Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Miky_D_Senpai    22/09/2020    5 recensioni
Aveva reagito ed era sopravvissuto.
Nella fame. Nell’orgoglio.
E nonostante fosse solo un sospiro durante una tempesta, fu abbastanza forte da spazzare via le nuvole.
[Dedicata al nostro tappetto di fiducia, sperando di rendergli un'altra volta un degno omaggio]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Levi Ackerman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aveva pianto, forse solo il primo anno. Forse solo quando aveva avuto modo di capire veramente il mondo che gli ruotava attorno. Forse anche prima. Ma non si rese mai conto che fu solo pietra grezza, scolpita senza scalpello, ma dalla stessa sorgente pura che l’attraversa. Era lontano chilometri, in luoghi che non avrebbe mai sognato, quando capì che il destino aveva già prescritto per lui la sua medicina peggiore.
 
Ma ci fece l’abitudine, lentamente, abituandosi anche alla morte. L’unica, si può dire, sua compagna di vita. La sola che arrivò in suo aiuto, per proteggerlo da ogni ulteriore sofferenza. Né tardi per fargli gustare la speranza di un cambiamento, né presto per fermare la sua trasformazione. Lo aveva accudito, cresciuto come un animale domestico, al quale dai solo quando è meritato e togli senza pietà per scolpire la sua espressione naturale in ciò che più ti aggrada.
Così, le azioni quotidiane mutavano di aspetto, di sapore. Camminare per le vie del distretto sotterraneo diventava sempre di più un’amara concessione, diversa dal reato che gli occhi di molti sembravano accusargli. O almeno, cambiava soltanto il modo con cui lui guardava gli altri. Il suo, da sguardo quasi impaurito che accompagnava il bambino, era diventato una smorfia di indifferenza e quasi ribrezzo che accompagnava il ragazzo. Ma le espressioni riservate al figlio bastardo di qualcuno che aveva semplicemente pagato per oltrepassare una porta erano sempre le stesse.
Il dolore non aveva lasciato solamente le guance alla mercé di quel liquido salato che lento gli solcava la pelle. Era come se ci fosse un collegamento diretto che lo lasciava scorrere a erodere la pietra che era diventato il suo cuore.
La sua stessa essenza si stava consumando, lasciando una ferita la cui cicatrice era solo una mera illusione, creata dalla sua mente solamente per fargli trovare il conforto che meritava. L’aveva cucita nell’amaro disprezzo, unico, misero sentimento che si poteva scrutare una volta bucato quel guscio di apatia.
Qualcosa, dentro, più intimo dei suoi pensieri veniva corrotto, goccia per goccia, lacrima per lacrima, tra le urla e le grida. Come la più aspra battaglia di un popolo per la sopravvivenza e l’epidemia che lenta lo porta alla distruzione.
 
Aveva capito, per quello che poteva, quale fosse la vera miseria del buco dal quale proveniva. Non c’entrava lei. Non avrebbe osato in nessun modo infangare chi per lui, almeno di colei che l’aveva riconosciuto come suo. Di quell’uomo misterioso e scomparso. Quella figura che sbucava a volte nel suo immaginario e che avrebbe preferito - molto raramente - portasse con sé il nome “Kenny”, per essere almeno un Ackerman e non portare il cognome di sua madre solo perché un misero bastardo aveva preferito non lasciarglielo. Un uomo che un giorno si presentò, in una giornata che Levi non aveva potuto vedere, nella solita stanza, nel solito modo, quello non l’avrebbe mai perdonato.
Sapere di essere solamente un incidente nella routine della vita di una prostituta. Aveva capito anche questo. Perché mentire ad un bambino è facile, lasciarlo giocare con le proprie colleghe mentre si tenta di andare avanti. D’altronde era stato soltanto un rallentamento, una perdita economica e anche fisica. Ma non tutti disprezzavano una donna in gravidanza.
Aveva solamente tre anni la prima volta che sfuggì al controllo di una delle sue babysitter. Voleva soltanto vedere sua madre per farle una piccola, innocente sorpresa. Si affrettò ad entrare senza preavviso dentro quella camera. Ma ancora non poteva comprendere il significato di certe azioni.
Ne aveva qualcuno in più quando l’ingenuità lasciava posto a piccoli interrogativi.
Eppure vedeva sempre più tristezza in quelli che erano i primi occhi che aveva visto.
Non voleva più farli passare, come se soltanto quel gesto potesse alleviare il dolore, come se non bastasse solo una mano per farlo cadere nel suo stesso sangue. Come se non bastasse solo una risata per incitarlo a combattere e a cadere di nuovo.
Nonostante tutto non fermò quell’uomo. Un po’ per la stanchezza del digiuno, un po’ perché non c’era stato alcun compenso per varcare quella soglia. Soltanto quel giorno. Aveva preferito restare in un angolo, senza difendere quel corpo. Aveva notato quella figura, coperta dalla sottile malinconia che la morte lasciava. Coperta da cicatrici che non la lasciavano entrare.
Non fu soltanto salvezza, ma speranza di evasione. Da quell’antro dove era nato, quello che l’aveva nascosto al mondo e da cui voleva allontanarsi a tutti i costi, lasciandoci dentro possibilmente tutti i ricordi. O sarebbe scappato soltanto da questi.
 
Aveva sofferto, raggiungendo velocemente l’apice di una consapevolezza che fu un boccone impossibile da ingoiare. Tanto che nei sogni più cupi torna a strozzarlo, solamente per ricordare gli errori fatti in passato e le promesse lasciate in sospeso in un futuro incerto. Promesse che si nutrivano soltanto della sua sofferenze, per stringere il nodo del loro vincolo. Un cappio che si sarebbe continuato a chiudere attorno al suo collo, fino a farlo finalmente riposare, solo quando i segni sulla sua pelle pallida gli avrebbero tolto il fiato.
Non si sarebbe dovuto più legare a qualcuno.
Non avrebbe più dovuto mostrare dei sentimenti.
Ci cascò solamente una volta, dimenticando quanto sublime fosse il disegno che il fato aveva dedicato al suo nome e quanto pericoloso fosse uscire fuori dai suoi schemi. Regole a cui non aveva dato conto andandosi a costruire una situazione più che precaria con Farlan. In quella topaia dove accettò Isabel soltanto per la libertà che la ragazza cercava e nella quale lui si rivedeva. Libertà che avevano in fine donato ai tre, di cui li avevano vestiti, senza pretendere nulla, ma l'illusione fu creata soltanto per farlo ricadere nell’abbraccio gelido della morte. Perché nulla dentro quelle mura si regala, tanto meno la libertà.
Non fece lo stesso con la sua squadra, perché sapeva quanto si stessero avvicinando, senza volerlo, alla fine. Non ci cascò con Petra, nonostante non avesse calcolato quanto lei potesse tenere ad uno come lui. Eppure avrebbe preferito non scoprirlo dal padre, mentre lui non gliel’aveva riportata indietro. E l’ultima immagine che gli era concesso tenere, era quella dei suoi capelli castani tutt’uno col Sole, mentre al petto stringeva uno stemma, al posto del suo cadavere.
E non ci era ricaduto neanche davanti a ciò che restava di uno sciocco sognatore. Legato a lui da una promessa e niente di più. E prendendosi la responsabilità del suo corpo aveva preferito salvarlo che incatenare la sua infame vita ad un’altra scommessa.
 
Nonostante fosse piccolo, nonostante provenisse dal più umile buco che la società nelle mura avesse mai costruito, aveva cambiato il corso della sua vita. Aveva preso in mano l’unica arma che gli era possibile usare, in quel mondo infame e aspettava, silenziosamente, combattendo. Aspettava l’unico riconoscimento che il fato sembrava essere in grado solo di togliergli. La morte non sarebbe arrivata per lui, ne era certo, nemmeno quando, alla fine, l’intero pianeta sarebbe stato freddo.
   
 
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