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Autore: Pandora_chan    01/10/2020    3 recensioni
{Questa storia partecipa al #Writober2020 indetto dal sito “Fanwriter.it”}
Li vedi i cuori sconfitti. Sono quelli che in treno fissano un riflesso sul vetro anziché il cielo che è fuori.
Hanno occhi che bisbigliano “ormai è tardi”.
(Fabrizio Caramagna)
________
Coppia: Ugetsu Murata - Akihiko Kaji
Prompt:
Capitolo 1 - RIFLESSO
Capitolo 2 - DOMESTIC
Capitolo 3 - HANAHAKI
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akihiko Kaji, Ugetsu Murata
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa storia partecipa al #writober2020 indetto dal sito Fanwriter.it

 
Behind The Eyes
Prompt 1 - Riflesso

 
Le serate e i locali che richiedevano la loro presenza dopo il loro ennesimo successo erano aumentati improvvisamente e facevano fatica la sera a rientrare in orari decenti. In quelle settimane si era arrangiato a dormire alcune volte da Mafuyu, ma la presenza costante di Uenoyama lo aveva fatto sentire di troppo e non voleva nemmeno approfittare troppo della loro gentilezza. Da Uenoyama non sarebbe mai potuto rimanere vista la presenza di sua sorella. Era a conoscenza della sua cotta nei suoi confronti e più volte aveva cercato di non darle peso e cercava spesso parole dolci per rifiutarla. Era una ragazza dolce e solare e a suo modo simpatica. Aveva orde di ragazzi che all’università avrebbero pagato oro pur di uscire con lei ma si era fissata con Akihiko e, complice anche il gruppo, si era avvicinata sempre più.  Aveva iniziato ad allontanarla per questo, senza successo. Di fronte all’ennesima dichiarazione si ritrovò a dirle che aveva altre preferenze, che non era assolutamente per lei e che avrebbe sicuramente trovato qualcuno che la apprezzasse più di lui. Non si è mai preoccupato di ciò che gli altri pensassero di lui, ha vissuto come meglio credeva e dichiararsi gay era la sua ultima preoccupazione. Aveva sempre evitato di farlo con Yayoi per non ferirla più di quanto meritasse.
Quella sera aveva bisogno di tornare a casa, doveva prendere qualche cambio e sapeva, e sperava, che non avrebbe trovato nessuno. Ugetsu avrebbe dovuto essere ancora all’estero per la tournée e non sarebbe dovuto rientrato prima di dieci giorni, in quei giorni aveva anche pensato di restare a dormire lì ma aveva il timore di un rientro improvviso da parte del suo ex.
Arrivò come sempre in sella alla sua moto e la parcheggiò fuori, veloce entrò in casa e già dalla parte alta delle scale intravide una leggera luce arrivare da sotto. Non era possibile, non aveva voglia di incontrarlo e tanto meno di parlarci. Erano mesi che si ignoravano ed era talmente stanco che instaurare una qualsiasi conversazione o, ancora peggio, una discussione era fuori luogo.
«Oh ma guarda… quel fallito del tuo ex ragazzo…» Natsu aveva sempre una parola di riguardo per Akihiko ogni volta che lo vedeva. E pensare che era grazie a lui se erano finiti insieme. Ovviamente mal sopportava quel suo restare in quella casa che ormai non gli apparteneva più e amava sottolinearlo ogni qual volta ce l’aveva davanti.
«Vivi ancora qui nonostante tutto? Non è ora per te trovarti un appartamento ed andartene?» sogghignò e lo fissò negli occhi, in attesa di una sua reazione.
«Buonasera Ugetsu. Scusami, non pensavo di trovarti sono passato per prendere alcune cose. Me ne vado subito.» Akihiko ignorò quello che era il nuovo compagno di Ugetsu e iniziò a riempire una borsa con alcune delle sue cose personali. Si domandava cosa ci trovasse in un tipo così volgare e allo stesso tempo insipido.
«Natsu, piantala. Fino a prova contraria pago io per questa casa e se Aki è qui dentro è perché glielo concedo io. Stanne fuori.». Ugetsu era stato lapidale. Aveva azzittito Natsu con poche parole e avrebbe continuato a farlo ogni qual volta si fosse intromesso nella loro vita.
Lo chiamò per nome. Anzi, lo chiamo col suo nomignolo. In effetti negli anni non smise mai di usarlo. Per lui era Aki.
«Hai preso tutto? Guarda, puoi stare qui quanto e quando vuoi. Capito?»
«Si… beh tranquillo. Mi sto facendo ospitare da alcuni amici. Sai con le serate e la sponsorizzazione stiamo in giro sempre fino a tardi. Grazie comunque. Appena possibile finirò di prendere le mie cose e libererò l’appartamento.» Akihiko continuava a parlare senza guardarlo negli occhi. C’era qualcosa in lui che, come cercava di allontanarsi, lo attirava.  
Passione. Riconoscenza. Ammirazione.
Per Akihiko, Ugetsu era stato tutto questo. Lo aveva travolto come un treno in corsa, senza lasciargli possibilità di scelta. Amore o odio. Amore e odio.
«Stai sempre a stare da quel biondino col codino? Come si chiama… aspetta…» Fece per pronunciare il suo nome ma Kaji lo anticipò.
«Haruki. Si sono da lui al momento.» Akihiko abbassò lo sguardo, come se fosse colpevole di qualcosa. In realtà aveva paura della sua reazione. Non avevano mai definito il loro rapporto. «Ho finito. Vado. Buona serata.»
Uscì dall’appartamento respirando a pieni polmoni, come se l’aria in quella mezz’ora gli fosse mancata, come se avesse trattenuto il fiato fino a quel momento. Ogni volta che si trovava davanti il suo ex andava nel panico, si sentiva sopraffare dalle emozioni e smetteva di ragionare. Iniziò a tossire e si accasciò vicino alla sua moto in attesa che il suo respiro tornasse normale, che l’aria riempì nuovamente i suoi polmoni.
                                                                                                ***       
Quella sera le prove sarebbero saltate, il tempo fuori era scuro e si prospettava l’arrivo di un acquazzone, Haruki rientrò prima dal lavoro e, dopo essersi rilassato con un bagno caldo, iniziò a preparare la cena per lui e per Akihiko.
Mise su della musica rock per rilassarsi e la mise a tutto volume, incurante dei vicini e del chiasso. Era sereno come non lo era da diverso tempo e quella situazione che si era creata iniziava a piacergli, si stava abituando ad avere Akihiko sempre intorno. A condividere con lui lo spazio sul divano per vedere un film e litigare su quale film vedere e su chi dovesse preparare le pop-corn da gustare nella pace e nel relax.
Udì suonare il campanello, Akihiko ormai aveva la sua copia delle chiavi e non aspettavano ospiti quella sera.
«Ciao…» Haruki restò fisso davanti alla porta incapace di parlare «Akihiko non è in casa se lo stavi cercando. Gli dirò che sei passato a cercarlo.» Disse mentre richiudeva la porta dietro di sé.
Ma la mano di Ugetsu bloccò quel movimento impedendo alla porta di chiudersi alle sue spalle. Entrò in casa incurante di quanto Haruki gli avesse appena detto e lo tirò per un braccio per farlo girare verso di sé.
«Devi lasciarlo stare. Devi lasciarlo stare.» come un sibilo Ugetsu pronunciò queste poche parole. Avvicinandosi ad Haruki continuò a ripetere la stessa frase, alzando ad ogni passo il tono. Arrivò ad urlargli addosso di lasciare stare il suo Aki. Perché se per Akihiko, Ugetsu era passione, riconoscenza e ammirazione, per Ugetsu, Akihiko era dipendenza, ossessione e invidia.
«Voglio che lo lasci stare! Voglio che lui torni da me! Cosa te ne fai tu di un fallito come lui? Cosa se ne fa lui di te?» mentre ripeteva quelle parole come un mantra si scagliò contro Haruki, che riuscì a schivarlo alla fine. Scivolò e andò a sbattere contro un mobile posto all’ingresso ferendosi la fronte. Toccò con la mano sul punto dolorante e si accorse di avere qualche goccia di sangue.
Ancora dolorante rispose ad Ugetsu utilizzando dei toni pacati. Non voleva discutere con lui, non voleva per tanti motivi. Perché non stava trattenendo Akihiko contro la sua volontà, perché non si erano mai spinti oltre la reciproca amicizia, perché lo rispettava.
«Non so cosa vuoi Murata, ma vai via. Non sei il benvenuto qui. Non ti ho dato il permesso di entrare in casa mia.» E barcollando leggermente lo invitò ad uscire.
Ma il violinista non si mosse, restò li ad osservarlo con lo sguardo carico di odio e disprezzo verso colui che cercava di portargli via Aki. Si avvicinò di nuovo verso Haruki e lo spinse indietro sollecitando una risposta da parte sua. Voleva sentirgli dire che avrebbe lasciato perdere Kaji, ora e sempre.
«Ti ho detto che devi lasciarlo stare. È chiaro? Non sei fatto per lui, ma non ti guardi? Con me potrebbe avere tutto, potrebbe continuare a suonare il violino e girare il mondo. Tu? Tu cosa potresti mai offrirgli?» Lo disprezzava, lo odiava. Per cosa? Per aver dato ad Akihiko serenità, amore e gioia.
Non aveva bisogno di sentirlo dalle sue labbra, lo sapeva benissimo che stava bene, che era sereno come non lo era da tempo. E si malediva per non essere stato in grado di farlo star bene lui.
«Stai sbagliando Ugetsu. Io non devo lasciar perdere nessuno. Non abbiamo niente io e lui se non una profonda amicizia e un profondo rispetto l’uno per l’altro.»
Nel dire quelle parole Haruki abbassò leggermente lo sguardo. Faceva male ammetterlo. Faceva male nutrire amore per qualcuno ed aver in cambio solo una solida amicizia. Ma gli andava bene così, purché Akihiko gli girasse intorno.
Ugetsu si avvicinò ancora un po’ e strattonandolo ed osservandolo da vicino gli chiese se realmente era solo amicizia, se non fosse realmente innamorato di lui, da sempre.
La pioggia fuori continuò a cadere incessantemente e in quel momento Akihiko entrò in casa. Non sapeva cosa fosse successo, non sapeva perché Ugetsu fosse lì. Aveva udito l’ultima frase pronunciata dal suo ex ragazzo e rimase fermo ad osservare prima Ugetsu, con le spalle alla porta, e poi Haruki, con il viso rivolto verso di lui.
«Cosa diavolo sta succedendo qui? Ugetsu, cosa ci fai qui?»
«Non lo so, dillo a quel pazzo del tuo ex ragazzo. È piombato qui dentro come una furia. Vaneggiando. Ecco cosa è successo.» e rivolto verso Ugetsu continuò «Te l’ho già detto. Vattene da casa mia. Non sei il benvenuto.»
Fece per andarsene, ma Akihiko lo prese per una mano e lo fermò. Voleva sentire la risposta a quella domanda. Voleva sapere se veramente si era innamorato di lui.
«Cosa vuoi Akihiko? Lasciami la mano, sono stanco e me ne voglio andare di là. Veditela tu con lui. È qui per te.» Lo sguardo di Haruki era spento, stanco. Era arrabbiato con sé stesso, con Ugetsu, con Akihiko, con la situazione che si era venuta a creare.  
«Voglio sentire la tua risposta alla sua domanda.» Fu quasi una preghiera quella del batterista. Un sibilo, udibile solo da Haruki vista la vicinanza tra i due. Haruki mantenne lo sguardo basso, non voleva dirlo ora. Non voleva dirlo così. Non voleva rovinare un qualcosa che neanche esisteva. Si era rassegnato a quell’amore non corrisposto.
Akihiko strinse la sua mano un po’ di più. Come a volerlo sollecitare, a volergli dire che era li e che poteva dirgli ciò che voleva, come voleva.
Ugetsu rimase fermo ad osservare la scena, ad osservare le mani del suo Aki toccare quelle di Haruki. Ad osservare gli occhi di Aki cercare disperatamente una risposta in quelli di Haruki. Ad osservare andar via il suo Aki.  
Vide il riflesso dei due dallo specchio posto sopra il mobile dell’ingresso. I loro sguardi che si incrociavano, le loro mani unite ed i loro corpi vicini. Così vicini da poter sentire l’uno il respiro dell’altro. Così vicini da sembrare un’unica persona. Così vicini come loro due non lo erano mai stati. Si erano amati, vero. Ma di un amore tossico, non libero. Di un amore che era quasi una dipendenza. Di un amore che era sinonimo di possessività. Di un amore che era sottomissione.
Indietreggiò, avvicinandosi alla porta. Urtò la borsa lasciata lì da Akihiko e aprì la porta. Scese le scale correndo, e continuò a correre sotto quella pioggia battente che non voleva cessare di cadere. Voleva allontanarsi da lì, da quella casa, dal suo Aki.
Nell’udire la porta chiudersi alle sue spalle Akihiko sussultò e lasciò andare di colpo la mano di Haruki. I suoi occhi passarono da Haruki al posto lasciato vuoto da Ugetsu.
«Vai. Seguilo. Vattene anche tu da qui!!!» Lo urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Voleva restare solo.
«Tornerò. Aspettami, per favore. Scusa» Pronunciando l’ultima parola Akihiko uscì da quella casa e iniziò a correre alla ricerca di Ugetsu. La pioggia continuava a scendere e quando finalmente lo trovò, era fermo davanti alla vetrina di un negozio di strumenti musicali.
La musica. Il loro unico filo conduttore. Nella musica si erano incontrati, si erano capiti e si erano amati.
Ora la musica suona una melodia diversa però, non più quel noi ma un io e te separati. Due persone distinte e divise. Niente legami, niente pressioni, niente distruzione reciproca.
«Cosa diavolo sei venuto a fare qui? Vattene, vattene da lui. L’ho visto sai… L’ho visto come lo guardavi. Come aspettavi la sua risposta. Fremevi. Eri ansioso. Ho riconosciuto il tuo sguardo. Conosco il tuo sguardo. Vattene!!»
Ugetsu gli inveì contro, con tutto l’odio e il rancore che aveva covato in quel periodo. Vedeva il filo che li teneva uniti iniziare ad allentarsi. Akihiko lo fissò senza dire nulla. Senza muovere un muscolo. Provò pena per quel ragazzo che un tempo sapeva sorridere.
«Sono qui per riportarti a casa. Andiamo. Ti stai bagnando tutto. Ti ammalerai.» Gli tese la mano mentre lo invitò ad andare con lui. Ma con uno scatto Ugetsu scostò la sua mano graffiandola. Era sempre troppo protettivo con lui. Lo odiava questo suo modo di fare. Lo odiava con tutto sé stesso.
«Ecco cosa sono io. Questo. Un tipo violento, incapace di parlare e incapace di amare. Sei rimasto con me tutto questo tempo per cosa? Per ammirazione? Compassione? … Pena? Si, sei rimasto con me per tutto questo. Sono niente. Sono nulla. Sono nulla in confronto a lui. Cosa potrei mai darti io? Niente. Niente. Niente.» Crollò sulle sue stesse gambe mentre piangendo rivolse queste parole ad Akihiko. Crollò per stanchezza, crollò per disperazione, crollò perché sapeva che sarebbe finita. Il suo amore sarebbe finito lì.
«Ugetsu… Alzati per favore. Alzati e guardati.» Akihiko lo sollevò da terra e lo aiutò a restare in piedi vicino a sé.
«Guardati… Guarda il tuo riflesso in quella vetrina. Non sei niente. Sei un violinista di successo. Sei un ragazzo scontroso si, ma sai anche affezionarti incondizionatamente. Sono rimasto con te perché volevo. Mi sono sentito amato davvero da te. Ma adesso…Adesso non è più possibile stare insieme. Lo capisci vero? Rischieremmo solo di farci del male, ancora e ancora. E poi adesso hai Natsu con te. Dagli una possibilità.»
Gli accarezzò una guancia e gli asciugò le lacrime.  
«Liberati da questa ossessione… Liberaci. Per favore. Rendici liberi di andare avanti. Rendimi libero di andare oltre.» Fu quasi una supplica la sua, ed Ugetsu la accolse. Lo capì quella sera, e ancora prima quel giorno a casa sua, che Akihiko era pronto a lasciarlo andare. Si girò ad osservarlo, a perdersi in quegli occhi verdi che tante volte lo hanno guardato con ammirazione ed amore. Si alzò e gli lasciò un leggero bacio sulle labbra.
Lasciò andare anche la sua mano e iniziò a camminare verso casa. Non si voltò per salutarlo, non volle far vedere ad Akihiko la sofferenza per quel gesto. Aveva Natsu, poteva e doveva andare avanti. Per lui. Per sé stesso.

 
                                                                                                                                “My love is vengeance
                                                                                         That's never free
                                                                                         No one knows what it's like
                                                                                         To feel these feelings”

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NdA: Ed ecco che si apre il mio primo #writober2020. Non ho mai scritto in questo fandom ed ho voluto farlo aprendo le danze con due personaggi che adoro! Akihiko e Ugetsu. L’uno il male dell’altro. Sarà una mini-long di tre capitoli. Doveva nascere come OS, ma niente. Mi sono fatta prendere la mano *_*

Ringrazio in anticipo chi passerà di qui e chi lascerà un suo pensiero. Grazie!
   
 
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