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Autore: Europa91    29/09/2020    3 recensioni
Odasaku è morto e Dazai non riesce ad accettarlo.
“Mettersi a piangere e urlare non avrebbe risolto nulla, anche se l’avrebbe aiutato a sfogarsi. Tornò con la mente al libro di Mori, quello sull’esistenza di realtà alternative e fu colto da un’illuminazione: se fosse esistito anche solo un mondo, un universo in cui Oda era ancora vivo, lo avrebbe trovato. Non importava come, lui avrebbe riportato Odasaku indietro. Se c’era anche solo una minima possibilità di salvarlo l’avrebbe trovata.“
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'People Exist To Save Themselves'
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«Se questo è il migliore dei mondi possibili, allora dove sono gli altri?»

Candido. Voltaire


 


 


 


 


 

Dazai ricordava di aver letto un libro una volta, qualche anno prima, appena entrato nella Port Mafia. Era un libro che parlava di fisica quantistica, o forse matematica, comunque argomenti a cui non aveva mai prestato particolare attenzione. Eppure quel volume se lo ricordava ancora perfettamente, come poche letture in vita sua.

Era un pomeriggio autunnale. Se chiudeva gli occhi, poteva ancora sentire il rumore in sottofondo della pioggia, che continuava incessantemente da giorni, sulle finestre dell’ufficio di Mori. Si era recato lì alla ricerca del suo superiore ma, stranamente, non l’aveva trovato. Aveva bisogno di qualche consiglio su di un nuovo metodo di suicidio che stava preparando e che voleva accingersi a compiere al più presto.

Trovando la stanza completamente vuota, l’attenzione del giovane era stata catturata da quel tomo che giaceva abbandonato sulla scrivania del Boss. La copertina era di un rosso acceso e spiccava tra tutte quelle carte e documenti gettati alla rinfusa. Dazai ricordava di essersi avvicinato lentamente, come attratto da una forza invisibile; lui era una persona estremamente curiosa di natura, oltre che un gran osservatore, e quel libro aveva stimolato inaspettatamente proprio quel lato del suo carattere.

Senza rifletterci troppo lo prese tra le mani e iniziò piano ad osservarlo indeciso sul da farsi. Non era un saggio volumetrico, aveva forse cento, duecento pagine, sarebbe stata una lettura abbastanza breve; in più, notò, non erano presenti spiegazioni né riguardanti l’autore né sul contenuto del libro, ovviamente questo non fece altro che alimentare la sua curiosità a riguardo. Alla fine cedette e si lasciò cadere sul divano pronto a iniziare la lettura. Se proprio doveva attendere il ritorno del boss, avrebbe impiegato quel tempo in modo utile e quel libro presentava una valida alternativa alla noia.

Gambe accavallate, testa leggermente piegata in avanti con un braccio a sostenergli il volto, Dazai si ritrovò totalmente assorbito da quella lettura inaspettata. Ne rimase piacevolmente sorpreso, senza accorgersene era rimasto incantato dallo stile di scrittura limpido e appassionante, da come l’autore spiegava con semplicità e ingegno concetti anche molto complessi. Gli piacque particolarmente un capitolo che narrava dell’esistenza di mondi e realtà alternative. Non ci aveva mai riflettuto prima. Esisteva forse un qualche universo in cui lui non era un dirigente della Port Mafia? Oppure uno dove finalmente si era suicidato, magari al fianco di una bella donna? Oh sì, quello sarebbe stato un mondo perfetto, ideale.

Sorrise da solo per l’assurdità dei suoi stessi pensieri, richiudendo pigramente il libro dopo aver sentito dei passi in lontananza. In qualche secondo, Mori-san fece il suo ingresso nella stanza, sorridendo immediatamente alla vista del giovane sottoposto e intuendo cosa stesse facendo. Dazai si alzò di scatto dal divano e riconsegnò il volume al legittimo proprietario, per poi ritornare a dedicarsi al motivo per il quale si era presentato.

Per anni non aveva ripensato a quel libro, come del resto non aveva pensato all’esistenza di mondi e realtà alternative; aveva semplicemente catalogato quel ricordo nella sua mente e col tempo aveva finito col dimenticarsene. Aveva altro per la testa: il suicidio, la Port Mafia, Odasaku. Al solo pensare quel nome il suo cervello smise di funzionare. Una fitta dolorosa iniziò a dilagargli il petto, ricordandogli che Odasaku era appena morto. L’avevano ucciso.

Già, il suo unico amico era morto da qualche ora e lui aveva ancora le mani e i vestiti imbrattati del suo sangue. Era troppo. Tutta quella situazione era semplicemente troppo da sopportare. La sua mente, sempre iperattiva, aveva arbitrariamente deciso di mostrargli quel ricordo, quello del libro di Mori.

Dazai era distrutto, non riusciva a pensare ad altro se non agli ultimi istanti di vita di Oda e alle sue ultime parole. Ancora faticava a credere a ciò che era accaduto, che fosse reale; una parte di lui sperava ancora di risvegliarsi e scoprire che si era trattato solo di un sogno. Oda, Ango, la Mimic.

Pian piano, una volta rientrato nei suoi appartamenti, aveva iniziato a sciogliersi le bende che gli ricoprivano i polsi. Erano completamente imbrattate del sangue di Odasaku che, nel frattempo, aveva già iniziato a seccarsi. Fu un’operazione abbastanza lenta, che durò parecchi minuti, soprattutto perché il moro si interruppe più volte, asciugandosi le lacrime che non ne volevano sapere di arrestarsi. Era veramente troppo da sopportare. Quando anche l’ultimo pezzo di stoffa cadde a terra, Dazai si ritrovò a fissare quelle bende incapace di fare altro, per poi prendersi il volto tra le mani per cercare di calmarsi.

Mettersi a piangere e urlare non avrebbe risolto nulla, anche se l’avrebbe aiutato a sfogarsi. Tornò con la mente al libro di Mori, quello sull’esistenza di realtà alternative e fu colto da un’illuminazione: se fosse esistito anche solo un mondo, un universo in cui Oda era ancora vivo, lo avrebbe trovato. Non importava come, lui avrebbe riportato Odasaku indietro. Se c’era anche solo una minima possibilità di salvarlo l’avrebbe trovata. Si prese il volto con una mano. Che diavolo stava pensando? Mondi alternativi? Doveva essere arrivato alla frutta per poter anche solo prenderne in considerazione l’esistenza, lui era una persona razionale.

Riportò lo sguardo in basso. Odasaku era morto. Quello era il suo sangue, le sue mani ne erano ancora sporche, come del resto anche i suoi vestiti. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per cambiare la situazione, per impedirlo.

Raccolse le bende da terra e le gettò via insieme ai suoi abiti, che si affrettò a levarsi. Decise che non li avrebbe più indossati, come poco prima aveva deciso che non avrebbe più indossato il cappotto nero regalatogli da Mori-san. Avrebbe dato fuoco a tutto in quel momento, anche a se stesso.

Solo con l’intimo addosso, si diresse barcollante verso il soggiorno, dove si lasciò cadere a peso morto sul divano. Poteva sentire la consistenza della stoffa in pelle contro la propria carne, mentre si abbandonava contro lo schienale; il suo corpo era così poco abituato nella percezione tattile. Restò così qualche minuto prima di decidersi ad alzarsi, ma solo per raggiungere una bottiglia di scotch e un bicchiere. Ripensò all’ultima bevuta fatta insieme ad Ango e Odasaku, soprattutto al sorriso di Odasaku.

Quanto gli mancava. Gli mancava ogni cosa di lui, ma più di ogni altra cosa gli mancava il suono della sua voce. Si rese conto che non avrebbe più sentito Oda pronunciare il suo nome, chiamarlo. Chiuse gli occhi per qualche istante, ma le immagini di poche ore prima non gli davano tregua. Gli girava la testa, aveva un forte senso di nausea, non sapeva nemmeno lui descrivere il suo stato fisico e mentale. Alla fine raccolse le poche energie rimaste e si mise seduto, versandosi dello scotch e riempiendo il bicchiere fino all’orlo, per poi berselo tutto d’un fiato. Ubriacarsi sembrava essere l’opzione migliore.

Allungò la mano fino a raggiungere il suo portatile abbandonato su di un ripiano poco distante. Visto che il suo cervello non ne voleva sapere di dagli tregua, decise che l’avrebbe accontentato.

Iniziò pigramente a digitare le parole chiave della sua ricerca: realtà alternativa.

Una realtà alternativa è un ipotetico universo separato e distinto dal nostro ma coesistente con esso; nella maggioranza dei casi immaginati è identificabile con un altro continuum spazio-temporale. L’insieme di tutti gli eventuali universi paralleli è detto multiverso.” (1)

Aveva finito col leggere per tutta la notte. Aveva bevuto scotch, per poi passare al whisky una volta terminata la prima bottiglia. In rete si potevano trovare le teorie più assurde: dalla fisica quantistica alla filosofia, al viaggio nel tempo; o anche teorie religiose, reincarnazione, ma, nessuna sembrava fare al caso suo. Aveva letto praticamente di tutto ma nel concreto nessuna di quelle teorie o articoli avrebbe potuto restituirgli Odasaku.

Guardò stancamente fuori dalla finestra: stava albeggiando, aveva passato la notte insonne eppure non si sentiva stanco, forse leggermente ubriaco; tuttavia, non si sarebbe riposato fino a quando non avrebbe trovato una soluzione. Sapeva fin dal principio che tutti quegli articoli o saggi trovati in rete non sarebbero serviti a restituirgli Odasaku eppure, ci aveva provato lo stesso. Non si era ancora arreso, non l’avrebbe mai fatto.

Una lacrima silenziosa iniziò a rigargli la guancia. Non riusciva a controllarsi dannazione, con Oda era sempre stato così, non era mai stato in grado di controllare le proprie emozioni quando si trattava dell’amico. Si asciugò il viso, rendendosi conto solo allora di essere ancora soltanto con l’intimo indosso. Abbassò con cura lo schermo del portatile e si alzò dal divano, si sentiva leggermente i muscoli intorpiditi dopo essere rimasto fermo in una posizione scomoda per parecchie ore. Si diresse in bagno e recuperò delle nuove bende nel ripiano sopra il lavabo. Rimase in piedi e, mentre le dipanava, ne seguì lo sciogliersi come ipnotizzato.

Solo qualche ora prima aveva gettato i bendaggi sporchi del sangue di Oda, mentre ora avrebbe indossato delle nuove garze immacolate. Pensò che sarebbe stato così facile se anche i suoi sentimenti fossero stati come quelle bende, poter gettare via insieme a loro tutto lo sporco, il marciume, il male e poi indossarne di nuove, ritornare puro e immacolato. Come lo erano anche le sue bende prima di venir macchiate dal sangue di Oda. Si appoggiò al lavabo, alzando lentamente il volto e, per un attimo, fece fatica a riconoscersi. Con le sue ultime forze, Odasaku aveva sciolto anche quei lembi di stoffa che durante gli anni trascorsi nella Port Mafia gli avevano celato metà del volto; per cui ora trovava così strano incontrare il proprio riflesso integro, non era abituato.

Si passò stancamente una mano sul viso, costatando le borse comparse sotto gli occhi per la notte insonne davanti al pc. Era uno straccio ed era ancora leggermente brillo.

Finì di sistemarsi le bende lungo braccia, gambe e costato e poi si diresse in soggiorno. Si sentiva così stanco, ma il suo cervello non ne voleva sapere di lasciargli un attimo di tregua.

La morte è un momento unico nella vita delle persone che nessuno può invertire”

Erano state le sue parole qualche giorno prima. Peccato che in quel momento, quando quelle frasi erano uscite dalle sue labbra, Odasaku fosse ancora vivo e si trovasse seduto proprio accanto a lui. Mentre ora era morto.

Si passò stancamente una mano sul volto. Non doveva piangere, doveva rassegnarsi, la gente moriva tutti i giorni, soprattutto nel loro ambiente. Quanti sottoposti aveva seppellito? A quanti funerali aveva evitato di partecipare? Di quanti cadaveri lui stesso era responsabile? Si chiese come mai la morte di Odasaku fosse diversa dalle altre, come mai proprio lui stesse soffrendo così tanto. Scoppiò a ridere.

Per quanto ancora voleva continuare a mentire a se stesso? Oda non era come tutti gli altri, lo sapeva, l’aveva sempre saputo.

Dazai non ricordava di preciso quando avesse smesso di considerare Odasaku un amico, o meglio, da quando avesse iniziato a vederlo in modo diverso, a notare quanto fossero azzurri i suoi occhi, quanto fosse attraente. Gli venne in mente la prima volta che, durante una giornata particolarmente calda, Oda aveva abbandonato il suo caratteristico trench ed era rimasto con solo la camicia indosso, per poi finire col levarsi anche quella.

Odasaku era l’agente di grado più basso e galoppino dell’Organizzazione; gli venivano sempre assegnati i compiti più assurdi o in genere quelli che nessuno voleva svolgere, come in quel caso: scavare una ventina di fosse per seppellire i cadaveri di un’organizzazione rivale che non dovevano essere trovati. Per questo avevano scelto una zona deserta, poco distante dal porto di Yokohama. Dazai era stato messo a capo di quell’operazione; erano stati i suoi uomini a provocare quella carneficina, mentre Oda era arrivato a conti fatti, quando tutto era terminato, con una pala in mano, pronto a svolgere il suo lavoro senza fare domande. Dazai era rimasto sorpreso nel vederlo e ancora di più quando, oltre al cappotto, dopo un paio di buche, l'uomo aveva deciso di levarsi pure la camicia per il caldo.

Il giovane dirigente aveva abbandonato tutto ciò che stava facendo in quel momento e si era incantato a fissarlo, quasi a bocca aperta. Quella era stata la prima volta in assoluto in cui Dazai aveva pensato che Odasaku fosse attraente, in cui aveva capito che forse i sentimenti che lo legavano a quell’uomo andavano oltre la semplice amicizia o stima reciproca.

A ogni colpo di pala, Dazai, osservava le braccia dell’uomo tendersi, il profilo dei suoi muscoli, le gocce di sudore che scendevano lungo il torace, mentre Odasaku, ignaro dello spettacolo che stava gratuitamente fornendo continuava nel suo lavoro.

Il giovane dirigente si era trovato incapace di distogliere lo sguardo dalla sua figura e si era ritrovato improvvisamente con la gola secca. Odasaku era bello come una statua, si era stupito quasi di se stesso per non essersene mai accorto prima. Ricordava anche di come Hirotsu avesse provato a domandargli qualcosa e di come l’avesse liquidato in fretta, o forse non gli aveva detto nulla; non rammentava di preciso, era così concentrato su Odasaku da aver dimenticato la missione e tutto il resto.

Ben presto, tutti i suoi sottoposti se ne erano andati ed erano rimasti solo loro due. Mancavano ancora due corpi e il sole finalmente stava tramontando. Dazai ovviamente non aveva alzato un dito, aveva osservato per tutto il tempo Oda, ancora a torso nudo, completare il lavoro, per poi offrigli una bevuta al solito posto. Una volta rientrato nei suoi appartamenti, l’immagine di Odasaku aveva occupato i suoi pensieri, come avrebbe fatto per quella notte e le successive.

Si passò una mano sul viso. Era nuovamente scoppiato a piangere senza rendersene conto. Ogni ora che passava, la mancanza di Oda si faceva sempre più insopportabile, si sentiva soffocare.

Perché doveva essere morto?!

Devi trovare qualcosa a cui appoggiarti, può essere qualsiasi cosa. Devi aver fiducia nel futuro. Ci sarà sicuramente qualcosa in cui sperare.”

Ancora una volta gli tornarono in mente le proprie parole, parole che aveva rivolto a Oda per fermarlo, per evitare che commettesse una pazzia. Erano state parole inutili, che si erano perse tra le fiamme che divampavano dietro di loro e consumavano le vite di quei poveri bambini, colpevoli solo di essere stati amati da Odasaku; pedine sacrificali sulla scacchiera di Mori. Come lo era diventato Oda.

Come poteva ora Dazai dire di avere fiducia nel futuro? In cosa poteva sperare? Non avrebbe mai pensato che le proprie parole un giorno gli si sarebbero rivoltate contro.

Allungò la mano per recuperare la bottiglia di whiskey. Era patetico ma non sapeva che altro fare, stordirsi era l’unico modo per spegnere la mente, e con essa l’immagine e il ricordo della morte di Oda.

Ehi Odasaku, sai perché sono entrato nella Port Mafia? Speravo ci fosse qualcosa per me. Se stai vicino alle emozioni pure, esposto alla violenza e alla morte, all’istinto e al desiderio, puoi sfiorare la vera natura dell’uomo. Pensavo che in questo modo avrei potuto… avrei potuto trovare un motivo per vivere.”

Si era appisolato qualche istante e aveva ripercorso nella sua mente la conversazione avvenuta con Oda. La loro penultima conversazione.

Un motivo per vivere.

Odasaku era il suo motivo. Dazai aveva trovato una ragione per continuare a vivere in lui, nella sua amicizia, nella sua vicinanza, nello sperare che il loro rapporto potesse in qualche modo evolversi, crescere. Oda era diverso da tutti quelli che conosceva, era unico e ora l’aveva perso per sempre.

Tornò a osservare il pc, che ormai giaceva abbandonato sul ripiano accanto alla prima bottiglia vuota; era ancora acceso e mostrava un articolo su mondi paralleli. Il primo istinto di Dazai fu quello di spegnerlo, ma poi venne colto da un’improvvisa illuminazione; forse aveva affrontato tutto dalla prospettiva sbagliata: nel loro mondo cosa poteva vagamente somigliare a un’altra dimensione? Un’abilità! Doveva solo trovare il possessore di un’abilità tale da permettere l’impossibile: salvare la vita di Odasaku, riportarlo indietro. Sarebbe andato bene di tutto, dal riavvolgere il tempo al resuscitarlo, non era interessato ai dettagli ma al risultato finale.

In rete non poteva trovare quel tipo di informazioni, c’era solo una persona che avrebbe potuto aiutarlo, ma che al momento non aveva voglia di contattare. Dazai sapeva che solo il governo poteva possedere una lista completa dei dotati presenti in Giappone, quindi, logicamente, solo chi lavorava per loro avrebbe potuto aver accesso a quei dati.

Un’altra opzione praticabile sarebbe stata quella di cercare nel database della Port Mafia, ma l’ex dirigente non aveva intenzione di mettervi piede, non così presto almeno. Erano ferite troppo fresche e facevano ancora male; era tutta colpa della Port Mafia e del piano di Mori-san, era stato lui a giostrare gli eventi che avevano portato alla morte di Odasaku, ed anche Ango aveva avuto una piccola parte in quel piano.

Dazai sapeva che l’impiegato si era limitato a svolgere il suo lavoro; Ango eseguiva degli ordini, come tutti loro, eppure una parte di lui non poteva ancora perdonarlo. Era ancora troppo presto, le bende macchiate col sangue di Oda erano ancora nell’altra stanza; ci sarebbe stato tempo per tutto, ora semplicemente era troppo presto, tutto gli sembrava troppo.

Per un istante fu come se non vedesse più alcun futuro, come se con Odasaku anche lui avesse perso tutto. Spostò lo sguardo sull’orologio appeso al muro davanti a sé: erano ormai le dieci del mattino. Oda era morto al tramonto del giorno prima. Spostò di poco lo sguardo fino ad incrociare la sua cravatta nera, che giaceva abbandonata sul tavolo poco distante; l’aveva lanciata lì quando nel rientrare in casa si era velocemente sbarazzato del cappotto di Mori. Anche quella era imbrattata del sangue di Oda, poteva vedere benissimo delle macchie scarlatte che avevano finito con lo sporcare il mobile.

Fu un pensiero improvviso. Allungò la mano fino a recuperarla, per poi annodarla velocemente intorno al collo. Ora avrebbe dovuto solo stringere un po’ e avrebbe posto fine a tutta quella sofferenza, quel dolore. Avrebbe raggiunto Odasaku. Morire per soffocamento non sarebbe stato troppo doloroso. Forse non sarebbe stata una morte rapida e indolore come aveva sempre sperato, però in quel momento in particolare, gli sembrava la soluzione perfetta.

Bevve un ultimo sorso poi si preparò a stringere il cappio. Sorrise. Chissà come l’avrebbe rimproverato Oda una volta che si sarebbero rincontrati; non gli importava, l’avrebbe presto rivisto. Fu in quel momento che il suo cellulare iniziò a suonare. All’inizio pensò di ignorarlo ma quella dannata musichetta gli impediva di concentrarsi; non poteva suicidarsi con quel fastidioso sottofondo, così si sciolse la cravatta dal collo e corse a recuperare il telefono.

Non lo sorprese il fatto che la chiamata provenisse da un numero sconosciuto. Rispose.

«Dazai-kun per fortuna ti ho trovato»

«Ango»

Sakaguchi Ango, l’ultima persona con cui si sarebbe aspettato di parlare in quel momento e con cui avrebbe voluto parlare. Fece una lunga pausa, rimanendo in attesa di scoprire cosa volesse da lui.

«Dazai-kun, stai bene?» Che domanda stupida, forse qualcuno stava ascoltando la conversazione; era un’ipotesi da non escludere. Decise di rimanere sul vago.

«Arriva al punto Ango, non ho tempo da perdere con te, stavo per suicidarmi» rispose con freddezza e l’altro capì dal tono di voce che non stava affatto scherzando. In quel momento, Dazai era spaventosamente serio. L’aveva intuito, dopotutto si conoscevano da anni.

«Ok, allora sarò breve. Sappiamo cosa è successo ieri. Oda…Oda, è morto vero? Ma non è per questo che ti sto chiamando Dazai-kun, è per via delle ricerche che hai effettuato dal tuo pc»

«Il dipartimento ha messo delle microspie nel mio pc? O sei forse stato tu, Ango? Comunque non vedo come la cosa possa interessarvi, non avete niente di meglio da fare che spiarmi? Voi del Governo siete caduti davvero in basso»

«Ho visto la cronologia Dazai-kun, stai cercando un modo per riportare indietro Oda, giusto? Forse posso aiutarti»

«Ma davvero?»

Non poteva essere vero, anzi, era sicuramente una trappola, non doveva fidarsi, Ango era famoso per fare il doppiogioco. Tuttavia, se c’era anche solo una minima possibilità di riavere Odasaku, sentire ancora una volta il suono della sua voce, il suo sorriso…

«Presentati alle undici a questo indirizzo. Ti inoltro le coordinate.» E chiuse la chiamata. Dopo qualche secondo sul display del cellulare arrivò il messaggio che indicava il luogo dell’incontro. Dazai prese un profondo respiro; stava per fare letteralmente un “patto col diavolo” però in quel momento avrebbe accettato qualsiasi cosa per riavere Odasaku nella sua vita; doveva in qualche modo trovare dentro di sé la forza per fidarsi di Ango.

Controllò l’ora, si rivestì velocemente con le prime cose che trovò nell’armadio, lanciando prima di uscire un’ultima occhiata al cappotto di Mori ancora abbandonato a terra. Si appuntò mentalmente di comprarne uno nuovo, magari quando tutta quella storia fosse finita. In fondo, anche a Odasaku quel cappotto non era mai piaciuto; una volta gli aveva consigliato un colore meno tetro, magari un beige o una tonalità simile a quello che indossava lui. Ricordò quanto aveva riso immaginandosi vestito come l’amico e rispondendo che quegli abiti non sarebbero stati adatti a un dirigente. Ora, però, non faceva più parte della Port Mafia; forse avrebbe seguito il consiglio di Oda. Con questi pensieri lasciò il suo appartamento.

Il luogo dell’incontro era un anonimo parco nel centro della città; una scelta perfettamente strategica e studiata. A quell’ora era pieno di persone, famiglie, studenti, in quel modo Ango avrebbe evitato qualsiasi sua mossa azzardata. Non che Dazai avesse in mente di fare chissà cosa; era disarmato e, in quel momento, voleva solo capire le vere intenzioni dell’uomo e della gente per cui il suo ex-amico lavorava. Perché al Governo dovevano interessare la morte di Odasaku e i suoi tentativi per riaverlo? Non aveva senso, visto che più o meno indirettamente erano stati proprio loro, insieme alla Port Mafia, a portare alla morte del suo migliore amico. Cosa avrebbero potuto ricavare nell’aiutarlo?

Adocchiò una panchina all’ombra. Si sedette pazientemente. Pensò che ad Odasaku sarebbe piaciuto quel parco, era così tranquillo, ci avrebbe di sicuro portato i bambini. Sorrise a quel pensiero; aveva visto poche volte il suo amico occuparsi degli orfani delle guerre della Port Mafia, eppure ogni volta ne era rimasto sorpreso. Oda sapeva prendersi cura degli altri, era innegabile, lo faceva pure con lui; anzi, l’aveva fatto fino al suo ultimo respiro.

Stai dalla parte di chi salva le persone.

Alzò una mano per coprirsi la parte del viso di solito celata dalle bende. La pelle doveva essere ancora sensibile oppure semplicemente, erano i suoi occhi che faticavano a trattenere le lacrime.

«Sei in anticipo Dazai-kun» quella frase bastò per ripotarlo alla realtà.

«Anche tu, Ango» rispose abbassando il braccio e fissando tranquillamente il ragazzo con gli occhiali mentre prendeva posto sulla panchina di fianco a lui. Né troppo vicino né troppo lontano. Gli rivolse un sorriso di scherno che era solo una pallida imitazione del suo solito sorriso. L’impiegato se ne accorse subito.

«Non credevo venissi solo, scelta coraggiosa» fece notare l’ex dirigente della Port Mafia dopo aver verificato che nessuno li stesse spiando.

«Questa è una missione ufficiosa, i miei superiori non intendono impiegare risorse non necessarie»

«Ufficiosa?»

«La morte di Oda è stata anche colpa nostra, anzi colpa mia e del mio operato» anche se era rimasto sorpreso da quella ammissione, Dazai non lo diede a vedere.

«Ango, non sprecare altro tempo per dirmi cose che so già, arriva al punto. Perché mi vuoi aiutare? Cosa c’è veramente sotto? È vero che esiste qualcuno con un’Abilità che può riportare indietro Odasaku?»

Aveva alzato leggermente il tono di voce. Non era intenzionale ma non era riuscito a controllarsi. Ogni volta che pronunciava il suo nome gli occhi iniziavano a bruciare, come anche la gola, si sentiva improvvisamente soffocare.

Come se non bastasse, la sua mente si divertiva nel mostrargli come spezzoni di un film gli ultimi istanti di vita di Oda. Dazai poteva ancora sentire il peso del suo corpo su di sé, le sue braccia avvolgerlo, quel loro ultimo abbraccio nel silenzio di una casa piena di cadaveri. Rivedeva in continuazione il viso morente dell’uomo che amava e le sue ultime parole risuonavano nella sua testa.

Ango lo fissava con la solita espressione apatica; non disse nulla, probabilmente perché aveva intuito il suo stato d’animo. Ango però non sapeva nulla. Non poteva sapere come la morte di Odasaku l’avesse sconvolto, quanto stesse soffrendo in quel momento. Probabilmente, se non avesse ricevuto quella chiamata, Dazai si sarebbe davvero suicidato per la disperazione, il dolore, in quel momento non poteva saperlo. Era certo solo di una cosa: voleva una via d’uscita. Tornò con lo sguardo sull’ex amico, in attesa di spiegazioni.

«È parte del mio compenso. Oda era anche mio amico come lo sei tu, non credere che mi sia dimenticato del tempo passato insieme» fece una pausa per sistemarsi meglio gli occhiali.

«Questa mattina il mio superiore mi ha affidato un verbale da compilare, utilizzatore di abilità C4695» disse mostrandogli una foto dal suo palmare che ritraeva un giovane uomo sulla trentina, biondo.

«Murray Leinster. 34 anni. Collabora con noi da un paio d’anni nella sezione interrogatori»

«Che potere ha? Riavvolge il tempo? O forse può resuscitare i morti?»

Concluse con sarcasmo alzandosi di scatto. L’altro non si scompose minimamente proseguendo col discorso.

«La sua Abilità si chiama The other side of Here o semplicemente Next Dimension. Può creare ucronie e universi alternativi. Sai di cosa sto parlando vero?».

Il ragazzo si voltò a fissarlo, improvvisamente interessato.

«Un’ucronia è una storia alternativa del mondo» spiegò alzando un sopracciglio.

«Esatto. Quell’uomo può creare infiniti universi e realtà. Pensaci, possono esistere mondi in cui Odasaku non è mai entrato nella Port Mafia, oppure in cui noi tre non ci siamo mai incontrati, tutte realtà in cui Oda può essere ancora vivo».

«Un’Abilità piuttosto utile, ma non capisco ancora perché tu me lo stia rivelando, se come dici, tieni ancora alla nostra amicizia e a Odasaku, perché non sei andato tu stesso a salvarlo? Così avresti rimediato al tuo errore no?» concluse freddamente. Ango abbassò lo sguardo, colpevole. Non si era aspettato nulla di diverso, sapeva a cosa sarebbe andato incontro nel contattare Dazai, eppure sentiva che doveva farlo, doveva aiutarlo. Ango voleva espiare le sue colpe in qualche modo, aveva bisogno che Dazai lo perdonasse, perché lui non riusciva a farlo. Si incolpava per la morte di Oda. Voleva ricevere l’assoluzione per i propri peccati e per quello doveva aiutare l’ex dirigente della Port Mafia.

«Una volta entrati nelle ucronie o realtà create da Murray non si può uscire. Si è in trappola. Solo tu con la tua Abilità di annullamento potresti farlo. Capisci cosa sto dicendo Dazai? Solo tu al momento sei in grado di trovare una realtà in cui Oda è sopravvissuto e riportarlo indietro. Se ci andassi io o qualcun altro non funzionerebbe» concluse fissando il ragazzo negli occhi. L’ex mafioso era senza parole; stava ancora processando tutte quelle informazioni. Fidarsi o meno di Ango e delle sue parole? Era questo il nuovo dilemma di Dazai. Abbassò lo sguardo osservando le sue mani. Le rivide macchiate di sangue. Il sangue di Odasaku bagnare lentamente le sue bende tingendole di rosso.

«Quante realtà può creare questo Murray?»

«Tutte quelle necessarie»


 


 


 

  1. https://it.wikipedia.org/wiki/Dimensione_parallela


 


 

Note autrice:

 

Finalmente Habemus Prologo!! XD

No, non sono pazza ma per chi non lo sapesse avevo già pubblicato tempo fa una prima versione di questa storia, solo che c’erano alcune parti (troppe) che non mi piacevano così ho deciso di cancellarla e riscriverla dall’inizio. Questo è il risultato partorito dalla mia mente malata di angst. XD Spero che vi piaccia!!

 

E ora, visto che le note io non le so scrivere parto con i ringraziamenti: prima di tutto alla mia senpai Eneri_Mess se state leggendo questa storia è merito suo quindi ringraziate lei (e se non lo avete ancora fatto leggete le SUE storie). Io posso solo dirle grazie per tutti i consigli e l’infinita pazienza dimostrata in questi mesi <3

 

Poi un ringraziamento speciale anche al mio neurone HolieErde che giorno e notte sopporta i miei scleri e dà corda al mio angst <3

 

E in generale a tutta la gente che ho stressato dietro le quinte mentre scrivevo questa storia!! Scusatemi tanto!!! Spero che il prologo sia all’altezza delle aspettative!! Addio a tutti, è stato bello, ora torno nel mio angolino XD

 

Ps. Avviso già che la pubblicazione sarà di un capitolo al mese, cercherò di essere puntuale. Ora è davvero tutto!! XD

  
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