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Autore: Loka 98    11/10/2020    4 recensioni
“Magari però potrai venire a trovarmi, una volta che tutto questo sarà finito” azzardò.
“Sì, perché no? Certo. Quando...questo finirà, prenderò il treno e ti raggiungerò”
Non chiederglielo, non chiederglielo…
“Me lo prometti?” Glielo chiese.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1941 – Londra ore 7:01

 

La stazione si era svegliata la mattina presto con un abbraccio di nebbia densa e molto pesante. La prima luce del mattino non era calda, ma gelida, esattamente come l’aria, umida e fastidiosa, che penetrava nella spina dorsale come un coltello coperto di ghiaccio. Non era nemmeno iniziato l’inverno, ma Londra riservava sempre questo tipo di sorprese. 

 

Le acque non si erano ancora calmate, e Aziraphale vista la situazione, aveva deciso di allontanarsi temporaneamente dalla sua casa. Con un piccolo miracolo si era assicurato la protezione della sua amata libreria, anche se per ulteriore precauzione aveva deciso di portare nella propria valigia delle sue prime edizioni a cui teneva particolarmente. A malincuore, si era girato e non sapeva precisamente quando sarebbe tornato.

 

Quella sua brutta esperienza con quei nazisti lo aveva molto turbato; si era lasciato prendere in giro da un gruppo di umani, con quegli ideali malati, e aveva rischiato la sua vita cerando di ingannare coloro che lo avevano ingannato prima di lui.

 

Sarebbe stato in fila per richiedere un nuovo corpo a quest’ora, se non fosse stato per Crowley…

In quel preciso momento in cui lo aveva sentito entrare in chiesa, qualcosa era cambiato, una piccola parte del suo cuore aveva cominciato a pulsare un pochino più forte; ma era stato proprio poco dopo, quando aveva scoperto con gioia che tutti i suoi preziosi libri non erano andati perduti, che tutto il suo corpo era stato investito dalla realizzazione di qualcosa che si celava da molto tempo dentro di lui. Crowley era la persona che più amava nel mondo, la persona più importante, l’unico in grado di poterlo comprendere a fondo.

E lo aveva capito in quel momento, quel semplice gesto gli aveva mostrato quanto quel demone lo conoscesse, sapeva quando tenesse a quel mucchio di pagine ingiallite. E lui le aveva salvate, ovviamente, insieme al suo corpo angelico.

 

Avevano passato le serate successive insieme. Lo aveva accompagnato a casa, ed erano rimasti dentro la libreria per quasi una settimana. Avevano chiuso le tende e protetto per quanto possibile gli edifici vicini. Non potevano di certo evitare i bombardamenti del tutto… nel frattempo, per distrarsi avevano ascoltato musica, bevuto vino e in qualche modo, i loro cuori si sentivano più vicini, più caldi, più vivi. Non era mai stato tanto piacevole rimanere in compagnia l’uno dell’altro, come potevano non essersene mai accorti in così tanti anni?

 

Ma la cosa era diventata insostenibile a livello emotivo per il povero angelo: udire poco prima le risate del proprio migliore amico, e poco dopo urla di donne, uomini, e persino bambini, che fuggivano da qualche bombardamento. Crowley appoggiava sempre una mano sulla sua spalla, o sulla schiena, cercando di consolarlo; Aziraphale ripeteva che avrebbe tanto voluto salvarli, ma non era una cosa fattibile. Lassù, avrebbero capito. E fino a che qualche miracolo viene usato per procurarsi qualche dolcetto, non è poi una cosa così grave. Ma non si può di certo intervenire in una guerra. Per di più, Gabriele gli aveva inviato dei richiami, e tramite quelli lo intimava di non mettere naso negli affari degli umani. L’avevano creato loro, tutto questo.

 

Il biondo scese lentamente dall’auto, con più tristezza che anima in corpo. Chiuse la portiera e nel mentre Crowley aveva fatto il giro per prendere la sua valigia.

 

“Grazie mio caro...”aveva sussurrato con un accenno di sorriso. Si sentiva un groppo alla gola grande come un macigno. L’ultimo piccolo miracolo che aveva a disposizione era l’arrivo di un treno, quella particolare mattina di Londa; non ne passavano poi molti, se non quelli corazzati e con chissà che terribili armi all’interno, ma quel vagone riservato ai passeggeri avrebbe portato anche lui lontano dalla zona per un qualche tempo.

 

Entrambi si avvicinarono al primo binario, dove il treno li attendeva. Avrebbero avuto una decina di minuti prima della partenza, e per qualche secondo osservarono donne, bambini, anziani, persone di ogni etnia e classe, prendere i loro bagagli, coprirsi con abiti pesanti e scuri e con occhi tristi salire lentamente su quelle scale alte che avrebbero portato ad un luogo più sicuro, meno umido, ma che non era casa.

 

Lo stesso paio di occhi li aveva Aziraphale, certo che la sua casa gli sarebbe mancata.

 

“Sei...sicuro di non voler restare?” gli chiese il demone mettendo le mani in tasca. Era vestito di nero, con gli occhiali scuri, e si percepiva qualcosa di negativo dentro la sua anima. Probabilmente però, era un sentimento di tristezza, angoscia, quello squarciante silenzio dopo un periodo tranquillo. 

 

“Sai, la mia zona è ancora abbastanza tranquilla, potremmo chiuderci dentro e...io posso ancora usare qualche piccolo miracolo, staremo al sicuro” quelle insistenze avevano provato a scavare un piccolo spazio che potesse accogliere la speranza di Crowley, ma gli occhi chiari di Aziraphale si contrassero solo per qualche millesimo di secondo. Si, sarebbe stato bello, molto bello, ma…

 

“...ma non posso” scosse leggermente la testa riccioluta. “Non riesco a pensare che tutto questo sia succedendo proprio nella città che amo di più al mondo...ho bisogno di una pausa, di allontanarmi da qui. Mi...mi dispiace” 

 

La lontananza non era una novità, eppure con il passare degli anni sentivano che ogni volta separarsi era un po’ più difficile, e che l’assenza l’uno dell’altro giocava particolari scherzi, non proprio di natura ilare. Si cercavano, si chiamavano, si scrivevano lettere con le più banali scuse, e chiedevano sempre la posizione l’uno dell’altro. E poi, un giorno, casualmente si ritrovavano nello stesso negozio, o nello stesso parco, nonostante fossero separati da centinaia, o a volte migliaia di chilometri. Se prima un millennio ognuno per i fatti propri non facesse così tanta differenza, ormai anche solo una cinquantina di anni faceva male al cuore. E non solo a quello sensibile del dolce angelo.

 

Proprio quel giorno, a quella particolare ora, dirsi arrivederci sembrava difficilissimo. Dopo un breve silenzio, anche Aziraphale lanciò la sua richiesta di aiuto.

 

“Sai, quel cottage che ho affittato...è per due. Ci sono due letti matrimoniali, un bel giardino, e...beh, sì insomma, potresti venire da me. Fino a quando tutto questo non...” 

 

Crowley aveva visto male o era arrossito? No, probabilmente era solo il suo groviglio di emozioni. Quell’angelo era un vero casino in fatto emotivo, piangeva per ogni cosa, lacrime di gioia, o di tristezza, rideva per ogni più piccola battuta, si arrabbiava facilmente, assumendo quel broncio che lui amava tanto. Ma quando sentì con le sue orecchie l’invito che il biondo aveva appena pronunciato, una parte di sé urlò un “sì” talmente forte che avrebbero potuto sentirlo in tutta Londra. Ma...come l’angelo aveva le proprie mansioni e incarichi, anche lui era un dipendente. 

 

“Angelo...io sarei lusingato, non sai quanto ma...mi hanno ordinato di rimanere qui, in caso le cose dovessero cambiare. Sono un delegato dell’Inferno, e per quanto io possa condurre la mia esistenza terrena in modo libero...questa volta non posso. Mi dispiace”

 

La delusione negli occhi di entrambi era più che evidente. Perché, perché doveva sempre esserci un intoppo?

L’ingiustizia di tutto questo stava scavando un buco doloroso e profondo nel petto di Aziraphale, i quali occhi cominciavano quasi a bruciare. Non poteva nemmeno descrivere come desiderasse stare solo con Crowley in quel momento, passare il resto della sua vita al suo fianco, un bisogno viscerale di condividere tutto quello che c’era nel suo cuore. 

Era come se fosse lui l’unica cosa che contasse al mondo. Avrebbe rinunciato a qualsiasi altra persona, ad ogni suo libro, al Paradiso, per poter stare con lui.

 

Ma uno spavento, un qualcosa di improvviso lo fece tacere. Non poteva avere pensato davvero quelle cose...come se i suoi sentimenti fossero vicini a quello che gli umani chiamano...amore?

No, non poteva essere.

 

“N-non fa niente” si tirò un sorriso con tutta la forza che aveva in corpo. Ma dentro, sentiva urla, calci, graffi al cuore, come se la sua anima stesse tentando di uscire e congiungersi con ciò che la teneva in vita.

“Magari però potrai venire a trovarmi, una volta che tutto questo sarà finito” azzardò.

 

“Sì, perché no? Certo. Quando...questo finirà, prenderò il treno e ti raggiungerò”

 

Non chiederglielo, non chiederglielo…

 

“Me lo prometti?” Glielo chiese.

 

Crowley in quel momento ne ebbe la certezza. Lo guardò, accennando un sorriso.

 

“Te lo prometto”

 

Fu come un balsamo. Quelle tre parole avevano riscaldato per un attimo il cuore di entrambi. Non si erano mai guardati per così tanto tempo di seguito, e sicuramente non con quel sorriso.

 

“E...quando succederà?” Aziraphale non era più in grado di mordersi la lingua come sapeva fare benissimo un tempo. Le sue parole uscivano da sole.

 

“Non lo so angelo...ma spero che sia presto. Molto presto”

 

“Lo spero anche io” non si rese nemmeno conto di esserci lasciato sfuggire una lacrima, tanto era preso a cercare gli occhi dorati del suo migliore amico.

Appoggiò la valigia a terra, non curandosi del pavimento umido, e con le sue mani delicate e morbide tolse gli occhiali dal viso del demone, che si allarmò.

 

“Perché? I miei occhi sono orribili...” sussurrò.

 

“Sono due gemme. Volevo guardarli un’ultima volta, prima di...non so nemmeno quando potrò ammirarli ancora” e in quel momento, uno scoppio, nel cuore dell’angelo. Si lasciò andare ad un pianto.

 

Istintivamente, Crowley lo prese tra le braccia.

 

Quante volte si erano abbracciati?

Forse era quella la prima volta in assoluto… avrebbero potuto farlo in un momento più tranquillo, e specialmente meno triste, non durante quello che era un arrivederci ma pesava come se fosse un addio.

 

“Ftì prgo Crwly vinni cn me!” mugolò contro il suo petto, ma quelle parole soffocate dal pianto e dalla stoffa della sua giacca, il demone le comprese benissimo, e ferirono più di una spada nel cuore. Lo strinse ancora di più, preferendo non rispondere, altrimenti le spade sarebbero diventate due.

 

“Ci vedremo presto angioletto. Te lo prometto” con le sue mani accarezzò per minuti infiniti la sua schiena, lo cullò dolcemente come fanno delle onde del mare calme e gentili. Aziraphale pianse, pianse davanti al suo nemico, alla sua nemesi, al suo amato migliore amico. Se glielo avessero chiesto venti anni prima, avrebbe sicuramente negato ogni cosa, ma in quel momento pregò silenziosamente di rimanere in quell0abbraccio caldo, che sapeva tanto di casa, per l’eternità.

 

Quell’eternità duro solo tre minuti. Tre minuti di abbraccio, di una coccola spezzata dal dolore, di quattro braccia che stringono, trattengono, e non lasciano andare. Tre minuti di baci sulle guance, di pelle contro pelle, di capelli tra dita, di lacrime sul tessuto, che sarebbero rimaste come ricordo per poche ore, e che si sarebbero mischiate alla pioggia che cominciava a cadere.

 

Tre minuti di profumo, di narici riempite di essenza angelica e demoniaca, due odori diversi e così buoni se legati l’uno all’altro.

 

Tre minuti per dirsi un arrivederci che sapeva tanto di addio. Poteva durare solo pochi mesi, o anche qualche anno, e nonostante la loro immortalità, non riuscivano a convincersi che ci sarebbe stata l’occasione di rivedersi. Tutto quello faceva tanto, troppo male.

 

“Scrivimi” e quella non era una richiesta. Crowley glielo aveva ordinato.

 

Aziraphale annuì energicamente contro la sua guancia, e avvertì l’accenno di barba sfregargli la pelle glabra. Si era sempre chiesto di che colore sarebbe stata la sua barba, ma non aveva mai avuto occasione di vederla. Forse tra qualche anno glielo avrebbe chiesto.

 

“Ti scriverò ogni giorno” sussurrò. Le sue spalle erano tese, dure come roccia, eppure il suo volto mostrava lo sguardo di un bambino: fragile, impaurito, bisognoso di lui.

 

“E io risponderò” si staccarono leggermente, e il rosso prese la testa di Aziraphale in entrambe le mani. “Vai ora...il treno sta partendo”

 

“Può aspettarmi...” 

 

“Angelo, non...non ci staccheremo più se...”

 

“Non voglio staccarmi” 

 

“Non fare il bambino”

 

“Non sono un bambino!” Ecco la sua rabbia, e quel suo leggero broncio. Lo avrebbe guardato per ore intere.

 

“Lo so angelo” ridacchiò scompigliandogli i capelli. Poi, lo spinse leggermente, ma lo tenne per una mano. “Ora vai” e dopo un baciamano, cominciò ad allontanarsi, camminando all’indietro. “Ci vedremo presto, te lo prometto”

 

Aziraphale non sapeva bene come reagire...ridere, piangere, o sorridere?

 

Nel dubbio, fece tutte e tre le cose insieme. E a Crowley parve adorabile.

 

“A presto” gli urlò il biondo stringendo il manico della valigia tra le mani.

 

“A presto” gli rispose Crowley con gli occhi umidi, ma un sorriso sulle labbra.

 

Ma entrambi non avevano messo in conto un piccolo ma importantissimo fattore: l’ultimo abbraccio, l’ultimo bacio, non era mai l’ultimo. 

E fu per quel motivo, che appena Crowley sparì dal suo campo visivo, fu solo per qualche secondo. Aziraphale vide la sua testa spuntare dal muro dell’edificio e per la gioia scoppiò a ridere. Cominciarono a correre molto velocemente, come se fossero due bambini, e si strinsero per l’ultima (solo per il momento) volta. Fu un abbraccio gioioso, ancora più caldo del precedente. Due abbracci in un giorno, cosa poteva chiedere di più?

 

“Ce ne sarà un terzo?” 

 

“Angelo, ce ne saranno talmente tanti che dovranno inventare nuovi numeri” 

 

Stranamente, una volta seduto in treno, la mente di Aziraphale aveva come offuscato il momento della separazione avvenuto poco prima. Come se il brutto momento fosse stato cancellato, per lasciare spazio solo ai ricordi piacevoli, e alla speranza che ben presto ne avrebbero condivisi molti altri. Il suo cuore sembrava più leggero, menò pregno di tristezza, e dopo dieci minuti dall’inizio del suo viaggio si rese conto di avere ancora in mano gli occhiali dalle lenti scure del suo migliore amico. Ci teneva talmente tanto a quell’oggetto che sicuramente non si sarebbe limitato ad acquistarne un nuovo paio, ma sarebbe stato costretto a riprenderseli. Come se servissero delle scuse per incontrarsi, ma ad entrambi in quel momento era comparso un sorriso; una promessa è una promessa. 

 

E Aziraphale aveva pur sempre un ostaggio, nel caso molto remoto in cui il demone si fosse rimangiato la parola.

 

 







Note dell’autrice:

 

Credo che in questo periodo il mio animo romantico si sia mischiato con un accenno di angst. Ma ci sono le ragioni, malessere fisico ed emotivo portano a scrivere certe cose, ma sicuramente non poteva mancare il mio lieto fine <3

 

Questa storia la dedico ad una persona, con la quale condivido il rapporto più stretto, più bello e travolgente che abbia mai avuto. La dedico a chi come me deve sopportare periodi continui di distanza dalle persone che ama. E io, sono anni interi che convivo con questa situazione, ma proprio quando pensavo di essermi abituata, PAM, ecco che ci sbatto la faccia. Ma per questa persona lo farei centinaia, migliaia di volte. Vedere il suo sorriso non appena ci rincontreremo, sarà uno dei miei desideri più grandi. Ho voluto rappresentare questa situazione con questo piccolo spaccato della vita dei nostri maritini.

 

Anche se loro non hanno problemi di tempo o si spostamento, questo è il primo momento secondo il mio punto di vista, in cui entrambi sperimentano cosa sia il dolore per la distanza.

Ed è veramente devastante non poter condividere la quotidianità insieme.

Ma se c’è l’amore, in qualche modo si va avanti.

Ti voglio un bene che nessuno ha mai provato per te.

Ti aspetterò.

 

Loka 98

 

 

 

 

 

 

   
 
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