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Autore: _ Arya _    29/08/2020    3 recensioni
Dublino.
Killian Jones, 28 anni, consulente investigativo e assistente alla scientifica. Dopo un incidente che ha causato danni permanenti alla sua mano, ha dovuto rinunciare alla carriera di agente di polizia.
Emma Swan, 23 anni, da aspirante campionessa olimpionica a genio informatico. A 18 anni ha dovuto rinunciare alla sua carriera di pattinatrice artistica sul ghiaccio, proprio quando il sogno delle olimpiadi era vicino, a causa di un incidente che l'ha costretta su sedia a rotelle.
; Dal capitolo 3:
-Tu non sai niente di me, Jones.
-E tu di me, Swan.
-So che pecchi eccessivamente di modestia, ad esempio.
-La modestia non mi avrebbe fatto arrivare dove sono oggi.
Ci guardammo con intensità. Sapevo di non essere la persona più umile al mondo, ma era stata la vita a rendermi così, e ne andavo fiero. Avevo imparato a smettere di mettermi in discussione ogni volta, diventare forte per fare in modo che quell'incidente, diventasse solo un minuscolo incidente di percorso. Avevo lavorato molto su me stesso e completamente da solo. Perché sapevo di potermela cavare: ne ero uscito vittorioso.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Jefferson/Cappellaio Matto, Killian Jones/Capitan Uncino, Tilly/Alice, Trilli
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Where there are tears, there is Hope



Non avevo più lacrime in corpo: l’attesa era eterna.
Ore ed ore ad aspettare una risposta, ma ancora niente.
Niente di niente.
"Li abbiamo trovati ma... c'è stato un brutto incidente, Emma, mentre cercavano di fuggire. Alice sta abbastanza bene. Killian è… È vivo. Però... le sue condizioni sono critiche. Non... non so dirti di più al momento... fatti accompagnare al Beaumont Hospital."
La voce stessa di Graham aveva tremato, ed io... io avevo ceduto. Mi ero sentita male all’idea di perderlo, tanto che avevo finito per perdere i sensi.
Avevo aperto gli occhi sul divano dell'ufficio del Capitano, con mio padre e mio fratello chini su di me, preoccupati. Avevano cercato di convincermi ad andare a casa, per il momento, ma non li avevo neanche ascoltati. Sarei solo stata peggio.
Avevo fatto loro capire che se non mi avessero subito portata in ospedale, ci sarei arrivata tranquillamente senza di loro: non avevano avuto scelta.
Graham e l'intera squadra erano lì, a fare il tifo per Killian. Jeff, insieme ad altri agenti che non avevo mai conosciuto, perfino i colleghi degli altri distretti che avevano lavorato con lui al caso.
Killian era stato portato d'urgenza in sala operatoria: a quanto pare quei maledetti avevano sparato alle ruote dell'auto con cui erano riusciti a mettersi in fuga, così ne aveva perso il controllo ed era andato a sbattere con violenza contro un palo della luce. La forza dell'impatto lo aveva spinto a spaccare il parabrezza: lo avevano trovato a terra in una pozza di sangue, che respirava appena.
Fortuna aveva voluto che arrivassero subito dopo lo schianto, che avevano udito mentre si dirigevano verso la zona che avevo indicato. L'ambulanza era giunta insieme a loro e lo avevano intubato e stabilizzato quanto possibile sul posto, prima di portarlo via.
Le ragazze che aveva salvato erano tutte vive, tutte in condizioni non gravi, almeno non fisicamente. Per il momento solo Graham era riuscito a parlare con alcune di loro, compresa Alice, e tutte lo avevano definito un vero eroe. Per lei mi sentivo un po’ più tranquilla, visto che avevano permesso a Robyn di farle compagnia mentre riposava. Aveva battuto la testa da un lato, ma non era grave e aveva bisogno solo di dormire un po’. Avrei potuto farle visita quando si fosse svegliata.
I due uomini erano stati presi ed una squadra era ora alla ricerca del terzo.
Di più al momento non si sapeva, i dottori avevano categoricamente vietato di disturbare le pazienti fino a che non fossero state pronte.
Ma erano fuori pericolo, tutte.
Il mio Killian non ancora.
Ero stretta nell'abbraccio di Rose, quando notai Graham alzarsi.
-Hanno preso il terzo complice. Sono tutti in custodia, devo andare ad interrogarli. Non ne ho le forze, ma sono più utile lì che qui. Grazie a Killian li abbiamo presi, ora per lui devo portare a termine questa faccenda… inoltre dobbiamo scoprire ancora cosa è andato storto, se abbiamo una talpa o… o non lo so. Per qualsiasi cosa, tenetemi aggiornato, ci siamo capiti?
Ruby, la sua fidanzata, gli strinse la mano ed annuì.
-Ti chiamo io. Resto qui. Ok?
-Grazie Ruby.
Anche lei aveva gli occhi arrossati, ma non ero stupita. Seppur l’avessi conosciuta poco, sapevo avessero un forte rapporto di amicizia oltre ad essere colleghi: si stimavano e si volevano bene, Killian mi raccontava spesso dei loro misfatti.
Non riuscivo ancora a capacitarmene... due giorni prima avevamo fatto l'amore, al settimo cielo per la buona notizia riguardo la sua salute. Ero stata incredibilmente felice all'idea che stesse bene, che non avrei corso il rischio di perderlo! Che non avrebbe dovuto soffrire un male che non meritava. E così felice del primo appuntamento che mi aveva promesso. Così emozionata all'idea di quello che avremmo potuto vivere insieme!
Ed ora...
Volevo solo svegliarmi. Aprire gli occhi e realizzare che fosse solo un bruttissimo incubo e ritrovarmelo a dormire a fianco.
-Tesoro, vuoi... vuoi accompagnarmi a prendere qualcosa da bere? - mi propose sua mamma, che come me non era stata in grado di placare il pianto.
Volevo star lì, ma al tempo stesso mi sentivo soffocare... e forse lo aveva intuito. Forse aveva anche intuito che non volessi dir nulla, perché se avessi ammesso di non sentirmi bene mi sarebbero stati tutti addosso: l’ultima cosa di cui avevo bisogno.
-Certo Ailis.
-Vengo con voi?
-No papà, grazie.
Riversai la mia rabbia sulle maledette ruote di quella sedia a rotelle che non era la mia, le quali sembravano non voler muoversi. Sapevo bene di essere io quella senza forze ma le colpii ugualmente, frustrata.
Nessuno osò dir nulla, e prima che potessi far danni ci pensò Ailis a spingermi via, verso il corridoio. Non ebbi nemmeno la forza di chiederle di lasciarmi fare da sola, tanto mi sentivo impotente.
-Starà bene, Emma. Il mio Killian è la persona più forte che conosca e... lo so. Me lo sento, starà bene.
-Lo so. - borbottai, cercando di contenere i singhiozzi -Ma quest'attesa... non ne posso più.
-Lo so tesoro, lo so. Vorrei urlare... ma dobbiamo rimanere positive. E sai che lui non vorrebbe che ti sentissi male.
-Lo so ma... fosse facile.
Annuì, non trovando nulla con cui ribattere. Ma come avrebbe potuto? Era sua madre e non riuscivo nemmeno ad immaginare come potesse sentirsi... o come si era sentita quando aveva ricevuto la notizia. Doveva essere a pezzi.
Continuò a spingermi, fino a che non ci ritrovammo su un grande terrazzo, col sole di fine agosto a splendere come se quella fosse una giornata normale come tutte.
-Siamo stati insieme, l'altra notte. Quando ha ricevuto la risposta dall'ospedale.
-Oh...
-Mi ha promesso di portarmi a cena fuori. Siamo partiti in quarta ma voleva fare le cose per bene... è sempre stato un gentiluomo con me ed è l'unica persona al mondo che mi abbia mai trattata in maniera completamente normale... come se questo rottame nemmeno lo vedesse. Certo, sbruffone, all'inizio...- sorrisi tra le lacrime, al ricordo dei primi tempi. Il mio primo istinto nei suoi confronti, era stato di prenderlo a schiaffi! Ma quel maledetto era riuscito a farsi voler bene in men che non si dica e a farmi affezionare a lui. Eravamo diventati amici prima che me ne rendessi conto... e avevo iniziato a ridere molto di più, da quando era entrato nella mia vita. A vivere, e a rinascere.
Killian era una persona eccezionale e, per quanto potesse essere pieno di sé, ero certa non si rendesse davvero conto di quanto davvero valesse.
-Ma poi ho iniziato a conoscerlo davvero, e ho capito che alla fine quella è una facciata, e in realtà è una persona d'oro. Credo di... di esserne innamorata, e ora mi odio per non averglielo detto l'altra sera. Solo che non è facile... io credevo di non essere abbastanza per lui. E in fondo ancora lo penso, ma nonostante questo...
-Emma, non pensarlo nemmeno. Non me lo ha detto esplicitamente, ma sono certa che lui ricambi i tuoi sentimenti. Sono sua madre, lo conosco bene e te lo sto dicendo per certo. Avrete l'occasione di dirvelo, vedrai. Per quel che vale, non riesco a pensare ad una donna migliore di te per mio figlio...
Avevo gli occhi di nuovo umidi, ma stavolta per la commozione. Mi lasciai abbracciare da lei e ricambiai, con forza. Volevo crederle... credere che prima di quanto immaginassi, lo avrei abbracciato e confessato di amarlo come non avevo mai amato nessuno.
E sarei diventata più forte, per lui e per me stessa.
Quando Ailis sciolse l'abbraccio, chiusi gli occhi e poggiai le mani sul parapetto. Poi, dopo un profondo respiro, mi tirai su.
Fece un male cane, come la prima volta che avevo provato, ma stavolta riuscii a rimanere in piedi. Coi piedi ben piantati a terra, seppur cercando di concentrare il peso nelle braccia.
-E...Emma... Co... come...
Aprii gli occhi, sorridendo al suo sguardo sconvolto.
-Mi sono resa conto di riuscire a muovere le gambe venerdì, prima che Killian venisse a casa. Fino a stamattina lo sapeva solo lui.
-Com'è possibile...
-Sinceramente? Non lo so. Non ho ancora visto un dottore. Lo avrei fatto oggi, ma... lo farò quando saprò per certo che Killian starà bene.
-Come... come ti senti a stare in piedi?
-Oh, fa malissimo, non hai idea, ma... mi sento anche maledettamente bene. E credo sia anche merito di Killian, sai? Il mio intervento era andato bene e all'inizio pensavano avessi un blocco psicologico. Col tempo hanno pensato di aver semplicemente riparato il danno in ritardo. Ma forse hanno sempre avuto ragione e grazie a lui mi sono sbloccata. Sono solo supposizioni, certo, immagino avrò risposte a breve... ma sono anche abbastanza convinta. Vedremo. Mi aiuti a rimettermi seduta prima che rotoli a terra come un'idiota?
Ailis non disse nulla, ma si affrettò ad aiutarmi a tornare sulla sedia. Cercai di far leva il meno possibile su di lei, ma chiaramente riuscii ben poco nell'impresa. Avevo una strada molto lunga davanti, ne ero consapevole... così com'ero consapevole che sarei riuscita a percorrerla solamente se avessi avuto lui al mio fianco.
Prima di tornare in sala d'aspetto presi un caffè: avevo lo stomaco chiuso ma anche bisogno di energie, quindi mi costrinsi a mandar giù almeno quello.
-Stai meglio?
-Sì Neal. Nessuna novità immagino.
Mio fratello scosse la testa, al che sospirai.
Ailis non disse nulla e distribuì caffè a tutti i presenti. 20 persone, tutte lì per lui.
Graham aveva dato il permesso agli agenti di rimanere e li avrebbe chiamati solo se ci fosse stato urgentemente bisogno.
Credevo in lui, ma più il tempo passava, più il terrore mi invadeva.
Era in sala operatoria da cinque ore ormai, e già quello fece intuire a tutti la gravità della situazione. Anche mia mamma chiamò una volta per sapere come stesse andando, ma non potei darle buone notizie.
Solo attesa.
Un'infinita attesa che rischiava di farmi impazzire.
La porta si aprì nel momento stesso in cui l'orologio segnò le 16.
6 ore e 13 minuti da quando era entrato in sala.
-L'intervento è stato un successo. - annunciò la dottoressa Grey -Se supera la notte, è da considerarsi fuori pericolo.
Sollievo. Gioia. Commozione. Felicità. Un mix di emozioni forte mi fece esplodere nuovamente in lacrime, e strinsi stretto prima mio padre, poi i suoi genitori.
-Possiamo... possiamo andarlo a vedere?
-Lei è la signora Jones, vero? Siete i genitori?
-Sì- rispose subito Brennan, alzandosi in piedi, anche lui con gli occhi arrossati.
-Molto bene. Seguitemi per favore, per il momento posso dare informazioni solamente a voi, e poi potrete vederlo. Grazie a tutti per essere qui, sono certa apprezzerà tutto questo affetto... ma per il momento le visite sono solo per i parenti stretti.
-E quando potremo vederlo?
-Presto, Jefferson, ma per il momento non posso darti una risposta precisa.
-Ma sta bene?
-Sta meglio. Mi dispiace, per il momento è davvero tutto ciò che posso dire... lo sai come funziona, frequenti la mia collega da anni!
In altre circostanze avrei riso e probabilmente anche lui e Rose, ma per il momento si limitò a sospirare e scuotere le spalle. Nonostante il sollievo iniziale, non mi piacquero quelle risposte - non risposte. Era chiaro che ci fosse qualcosa, qualcosa che ovviamente la Grey non poteva condividere: adesso avevo di nuovo paura. Tanta. Che cosa aveva Killian? Soprattutto visto che l'intervento era andato bene...
-D'accordo. È possibile venga con noi anche Emma?
La dottoressa mi guardò, ed io stessa rimasi sorpresa di sentirmi tirata in ballo. Non avrei immaginato Ailis pensasse anche a me in un momento del genere: gliene fui incredibilmente grata. Mi sarebbe bastato anche poterlo vedere per 30 secondi, vedere il suo petto alzarsi ed abbassarsi. Vedere che era ancora lì con me.
-Dobbiamo discutere di faccende private, non so se sia una buona idea. Ma la decisione spetta a voi.
Non voleva. Era chiaro che per qualche assurda ragione, avrebbe voluto dire di no. Ma non poteva. Cosa diavolo avevo fatto, adesso? La conoscevo a malapena, l'avevo vista una sola volta prima che visitasse Killian ed era sembrata una donna simpatica!
-Vogliamo che venga se lo desidera. È la sua… ragazza, merita di sapere - confermò Brennan, guardandomi e accennando un sorriso: aveva intuito anche lui. Li avrei abbracciati entrambi se avessi avuto le forze, ma per ora mi limitai a trovarne quanto bastava per spingere quel catorcio da sola e seguirli. Gli altri ci guardarono seguire la dottoressa, fino a che non sparimmo dietro la porta.
-Vi farò accomodare nel mio ufficio in modo da potervi spiegare la situazione.
-È... grave?
-Signor Jones... mettiamola così. Non è semplice, ma vostro figlio è molto forte. Non abbiamo avuto alcuna complicazione durante l'intervento e sta rispondendo in maniera eccellente alle cure. Non dovrei dirlo, ma sono ottimista.
Quando giungemmo al suo ufficio ci fece accomodare davanti alla sua scrivania, dove prese posto.
-Va bene, non voglio farvi aspettare oltre. Come ho detto, l'intervento è stato un successo. Aveva perso molto sangue, quindi sono state necessarie diverse trasfusioni, ma ora la circolazione è nella norma. Ha due costole contuse, una aveva perforato un polmone ma anche questo è stato risolto. Mi sono occupata anche della cisti che avrei comunque dovuto rimuovere domani. A parte una spalla che avrà bisogno di un po’ più di tempo per guarire completamente, miracolosamente non ha arti fratturati. Passando a quello che ancora mi preoccupa, ha subito un trauma cranico moderato, tendente al grave. Aveva causato anche un ematoma di cui per fortuna ci siamo accorti subito e ce ne siamo occupati in tempo. Il fatto è, signori Jones, che quando il trauma è grave non possiamo sapere che effetti ha avuto sul paziente prima che questo riprenda coscienza. Potrebbe non esserci alcun danno permanente e in tal caso recupererebbe al 100%.
-Ma allora va bene...
-Non voglio spaventarvi, davvero. Ma esistono dei rischi... cambiamenti della personalità permanenti, perdita della memoria, disfasia e perdita della coordinazione. Ma come vi dicevo, sono molto positiva e direi che per un buon 80% non avrà a che fare con questo genere di problemi.
Il 20%.
Esisteva un 20% di possibilità che passasse quello che avevo passato io.
La disfasia.
La coordinazione. La maledetta coordinazione, che avevo dovuto riacquistare praticamente da capo.
I cambiamenti di umore continui, la depressione.
Era troppo, era orribile e non potevo immaginare che l'uomo che amavo avrebbe potuto dover attraversare tutto ciò.
Solo quando mi sfuggì un singhiozzo realizzai di aver ricominciato a piangere.
-Tesoro, no, non fare così... hai sentito la dottoressa, la possibilità che si riprenda al meglio è altissima!
-Scusami Ailis, scusatemi tutti. - borbottai, asciugandomi gli occhi con una mano e cercando di contenere il pianto.
-Ho... io ho avuto questi problemi. Non tutti, ma buona parte. E non voglio che anche lui li abbia, è... dura, Molto dura, non lo augurerei a nessuno... e ancor meno a lui...
Mi abbracciarono entrambi, come fossi loro figlia, ed aspettarono in silenzio fino a che non riuscii a calmarmi.
-Scusate. Avete ragione, è improbabile.
-Confermo, cara. È improbabile, due delle ragazze che erano abbastanza tranquille per parlare, hanno assicurato che fosse lucido fino a subito prima dell'incidente... è una cosa buona! Ma devo esporre tutti i rischi, è il mio lavoro cercare di evitare le opinioni personali prima di avere risposte certe.
Annuii. Aveva ragione, mi ero fatta prendere dal terrore e dallo sconforto, ma solo perché sapevo come ci si sentisse ad attraversare un trauma simile. Ma Killian era più forte di me.
-Quindi dottoressa, in linee generali lei pensa che si riprenderà.
-Sì signor Jones. Fisicamente sì... il fatto è... che ha subito un grave trauma. Emotivo, intendo.
-Beh, certo, è... non oso neanche immaginare come si sia sentito.
-Non si tratta solo di rapimento e reclusione. È stato torturato, fisicamente.
-Cosa...
La dottoressa fece una breve pausa per riprendere fiato, poi continuò.
-Presenta lividi e ferite su tutto il corpo. Non c'è un modo semplice per dirlo. - esitò perfino lei, che fino a quel momento era riuscita a mantenere totalmente la calma.
Cosa stava cercando di dire? Lo avevano massacrato?
-Hanno abusato di lui. Non ci sono lesioni agli organi interni fortunatamente, ma presenta delle brutte lacerazioni. Guariranno, sul lato fisico. A preoccuparmi è il fattore psicologico, in quanto ognuno reagisce a modo suo ad un'esperienza del genere. Quello che posso assicurarvi è che riceverà tutto l’aiuto necessario da parte nostra.
Mi venne da vomitare e feci una fatica enorme a rimanere lucida. Ringraziai il cielo di essere seduta, perché mi sentii tremare: non volevo crederci. Come potevano aver fatto una cosa del genere... a lui! Come si poteva essere così barbari e disgustosi, dannazione! Ora stavo ancora peggio all'idea di come si fosse sentito in quelle interminabili ore... doveva essere stato peggio di un incubo.
Neanche i genitori di Killian riuscirono a proferire parola: era impossibile trovare qualcosa di sensato da dire, in quel momento.
-È... è sveglio?
-Abbiamo indotto lo stato di coma, per il momento. Per permettere al suo corpo di guarire più in fretta, senza che senta dolore. È in terapia intensiva, ma uno alla volta potete andare brevemente a vederlo.
-Per... per quanto tempo? Il coma. - domandai, a bassa voce.
-Una settimana, e poi valuteremo se prolungare o iniziare a svegliarlo.
Era un incubo da cui volevo svegliarmi al più presto, perché davvero non riuscivo ad accettare tutto ciò. Era disumano e Killian era l'ultima persona al mondo a meritarlo... avrei tanto voluto poterlo abbracciare e dirgli che tutto sarebbe andato bene, promettendogli di rimanergli accanto. Ma per il momento, nemmeno quello potevo fare.
-Capisco. Emma... vuoi vederlo prima tu?
-No, no, è già tanto che mi abbiate lasciata venire qui con voi. Vi aspetto, andate per primi.
-Va bene tesoro, ma era davvero il minimo... sei parte della famiglia ormai. E poi è merito tuo se hanno trovato Killian in tempo, te ne saremo eternamente grati.
 
* * *
 
 
A una fitta al petto ne seguì una allo stomaco.
Fece male vederlo così.
Completamente inerme su quel letto bianco, fili e tubi che sbucavano ovunque, una maschera per l'ossigeno e i rumori dei macchinari che segnavano i parametri vitali.
Non era così che sarebbe dovuta andare, non era quello che meritava una persona meravigliosa come lui.
Con le lacrime di nuovo a offuscarmi la vista, mi avvicinai al suo letto. Anche la testa era fasciata, e con la maschera potevo vedere davvero poco del suo volto. Era pallido, un colorito non suo.
Solo la mano, che riposava sul suo fianco, era in qualche modo quella di sempre. La sfiorai con le dita... ed era calda. Calda com'era sempre stata, anche col freddo.
-Killian, ti aspetterò tutto il tempo che serve... ma ti prego, devi tornare da me. Affronteremo tutto insieme, nel modo che vorrai tu. Se vorrai ti farò coraggio, ti terrò la mano... se preferisci starò in silenzio. Sarai tu a scegliere, perché so come ci si sente ad avere tutti intorno anche quando vorresti stare solo e urlare... e poi sentirti un pochino meglio. Ho un disperato bisogno del tuo sorriso e spero di poterlo rivedere presto... quindi sii forte come sempre, ok? Se mi senti, sappi che io sono qui e sarò sempre qui per te. Voglio dirti tante altre cose, ma non ora... voglio dirtele quando potrò guardarti negli occhi, e cercare di non piangere come un'idiota... quindi mi raccomando. Ti aspetto. Io ti...
Prima che potessi finire la frase, un bip assordante proveniente da una delle macchine mi tolse il respiro. La stanza venne invasa da dottori in poche frazioni di secondi.
 
 
Alcune ore prima
 
Settimo tentativo.
La serratura era scattata, con un leggero “click”.
Fu come in un film: tutti si guardarono in silenzio, senza neanche respirare. Poi, Killian aveva fatto cenno ad Alice e questa aveva molto lentamente aperto quella dannata porta, riuscendo a non fare il minimo rumore.
Erano stati in ascolto per pochi attimi, poi, senza scarpe per non rischiare di farsi sentire troppo presto, si erano diretti verso il garage. Sapevano che una volta aperto quello, sarebbe stato impossibile continuare a sperare di non essere uditi, ma se fossero riusciti a richiudere la serranda, avrebbero guadagnato il tempo necessario per far partire l’automobile.
Ancora una volta, fu Alice a inserire la chiave nella serratura: le sembrava già un miracolo che il suo amico fosse ancora in piedi, e se doveva guidare avrebbe fatto in modo che si affaticasse il meno possibile prima. Era spaventata, ma non stupida: le era ben chiaro che il poliziotto avesse subito molto di più che qualche pugno o calcio. Aveva ovviamente minimizzato per non far preoccupare lei e le altre: era un ottimo poliziotto e in quel momento stimò ancora di più il suo coraggio immenso. Non era certo il momento di pensare a queste cose, ma era felice che la sua migliore amica avesse trovato un uomo come lui: qualcuno che potesse spingerla a superare i suoi limiti, incoraggiarla ad andare sempre avanti.
Con l’aiuto di altre due ragazze, sollevo la serranda… dopo esser passati tutti, la richiusero velocemente e poi, di colpo, corsero. Come aveva detto Killian, senza guardarsi indietro, perché li avrebbe solo rallentati. I malviventi sarebbero comunque stati alle loro calcagna a breve, ma se fossero riusciti a partire prima di loro, avrebbero avuto speranze.
Killian, alla guida del gruppo, puntò subito ad un piccolo camioncino che sarebbe stato in grado di ospitare tutto il gruppetto e non fece la minima fatica a forzare lo sportello. Aveva imparato molti trucchi durante l’accademia e seppur avesse avuto poche occasioni per sfruttarli, ricordava tutto perfettamente. Mentre si sistemavano in auto, udirono le serrande del garage aprirsi, ma ancora una volta mantenne la calma e ordinò alle ragazze di allacciare le cinture.
“Una radio! Alice, ho un piano, accendi la radio mentre metto in moto! Invieremo un segnale, sono certo che i nostri tecnici sono all’opera…”
Urla e spari fu ciò che udirono, ma l’auto fu in moto prima che una pallottola potesse raggiungerli: Killian guidò con sicurezza, premendo l’acceleratore e distruggendo ogni intralcio che li separava dall’uscita, compresa la barriera… e finalmente luce.
“E’ accesa Killian! Che devo fare?”
“Conosci il codice more?”
“No!”
“Ok, non importa. Fai quello che ti dico. Dobbiamo mandare un segnale radio, ‘Help’. Più volte, il più possibile… io devo continuare a guidare ma tu ascolta. Concentrati sulle mie parole e cerca di tenere la mano ferma”
Sapeva di star chiedendo molto a una ragazzina così giovane, ma se c’era qualcuno abbastanza tenace da farcela, quella era lei. Alice era stata fino a quel momento una risorsa migliore di quanto avrebbe potuto immaginare e si fidava delle sue capacità. Forte, sveglia, intelligente.
E così, mentre i primi spari colpivano il retro del piccolo furgone, Alice riuscì a formulare HELP.
Due volte, tre volte, quattro, cinque.
Dovettero abbassarsi più volte per evitare alcune pallottole che passarono pericolosamente vicino: nonostante continuasse a tenere premuto l’acceleratore, nello specchietto retrovisore continuava a vederli avanzare.
Serviva un piano, o non ce l’avrebbero mai fatta.
Poi l’illuminazione.
Un palo.
Sarebbe bastato evitarlo all’ultimo secondo… doveva provare. Era la loro unica via di salvezza.
“Ragazze, tenetevi molto molto forte adesso. Rimanete giù ma aggrappatevi al meglio!”
E il piano avrebbe funzionato alla perfezione, se non una, ma ben due pallottole, non fossero riuscite a colpire le ruote posteriori dell’auto.
Non fu come la prima volta, non fu la sua vita intera a passargli davanti, prima di essere risucchiato dall’oscurità.
Fu il volto di Emma. Il sorriso della donna che amava, il primo sorriso che gli aveva regalato tanti mesi prima. E l’ultimo, prima che lo lasciasse andare dopo aver fatto l’amore.
E nonostante tutto, il suo ultimo pensiero fu: “Aspettami, Swan”.
Poi il nulla.




 
Ciaaao! I venerdì sera c'è sempre qualcosa che non mi permette di aggiornare xD stavolta la connessione internet saltellante... è destino, mi sa non proverò più ahahahahha
Comunque ce l'ho fatta, ecco qua. Non odiatemi, come vedete per Killian c'è speranza. Tutti sono lì per lui ed Emma ha confessato a sua madre di esserne probabilmente innamorata, e lei non potrebbe esserne più felice. E le ha mostrato quanta forze le abbia dato Killian, alzandosi in piedi.
Nonostante ciò che ha detto la Grey l'abbia buttata giù, ha deciso di scegliere la via della speranza ed essere positiva per lui. Qualunque cosa succeda, gli starà accanto e magari le sue paroline magiche lo avrebbero svegliato, se le cose non fossero finite... in altro modo.
Qui ho voluto inserire il flashback su cosa è accaduto quando sono fuggiti. Mentre per il motivo che ha fatto andar male il piano c'è da aspettare ancora un po' ma per un buon motivo.
Non odiatemi :') e aspetto anche i vostri aggiornamenti, mi raccomando!
Un abbraccio e a presto!
   
 
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