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Autore: Nereisi    12/10/2020    1 recensioni
In una realtà parallela, Izuku cede sotto il peso fisico e psicologico di tutti gli anni in cui è stato vittima di bullismo.
Invece di continuare a credere nel suo sogno, Izuku serba rancore e perde fiducia in sé stesso, smettendo di sperare in un futuro migliore.
Quel fatidico giorno, Izuku non corse a salvare Katsuki e non diventò un eroe.
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Partecipante al #pumpFIC indetto da Fanwriter.it per il #writober.
Day 12 - Angst Ending
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: All Might, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Writober 2020 - PumpFIC'
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Turn around (now turn the tables)
 
 


Una delle cose che sua madre gli aveva inculcato nella testa, sin da quando era piccolissimo, era il concetto della gentilezza. Tutti amavano le persone gentili. Tutti le vogliono avere intorno. C’è sempre una grandissima richiesta di persone con quella predisposizione.

Come se ci fosse un mercato di persone, con la sua conseguente percentuale di domanda e offerta.

Izuku si era trovato subito d’accordo. Le persone gentili erano buone, erano sempre le eroine e, per quanto avessero sofferto durante la loro storia, alla fine avevano sempre il loro “per sempre felici e contenti”. Sua mamma era una persona molto gentile e le voleva molto bene. Izuku voleva diventare come sua mamma.

Prima delle elementari, gli venne facile essere gentile. Era un po’ più difficile fare da ammortizzatore tra il temperamento vulcanico di Katsuki e il resto del mondo, ma finché erano piccoli non ci furono particolari problemi. A volte litigava con il suo amico perché faceva piangere gli altri bambini e tutto si concludeva in un tripudio di parolacce; ma non importava. Perché Izuku era una persona gentile e lo perdonava. E tutto tornava come prima.

Durante le elementari, i loro compagni di classe iniziarono a presentare i loro poteri ad uno ad uno. Sempre meno persone rimanevano senza quirk e tra di loro spiccava Izuku. Ma lui aveva fiducia. Non si lasciò impensierire dalle frecciatine non troppo velate dei suoi coetanei, che lo schernivano per la possibilità di essere un senza-quirk; qualcosa che Izuku non aveva mai compreso. Perché prendere in giro qualcuno perché non aveva qualcosa? Era come prendere in giro le persone sorde, o cieche. E quella era una cosa brutta da fare. Tutti i film che gli avevano fatto vedere avevano sempre dipinto il bullismo come un atto deplorevole. Izuku, però, era una persona gentile; e dopo che sua mamma gli fece un discorso sulle persone ignoranti che non sanno quello che dicono, Izuku li perdonò e non ci pensò più.

Poi, però, il tempo passò. Tutti i suoi compagni svelarono i loro quirk, tranne lui. Sopportò prese in giro e insulti, perdonando sempre tutti perché sapeva che non lo pensavano davvero, che erano ignoranti, che quello che stavano facendo era sbagliato ma che erano troppo stupidi per capirlo. Fiducioso, sempre. Izuku era una persona gentile. Ci metteva tutto se stesso per esserlo. Avrebbe ricevuto anche lui un compenso per i suoi sforzi. Giusto?

Katsuki svelò il suo quirk all’improvviso, durante una lezione. Tutti gli si accalcarono intorno, maestre comprese, ricoprendolo di complimenti. Era un quirk spettacolare, chiocciavano. Perfetto per diventare una persona potente, importante. Katsuki era destinato a grandi cose con quel quirk.

Anche Izuku si avvicinò, contento per l’amico; ma un compagno di classe lo spinse via dal gruppo con inconfondibile malizia. Izuku cadde sul sedere, lasciandosi scappare un’esclamazione di sorpresa e dolore. La classe si quietò e tutti puntarono gli occhi su di lui e sull’aggressore. Izuku si sentì come un’eroina della televisione, quando finalmente si scopriva che era sempre stata ostacolata e la matrigna cattiva veniva giudicata in pubblica piazza. Izuku lanciò uno sguardo speranzoso al suo amico, non tanto sperando che la facesse pagare al bullo, ma almeno aspettandosi il suo appoggio, una sua difesa. Nella sua testa, in quel momento, Katsuki aveva il potenziale di un principe azzurro, pronto a salvarlo dal perfido nemico di turno.

Ma non successe nulla.

Dopo un iniziale momento di silenzio, Katsuki fece di nuovo scoppiettare le mani – Izuku non seppe dire se perché non sapeva ancora controllare il suo quirk o se voleva riportare l’attenzione su di sé. Tutti quanti tornarono a girarsi verso di lui, anche la maestra, che si limitò a lanciare un’occhiata vuota a Izuku, commentando di fare attenzione a non cadere. Sembrava che, improvvisamente, Izuku fosse diventato invisibile ma, allo stesso tempo, troppo visibile. Un fastidio da ignorare.

Una visita dal dottore siglò il suo destino e il mondo gli crollò sotto i piedi.

“Mi dispiace signora Midoriya. Suo figlio è un senza-quirk.” Mi dispiace. Come se gli avesse diagnosticato una malattia. Ma nemmeno quello, perché Izuku sapeva che le persone malate andavano curate, aiutate. Altre persone avrebbero dovuto essere gentili con lui, stavolta.

Invece, sembrava che il fatto di non avere un quirk fosse una colpa. Qualcosa che giustificava insulti, prese in giro, botte, la distruzione delle sue cose. Izuku non capiva. Non capiva, non riusciva assolutamente a capire. Si era scervellato per giorni e notti, ma non riusciva a capire cosa aveva fatto di sbagliato. Era sempre stato gentile con tutti, li aveva sempre perdonati, non era mai stato cattivo con loro. Anche se essere un senza-quirk fosse stato qualcosa di cattivo o sbagliato, si sarebbe sicuramente meritato della gentilezza, almeno in ritorno per tutta quella che aveva dato.

Sua mamma gli aveva ripetuto mille volte che le persone gentili lo erano per bontà del loro cuore; non lo facevano per avere qualcosa in cambio, un compenso. Nemmeno Izuku lo faceva. Gli piaceva essere gentile con gli altri. Gli dava una sensazione di calore che gli faceva sempre sbocciare un sorriso che gli tirava le guance rosee. Sapeva di aver fatto una cosa buona; e fare una cosa buona era una cosa buona.

Però.

Quando tutto il mondo si rivoltò contro di lui nonostante tutta la bontà che aveva dimostrato, nonostante non avesse fatto nulla di sbagliato… Lo fece sentire tradito. E il suo sorriso si incrinò.

Fu la prima di una serie di crepe che spaccarono il cuore di Izuku.

Sempre di più, sempre più profonde. Dopo ogni atto di vandalismo, bullismo, odio. Dopo ogni presa in giro, dopo ogni percossa, dopo ogni scritta velenosa lasciata sul suo banco a scuola.

E Izuku cercava di perdonarli. Ci provava sempre. Forse era quella, pensava, la sua vera sfida. Forse il suo lieto fine sarebbe arrivato alla fine di quella grande tribolazione. Così, Izuku sopportava. Sopportava e piangeva di nascosto, sentendosi sempre un po’ più vuoto, sempre un po’ più solo.

Arrivò, infine, il punto di rottura. Quello che un tempo era il suo migliore amico, che lo aveva abbandonato senza troppi problemi quando la grande incognita chiamata quirk era apparsa nelle loro vite, si unì al gruppo dei bulli. Fino a quel momento, si era limitato a tagliare i rapporti con lui, ignorandolo. Poi, un giorno, Izuku fece due cose. Due cose gravissime che, a quanto pare, non avrebbe dovuto osar fare.

Facendo appello a quel briciolo di gentilezza che ancora irrigava il suo cuore, aveva difeso un bambino dalle angherie di quello che un tempo era stato il suo amico più caro, sfidando l’autorità da capobranco di Katsuki. Nello stesso giorno, disse ad alta voce il suo sogno: voleva diventare un eroe.

Ma, Izuku imparò suo malgrado, i sogni non erano per persone come lui. Lui non aveva diritto ad un sogno, non se lo meritava. Avere un sogno era come chiedere dello spazio per esistere e lui, a quanto pare, non aveva il diritto di fare nemmeno quello.

Il pestaggio di quel giorno fu più brutale del solito, perché non furono percosse fisiche.

Uno a uno, tutte le persone che aveva conosciuto lo distrussero, parola dopo parola, strappandogli di dosso tutto quello che gli era rimasto, come una casa di mattoncini colorati smembrata per i capricci di un bambino. Una mano afferrò il suo quaderno, quello dove teneva gli appunti sugli eroi, e prese a lanciarlo per la stanza, passandolo di mano in mano come una patata bollente.

Izuku puntò gli occhi sulla maestra, disperato; ma la trovò a premersi una mano sulla bocca per reprimere un ghigno. Non perché si vergognasse di trovare divertente una situazione come quella, ma solo perché sapeva che, data la sua posizione, non avrebbe dovuto scoppiare in risate sguaiate davanti a quello spettacolo.

Mentre il suo quaderno, il suo sogno, prendeva fuoco tra le mani della persona che poco tempo prima Izuku adorava come un idolo, dentro il suo cuore succedeva la cosa direttamente opposta.

E Izuku si spense.

Niente più quaderni, niente più note, niente più sorrisi, niente più gentilezza. Ora il suo obiettivo principale era farsi più piccolo possibile e sperare di passare inosservato. Non sempre ci riusciva. Nessun luogo era sicuro.

Midoriya Inko notò quel cambiamento e se ne preoccupò, ma non riuscì mai a fare molto per il benessere di suo figlio, che ormai aveva perso la scintilla che prima lo rendeva chi era.

Gli anni passarono. Izuku stava per finire le medie. Non aveva una radiosa prospettiva di vita e non aveva idea di cosa avrebbe fatto alle superiori ma, in ogni caso, qualsiasi posto sarebbe stato un miglioramento se comparato all’inferno che stava vivendo in quella maledetta scuola giorno dopo giorno. Quando l’insegnante aveva chiesto alla classe cosa avrebbero voluto fare da grandi, tutti avevano urlato entusiasti le loro aspirazioni. Molti gridarono di voler diventare un eroe. Izuku rimase in silenzio. Nessuno gli chiese cosa avrebbe voluto diventare. Forse perché davano per scontato che non sarebbe diventato nulla.

Improvvisamente, l’impensabile. Un incontro che sembrava impossibile, un volo nel cielo, un sorriso smagliante. Qualcosa si mosse sotto la superficie arida del cuore di Izuku. Forse è questa la mia occasione, pensò. Forse è adesso che tutti questi anni pagheranno il loro scotto. Forse, ora, tocca anche a me.

“Si può diventare eroi anche senza avere un quirk?” Un seme, speranzoso, ansioso di poter piantare radici.

La risposta, per quanto cauta e senza malizia, calò sulla sua vita come una ghigliottina. “No.” Un pestone violento sul terreno, inteso a stroncare.

Fu in stato catatonico che Izuku si diresse verso casa, imbattendosi per caso in una calca di persone. Non seppe bene cosa lo spinse a guardare. Non aveva abbastanza energia per essere curioso. Stavolta, quando si avvicinò alla folla nessuno lo spinse via; forse perché non si poteva capire se si possedeva un quirk o meno solo dall’apparenza fisica.

Katsuki incontrò il suo sguardo da dentro la prigione di melma, gli occhi spalancati per il panico e la mancanza d’ossigeno. Izuku sentì una scarica d’adrenalina, che però non andò da nessuna parte. Una parte di lui, ormai troppo piccola e trascurata per essere ascoltata, gli urlò di fare qualcosa, qualsiasi cosa. Ma il resto del suo animo, ormai, era rimasto plasmato da tutte le botte, gli insulti, la cattiveria e l’odio che gli avevano vomitato addosso per anni interi. Fu con occhi disinteressati e spenti che Izuku ricambiò lo sguardo del suo ex-amico, del suo bullo, del suo tormento quotidiano.

Gentilezza? Izuku ne aveva avuta. Un tempo, il suo cuore era stato abbastanza grande e gonfio di gentilezza e perdono da bastare per una vita intera. C’era stato un tempo in cui Izuku avrebbe pensato ad un piano, anche stupido o superficiale sarebbe andato bene, magari persino suicida; ma almeno avrebbe mosso un dito. Avrebbe fatto qualcosa. C’era stato un tempo, in cui Izuku avrebbe potuto pensare di poter fare la differenza.

Ma quei giorni erano passati, quell’Izuku era stato seppellito da anni di bullismo e odio viscerale e ingiustificato.

Quindi, non fece niente. Non ne era in grado. Non ne aveva voglia, di mettersi in pericolo. Per cosa, poi? Per chi? Non avrebbe nemmeno ricevuto un grazie per il disturbo, lo sapeva già. Non sarebbe cambiato niente, alla fine.

Quel giorno, Izuku non corse verso il mostro melmoso e non salvò Katsuki. Quel giorno, Izuku fece quello che – gli era stato insegnato per bene – la gente si aspettava che un senza-quirk come lui facesse: si fece da parte e aspettò l’arrivo di eroi qualificato e non intralciò il corso della giustizia, mettendosi in mezzo ai piedi di gente che aveva il diritto di essere al mondo, al contrario suo. E Midoriya Izuku se ne tornò a casa, a fare la vita che ci si aspettava dovesse fare.

Quel giorno, Izuku non impressionò All Might, non ereditò One For All, non si iscrisse alla Yūei, non divenne il discepolo del suo idolo e non salvò nessuno. Gli ultimi singhiozzi del suo sogno morirono tra le labbra bluastre di Katsuki, senza essere mai ascoltate se non quando era ormai troppo tardi.

 


Note autrice: li shippo e apprezzo la loro dinamica e la crescita caratteriale, però a volte mi rivedo in Deku quindi mi parte il cinismo. Il bullismo fa schifo, specialmente se coadiuvato dall’omertà degli adulti. 
PumpFIC day 12 – Prompt: Angst Ending
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