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Autore: Spekled2    26/09/2020    0 recensioni
"Quello era il genere musicale che lui era solito ascoltare quando qualcosa non andava. Quando voleva un po’ cullarsi nella malinconia, per metabolizzarla e superarla. Kurt lo prendeva in giro, dicendo che in realtà non faceva altro che autocommiserarsi. Lui non ci arrivava proprio. Non si stava abbandonando alla tristezza! Semplicemente la rispettava e le faceva fare il suo naturale corso. Tutto scorre, glielo avevano insegnato a Filosofia! Anche le nuvole più buie erano destinate a diradarsi con la giusta pazienza. Il sole era dietro l’angolo se si era disposti ad aspettare. Anche per Brittany valeva la stessa cosa? Si domandava se stesse pensando a Santana in quel momento."
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brittany Pierce, Finn Hudson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note dell’Autore:
Ci avviciniamo ormai alla chiusura. Penultimo capitolo. Ho deciso di rendere gli ultimi due un po’ più corposi del solito. Ammetto di essere un filino emozionato all’idea di riuscire a chiudere questo percorso.

Ripropongo il Link alla playlist Spotify, una piccola raccolta delle canzoni incontrate durante la storia!  Anche questa volta c’è un piccolo aggiornamento… una new entry per il capitolo odierno che sostituisce l’originale brano a cui avevo pensato!
https://open.spotify.com/playlist/5MC2XfjV42flx9ugn6Q9bq?si=jQz59SsGTue6vNE7zXNeMQ

 
*****

 
Capitolo tredici.

Raggiungere casa Barry non era mai stato così complicato. In qualsiasi altra situazione avrebbe dato modo alla sua pigrizia di prendere il sopravvento e sarebbe andato in macchina. Quando si trattava di doversi spostare sull’asfalto, tutta la sua propensione per i lunghi cammini veniva letteralmente drenata. Aveva bisogno di natura per sentirsi ispirato, ma camminare gli era sembrata la mossa più sensata per vincere l’ansia. In quel momento non ricordava nemmeno di aver suonato il campanello. O aveva mandato un messaggio alla sua ex ragazza – nella sua mente poteva già definirla così – chiedendole di uscire e di raggiungerlo sul vialetto? Non ne aveva davvero idea. Aveva cominciato a parlare non appena lei l’aveva liberato dal veloce abbraccio, sorpresa per la sua improvvisata. Aveva temuto che se lei avesse cominciato a parlare, lui avrebbe perso il naturale slancio. Ma quando Finn era rimasto fermo, impacciato, senza ricambiare la stretta, Rachel aveva capito che qualcosa non andava.

La settimana era già quasi volta a metà, e lui non aveva potuto far altro che aspettare che Rachel si rimettesse per affrontarla. Non propriamente il miglior regalo per festeggiare la sua guarigione, ma Finn era arrivato al punto che sarebbe stato male fisicamente se avesse aspettato ulteriormente. Nei due giorni precedenti si era reso conto di essere diventato insofferente verso tutti e tutto.

Lei lo aveva lasciato parlare in silenzio, l’espressione seria. Non era facile trovare l’occasione in cui Rachel Barry lasciasse parlare gli altri. Finn aveva provato più volte il suo discorso, ripetendolo mentalmente mentre aveva compiuto il tragitto per arrivare da lei. Ma un conto era l’immaginazione, tutt’altra cosa era la realtà. Così, non gli era uscito esattamente come aveva immaginato. Non c’era traccia della risoluzione e della sicurezza che avrebbe voluto mettere nelle sue parole. Rachel aveva aspettato che lui terminasse con le braccia incrociate al petto, immobile, le maniche della camicetta azzurra che venivano tirate un po’ sopra i polsi, considerata la posizione. Sembrava una statua di cera e Finn non riusciva più a decifrare il suo sguardo.

Il senso di liberazione, che pensava di poter provare a quel punto, sapeva dannatamente di senso di colpa. O forse era così perché in realtà le due cose coincidevano? Come abituarsi allo sguardo ferito negli occhi della persona che, fino a poco tempo prima, era tutto ciò che importava? Come accettare che ora quegli occhi lo guardassero con tutto quel risentimento? Quando era diventato il motivo delle sue lacrime? Perché Rachel non aveva gridato come lui aveva creduto, immaginando la scena nella sua mente come a volersi preparare, prima di viverla. Non lo aveva fermato per cercare di fargli ritrovare il senno, tantomeno lo aveva insultato né lo aveva attaccato. Aveva fatto di peggio.

Torturandosi le dita, aveva sospirato, come se si fosse finalmente rassegnata all’arrivo di qualcosa che aveva aspettato con timore da diverso tempo.  “È per Brittany…” aveva mormorato distogliendo lo sguardo, mentre iniziava a tremare leggermente, fallendo nel riuscire a mascherare le prime lacrime. Non una domanda, ma un’affermazione bella e buona. Lui non aveva avuto né la forza né il cuore di negare l'evidenza. Cosa ne sarebbe valso? Non c'era nemmeno bisogno che parlasse per confermare la sua constatazione.

“L'ho capito subito, sai…” Rachel si era stretta nelle spalle, tirando su con il naso. Quel piccolo gesto gli fece forse più male di uno schiaffo. “Inizialmente ho pensato che fossi solo un tantino paranoica… ma in fin dei conti ho ancora un buon sesto senso per certe cose.”
“Rachel… io..." tentò Finn, senza sapere assolutamente come proseguire.
“Hai sempre avuto una certa attrazione per le Cheerleader…” Il suo tono di voce era piatto, come se gli stesse descrivendo le previsioni del meteo per il giorno successivo. “Avrei dovuto tenerne conto.”

“Questo non ha nulla a che fare con il fatto che sia una Cheerleader!” La contraddisse lui, un misto tra stanchezza e indignazione. Quell’argomento lo infiammava sempre un po’ più del dovuto.

“Da quanto va avanti?” Le parole di Rachel suonavano come un’accusa lapidaria, pesanti nella loro freddezza, mentre lei si lasciava cadere sui gradini in pietra davanti all’ingresso di casa.

“Non c’è nulla che debba andare avanti… non è mai successo nulla.” Rispose Finn, lentamente, studiando il tono più opportuno. Esisteva veramente un tono adeguato a quella situazione? Come si lascia una persona davanti all’uscio di casa, una persona a cui vuoi comunque bene, senza distruggere tutto completamente?

Senza sapere come e perché, si sedette accanto a lei, ben attento però a mantenere un certo distanziamento. Il profumo dolciastro delle begonie che i papà di Rachel avevano piantato nell’aiuola lo investì improvvisamente, sospinto da una leggere folata di vento.  Non era sicuro di preferire tutto quello alla scena che si era prefigurato prima di suonare il suo campanello, con il più classico dei “Rachel, dobbiamo parlare.” Eppure, fino a quel momento era davvero filato tutto come da programma, no? Quindi, cosa stava succedendo?

“Se non è mai successo nulla, allora… perché?”

Una domanda più che lecita. Finn si era posto lo stesso quesito più e più volte, nel buio della sua stanza, senza riuscire a individuare la risposta corretta. Eppure, sembrava una domanda così semplice! Non era affatto sicuro di come rispondere. In quel momento lui non si fidava della sua voce, che sembrava perdere forza e intensità pima di uscire dalla sua faringe e dalla bocca, come se le corde vocali lavorassero con una materia prima di scarsa qualità, tutto all’improvviso. E tantomeno non si fidava della sua testa.  Come poteva dirle con il giusto tatto che Brittany non aveva dovuto fare nulla di speciale per impressionarlo? Come spiegare a una persona che qualcun altro aveva vinto il suo spazio tra mente, cuore e pancia per un motivo talmente semplice da non riuscire neanche ad essere visualizzato? E come poteva farlo senza ferire in modo ulteriore i suoi sentimenti? Era davvero possibile?

“Perché Brittany?”

Per pochi e tanti motivi insieme, probabilmente. Non è facile sentirsi connessi veramente con qualcuno e quando accade non è forse meglio godersi il momento piuttosto che farsi troppi viaggi e rovinare la spontaneità della cosa? Importava davvero capire il perché, o dare forma a certe sensazioni? Avrebbe cambiato il modo in cui lui si sentiva o il modo in cui Rachel si sentiva? Avrebbe cambiato il modo in cui sedevano lì, in quel momento, vicini ma allo stesso tempo lontano chilometri? Finn era sicuro di no.

“Sai la cosa che fa più male?” Gli domandò lei a un tratto, privandolo della possibilità di rispondere. Aveva ormai dato per scontato il fatto che lui non lo avrebbe fatto. “Persino dei sentimenti non corrisposti ti sembrano meglio di quello che siamo stati…”

Lui sospirò e fece per dire qualcosa. Ma ci ripensò. Alla fine, era semplicemente la verità. “Mi dispiace Rachel, mi dispiace davvero…” ed erano parole dette con tutta la sincerità possibile –  le pensava veramente –  perché sapeva di volerle bene. Ma per un qualche strano motivo non era più abbastanza. “E lo so che questo non sistema affatto le cose, ma credo che sia importante essere onesti tra di noi…”

Lei rimase silenziosa, mentre le lacrime cominciavano a scendere sempre più copiose. Lui non ebbe la forza di consolarla, restando immobile seduto sui gradini, sentendosi un babbeo. Non seppe dire quanto tempo fosse passato prima che Rachel smettesse di piangere, ma quel momento sembrò funzionare da molla per lui. Così si era alzato, perché non vedeva più nessun motivo per indugiare ancora. Avrebbero finito per farsi solo altro male. “Per quello che vale io ti voglio ancora bene… ed è per questo che dovevi sapere la verità.”

Lei alzò lo sguardo e annuì piano, mentre l’ennesima lacrima scappava oltre la sua guancia. “Suppongo dovremo superarla questa cosa… no?”

Finn si strinse nelle spalle. “Quando saremo pronti…”

Era quello il problema di vivere a qualche isolato di distanza, in quel di Lima Ohio, di frequentare le stesse classi e lo stesso gruppo di canto coreografato. Non sarebbero riusciti ad evitarsi nemmeno se lo avessero voluto per davvero. In qualche modo avrebbero dovuto imparare a convivere con le macerie della loro relazione, e un giorno, chissà, imparare a ricostruire qualcosa di diverso. “Ci vediamo a scuola…” le disse prima di allontanarsi, ancora con un mezzo indugio, le mani in tasca e gli occhi bassi.
Aveva fatto la cosa corretta e il risultato finale, per quanto facesse male, era stato probabilmente migliore delle sue aspettative. Eppure, si sentiva da schifo lo stesso. Non che si aspettasse chissà cosa. Quinn aveva dipinto benissimo la situazione in cui si trovava in quel momento. Solo e con il cerino in mano.

Accelerò, cercando di frapporre nel minor tempo possibile la maggior distanza possibile tra lui e casa di Rachel, proseguendo lungo il marciapiede. Mai come in quel momento, mentre un campanile scandiva la mezz’ora, aveva desiderato con tanta forza di rifugiarsi in camera sua. Poteva già immaginare due scenari ad attenderlo a casa. Kurt lo avrebbe aspettato con le braccia conserti e un sopracciglio levato, in attesa della sua versione di come si fossero svolti i fatti, o sarebbe corso immediatamente da Rachel? Non era preoccupato di come avrebbe reagito, il suo fratellastro aveva già previsto tutto quanto da un pezzo. Era come se avesse semplicemente assistito agli eventi con largo anticipo.

Il suo telefono vibrò e lui aprì la notifica senza nemmeno guardare chi fosse il mittente.
 
Stop wasting time trying to shape your life
It's all right, goodbye.” C.T.E.
 
Se hai bisogno mi trovi a un colpo di telefono! <3
 
Fissò il messaggio di Quinn senza smettere di camminare. Doveva aver parlato con Kurt, considerando che era il solo a sapere quando sarebbe andato da Rachel. Oppure aveva semplicemente dedotto fosse arrivato il momento. Stava parlando di Quinn Fabray, dopotutto. La sua onniscienza non era mai stata messa in discussione. Non da lui, quantomeno. Era bello che lei fosse propensa a mostrargli così tanto supporto, soprattutto perché ai tempi non si erano lasciati nel modo migliore. Di fatto, nemmeno nel periodo in cui si erano frequentati avevano avuto un rapporto così genuino. Rilesse la citazione, non così distante da quello che lei aveva cercato di dirgli in auditorium. L’acronimo stava per Cage The Elephant, uno dei gruppi preferiti di Quinn. Qualcosa aveva imparato durante i mesi in cui erano stati assieme! Aveva persino una vaga idea circa la canzone da cui l’aveva estrapolata. L’avrebbe ascoltata una volta arrivato a casa, sicuro che si accompagnasse bene al mood del momento. Digitò un veloce, “Grazie Quinn! Apprezzo davvero, ma è tutto ok. Sto bene!” prima di attraversare la strada, raggiunto il semaforo.
 
Era ormai arrivato dall’altro parte, quando il suono ripetuto di un claxon catturò la sua attenzione. Finn si girò in direzione del rumore: a bordo strada il fuoristrada di Burt indugiava con le quattro frecce lampeggianti. Dal lato del guidatore, con il finestrino abbassato, Kurt lo guardava schermato da un paio di occhiali da sole. Avrebbe dovuto immaginarlo.

Tornò sui suoi passi, nemmeno troppo sorpreso nel realizzare che Kurt si trovasse casualmente in zona. “ Ehi, salta su che dobbiamo fare un paio di commissioni per Carole prima della cena!” Kurt si levò gli occhiali, adagiandoli sulla fronte.

“ Non sei venuto a vedere come sta Rachel?” Finn si appoggiò letteralmente contro la portiera, gli avambracci che trovarono posto dove il vetro del finestrino era stato abbassato. Kurt scosse il capo. “ Per il momento ritengo più saggio lasciarle il tempo di digerire la situazione per conto proprio.” Rispose, facendogli segno di salire in macchina. Finn, lentamente, fece il giro del velivolo e montò sul sedile anteriore.

“ Quando vorrà, sarà lei a chiamarmi.”

Finn annuì, mentre si allacciava meccanicamente la cintura di sicurezza e richiudeva con un gesto deciso il vano portaoggetti, che era rimasto aperto per qualche motivo, mentre Kurt rimetteva in moto. Ma non gli sfuggì quell’oggetto che sembrava così fuori contesto e che Kurt doveva aver riposto lì dentro. Finn roteò gli occhi. “ Ti sei davvero messo a spiarci con quell’affare? Ma seriamente?”

Kurt lo fissò con confusione per una manciata di secondi, come se si stesse chiedendo come lui lo avesse scoperto. Ma Finn aprì nuovamente lo sportello davanti a lui e gli sventolò sotto il naso il piccolo binocolo che aveva scorto in precedenza.

“Oh…” Mormorò Kurt, tornando a fare attenzione alla guida. “ Non riuscirei minimamente a convincerti che mi sono dato all’ornitologia nel parchetto qua vicino?”
“Ornitologia…” Finn levò un sopracciglio.
“Birdwatching per la precisione…” annuì Kurt con un ghigno, mentre imboccava una rotatoria e si immetteva nella prima uscita.
“ Certo che proprio ti impegni a fondo ad attirare su di te le battute più becere, eh Kurt?”

Il ragazzo alla guida sgranò gli occhi, “ Hai davvero una mente deviata, Finn, io stavo parlando di osservare il Picchio dalla testa rossa nel suo habitat naturale. Quello che ha pensato ad altri uccelli sei tu, caro fratellone!”
Ma Kurt non riuscì a reggere il gioco e scoppiò a ridere fragorosamente. “ Birdwatching… come diavolo mi è venuto in mente!?”

Finn scosse il capo, suo malgrado divertito. Il fatto che il fratellastro lo avesse veramente seguito per controllare come sarebbero evolute le cose, per qualche strano motivo, non gli dava nemmeno così fastidio. Si chiese fin dove si sarebbe spinto se Rachel lo avesse invitato a entrare e lui si fosse trovato costretto a parlare in casa o peggio in camera sua. Si sarebbe arrampicato sul Platano del giardino dei Barry per spiarli dalla finestra? La visione era totalmente improbabile, ma estremamente divertente.
 
“Volevo solo assicurarmi che lei non tornasse in camera sua e scendesse con la mazza da baseball che tiene sotto al letto!” Precisò Kurt, dopo qualche momento, quando finalmente riuscì a tornare serio. “ Ma da quello che ho potuto vedere, esistono situazioni post rottura decisamente peggiori.”

“ Rachel ha davvero una mazza da baseball in camera?”

“Uh-uh…” rispose Kurt fermandosi a uno stop. “ Mi sorprende che non abbia mai provato a dartela su quella crapa bacata!”
“Kurt vediamo di non fare troppo il fenomeno…” Finn lo riportò all’ordine. “ Di cosa ha bisogno mamma?”
Il ragazzo regolò lo specchietto retrovisore prima di rispondere. “ Abbiamo terminato un po’ di cose in casa. Latte, biscotti… cose così. Oh, e per questa sera ha preparato il polpettone. Cena di famiglia!”

 
*****

 
Stavano dibattendo da un paio di minuti, impalati davanti allo scaffale dei biscotti, l’uno avallando la scelta di una confezione di cookies che sembravano trasudare burro già attraverso la confezione, l’altro difendendo la causa di ben più anonimi biscotti pieni di fibre, quando si sentirono chiamare a gran voce. La loro discussione parve perdersi nel nulla quando Finn si voltò verso la fonte del richiamo e Kurt ne approfittò per far scivolare i suoi biscotti nel cestello insieme al resto della spesa.  

“Kurt, Finn!?”

La figura snella di Brittany li fissava a qualche metro di distanza, spingendo il carrello della spesa. La ragazza indossava uno dei cappelli che componeva la sua buffa collezione, che Finn non aveva potuto non notare in camera sua quella volta che avevano registrato Fondue for Two. Per qualche strana ragione, il fatto che ci fossero quasi ventotto gradi all’esterno sembrava non averla scoraggiata nello scegliere con nonchalance quel copricapo da aviatore con la pelliccia all'interno. Ma Brittany non era sola. Jane Pierce, nel pieno dei suoi 6 anni, sedeva all’interno del carrello. Come se fosse un tesoro prezioso, abbracciava una grossa confezione di Mac&Cheese. 

La versione mignon di Brittany indossava lo stesso cappello della sorella, giusto più piccolo, accompagnato da un paio di occhiali da pilota di aerei. Sembrava pronta per Halloween, solamente con qualche mese di anticipo. Invece, alla sinistra di Brittany, Santana quasi stonava nella sua ordinaria maglietta in cotone e ipaio di shorts di jeans . Lo stomaco di Finn fece una piccola piroetta. 

 “Ciao!” Esclamò comunque, cercando di mostrarsi a proprio agio, agitando la mano. Eppure l'outfit delle sorelle Pierce era troppo strambo perché non gli scappasse un piccolo sorrisetto. Brittany parve mormorare qualcosa alla sorellina prima di spingere il carrello verso di loro. Santana le seguiva con passo controllato, ben attenta a non distogliere gli occhi da Finn nemmeno per un momento. Oh, sì. Lui lo aveva già notato. Non sembrava affatto contenta di averlo incontrato. Non lì.

“Che ci fate qui?” Esclamò Brittany con un grosso sorriso, fermandosi a due passi di distanza. Senza aspettare una risposta, diede una piccola spintarella al carrello, “Vi ricordate di Jane?”

“Per Giove, ma siete identiche!” Esclamò Kurt, che la incontrava per la prima volta.

“Come no?! Come stai Jane?” Finn si grattò il capo, ricordando come la bambina gli avesse aperto la porta e lo avesse annunciato come Un gigante, quella volta che era stato da Brittany.  Cercò, invece, di non andare attenzioni alla ragazza ispanica che le affiancava.

La bimba si limitò a guardarlo con circospezione, arrossendo lievemente prima di nascondere il viso dietro la confezione che teneva in grembo. Brittany ridacchiò. “Oh, tranquillo... è sola una timidona, non è vero Jane?” Alzò lo sguardo e mormorò, in modo che solo lui potesse sentirla. “Si è presa una cotta per te da quando sei stato a casa!”

“Allora ragazzi, che ci fate da queste parti?” La vena scocciata nel tono di Santana era evidente.

“Quello che la gente fa in un supermercato, Santana, che domande!” Rispose Kurt, incrociando le braccia e guardandola con sufficienza. Degnò appena la ragazza dai capelli scuri di un’altra occhiata, prima di rivolgersi a Brittany. “ E voi che cosa siete venute a comprare fino a qui? Non dirmi che la principessa qui era in omaggio con i maccheroni?!”

“Oh, beh… è un filo imbarazzante!” Esclamò Brittany, agitandosi tutto un tratto, mentre Finn non riusciva a smetterla di guardarla, impalato come un goffo e ottuso gigante.

“BriBri ha bruciato i maccheroni di mamma nel forno…” la interruppe la sorellina, rivelando una finestrella vuota nel suo sorriso acerbo, prima di tornare a nascondere il viso.

“Oggi Mamma e Papà sono usciti a cena per festeggiare il loro anniversario!” Spiegò Brittany, dopo aver lanciato un’occhiataccia carica di rimprovero alla sua sosia in miniatura. Al suo fianco Santana incrociò le braccia e roteò gli occhi. “Mamma ci ha lasciato una teglia di pasta al formaggio già pronta… era solo da scaldare, ma potrei averla dimenticata in forno un po' troppo mentre io, Jane e Santana giocavamo alle piccole aviatrici…”
“San in realtà si stava mettendo lo smalto!” Jane riemerse da dietro la scatola, guardando l’amica della sorella con fare infastidito.

“Anche per pilotare gli aerei bisogna essere curate e impeccabili, scricciolo!” Ma la protesta di Santana si perse, sovrastata da Brittany che riprendeva il racconto.
“Per cui eccoci qui, dovevo trovare qualcosa da farle mangiare… il piano è liberarsi dei maccheroni originali e versare questi precotti nella teglia! Spero che mamma non noti la differenza quando troverà gli avanzi” Diede un colpetto al carrello, impaziente, come se fosse orgogliosa del piano che aveva macchinato. Finn pensò che fosse dannatamente geniale. Sarebbe ovviamente stato un fiasco. Ma l’inventiva era ammirevole. Al pensiero dovette sforzarsi di nascondere una piccola risata dietro un buffo suono, mentre Jane cercava ancora di spiarlo senza farsi notare, usando i Mac & Cheese come scudo a parziale protezione del viso.

“Wow, non vedo davvero cosa possa andare storto! Sembra già un miracolo che non abbiate incendiato la cucina.” Il sopracciglio di Kurt tradiva tutto il suo sarcasmo, mentre tornava a fissare Santana come se fosse tutta colpa sua. Nessuno sano di mente avrebbe lasciato giocare Brittany con i fornelli. Lei parve subire l’effetto del suo sguardo, ma scrollò le spalle come se la situazione fosse ben oltre le sue possibilità.

“Sapete, probabilmente abbiamo preso una confezione esagerata… è sicuramente più di quanto noi due e lo scricciolo possiamo mangiare. Volete fermarvi a cena con noi?” La proposta di Brittany colse tutti i contropiede.

Finn non dovette nemmeno esitare e riflettere per capire che quella fosse davvero una pessima idea. Santana gli stava già indirizzando una non troppo velata minaccia di morte con lo sguardo. Inoltre non era decisamente il momento migliore per passare del tempo con Brittany, neppure se Santana non fosse stata nei paraggi. Aveva appena lasciato Rachel; il suo piano prevedeva di affogare nel letto e guardare qualche programma spazzatura alla tv fino a quando avrebbe deciso che quello schifo non faceva per lui e sarebbe passato a telefono e Spotify fino ad addormentarsi. E poi non aveva stretto un accordo con la sua coscienza, e distanziarsi un po' ora che Brittany e Santana avevano chiarito? Inoltre, passare la serata con il motivo per cui aveva chiuso con Rachel non sembrava la cosa più saggia da fare.

Brittany sembrava fissarlo con un po’ di apprensione, ma quando la risposta si fece attendere un po’ più del necessario, abbassò lo sguardo con imbarazzo. “Lascia stare, fai finta che non ve lo abbia neanche chiesto. Sicuramente avrai già dei piani con Rachel!”

“Già Finn, probabilmente dovresti organizzare qualcosa con la tua ragazza!” Santana sembrò farle da eco.

“In realtà Finn non ha piani con Rachel, questa sera…” disse Kurt guardando Santana negli occhi con una certa aria di sfida, sorprendendo totalmente Finn.

“Oh…” Esclamò Brittany sbattendo le ciglia. “Ma credevo si sentisse meglio! Pensavo volesse passare un po’ di tempo con te dopo che non vi siete visti per tutti quei giorni…” Lei non aveva smesso di rivolgersi al Quarterback, come se Kurt non fosse lì con loro. Santana emise un verso scocciato, mentre Jane cominciava a dare segni di impazienza all’interno del carrello, la noia e la fame sembravano iniziare a prendere il sopravvento sulla bambina.

“Semplicemente oggi non era la giornata giusta per stare insieme…” scrollò le spalle lui, sperando che lei non facesse ulteriori domande. Per qualche motivo non aveva voglia di rivelare alle due la fine della sua storia con Rachel. Brittany levò un sopracciglio, non riuscendo a nascondere il suo stupore. Tuttavia, nonostante entrambi sapessero che lui non stava raccontando tutta la verità, fece spallucce e non chiese più nulla a riguardo.

“Ci fermeremmo volentieri da voi…” ed era solo una parziale bugia, perché se non ci fosse stata Santana le cose sarebbero magari state meno complicate da gestire. “Ma mamma ci ucciderebbe se saltassimo la cena di famiglia…” Kurt venne in suo soccorso.

“Oh… beh, in questo caso è meglio non far arrabbiare Mamma-Carole… non voglio che inizi ad avercela con me! Magari facciamo la prossima volta!?”
“Esatto, Finn… meglio non far arrabbiare mammina!” Santana gli sorrise senza mostrare alcuna allegria.

“Già. Sarà per un’altra volta!” Rispose Kurt immediatamente, confezionando un sorriso esageratamente marcato. “Ora è meglio se andiamo, però…”

“Certo... Beh, è stato bello vedervi anche se solo per qualche minuto!” Gli concesse Brittany, cercando di tenere a bada la sorella che incominciava a battere le mani contro la base in metallo del carrello.

“Fate attenzione al microonde questa volta!” Disse Finn, prima di raccogliere il cestello della spesa da terra e incamminarsi a fianco del fratello. “Tienile d’occhio Jane!” Esclamò Kurt, girandosi verso le tre e agitando un braccio in segno di saluto.

 
*****
 
 
La fantomatica cena di famiglia non era certo stata un successone, considerando che lui aveva passato i primi venti minuti per lo più giocherellando con il suo polpettone al sugo. Kurt non aveva fatto altro che fissarlo per tutto il tempo, mentre lui aveva risposto a monosillabi alle domande che sua madre e Burt gli avevano fatto riguardo la sua giornata. Aveva aspettato che tutti finissero di mangiare, obbligandosi comunque a far sparire la sua porzione solo per non destare la preoccupazione di sua madre. Qualunque cosa fosse in grado di minare la sua fame, significava fosse veramente importante. E lui non aveva davvero bisogno che sua madre gli stesse addosso anche per quel motivo. Finalmente, quando Burt aveva finito il suo bis e Carole aveva cominciato a sparecchiare, Finn si era sentito legittimato ad alzarsi e si era potuto ritirare in camera sua, trovando riparo nella comodità del suo materasso.

La musica aveva trovato il modo di cullarlo anche in quel frangente, nel buio in cui aveva obbligato la sua stanza da parecchi minuti, dopo che aveva declinato l’invito di Kurt di accompagnarlo a fare due passi “digestivi”. Apprezzava l’impegno ma, davvero, pensava di aver già dato per quella giornata e aveva semplicemente bisogno di starsene da solo per un po’. Non stava nemmeno dando peso allo scorrere delle canzoni, fondamentalmente troppo concentrato a tentare di non pensare a nulla, quando il telefono vibrò contro il suo petto. La sua suoneria interruppe la riproduzione in atto. Finn sollevò il suo Samsung davanti al viso, lasciando che il display gli illuminasse il viso praticamente a giorno. Le sue pupille, ormai abituate all’assenza di luce, parvero investite da una pioggia di spilli, così lui si affettò a rispondere e a portarsi il cellulare all’orecchio.

“Dimmi che non sei in camera tua ad ascoltare roba deprimente!?”

“ Disse  colei che come messaggio di supporto post rottura, manda una citazione di Goodbye dei Cage the Elephant …” Finn roteò gli occhi, sopprimendo un mezzo sbuffo.

“Ti avevo anche detto di chiamarmi…”

“Quinn, davvero. Va tutto bene.” Tentò di rassicurarla lui, chiudendo gli occhi.

“Per quanto mi ha detto Kurt non sembrerebbe essere andata così male. C’è sempre il modo per cui queste cose possano andare peggio, sai?”

Finn si fissò le dita della mano sinistra, i suoi ultimi tormenti interiori erano ben visibili dallo stato delle sue pellicine. Un vizio terribile che l’ansia e stupidi pensieri non facevano che ingigantire. “ Suppongo sarebbe potuta andare peggio…” concesse Finn. “ Ha pianto un po’…” continuò prima di correggersi, “ Ok, ha pianto parecchio… ma a parte quello non si è messa a urlarmi contro o ha provato a prendermi a sberle.”
“Davvero non ha tirato fuori la mazza da baseball?” La voce di Quinn sembrava davvero divertita, ma Finn ne colse il tentativo di sdrammatizzare. “Oltre ogni più rosea aspettativa, oserei dire!”

“Era come se lo sapesse. Come se stesse solo aspettando la conferma definitiva…” la ignorò Finn, sospirando. “ Sono così palese riguardo tutta questa cosa?”
Quinn esitò qualche secondo prima di rispondere. “Riguardo al fatto che sono settimane che guardi Brittany come non hai mai fatto con nessuna? Beh… sei stato dannatamente palese.”

Lui tornò a fissarsi la mano. “Come va con Sam?” Cambiò discorso lui, un po’ perché non aveva altro da dire un po’ perché era giusto così. Se Quinn si mostrava così interessata alla sua vita sentimentale per pura amicizia, lui si sentiva come minimo in dovere di fare altrettanto.
“ Deve imparare a parlare un po’ meno di fumetti e supereroi e poi potrebbe anche diventare un signor fidanzato!” Scherzò lei in risposta, facendolo ridere. “ Ma non pensare che riuscirai a cavartela così in fretta, Finn. Non abbiamo ancora finito di parlare di te…”
“ Oh, non lo avevo nemmeno sperato…”

 
*****
 
 
Sotto pressione. La prima giornata a scuola dopo la sua rottura con Rachel non poté che farlo sentire a quel modo. Era stata una di quelle mattine che avrebbe probabilmente ricordato qualche anno nel futuro, chiedendosi come avesse fatto a superarla indenne. Tutto era cominciato in corridoio, prima che la campanella della prima ora li guidasse in classe, quando aveva intravisto Tina e Brittany agli armadietti. Lui aveva fatto per raggiungerle, ma Santana era spuntata da dietro un gruppetto del primo anno all’improvviso e lui si era immobilizzato a metà strada. Non era pronto al modo in cui Brittany le aveva sorriso, come se l’arrivo dell’ispanica fosse già il momento più rilevante della giornata. E mentre lui cercava un modo per convincere il suo corpo a ricominciare a muoversi, la biondina lo aveva notato a qualche metro di distanza, salutandolo con la mano. Come se quello fosse tutto ciò di cui i suoi muscoli avessero bisogno, lui aveva sorriso appena fingendo di essere diretto dalla parte opposta del corridoio. Era da veri idioti, ma dovette allungare di parecchio la strada per raggiungere l’aula di filosofia senza passare davanti a lei.

Come se non si sentisse abbastanza stralunato, il compito scritto di Filosofia lo aveva sorpreso con domande a cui non era minimante preparato. Lui aveva risposto solo grosse stupidaggini, improvvisando palesemente ogni qual volta non conosceva la risposta. Aveva tentato disperatamente di lanciare occhiate furtive al foglio di Sam, seduto poco distante alla sua destra, ma anche l’amico sembrava navigare in acque agitate. Alla fine, aveva risposto a tutto. O perlomeno, aveva riempito tutti gli spazi disponibili per le risposte. Ma non c'era la benché minima possibilità che avesse strappato la sufficienza. La sua media già singhiozzante ne avrebbe subito le conseguenze e, a quel punto, lui avrebbe dovuto fare i conti con la strigliata di sua madre.

Quel giorno aveva optato per andare in mensa perché, dopo l’ora di Storia, Santana aveva proposto a Brittany di mangiare fuori, occupando il famoso tavolo in cortile insieme agli altri ragazzi del Glee. Brittany aveva annuito con energia alla proposta della ragazza, ma quando lo aveva adocchiato al fianco di Artie, mentre uscivano dall’aula, gli aveva domandato ad alta voce “ Mangiamo tutti insieme?”

Così lui aveva finto di dimenticarsi di essersi portato il pranzo da casa, in modo da mascherare al meglio la sua volontà di stare il più lontano possibile dalle due cheerleader. L’espressione dispiaciuta di Brittany lo aveva infastidito ancora più delle arie supponenti di Santana, facendolo sentire tremendamente in colpa. E mentre era in mensa, allineato in coda, reggendo svogliatamente il proprio vassoio in attesa di una non entusiasmante porzione di sogliola impanata e patate lesse, percepì la gravità della parola pressione in modo ancora maggiore. Tutti lo fissavano. Era la vigilia della partita più importante della stagione, dopotutto. Scoprì che le grandi aspettative nei suoi confronti non provenivano solo da Sam, ma metà scuola si aspettava che il suo quarterback portasse il McKinley a una storica vittoria. La qualificazione ai playoff del campionato studentesco mancava da troppi anni. Non aveva potuto fare un passo all’interno della mensa senza che qualcuno lo salutasse con ”Mi raccomando Hudson…”, o “Fagli il Culo Finn a quei montati della HighPride!”

E poi, nel pomeriggio, ci si era messa la Beaste con quella mezza frase su una possibile presenza in tribuna di alcuni osservatori inviati da prestigiosi college. Come se non fosse abbastanza in ansia per i fatti suoi. Ma la cosa peggiore della giornata, ovviamente, erano state le prove del Glee Club.

Quando era entrato in sala canto, dopo l’allenamento, ultimo delle Nuove Direzioni, tutti lo avevano scrutato come se fosse una specie aliena. La voci, alla fine, erano girate in fretta. La gravità dell’atmosfera in sala canto gli certificò che tutti erano al corrente del fatto che avesse mollato Rachel. E la cosa peggiore era che nessuno sembrò in grado di reggere il suo sguardo. Aveva fatto per raggiungere la sedia a fianco a quella del suo co-capitano, in terza fila, spinto dall'abitudine, ma era riuscito a correggere il tiro prima che la gaffe sembrasse troppo palese.

Cosi, era scivolato a fianco a Mercedes. Ma a Rachel, che pur sembrava imperturbabile al suo posto, non sfuggì il suo goffo tentativo di apparire distaccato. Lei stava con le mani congiunte e adagiate in grembo. Le labbra serrate e lo sguardo serio gli avevano fatto pensare che lei fosse in una qualche sorta di sciopero e che se ne sarebbe stata buona per tutta la durata delle prove. Ma quando tutto sembrava volgere verso una consueta giornata in sala canto, lei aveva levato il braccio in aria e richiamato l’attenzione del professore e della classe.

Come se le cose non fossero già abbastanza imbarazzanti, Rachel aveva chiesto al prof Shouster il permesso di cantare una canzone al gruppo. In piedi in mezzo alla stanza, aveva intonato una versione parecchio sentita di The 1 di Taylor Swift. Finn avrebbe voluto sprofondare nel pavimento con tutta la sedia, perché Rachel non aveva fatto che guardarlo negli occhi e lui non era riuscito a distogliere lo sguardo. Perché doveva essere sempre così teatrale con tutto ciò riguardasse la sua vita? Doveva per forza sbandierare così, davanti a tutti i loro amici, tutti i suoi sentimenti non più corrisposti?
 
“But we were something, don't you think so?”
 
La cosa peggiore era sentirsi addosso gli occhi di tutti. Così lui si era limitato a guardare Rachel cantare, con la mascella contratta, sentendosi uno schifo mentre gli sguardi taglienti degli amici sapevano di accusa. Solo Quinn non lo aveva fatto sentire ulteriormente in imbarazzo, concentrata come lui a osservare Rachel in mezzo alla stanza.

La fine della lezione era stata una vera liberazione. Senza salutare nessuno, era letteralmente filato via dall’aula canto, affrettandosi lungo il corridoio e fuori dall’edificio, verso il parcheggio. Guidando, aveva ancora in testa i mormorii dei compagni dopo che Rachel aveva terminato la sua performance ed era tornata a sedersi. E quel tarlo non lo aveva abbandonato nemmeno quando era rientrato tra le mura di casa.

Si era ormai cambiato in un paio di pantaloncini e una maglietta pulita quando il campanello d’ingresso lo costrinse a scendere le scale. Quasi inciampando nei suoi stessi piedi, per poco rischiò di ruzzolare giù dalla rampa. Sarebbe stata veramente la perfetta ciliegina sulla sommità di una giornata da buttare, pensò, aprendo la porta.

Rimase totalmente spiazzato trovandosi Brittany in piedi sullo zerbino.

“Oh, ehi…” la salutò Finn, mentre il suo stomaco sobbalzava. Guardò oltre le sue spalle, come se si aspettasse di trovare Santana a fissarlo gravemente. Invece notò solamente la bicicletta della ragazza abbandonata malamente sul cemento, a fianco a dove lui aveva parcheggiato la macchina. La ruota anteriore stava ancora girando dietro al parafango arrugginito.

“ Ciao, Finn!” Esclamò la biondina, lasciandosi andare a un sorriso improvviso, come se il fatto che lui aveva provato a evitarla in tutti i modi durante la giornata non l’avesse minimamente toccata. Lui aprì la bocca, ma la richiuse meccanicamente poco dopo. Infine, come se dovette arrendersi al fatto che lei fosse realmente davanti a lui, ritrovò la parola. “C-che cosa ci fai qui?”

Ma la ragazza non rispose immediatamente, al contrario, come se fosse la cosa più normale in quel momento, si infilò nello spazio disponibile tra Finn e la porta, entrando in casa. “Ricordi il discorso del sapere dove abitiamo? Ho pensato di venire a studiare da te!” Esclamò, guadagnato il corridoio di ingresso, dando un colpetto alla tracolla che portava in spalle.

“Oh… ok.” Finn diede un’ultima occhiata ottusa al vialetto prima di chiudere la porta. Brittany stava già guadagnando le scale, sicuramente diretta verso camera sua.

Senza poter fare in modo di nascondere la sua confusione, Finn l’aveva seguita giusto in tempo per osservare la bionda aprire la porta di camera sua e scivolare dentro. Con un sospiro, Finn la imitò. Era stato un asso a starle lontano a scuola. Ma come poteva evitarla quando lei era stata più furba di lui ed era venuta direttamente a casa sua senza il minimo preavviso?

Nel frattempo, Brittany aveva posato la tracolla ai piedi del suo letto, e si era messa ad osservare la stanza in punta di piedi, come se la vedesse per la prima volta.
Finn la seguiva con gli occhi, incuriosito dai suoi movimenti ma soprattutto chiedendosi cosa ci facesse da lui. Ora che l'equazione Brittany&Santana era tornata a produrre un risultato sensato unendo i due termini, trovare Brittany fuori contesto lo lasciava totalmente impreparato. Perché era venuto da lui invece di trascorrere il proprio tempo con Santana? Poi la realizzazione lo colse nell’esatto momento in cui la ragazza prendeva tra le mani una delle cornici che teneva sul comodino.

“Siete venuti bene in questa foto…” mormorò Brittany dandogli le spalle, passando un indice sulla lastra di vetro.

Dopo che Rachel aveva fatto il suo show in bello stile, dando modo a tutti di capire quello che era il suo punto di vista sulla vicenda, lei doveva essere venuta a vedere come si sentisse. Finn non aveva ancora avuto né il tempo né la voglia di sistemare la sua stanza. Le foto di Rachel e con Rachel erano ancora appese qua e là.

“Hai foto di tutti, tranne che di noi due…” puntualizzò Brittany girandosi di tre quarti, così che lei potesse vederlo con la coda dell’occhio. Finalmente, dopo aver indugiato ancora qualche istante, rimise la foto al suo posto.

Tecnicamente non era un’affermazione corretta. In camera, Finn aveva solo una foto con Mike, Sam e Puck, scattata dopo una partita di football e, ovviamente, delle foto della sua ex ragazza che programmava di far sparire presto. Non propriamente tutti. Finn deglutì, muovendo un passo verso la scrivania e fingendo interesse per alcuni fogli sparsi sulla superficie in legno. “ È vero… ma avevo intenzione di cambiarne qualcuna… credo che troverai presto posto sul muro delle persone importanti!” Gesticolò, indicando la parete dietro al suo letto.

“ Allora, devi stampare la foto della cascata! Li siamo usciti super fighi…” gli fece sapere lei con uno strano sorriso, mentre già perdeva interesse nelle fotografie della stanza. La sua attenzione venne invece catturata dalla sua bacheca in sughero, dove lui era solito affiggere biglietti, cartoline o altri piccoli ricordi con delle puntine colorate.

“Così hai detto che sei venuta a studiare?”

Lei fece una piccola smorfia girandosi verso di lui. “ Oh, beh… nulla in realtà. Quella era la scusa perfetta…” ridacchiò, mentre liberava i capelli dall’elastico, sciogliendo la coda. La Cheerleader, a differenza sua, non aveva avuto il tempo di cambiarsi. Pensandoci, ora che controllava l’orologio sul suo polso sinistro, Brittany doveva essere venuta a casa sua direttamente da scuola. Vederla in uniforme, ma con i capelli sciolti, gli fece un certo effetto. “Non si era detto che non abbiamo bisogno di scuse?” Obbiettò Finn senza nemmeno rendersene conto.

“Non si era detto che non saresti sparito?” Brittany finì di ravvivarsi la chioma dorata e incrociò le braccia, l'aria seriosa tradita dal sorriso di chi era consapevole di averlo appena messo alle strette. Finn si morse l'interno del labbro inferiore.

Touché, Brittany. Touché.

“Hai ragione…” Finn allargò le braccia, con aria di chi riconosceva la sconfitta verbale. “ Ma è un periodo davvero folle, sono stato un po' preso con gli allenamenti, sai… la partita…” mentì spudoratamente.

“I famosi play-off… tutta la pressione del liceo intero sulle tue spalle.” Brittany annuì, stringendosi nelle spalle.

“ Già…” Finn si grattò il collo, a disagio.“ E poi pensavo volessi passare più tempo con Santana!” Perché Finn cominciava a sentire caldo all’improvviso? Perché la sua stanza non si stava rivelando il luogo sicuro che era sempre stato, ora che Brittany si trovava lì con lui?

“Ah, sì?” Brittany mosse un passo incerto, spostando leggermente la testa di lato mentre cercava di allacciare i suoi occhi a quelli del ragazzo.
“Beh, credevo che dopo la montagna…”

“ Credevo, credevo, credevo… tutti che credono e nessuno che domanda!”

Non c’era traccia di risentimento o fastidio nel tono di voce della ragazza. Eppure un’affermazione del genere sembrava perfetta per essere condita da quello stato d’animo. Ma Brittany sembrava assolutamente pacata mentre si sedeva sul bordo del suo letto, accarezzando il copri lenzuolo con i palmi della mani aperte. Finn restò impalato a guardarla, totalmente disorientato e incapace di comprendere il senso della sua frase. “Non siamo ancora tornate insieme…”

Se possibile Finn aggrottò la propria espressione ancora maggiormente. Il tono di voce di Brittany era stato così strano. Di quel passo i solchi sulla fonte sarebbero diventati permanenti, mentre il suo cervello registrava il significato di quelle parole. “In.. in che senso, scusa?”
Brittany inclinò ancora il viso, una punta di divertimento sulla sua espressione, come se la reazione di Finn fosse particolarmente buffa. Lei scrollò le spalle. “Credevo di averti detto di essere confusa su quello che provo…”

C’era una leggera punzecchiatura nella sue parole, e Finn la avvertì perfettamente. Se possibile si sentì ancora peggio di prima.

“E quando persino tu, come tutti gli altri, hai dato per scontato che fosse già tutto risolto così facilmente… beh, all’inizio ci sono rimasta male.” Il tono della Cheerleader si fece mano a mano meno udibile, ma lei si assicurò di non interrompere il contatto visivo tra i loro occhi. Oh. Quello sì che faceva male.

“Oh…” Finn deglutì, mentre il cuore prendeva a battergli più velocemente. Perché Brittany era venuta da lui a raccontargli tutto quello, proprio quando Rachel si era accertata che tutti sapessero che Finn l’aveva lasciata?

“Io… davvero, non so cosa dire. Ho pensato che dopo la vostra passeggiata… insomma,  mi sembravate di nuove così… a vostro agio quando siete tornate, insomma…”
Brittany incurvò appena le labbra. “Santana è stata… molto schietta riguardo quello che vuole. Abbiamo parlato un po’ in riva al lago. Di quello che prova e di quello che la gente pensa. Siamo in Ohio, Finn… non è facile essere unicorni in Ohio.”

“Ok… e tu?” La incalzò Finn, perché davvero non capiva dove lei stesse andando a parare. Santana le aveva manifestato le sue intenzioni ben prima della montagna.

Lei parve aver bisogno di un’eternità per continuare, come se stesse estraendo le parole successive da un pozzo particolarmente profondo e buio. “ Mi ha baciata di nuovo.”

Finn arricciò il naso, mentre uno strano fastidio si impossessava della sue viscere. Non che avesse avuto bisogno di quella conferma verbale, ricordava perfettamente come le due ragazze erano tornate all’accampamento quella sera.

“Non l’ho respinta.” Ammise Brittany mordendosi il labbro. “ Ma… non so dire se quel bacio sia stato come gli altri, prima che ci lasciassimo.”

Finn raggiunse il letto e le si sedette a fianco, anche solo per non doverla necessariamente guardare negli occhi. Stava facendo una dannata fatica a sentire tutto quello e fingere distacco.” Devi essere un attimo più precisa… non capisco, davvero! Cosa vuoi dire?”

“Insomma… eravamo in riva a un lago al limitare di un bosco. Di notte, sotto a un cielo incredibile.” Iniziò Brittany fissando con attenzione la punta delle sue sneakers. “ Non sarebbe dovuto essere il bacio migliore della mia vita?”

“Avrei giurato che aveste chiarito tutto. Sembrate così… Brittany&Santana.”

Brittany scrollò le spalle. “ Le ho chiesto tempo… credo che lei stia facendo di tutto per…”
“Forzarti la mano?”
“Userei altri termini per metterla giù…” Brittany sorrise appena. “ Ma per risponderti, rispetto a prima della montagna... la cosa che è cambiata davvero è che sto cercando di capire se sono solo contenta di riavere la mia migliore amica, o voglia ancora qualcosa di più.”

“Ok. E Santana cosa pensa di tutta questa storia? Non ti sta facendo pressioni? Non pensi che la sua pazienza potrebbe vacillare?” Domandò Finn, schietto.

Brittany scoppiò a ridere. “ Certe volte mi sembri proprio sbarcato da un altro pianeta!” Gli confidò, appena riuscì a riprendersi. E quella cosa detta da Brittany faceva decisamente effetto. “Santana è… concretezza. Sembra nata per mettere pressione agli altri in modo che tutto finisca al suo posto!”
“Già…” concesse lui.
“ E non è una cosa malvagia. Mamma dice che tutti i sognatori hanno bisogno di qualcuno che li riporti sulla terra…” Gli occhi blu della ragazza sembravano guardarlo con una certa aria di sfida, come se stessero cercando di capire se lui avesse il coraggio di contraddire quella cosa.

Lui, d’altro canto, aveva appena piantato in asso la persona più concreta che conoscesse. Se c’era qualcuno che potesse rivaleggiare e spuntarla contro Santana Lopez in fatto di pragmatismo, quella era di certo Rachel Barry. E Finn, eterno ragazzo con la testa tra le nuvole, aveva deciso di recidere quel filo che lo teneva saldamente a terra. Perché se Rachel era stata un modello di riferimento, qualcuno che gli insegnasse che nella vita era importante darsi un obiettivo e fare di tutto per raggiungerlo, era anche vero che Brittany gli aveva ricordato che lui era ancora solamente un liceale. E che aveva tutta la vita davanti per rinunciare così presto a guardare le cose con un velo di meraviglia.

“O di qualcuno in grado di sognare altrettanto intensamente…” mormorò lui prima di alzarsi di nuovo in piedi e spostarsi appena verso la scrivania, senza un reale motivo. “Quindi siete ancora un Work in progress…” aggiunse, per cercare di distogliere la ragazza dalle sue ultime parole. Come se già si fosse pentito di tanta intraprendenza. Brittany sorrise lievemente, abbassando lo sguardo. “Già, qualcosa del genere.”

Il telefono di Finn vibrò contro la sua scrivania, ma lui lo ignorò. Brittany venne incuriosita dal rumore ma, quando capì che Finn non aveva intenzione di controllare di che notifica si trattasse, esclamò: “Hai presente la canzone che stavi suonando con la chitarra l'altra volta?”
“ True faith…” rispose lui, perplesso.
“ Ho visto che fa parte di quel gioco…” Brittany indicò con l’indice il poster di Allie che Finn aveva appesa alla porta. Era uno degli inserti della Deluxe edition che aveva comprato al day one di The Last of Us 2. “ Ti va di giocarci insieme?”

 
*****
 

“ Quindi Allie e Dina stanno insieme…” mormorò Brittany, pensierosa, mentre comandava il personaggio di Allie all'interno di un edificio abbandonato, facendole esplorare con attenzione ogni angolo della stanza. Finn la osserva giocare in silenzio, più attento alla sua espressione concentrata nel cogliere i minimi dettagli della scenografia, più che al gioco in se. “ Ma Dina è rimasta incinta di Jesse che era il suo ex?”  

Accesa l’Xbox, si erano seduti uno a fianco all'altra sul tappeto davanti alla televisione. Brittany era ancora nella sua divisa da Cheerios, le gambe incrociate, mentre picchiettava rumorosamente i polpastrelli contro i tasti del Joystick.

“ Grossomodo quella è la storia, anche se Allie e Dina non stavano proprio insieme prima di partire… è anche vero che orbitavano già l’una attorno all’altra mentre Dina stava con Jesse!” Precisò Finn.

Brittany mise il gioco in pausa e si girò di lato per guardarlo. “Perché dobbiamo tutti sempre fare un sacco di casini quando si tratta di amore?”

Stava parlando solo del videogioco?

Finn non rispose, scrollando le spalle. Era decisamente la persona meno indicata per farlo. Ma probabilmente la domanda di Brittany era più retorica che altro, considerando che lei non si era aspettata una vera e proprio risposta e aveva ricominciato a giocare. Finn continuava a guardarla con la coda dell’occhio, suggerendole di tanto in tanto la direzione da seguire o segnalandole qualche oggetto che lei non aveva notato. Ma, principalmente, rifletteva sulle parole della ragazza. Ok, forse lui aveva corso un po’ troppo e dato un po’ troppe cose per scontate, eppure sapeva che era inutile farsi prendere da false speranze. Santana stava facendo le mosse giuste per riconquistarla. Era solo questione di tempo.

Poi, mentre Brittany guidava la protagonista del videogioco fuori dall’edificio in uno spazio aperto colonizzato da rampicanti e felci, realizzò una cosa che sul momento lo stranì e non poco. Brittany non gli aveva chiesto nulla di Rachel.

Fu durante quel flusso di pensieri che Brittany era incappata già nei primi Clickers, persone rese zombie a causa delle spore del fungo Cordyceps che aveva infettato l'umanità. Finn aveva riso di gusto per come Brittany era letteralmente sobbalzata quando la creatura, sbucata da dietro la carcassa di un automobile ricoperta di muschio ed erbacce, aveva dilaniato il collo del suo alter ego. La bionda aveva sgranato gli occhi e aveva completamente mollato il Joystick, impallidita. “Oh, cazzo!” Rise nervosamente per la scarica di adrenalina. Finn, capì che lo spavento era stato reale, considerando che quella era solo la seconda parolaccia che le sentiva pronunciare. Allora, aveva recuperato il Joystick da terra, decidendo che sarebbe stato più saggio  modificare la difficoltà del gioco dalle impostazioni, saltando dalla modalità Hardcore a quella Easy. Quantomeno ora Brittany non sarebbe morta ogni due secondi.

“Sei sicura di voler giocare proprio a questo?” Le chiese quando lei gli sfilò il controller dalle mani. “ Possiamo… possiamo scegliere un gioco differente!” Esclamò, strofinando le dita della mano destra con il palmo della sinistra, dove lei gli aveva appena dato la scossa. Brittany ricaricò l'ultimo salvataggio senza rispondergli.
   
 
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