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Autore: ___bad_apple___    22/09/2020    1 recensioni
[Shūmatsu no Valkyrie]
Le divinità stanche della decadenza del genere umano si riuniscono in un concilio, dove finiscono per decretare l'estinzione dell'intera razza. La figura oscura dell'angelo caduto Satan appare dinnanzi a loro, sfidando per la seconda volta le divinità: il luogo dello scontro sarà il Ragnarok, un torneo nel quale undici campioni umani e altrettanti combattenti della causa divina si affronteranno, per determinare la salvezza o lo sterminio degli umani. I grandi peccatori della storia umana riusciranno ad imporsi contro l'arroganza divina, o sarà il potere degli dèi a consentire a questi di schiacciare gli insetti che si oppongono a loro? Il torneo ha inizio, e tragedie e delusioni, conquiste e vittorie si confondono in un turbine di violenza nel quale le emozioni dei guerrieri che vi partecipano tentano disperatamente di emergere, allo scopo di far valere la propria esistenza.
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 2: Voyage to the Stars

“Si dia dunque inizio al Ragnar…” Lilith non aveva neppure concluso la frase, ma Toth era già partito all’assalto. Le sei piume muovendosi lungo le braccia andarono a creare un cerchio all’altezza del suo pugno, avvolgendolo. Un grande bozzo nero si era scontrato contro l’elmo di Gagarin emettendo un’onda d’urto tale da sollevare la gonna della demonietta.

“Hyaaaa! Maniaco! Lo hai fatto apposta scommetto!” Lilith raggiunse questa conclusione osservando il ghigno sorridente di Toth. Ma quest’ultimo non stava guardando la demonietta: al contrario il suo sguardo era diretto verso l’avversario, così come quello di ogni spettatore nell’arena. L’attenzione era tutta su Gagarin il quale non dava alcun segno di essere rimasto danneggiato dal colpo del dio, ma il pugno di Toth si era semplicemente fermato dopo aver colpito l’elmo.

Da delle minuscole fessure che rappresentavano degli occhi, una luce rossa brillò mentre opponendo resistenza al bozzolo di piume del dio la testa di Gagarin si spostò leggermente. Quelle piccole luci per la prima volta nello scontro erano fissate su Toth.

“Ottimo. Vedo che non ti piace temporeggiare. Tutto questo rende più facile proseguire nella mia missione…” Una voce rimbombò dall’elmo distorta dall’eco, il quale le donava un’intonazione spettrale.

Un forte vento iniziò a soffiare sull’arena. La sabbia dell’arena veniva alzata dalle potenti sferzate, indicando al pubblico che l’iniziativa era definitivamente passata a Yuri.

“Razza di pervertiti! Perché ce l’avete tutti con me?!” Lilith era disperata non riuscendo più a gestire il proprio abito. Fu allora che ebbe un’idea geniale. Con un rapido movimento di mano strappò la gonna che alzandosi le bloccava la visuale sullo scontro, rivelando degli slip neri con un cuoricino dorato raffigurato sopra di esse. “Ehehehe! Non posso più essere spogliata dai vostri attacchi, se non ho più vestiti!” Rise felice Lilith orgogliosa della propria intelligenza.

Yuri Gagarin con il proprio braccio destro avvolto dal vento si stava preparando ad attaccare. Gli occhi di Toth con la propria sclera nera sulla quale risaltavano le pupille rosse, erano fissi sulla mano sinistra dell’avversario.

“Toth… è bloccato! Finirà per beccarsi il colpo di Gagarin dritto in faccia!” Il commento di Lilith fece sussultare il pubblico.

Le piume strette attorno alla mano di Toth volarono via mentre questi strinse i denti preparandosi all’impatto.

“Breve ma intenso. Scusa per il dolore… supponendo che tu muoia abbastanza lentamente da sentire qualcosa.” Le parole di Gagarin anticiparono un fischio e nel giro di un secondo, la scena del dio bloccato dal suo avversario era già svanita, portata via dal tifone col quale Gagarin aveva accompagnato il proprio pugno.

Solo Gagarin si ergeva in mezzo all’arena e gli occhi di tutti cercarono spaesati di ritrovare Toth.

In una delle pareti attorno all’arena il dio della conoscenza era stato lanciato con incredibile forza e velocità rompendo il muro del suono, nonché la parete stessa nella quale adesso era infilato.

Il manto nero del dio era macchiato con righe di sangue che colavano dalla testa, ma non era ancora morto.

“Devi impegnarti molto di più caro il mio depresso!” Facendo uscire la lunga lingua con la quale leccò una colata di sangue ancora caldo proveniente dalla fronte, Toth si stava rialzando.

Gagarin tirò un sospiro. Un tremendo, lunghissimo sospiro: “Dimmi. Perché ti rialzi? Questa carneficina potrebbe terminare subito se tu ti arrendessi…”

“Ahahahaha!” La risata gracchiante di Toth risuonò nell’arena. “E che gusto ci sarebbe?” Spolverandosi le piume macchiate il dio pareva essere tornato in piena forma fisica. “Mi avresti probabilmente ucciso se non avessi utilizzato le mie piume.” Indicando le sei appendici con gli occhi sopra di esse. “E possono fare molto altro oltre a difendermi…”

Le sei piume si staccarono fluttuando verso Gagarin.

“Quel colpo… non mi sbaglio. L’ho sentito. Per un istante, in quella frazione di secondo in cui hai percepito l’impatto…”

Un sorrise si dipinse sul volto sporco di sangue del dio della conoscenza. Ma non si trattava di un ghigno perfido come quelli che gli dèi erano soliti osservare nel suo volto.

“La dopamina e l’adrenalina sono tornate a percorrere le reti neuronali che non sentivano più stimoli da secoli… Il tuo cervello ha riso, Yuri Gagarin!”

 

 

 

 

 

16 giugno 1950

Tornato dallo sfiancante lavoro in acciaieria e dalle sue lezioni, Yuri osservava il cielo stellato sopra di lui. Non vedeva l’ora di parlare con Boris delle cose che aveva imparato alla scuola serale. Il professore aveva spiegato come le cosiddette “stelle cadenti” non fossero altro che residui delle comete bruciate dall’atmosfera.

“Povere comete!” Esclamò il piccolo Boris seduto accanto a lui a tavola. “Magari vogliono solo venire da noi a divertirsi…”

Yuri mise la mano sulla spalla del fratello: “Beh, io non so se possiamo sapere cosa pensano le comete” si mise a ridere, per poi continuare. “Però stai sicuro che proverò a chiederglielo una volta nello spazio!”

Il padre di Yuri lo guardò serio. Il tempo sembrava essersi fermato ed una freddezza opprimente avvolgeva il ragazzino.

“Sei sicuro di volerlo fare Yuri? Provare ad andare nello spazio?” Chiese l’uomo con voce grave al figlio.

Yuri sapeva che doveva mostrare risolutezza. Lui lo avrebbe fatto. Sarebbe diventato il primo uomo nello spazio della sua nazione… no, del mondo intero! Non importa al prezzo di quali sacrifici, avrebbe superato quella barriera che portava le meteore a disintegrarsi in prossimità del pianeta.

“Sì. Io diventerò un cosmonauta papà.”

Il padre sorrise al figlio facendo un cenno di approvazione col capo.

 

 

 

 

 

 

Il cosmonauta non poteva credere a due cose: l’affermazione del dio e il fatto che questi fosse ancora in vita e stesse nuovamente attaccando.

Il vento iniziò di nuovo a soffiare sull’arena ed entrambe le braccia di Yuri vennero avvolte da due vortici.

“Non insinuare cose su di me. Tu non hai idea di quello che provo…”

Le piume di Toth erano vicine a scontrarsi con lui. Yuri sapeva che queste erano abbastanza resistenti da proteggere il dio da un pugno potenziato con il vento generato dal proprio potere.

“Oh, sì invece. Nulla mi sfugge di voi umani…”

Un devastante ciclone si abbatté nella direzione di Toth. Questi vedeva l’aria ruotare attorno a sé come una spirale, coprendogli la vista in ogni direzione. Davanti a sé aveva lanciato le piume le quali avrebbero dovuto provvedere a difenderlo, almeno in parte.

Il devastante boato del tornado si era esaurito. Yuri aveva lanciato entrambi i tornado attorno alle sue braccia con tutta la propria forza, e adesso stava iniziando a pagare il prezzo di tanto potere.

Di Toth non vi era neanche l’ombra e la preoccupazione salì di nuovo per le divinità.

Il pesante corpo di Yuri si era piegato in avanti, evitando di cadere per terra con una delle possenti braccia metalliche.

“Fratellone! Che ti è preso? Rialzati subito! Lo scontro non è ancora finito!” Boris aveva appena finito di incitare il fratello maggiore che subito un’ombra apparve sopra a Gagarin. Questi riuscì con molta difficoltà a rialzare la testa, e Toth ebbe modo di godere della vista del sangue che colava dall’elmo.

La creatura riappropriatasi delle proprie piume, le quali avevano assunto la sembianza di maestose ali nere, poteva guardare dall’alto in basso il cosmonauta piegato dopo lo sforzo dovuto all’ultimo attacco.

“Dannazione!” Satan si morse un dito con estrema forza, facendo schizzare sangue sulla propria armatura. “Ha già sprecato inutilmente parte del proprio potere. Il peccato d’accidia ha ancora molto da rivelare… ma lo scontro sarebbe dovuto già finire.”

“Che idiota! Hai utilizzato tutto il vento che avevi preparato in un singolo attacco, sperando di annichilirmi… Queste piume nere come la notte sono però molto più resistenti di quello che non sembra!” Toth stava ridendo della sciocchezza del proprio avversario anche se pure per lui lo scontro si stava rivelando più sfiancante del previsto. Il recente colpo aveva procurato la perdita della sensibilità in un braccio, che aveva fatto da scudo mentre il dio saliva verso l’alto dopo aver ripreso parte delle piume.

Gettandosi in avanti Toth era preparato a due alternative: proseguire dritto verso Gagarin ferendolo con lo scudo di piume, o riattaccarle al proprio corpo e saltare in alto all’ultimo secondo, per poi attaccare con le piume o continuare la fuga sfiancando lentamente l’avversario.

Cogliendo l’occasione in seguito all’aver visto lo stato penoso nel quale si era ridotto il cosmonauta, le piume si scollegarono nuovamente.

Un cerchio di occhi rossi, fissavano Gagarin che inerme non poteva fare altro se non attendere l’inevitabile attacco di Toth.

Un’energia rossa passava per ciascuna delle piume, congiungendole fino ad illuminare l’arena col proprio colore.

“L’essere avvolto in quella massa di metallo ti rende solo un gigantesco bersaglio per la mia magia. Muori!”

Incrociandosi sull’armatura immobile i raggi rossi causarono un’esplosione, la quale fece risplendere come mai prima d’ora quell’involucro di ferro arrugginito, prima di polverizzarlo definitivamente.

“Yuri! Suppongo che alla fine… un Dio per noi umani non esista. Solo la fredda oscurità attende le nostre speranze, come lo spazio che ti avvolse quando lasciasti il pianeta…” Nikita Kruschov stringendo tra le mani il cranio privo di capelli, abbassò la testa disperato. I dirigenti del Partito Comunista accanto a lui fecero lo stesso, consapevoli della tragica fine che già avevano presagito per questa vicenda.

Nessuno guarda gli umani dall’alto dei cieli, sperando per loro, pregando per loro. Le sofferenze e le tragedie della condizione umana possono solo risuonare in un vuoto e gelido abisso per l’eternità.

 

 

 

 

Missione compiuta Gagarin. Sei ufficialmente il primo uomo nello spazio della storia dell’umanità!

I festeggiamenti per quel miracoloso evento, avvenuto dopo anni di sacrifici umani e animali, al solo scopo di spedire un ammasso di metallo con all’interno un singolo individuo, si faceva sentire in tutta la nazione.

La corsa allo spazio era stata vinta dall’Unione Sovietica, e questo avrebbe rappresentato per il mondo intero un duro colpo per gli Stati Uniti. Le menti sovietiche, la loro ambizione ed il loro talento erano ufficialmente diventate le migliori in tutto il mondo.

Ma di tutto ciò a Gagarin non poteva fregargliene di meno.

“La terra… è azzurra. Sopra di lei… vedo un mare nero, sconfinato, che sembra inghiottirmi.”

Yuri stava galleggiando nel vuoto descrivendo tutto quello che vedeva alla base spaziale. A bordo della Vostok 1 aveva portato a termine l’obiettivo di tutta una vita.

“E cos’altro vedi, Gagarin?” Gli chiese una voce distorta dalle trasmissioni radio.

Gagarin pensava. I contadini del suo paese massacrati dal lavoro e dagli stenti. Gli armamenti atomici dell’URSS e degli Usa che crescevano di giorno in giorno minacciando di distruggere il pianeta, l’unica casa adatta ad ospitare gli esseri umani in questo oceano di niente. Il suo migliore amico con cui fece una scommessa su chi, per primo, avrebbe raggiunto lo spazio.

Adesso lo spazio era lì. Davanti a lui.

“E poi… e poi…” Le frequenze si fecero più disturbate mentre lo stesso Gagarin faticava a trovare le parole.

“E poi vedo… che non c’è proprio nessun Dio qua, sopra la Terra.”

La missione era compiuta. Gagarin sarebbe tornato a casa. Mentre la Vostok rientrava nell’atmosfera terrestre, Yuri sentiva di aver perso qualcosa, lassù nello spazio.

Ma non sapeva dire cosa.

 

 

 

 

 

 

Gagarin ricordava in quegli istanti la morte del proprio amico. Anche lui era rimasto bruciato nel calore estremo di una navicella esplosa.

Yuri! È stato proprio… divertente conoscerti. Un vero spasso…” Tossendo sangue il ragazzo poco più che ventenne dava l’addio a Yuri, dopo il fallito volo di prova nello spazio. Il calore del rientro, combinato a dei danni alla navicella che avrebbe dovuto proteggerlo da esso, aveva carbonizzato parte dei vestiti e della pelle del ragazzo.

Questo non ti deve certo scoraggiare! Se non si sopportano sacrifici come questo… come si può sperare di raggiungere la cima del mondo, e di superarla?” Tossendo nuovamente Komarov si trovava tra le braccia dell’amico, il quale stava singhiozzando.

“Perché Vladimir. Perché dobbiamo essere così stupidi?” La voce di Yuri rotta dal pianto era equiparata solo dall’aspetto trasandato dell’uomo: barba incolta e grosse occhiaie deturpavano quel volto i cui occhi, un tempo, risplendevano della speranza e l’ambizione di tutta l’URSS.

“Tutto questo… per niente! Guarda cosa è accaduto a me dopo averlo visto… e guarda in che condizioni ti sei ridotto per… per… niente! Assolutamente niente!” La disperazione era evidente. Ma le tenebre della mente di Gagarin non avrebbero contagiato anche Komarov.

Sorridendo, pronunciò le sue ultime parole: “È stato proprio… uno spasso…”

Vladimir Komarov si spense con il sorriso dipinto sulle labbra. Yuri era rimasto atterrito. Ma non era tristezza ciò che aveva trionfato nell’animo di Yuri: un bagliore di luce, una fugace speranza, che egli non avrebbe mai più ritrovato in tutta la propria vita lo aveva per un istante sconvolto.

Proprio adesso nell’istante in cui l’inferno lo stava avvolgendo, minacciando la morte definitiva, quel ricordo si era fatto strada spinto da un impulso animalesco.

Dalle profondità del suo animo una singola volontà era emersa.

“Io dopotutto… non voglio morire. Non voglio morire!”

L’esplosione e le fiamme che avevano invaso l’arena imperversarono per diversi secondi. Toth era tornato sul suolo mentre il fuoco impediva al suo fiuto di rilevare l’avversario, e perciò si mantenne in guardia per evitare attacchi a sorpresa.

“Avrei desiderato tanto giocare ancora con te…” Il tono di delusione era evidente nella sua voce mentre annusava con ancora più forza l’aria, cercando disperatamente quell’umano che, con la propria forza, era riuscito a ferirlo in tal modo. “Scriverò diverse pagine su questo nostro scontro, vecchio mio… sei stato proprio divertente.” Le risate di Toth vennero interrotte da un bagliore.

Una luce proveniente dal fumo dissipava quelle nubi scure, riaccendendo la speranza degli uomini.

“Yuri Gagarin… è ancora vivo! La speranza del genere umano ha resistito al colpo!”

Era proprio come aveva detto Lilith. Yuri Gagarin aveva perso la carcassa di metallo fatiscente che lo proteggeva, ma al tempo stesso imprigionava, rivelando una forma lucente e snella all’intero pubblico del torneo e al suo avversario.

“Non credere” Diversi raggi di luce emanati dalla seconda armatura di Gagarin risplendevano in tutte le direzioni mentre si rivolgeva al suo nemico. Delle nubi traslucide aleggiavano intorno al suo corpo, donandogli un aspetto etereo, divino. “Che noi umani possiamo perdere così facilmente nel momento decisivo…”

L’espressione dell’uomo era sempre nascosta dentro ad una scorza, anche se stavolta brillava di una nuova luce simbolo della speranza degli umani. Toth si mise a ridere, e leccandosi le labbra incitò l’avversario: “È esattamente questo che voglio vedere in voi!”

Nei suoi occhi neri era apparso un nuovo bagliore, quello dell’emozione dovuta all’anticipazione per la battaglia. “Vedrai, Yuri Gagarin.” Pronunciando per la prima volta il nome del suo avversario, un gesto di rispetto che non passò inosservato al pubblico, Toth rivelò le proprie intenzioni all’umano. “Io ti libererò da quel guscio decadente che ti porti appresso!”

Una nuova determinazione era nata in Toth. Erano secoli che non si divertiva così.

Nella tribuna riservata a Satan e agli angeli caduti assieme a lui nella ribellione contro le divinità, una piccola entità splendente, ma intrisa di una luce molto più fioca di quella che stava emettendo Gagarin, rivolse la parola al suo signore: “Ma… Cos’è questo potere? Persino Toth riesce a percepirlo!”

Satan sorseggio dal suo boccale pieno di gustosa ambrosia, la bevanda degli dèi. Ospitato nel Valhalla per assistere al torneo in quanto campione della causa a favore della salvezza degli umani, gli era concesso nutrirsi con i cibi e le bevande di quel regno divino, un lusso che mai altrimenti gli sarebbe stato ammesso.

Sorridendo rivelò i denti affilati, che presto andarono a comporre un ghigno perfido mentre guardava con furia Toth ferito, aspettandone impaziente la morte. “Credi forse che gli umani senza un piccolo aiuto avrebbero potuto anche solo sperare di ferire, figuriamoci combattere… un dio?” La crudeltà era evidente nelle parole di Satan. Ma questo tutti lo avevano capito, e lo stesso Amon si stava scervellando per capire quale sortilegio avesse usato il principe del male per permettere all’umano di combattere.

Gli occhi dei due sovrani, uno dall’aspetto maestoso e solare, con la pelle olivastra e la folta chioma bianca che risaltava sotto i raggi del sole, e l’altro dalla pelle pallidissima, con lunghi capelli neri a coprire il capo conferendogli un aspetto lugubre, si incontrarono.

“Quel demone non ha neppure il coraggio di mostrare gli umani per ciò che essi sono veramente. Stupidi, deboli, impotenti. Noi dèi siamo superiori sotto ogni aspetto. La nostra vittoria è scontata!” Questa proclamazione di Amon non diede più sicurezza alle altre divinità. Vedere il proprio campione ferito dai colpi di Gagarin, il quale aveva rivelato un nuovo potere da utilizzare, stava procurando seri problemi per il loro morale.

“Forse ho capito…” Efesto aggiustandosi le spesse lenti con cui scrutava il mondo, ricco di curiosità, aveva appena finito di formulare la sua tesi su quale fosse il vero potere di Yuri. “Quelle nubi brillanti… sembrano gli strati nuvolosi che si trovano nella stratosfera!”

“OH. NO.” Afrodite si mise le mani tra i capelli iniziando a lamentarsi. “AMON! Efesto continua a dire cose disgustose, mi fa paura, ma soprattutto…” Con un rapido movimento si alzò dal divanetto sul quale rilassava il proprio corpo perfetto e con un calcio sbatté a terra il povero dio dei fabbri, andando a infierire con i tacchi a spillo sulla parte del corpo che gli procurava più complessi fisici e mentali in assoluto. La gobba, la quale lo rendeva deforme, e gli procurava problemi a camminare, un caso unico tra gli dèi dei vari pantheon. La sua complessione sfigurata lo rendeva bersaglio degli scherzi e degli insulti di Afrodite, sua sorella, la quale era l’esatto opposto del povero fabbro, caratterialmente e fisicamente.

“SCHIFO! SCHIFOSCHIFOSCHIFOSCHIFOSCHIFOSCHIFOSCHIFOSCHIFO!” I colpi inflitti con i tacchi si susseguivano rapidi sul dio, in uno spettacolo che via via si era sempre più normalizzato nel Valhalla.

“È per questo che nessuna dea si concederà mai a te! Se continui a dire queste cose, e passare tutto il giorno a ragionare sui tuoi disgustosi progetti…” La dea tirò un sospiro provocato dall’apprensione per quel ragazzo che, in fondo, non si era mai sforzata di capire appieno. Pertanto, oltre all’aggressività non aveva altro modo di spronare il fratello a cambiare, alla ricerca di quello standard di bellezza che Afrodite incarnava. “… Diventerai proprio come Ade!” Un brivido di terrore corse lungo la sua schiena, mentre tornò a sedere respirando lentamente, allo scopo di calmarsi.

Amon si rivolse al dio steso per terra, con la gobba piena di lividi e sangue incrostato. Accarezzandone la testa ricoperta da folti capelli, i quali con la loro lunghezza coprivano parte del volto, altro elemento critico di Efesto per la sua percezione di sé, sussurrò all’orecchio dell’amico: “Su, Efesto. Puoi parlare di queste cose con me. Sai che siamo amici, ed io sono sempre interessato a tutti gli argomenti di cui vuoi parlare… Quindi, dimmi. Qual è il misterioso potere di Gagarin?”

Amon aveva un carisma eccezionale, e quelle dolci parole per Efesto rappresentavano una manna dal cielo. Per un emarginato come lui sentirsi apprezzato e desiderato bastava a scacciare ogni sofferenza, e sfruttando i sentimenti del pover Efesto Amon si era sempre assicurato la sua fedeltà incondizionata. Il dio della forgia dopotutto possedeva molte risorse, le quali nei momenti giusti potevano rivelarsi decisive…

“Certo Amon!” Il dio fabbro si alzò in piedi con le gambe tremolanti, sorretto dal signore degli dèi. I suoi occhi brillavano mentre si mise a spiegare le sue deduzioni ad Amon.

“Il potere di Yuri Gagarin consiste nell’esprimere nelle proprie corazze… niente meno che il potere dell’atmosfera terrestre!”

Raffiche di vento talmente potenti da squarciare i cieli con il proprio ondeggiare sinuoso nell’aere. Nubi sottili e lucenti ad avvolgere il cosmonauta assorbendo la luce ed il calore del sole.

Entrambi i poteri mostrati erano connessi agli strati posti a protezione della superficie terrestre: troposfera e stratosfera erano i primi due, e gli unici apparsi per adesso.

In quanto conquistatore dei limiti posti all’uomo dal pianeta stesso, Yuri Gagarin aveva ottenuto da Satan la capacità di manipolare le condizioni climatiche e ambientali dei vari strati dell’atmosfera. Ogni strato dell’armatura conteneva in sé un’immensa energia in grado di generare calore, vento e gelo. Ciascuno di questi elementi era stato battuto da Gagarin, domato a bordo della Vostok 1 nel più grande viaggio dell’umanità.

Quella conclusione chiara e limpida aveva gettato chiarezza su ciò che sarebbe accaduto nello scontro. Amon si affacciò al balcone, pronto ad informare Toth di quanto aveva appena scoperto. Con queste informazioni il dio della conoscenza sarebbe riuscito ad elaborare strategie per contrastare l’umano.

Dopotutto, Satan aveva offerto agli umani un vantaggio al di fuori dalle regole del torneo: perché Amon non avrebbe potuto fare lo stesso?

Satan distorse il ghigno mordendosi il dito, gesto che ripeteva ossessivamente ogni volta in cui si trovava in condizioni di stress. Il signore degli dèi stava per parlare, quando…

“Ma stai un po' zitto Amon! Cosa ti metti a rompere le scatole?” La frase di Toth risuonò per l’arena sconvolgendo gli spettatori, ma soprattutto Amon stesso.

“Questo è un duello tra me e Gagarin. Se non ti dispiace…” Con le sei piume drizzate verso l’alto sulle lunghe braccia piumate, Toth stava per attaccare Gagarin. “Lasciaci lottare!”

Amon era rimasto a bocca aperta mentre Toth lanciandosi in avanti con estrema velocità stava riempiendo le piume di energia rossa.

“NYAAAAAN” Un enorme gattone dagli occhi truccati in mezzo al pubblico sbadigliò sonoramente, per poi mettersi seduto a guardare con attenzione il duello. “Sembra che Toth abbia deciso di fare sul serio!” I numerosi animali sacri dell’Egitto assieme a lui erano in tensione per questo scambio di colpi. Con Toth avevano sempre avuto un legame speciale, essendo egli il dio egizio più legato alla natura di tutti. Uno strepitare, ringhiare e ruggire si alzava dalle tribune divine. Maestose bestie alate sbattevano le ali dirigendo sul campo folate di vento come quelle usate da Gagarin. Nella polvere alzata dell’arena la figura nera di Toth correva all’impazzata come un cane del deserto alla ricerca della propria preda, la cui luce filtrava tra gli infiniti granelli di sabbia facendoli risplendere di sfumature dorate.

“Non mi sarei aspettato di meno da un tipo irruento come te! Purtroppo, questa mancanza di pazienza sarà la tua rovina.” Gagarin mosse i primi passi verso l’avversario, lentissimo.

L’incedere del cosmonauta aveva perso quel peso conferitogli dall’armatura precedente, e non poteva sperare di fermare Toth con la propria velocità.

Ma non ve ne era alcun bisogno.

Toth, giunto a pochi passi dal corpo luminoso dell’avversario drizzò le piume e invertì il senso di marcia.

Una nuova esplosione di energia rilasciata dalle piume lanciate dalla divinità avvolse Gagarin. Ma i bagliori e le nubi splendenti trafissero il fumo, mostrando a tutti che il campione dell’umanità era sano e salvo da quell’attacco.

“Ciò che ti circonda è una barriera… davvero eccezionale!” Toth rise mentre attendeva che le piume lanciate contro il nemico ricrescessero dalle proprie braccia. Dopo aver impattato contro le nuvole si erano disintegrate, incenerite da un immenso calore. Aver proseguito nell’’attacco avrebbe finito col martoriare il corpo già danneggiato del dio della magia.

“Ti sei un po' ripreso. Posso chiaramente percepire l’eccitazione che sale… sì…” Leccandosi le labbra Toth osservava la nuova meravigliosa forma di Gagarin.

Questi però era ancora perso nei propri pensieri alla ricerca di una risposta.

Il suo cuore era tornato a battere, come Toth aveva affermato. I colori attorno a lui stavano risaltando grazie ad una nuova luce, la quale non proveniva solamente dal potere donatogli da Satan prima dell’incontro.

Cosa aveva fatto… per tutti questi anni?

 

 

 

 

Sotto ad una massa di uomini i quali si dimenavano disperati in quelle acque fetide, Yuri si godeva la meritata permanenza negli inferi.

A quanto pare erano vere quelle favole sull’aldilà, l’inferno di cui parlavano a non finire gli insopportabili preti, che in barba agli ideali atei sui quali si sarebbe dovuto basare il suo paese, continuavano indisturbati a predicare.

Non che ciò gli interessasse molto.

La palude dove chi non era stato in grado di godersi la vita annegava in eterno era il luogo perfetto per un individuo come lui.

Quante volte aveva fatto preoccupare i suoi amici, e sua moglie, a causa della propria sete continua di alcolici?

Ma d’altronde, come poteva separarsi dal dolce liquido, il solo in grado di potergli far dimenticare ogni cosa, facendolo sprofondare nel confortevole oblio della depressione e dell’apatia più totale?

Così come in vita si era voluto annegare nell’alcool per dimenticarsi della propria esistenza, nell’aldilà questa sensazione di continuo annegare e sprofondare lo avrebbe cullato per tutta l’eternità. Questa era la giustizia divina.

I corpi sopra di lui, anime anonime, iniziarono però a scansarsi. Una corrente stava trascinando via i dannati e per la prima volta una luce giungeva nelle profondità di quel luogo.

Un volto bellissimo attorno al quale lunghi capelli ricci si dimenavano tra le acque fetide, risplendeva davanti a Gagarin. Le labbra voluttuose si mossero, rivolgendo la parola a quell’anima perduta.

“Tutto questo dipende solo da te. Sei tu a creare questo luogo. Non riesci a concepire una vita senza questa sofferenza.”

Le parole dell’entità risuonarono nella mente di Gagarin, il quale stava sempre più rialzandosi. La mano dell’angelo si stringeva al fianco del cosmonauta, portandolo ad avvinghiarsi a lui. Quella salda presa infuse di calore Yuri, impedendogli di tornare nella sensazione di paura e timore che in vita si alternava con il torpore dell’ubriachezza. Adesso Yuri poteva sentire chiaramente il mondo attorno a sé.

“Dona a me e ai tuoi fratelli la tua anima. Lotta per noi.”

L’angelo scomparve in una luce brillante, la quale andò a ricoprire completamente Yuri Gagarin.

Emerso da quelle acque, il cosmonauta era risorto. Una possente armatura lo copriva da testa a piedi, e nonostante il suo umore non fosse dei migliori, una cosa era certa.

C’era qualcosa che lo stava aspettando, al di fuori del suo supplizio.

 

 

 

 

 

 

Quello che lui aveva era un debito. Debito nei confronti degli angeli che lo avevano salvato e lo stavano aiutando nella lotta. Debito nei confronti di Satan, impegnato a salvare la razza umana con questo torneo. Debito verso gli umani, ed il suo paese, i quali erano sempre stati presenti per lui.

Mai una volta era stato davvero solo. Anche nei momenti più bui, una voce lo chiamava implorandolo di svegliarsi.

“Yuri!” Una voce femminile si levò dagli spalti.

“Io non posso più dormire! È per questo…” La luce dell’armatura di Yuri iniziò ad affievolirsi. Le nubi come lucciole nella notte stavano scomparendo.

“Che il mio cuore continua a battere!” Un lampo rosso illuminò il corpo di Yuri. L’elettricità dalle nuvole era andata a convergere sulla sua armatura, la cui sagoma adesso si poteva intravedere chiaramente, nei momenti nei quali la tensione elettrica calava.

Una forma tondeggiante e delicata, quasi buffa. L’elmo donava con la propria forma l’aspetto di un fantasma stereotipato a Gagarin.

Ma in quelle sembianze apparentemente ridicole, l’umanità poteva scorgere un’altra sembianza, ben più familiare e degna di rispetto.

“Quella è una tuta da cosmonauta!” Un bambino malnutrito e povero indicò emozionato Yuri. Per un’intera generazione gli uomini come Gagarin erano stati dei veri e propri eroi, indicando ai giovani come la strada per il futuro si trovasse in direzione delle stelle e dello spazio.

Brillando di una nuova luce con la tuta che lo portò a valicare l’ultimo confine rimasto al genere umano, quello dell’atmosfera terrestre, Yuri Gagarin era finalmente pronto a rivelare la sua vera forza a Toth.

“AHAHAHAHAHA! Come vedi, mio successore privo di qualsivoglia forma di spina dorsale e fede nell’umanità” Stalin ridendo sotto i folti baffi derideva Kruschev, con potenti schiaffi sulla schiena di quest’ultimo che lo facevano sussultare. “Il ragazzo ha una tenacia degna di un vero ceceno! Se fosse nato ai miei tempi, senza dubbio avrebbe preso lui il comando del partito e della nazione! Non certo uno smidollato come te…”

Toth abbassò lo sguardo fissando il suolo.

Endorfina, dopamina, adrenalina, glutammato…

Era possibile per un cervello umano emettere tutte queste sostanze? Le narici del dio erano completamente intasate. La sua mente sovraccarica di informazioni entrò in trance, e alzando gli occhi verso il cielo azzurro che sovrastava l’arena, Toth ispirò profondamente. Ripresosi, gli occhi neri guardavano l’umano assetati di sangue.

“Si! Ma non dobbiamo fermarci qui! Presto Yuri, attaccami!”

Il cosmonauta non se lo fece dire due volte. Porgendo il dito indice in direzione del dio una scossa elettrica in un istante giunse a colpire la divinità.

“Quell’idiota! Ma d’altronde è pure impossibile correggerlo…” Amon constatò deluso poggiando la testa sul pugno chiuso, mentre stava seduto sul proprio trono.

Uno scoppiettare di scintille che rumorosamente si infransero su di una superficie solida fu l’esito del colpo di Yuri. Una gigantesca piuma estesa fino a diventare uno scudo aveva protetto Toth.

“È giunto il momento di mostrarti come mai sono il dio delle arti arcane. La tua mente esploderà dinnanzi alla vastità dei misteri che ti mostrerò…”

Quattro piume erano nella mano di Toth pronte ad essere lanciate. “O finirai per impazzire, come tutti gli altri…”

In quelle ultime parole si poteva scorgere una nota di tristezza, che la divinità ebbe cura di seppellire al più presto concentrandosi su Yuri Gagarin e su come sconfiggerlo.

   
 
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