «Cosa intendi fare, una volta che saremo arrivati?».

Il ragazzo smosse una ciocca di capelli del colore dell’inchiostro dal viso, scollandoli dalla pelle diafana e sudata, prima di sollevare lo sguardo verso il compagno: «Dobbiamo ottenere quell’arma prima che sia mio fratello a trovarla» attorno alle iridi, in un mare di denso e rosso fuoco, tre tomoe roteavano vorticosamente, nere come le tenebre.


 

𝐙𝐎𝐏𝐇𝐈𝐄'𝐒 𝐒𝐖𝐄𝐄𝐓 𝐏𝐋𝐀𝐂𝐄

Premetto che l'ispirazione per questa long (o supposta tale) mi è al solito arrivata mentre dormivo, quindi non è detto che sia totalmente sensata.
Naruto è un fandom in cui le mie storie sono quasi un odi et amo, perché ogni volta che arrivo a pubblicarle, regolarmente poi le cancello.

Spero stavolta di riuscire a portare avanti il progetto sfruttando il mio amore incommensurabile per l'epoca in cui è ambientato. Ormai conosco piuttosto bene le dinamiche del periodo che andrò a descrivere, per hobby mi son riletta più volte le dinamiche della guerra fra Ieyasu e i sostenitori di Hideyoshi (tra cui il gayissimo Ishida Mitsunari), quindi spero di poter rendere il tutto in maniera adeguata.
Avere un parere sulla storia tipo mi farebbe estremamente piacere!

   
 
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