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Autore: hapworth    09/10/2020    0 recensioni
Quando Lan Xichen era entrato nell'appartamento, era già iniziato marzo e la sua figura slanciata, poco più alta della sua, occupava abbastanza spazio da fargli pensare che non sarebbero mai riusciti a convivere in modo pacifico.
[Lan Xichen/Jiang Wanyin] ~ Scritta per il "Writober" indetto da Fanwriter.it!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jiang Wanyin/Jiang Cheng, Lan XiChen/Lan Huan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sono tornata con la mia ship prediletta dell'opera, perché sì, perché mi mancavano. E quindi niente da dire: AU un po' triste, un po' malinconica e con il solito mood da unrequited love che ci sta sempre bene - anche se in questo caso è perché io ho questo headcanon in cui jc è chiaramente innamorato di wwx non ricambiato.
Vi lascio alla lettura, sperando che possa piacervi.

hapworth

Questa storia partecipa al "Writober" di Fanwriter.it.
prompt: coinquilin* || lista: change


Ricostruzione

Era febbraio, quando Wei Wuxian era andato via per sempre dall'appartamento che avevano diviso fin dall'università. Cheng lo aveva guardato sparire oltre la soglia, da quella porta di legno troppo vecchia, lasciando dietro di sé solo le pareti spoglie e una stanza vuota di fianco alla sua.
Lo aveva amato in silenzio per quasi un decennio, ma non glielo aveva mai detto se non con lo sguardo; in ogni caso, Ying era troppo impegnato a scrollarsi di dosso l'idea di essere gay e attratto da qualcun altro, per prestare attenzione a lui. Se l'era scelto proprio bene, il primo amore – o forse, più semplicemente, aveva ottenuto ciò che aveva seminato.
Quando Lan Xichen era entrato nell'appartamento, era già iniziato marzo e la sua figura slanciata, poco più alta della sua, occupava abbastanza spazio da fargli pensare che non sarebbero mai riusciti a convivere in modo pacifico. Ma Lan Xichen aveva un'espressione gentile malgrado la sua parentela con l'uomo che gli aveva rubato Wei Wuxian e Wanyin non aveva avuto da ridire, considerando che tutti avevano tessuto le lodi dell'uomo – cosa che nessuno aveva fatto nei suoi confronti, dato che era conosciuto come una persona schiva e spesso impulsiva.
Non avrebbe mai ammesso che l'arrivo del maggiore dei Lan lo aveva salvato da una brutta situazione finanziaria, né che la sua presenza era, effettivamente, rassicurante per la maggior parte del tempo.
Cheng si alzava spesso durante la notte, in ansia, e usciva dalla sua stanza, si sedeva al tavolo della cucina e prendeva un tè. Poi osservava il proprio cellulare e azionava il pulsante di chiamata e aspettava, finché la voce non lo informava che il numero chiamato era disattivato o non raggiungibile.
Un gesto stupido e debole, ma d'altra parte gli restava solo quello.
Gli restava un numero in rubrica a cui nessuno avrebbe mai risposto, il ricordo sbiadito di qualcosa che non avrebbe mai avuto davvero. E dei sentimenti che lo avevano sempre fatto sentire inadeguato e impotente.
«Wanyin?» la voce di Xichen lo riscosse dai suoi pensieri e si rese conto che era piena notte e che il telefono era ormai muto, la chiamata era terminata in automatico e lui era rimasto come un idiota a fissare uno schermo ormai oscurato.
Sollevò appena lo sguardo sull'uomo; era più grande di lui, i tratti fini e delicati – molto più di quelli che aveva notato di sfuggita in Lan Wangji – e lo sguardo più gentile. Anche il taglio di capelli differiva: laddove il fratello minore aveva optato per un taglio allungato, Xichen portava un taglio molto corto, che non lo valorizzava, ma allo stesso tempo marcava maggiormente le differenze con Wangji.
Doveva averlo osservato troppo a lungo, perché quello avanzò e gli si sedette di fronte, lo sguardo chiaramente preoccupato. Aveva dei bei occhi castani, li vedeva anche nella fioca luce che arrivava da sopra il piano cottura – accendeva quella, di notte, per evitare di disturbare. «Che succede?»
«Nulla di cui ti debba preoccupare.» la corazza di Cheng venne fuori quasi istintivamente, cercando di proteggerlo, anche se non vedeva intenti bellicosi, anche se sapeva che Xichen sarebbe stato un buon ascoltatore e, forse, anche un buon consigliere. Ma lui non voleva quello.
Ciò che voleva non esisteva più da nessuna parte, era un'immagine ideale che si era creato di qualcun altro, un punto fermo della propria vita che non era mai davvero esistito se non lì, nella sua testa.
«Penso di sì, invece. D'altronde è colpa di mio fratello se-» Cheng avvampò: era così trasparente? Era stato così palese, nel far comprendere il proprio risentimento, il proprio tormento? Eppure l'unica cosa che aveva condiviso con Lan Wangji era qualche parola tra un'uscita con Wuxian e un'altra, non certo altro...
Doveva essere avvampato, perché l'altro rise discreto, ma senza cattiveria. «Sei trasparente, Jiang Wanyin. E questo ti rende adorabile, sotto molti punti di vista.» lo avrebbe insultato, se non fosse stato troppo impegnato a non morire di vergogna, cercando di sotterrarsi senza potersi muovere.
«Io non-» ma non sapeva cosa dire, così si alzò di scatto, afferrando il cellulare e avanzando, deciso a chiudersi nella propria stanza per autocommiserarsi. Ma Xichen lo afferrò, tirandolo verso di sé, accarezzandogli un lato del viso, cercando i suoi occhi grigi.
«Io guardavo te, Wanyin. Per questo lo sapevo.» ma Cheng era spaventato da quegli occhi, da quel tocco, tanto che si mise a tremare e non capiva se era per rabbia, paura o vergogna. «Chiami il suo vecchio numero, vero? Quello che ha perso il giorno del trasloco.»
Gli uscì un singhiozzo incontrollabile, perché era così penoso e patetico non avere neppure il coraggio di dirgli che non gli aveva dato il suo nuovo numero; così inavvicinabile, adesso che era felice con qualcun altro che non era lui, qualcuno che era migliore di lui. Era così... umiliante.
Non rispose, perché non c'era niente da dire, ma Lan Xichen continuò ad accarezzargli il viso, con movimenti lenti e calmanti, dolci in un certo qual modo, tanto che il suo cuore rallentò la sua corsa e la vergogna si placò.
«Lo amavi, è normale sentirsi così.» la voce di Xichen era gentile, ma Wanyin ne percepì la malinconia, la tristezza di fondo. Un amore senza speranza era stato dunque anche nella sua vita? Non glielo chiese, non ne aveva bisogno. Lo sguardo castano un po' liquido e vacuo dell'uomo fu una risposta abbastanza esaustiva. «Fa sempre così male?»
«No.» e lui gli credette, mentre si lasciava avvolgere da quelle braccia ampie e gentili, calando l'armatura, la maschera e ogni difesa, solo per essere consolato e visto, anche se non sapeva dove questo li avrebbe potuti portare; ma in quel momento non era poi così importante.


Fine
   
 
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